L’Italia del tennis è sul tetto del mondo: ha vinto la Coppa Davis per la seconda volta nella sua storia, è salita in vetta al ranking mondiale; il gioco spopola ben al di là dei circoli, diviene impetuosamente fenomeno di massa, nel 2023 come e più di quanto lo fosse nell’Annus Panatta 1976. “Sinner ha vinto 4 tornei, le donne sono vicecampioni del mondo. Il padel che esplode, gli Internazionali da record. Le Finals che sono state il migliore e più grande spettacolo sportivo indoor.” dice il Presidente Binaghi al Guerin Sportivo. Cose risapute. Le memorie del trionfo, di “San” Sinner (come l’ha definito Paolo Bertolucci), come è lecito che sia, hanno soppiantato quelle dello scandalo, dell’accusa e dell’apologia (ne abbiamo parlato qui e qui) che erano ben vivide un paio di mesi fa, a Bologna. “Vorrei sollecitare tutti, partendo dai grandi ex campioni come Pietrangeli, – dice Binaghi, con una certa nota polemica – a rileggersi le dichiarazioni di due mesi fa e riflettere. Per noi non è cambiato nulla. Il nostro obiettivo non è vincere la Davis, ma avere un giocatore che sia nei primi tre per i prossimi 10 anni, che vinca gli slam. Questo ci cambia la storia, non una Coppa Davis. Ne arriveranno altre di conseguenza.” Le esigenze di un giocatore primi cinque, per Binaghi, sono “difficilmente compatibili” con la Nazionale e con i tornei a squadre come la Coppa Davis. “Ricordate Nadal, Federer e Djokovic. Dobbiamo tenere vivo il principio della Nazionale, dando risorse, strumenti, struttura ma guardando alla programmazione individuale di superprofessionisti super impegnati e super stressati dal punto di vista fisico. Una situazione nuova per noi che va risolta con una visione differente, compresa la disponibilità del gruppo a capire.” Binaghi, in ogni caso, cataloga queste considerazioni come “belle problematiche di una nuova era.” E su Sinner “non ho dubbi: ragazzo umile, semplice, di grande etica, molto più intelligente e profondo di quanto voglia far passare.”
Quella di Binaghi, si sa, è una presidenza di lungo corso. Lui c’era quando, all’inizio degli anni 2000, dopo essere stata retrocessa per la prima volta nella sua storia dal World Group, l’Italia di Davis viveva uno dei periodi più difficili della sua storia. Il suo pensiero, dunque, va anche a chi “negli anni in cui non avevamo fenomeni ha fatto prestazioni eroiche per tenere la squadra italiana ad alto livello.” Uno su tutti, il grande assente, Fabio Fognini, che il giorno della finale, dopo anni di militanza azzurra, otteneva al challenger di Valencia una vittoria di prestigio contro Roberto Bautista Agut, il suo primo successo in un torneo da Montecarlo nel 2019: “Fabio è un patrimonio del tennis italiano. Il nostro tennis ha bisogno di tutti.”
I risultati raggiunti dal tennis italiano negli ultimi anni sono innegabilmente di alto profilo. Per Binaghi, molti dei meriti sono da attribuire alla Federazione. Fra questi, risulta “l’aver condotto campagne educative, dal passaggio ai centri estivi obbligatori per quelli che devono fare i tornei a squadre, per esempio. E abbiamo lavorato anche con la scuola maestri, inserendo nel contratto l’obbligo di trasmettere ai ragazzi i principi: il merito, l’aspetto etico e quello morale.” Un mezzo di diffusione del tennis in Italia, per Binaghi, è stato anche Supertennis, televisione creata dalla Federazione. “La TV ci ha aiutato a divulgare questi valori. Se mi avessero detto che una tv non commerciale avrebbe trasmesso addirittura uno Slam (lo US Open, ndr) non ci avrei creduto.”
Secondo Binaghi, tuttavia, la parabola del tennis in Italia non ha ancora raggiunto la sua acme: “Noi siamo ancora secondi in tutto: in Italia dopo il calcio, nell’organizzazione dei tornei perché non abbiamo uno slam, nei risultati della giovane generazione perché per ora c’è Alcaraz davanti.” Per raggiungere la vetta, Binaghi delinea tre vie. “La prima è la scuola: investiremo 8 milioni, insegneremo tennis a oltre 400.000 bambini, offrendo 15 lezioni gratuite ciascuno. Poi favoriremo l’attività delle società, aboliremo per la prima volta le tasse d’iscrizione a campionati giovanili e a squadre. Per la società sarà gratuita l’organizzazione di ogni torneo.” Come terzo punto, infine, “contribuiremo alla costruzione di campi pubblici per tennis e padel nei comuni medio piccoli in Italia. Diffondere la pratica sportiva è l’obiettivo.”
Binaghi ha preso in mano, nel 2001, un movimento italiano in difficoltà. Il primo italiano in classifica era Andrea Gaudenzi – oggi Presidente dell’ATP- al cinquantaquattresimo posto. Oggi abbiamo un numero quattro del mondo e quattro giocatori tra i primi cinquanta. “Siccome la squadra è giovane, è solo l’inizio: abbiamo davanti 15 anni di grandissime emozioni.” E Angelo Binaghi punta ad esserne, ancora, uno dei protagonisti.