Coppa Davis, Jannik Sinner "caso Nazionale": per me è innocente

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Coppa Davis, Jannik Sinner “caso Nazionale”: per me è innocente

Se Jannik ha nella propria scala degli obbiettivi le ATP Finals al di sopra della Coppa Davis gliene possiamo fare una colpa?

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Jannik Sinner - US Open 2023 (foto Twitter @usopen)
 

Premessa: Fino a pochi giorni fa la rinuncia di Jannik Sinner alla convocazione in Nazionale per il round eliminatorio di Coppa Davis era un argomento di discussione confinato agli appassionati di tennis. Nelle ultime settimane tuttavia abbiamo assistito ad una vera e proprio campagna mediatica da parte della Gazzetta dello Sport, che ha dedicato ampio spazio alla vicenda; il culmine è stato raggiunto sabato scorso, quando la copertina di Sportweek – l’inserto settimanale della rosea – era proprio dedicato a Sinner. Il titolo era eloquente: “Perché il numero uno del nostro tennis ha sbagliato a dire di no alla Coppa Davis”.

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Ci siamo sentiti allora in dovere di ragionare un po’ sulla vicenda e nel seguente articolo potrete trovare le ragioni della difesa. Abbiamo immaginato insomma di trovarci in un’aula di tribunale e vestire i panni della difesa (speriamo che alla fine non ne venga fuori solo una d’ufficio).

Cari lettori, innanzitutto partiamo da un fatto abbastanza curioso che tutti avrete potuto notare: la “rosea”, solita dedicare un trafiletto in prima pagina al vincitore di Wimbledon che impallidisce di fronte a qualsiasi rumor di calcio mercato estivo, ha deciso di dedicare ampio spazio alla vicenda. Per vedere nuovamente Sinner su una copertina di Sportweek come minimo sarebbe necessario una vittoria Slam.

Pertanto, la prima richiesta che vi facciamo è quella di astrarvi dal clamore mediatico che impera in questi giorni è che appare decisamente orientato. Non facciamo dietrologia sui motivi di tali scelte editoriali, semplicemente vi chiediamo di liberare la mente delle impressioni e dei pregiudizi che potreste aver maturato in questi giorni e di dedicare 3 minuti del vostro tempo per seguire quelli che sono i fatti.

È davvero una colpa la sua?

Jannik Sinner quindi lo dobbiamo considerare colpevole? E se sì, di quali colpe si sarebbe macchiato?

Se le parole hanno un significato, allora tutti potremo concordare che nella lingua italiana si parla di colpa per indicare: “ogni azione che per qualsiasi motivo è riprovevole o dannosa, causando un pregiudizio mediante la violazione di obblighi di varia natura, anche morale”

Perdonate la pesantezza della definizione ma a volte un po’ di precisione è opportuna per organizzare un’argomentazione.

Nella definizione procedente di colpa sono due gli elementi che reggono il periodo:

  • Una valutazione ex post: c’è colpa quando esiste un’azione che produce degli effetti dannosi.
  • Una valutazione ex ante: c’è colpa quando ci si discosta nell’agire da uno standard morale

I rischi della sua assenza

Sotto il primo punto, valutazione ex post, analizzando i fatti, chi scrive considera che gli effetti della rinuncia alla chiamata in nazionale sono stati principalmente:

  1. Aumentare le probabilità di eliminazione da parte della nazionale italiana. Poiché Sinner era il nostro miglior giocatore, non aver potuto disporre del suo apporto avrebbe potuto portare la squadra azzurra all’eliminazione dal torneo.
  2. Incrinare potenzialmente il clima e la coesione di squadra in quanto Jannik ha anteposto le proprie esigenze di programmazione alla chiamata in Nazionale.

Tralasciamo per un attimo il fatto che la Davis sia una manifestazione che in questo momento sta attraversando un periodo di appannamento e di rinnovamento, che non assegna punti ATP e che ha perso di appeal. Tralasciamo che spesso e volentieri i migliori giocatori al mondo hanno declinato cortesemente più di una convocazione in nazionale, quando confliggeva con le loro esigenze di programmazione. Tralasciamo quindi che in questo momento storico la Coppa Davis è generalmente più attraente per quei tennisti che si trovano in posizioni di rilievo ma comunque fuori dalla top 20 e che il richiamo comincia a farsi sentire solo nelle fasi finali. Tralasciamo tutti questi elementi di contesto e concentriamoci sui punti richiamati in precedenza.

Rispetto al punto 1. – inficiare le possibilità di qualificazione della squadra italiana – il danno era da considerarsi oggettivamente modesto alla data in cui Jannik ha espresso il proprio rifiuto.

Il Canada era privo dei sui migliori giocatori, la Svezia non era un avversario temibile e il Cile poteva contare solo su un buon Jarry. Oggettivamente la qualificazione, giocando in casa anche con i vari Sonego, Musetti e Arnaldi era data pressoché per scontata.

Sotto questo punto di vista pertanto il danno arrecato da Sinner sembrava essere molto relativo. Se le probabilità di passare il turno con Jannik a Bologna avrebbero sfiorato la certezza matematica, anche senza il ragazzo di San Candido l’Italia rimaneva comunque nettamente la favorita per il passaggio del turno.

Il rischio di eliminazione c’è stato

Sfortunatamente con la sconfitta contro il Canada siamo arrivati a un passo dall’inferno e si è scatenata la solita caccia al colpevole per trovare un capro espiatorio; e allora non deve stupire che mentre Sonego e Musetti combinavano la frittata contro il Canada, il primo pensiero di tanti, Gazzetta inclusa, era quello di cercare il colpevole altrove.

All’indomani della sconfitta con il Canada allora la colpa di Jannik ha assunto ben altre proporzioni come se la squadra azzurra fosse un’armata Brancaleone come la Grecia, a cui se togliamo Tstsipas resta solo qualche buon seconda categoria.

Ma ribadiamo, il girone di Bologna sembrava benigno e la vittoria del Canada contro gli azzurri era data tanto a poco da tutte, ma proprio tutte, le agenzie di scommesse. Per cui sotto questo profilo, la colpa che poteva essere additata a Sinner va calcolata rispetto al momento in cui ha annunciato il proprio forfait ed è senz’altro lieve.

Per quanto riguarda il punto 2. – incrinare il clima di coesione di squadra – il discorso è probabilmente più complicato. Il fatto che Sinner sia considerato da tutti il miglior tennista italiano in circolazione al momento è opinione condivisa. E storicamente è un fatto che le star delle rispettive Nazionali abbiano sempre goduto di trattamenti di favore. Vi immaginate forse un pacioso Severin Luthi cazziare Federer e Wawrinka quando non si presentavano?

Non stupisce allora che anche per Jannik valgano logiche simili e che la Federazione e il capitano Volandri non abbiano nessun interesse ad entrare in rotta di collisione con la loro star.

Certo è che in Davis, Jannik ancora non ha dimostrato acuti pesanti tali da giustificare tale status. Sinner ha vinto 6 dei 7 match giocati finora in Davis con la nuova formula, ma il match più difficile è stato contro Marin Cilic, un buon giocatore, ma che nel 2021 non era certo il temibile top ten del 2017 e del 2018.

Insomma, a Jannik è stato fin qui concesso credito illimitato, che però a questo punto dovrà per forza ripagare a Malaga. In un’ipotetica semifinale contro Djokovic, Sinner dovrà dimostrare di meritare i galloni di leader, altrimenti poi sarà difficile tenere a bada i legittimi mugugni degli altri ragazzi che invece a Malaga la squadra ce l’hanno portata e che magari finiranno con l’essere esclusi dal team. Intendiamoci, non è che pretendiamo una vittoria su Nole, ma almeno una partita maiuscola, quello sì. Pertanto, sotto questo secondo punto, il giudizio è sospeso.

A giudizio di chi scrive il problema potrebbe porsi in futuro qualora Sinner continuasse a richiedere un trattamento di favore senza però trascinare la squadra con le sue vittorie nei match che contano, quelli che decidono poi se si vince o si perde il trofeo. A quel punto probabilmente ci si aspetterebbe da Volandri una programmazione e un impegno da parte dei propri uomini che richieda un’adesione completa al team, e non solo quando si allineano gli astri o quando c’è odore di trofeo.

In sintesi, se parliamo di colpa sotto il profilo di danno provocato, a Sinner si può imputare ben poco; ribadiamo, considerare a inzio settembre prima dell’avvio del girone Jannik come essenziale alla qualificazione sarebbe sembrato quasi offensivo nei confronti degli altri singolaristi, che sono tutti ampiamente nei primi 100 al mondo.

L’aspetto morale

Passiamo adesso a considerare la questione sotto un punto di vista morale, la componente che abbiamo chiamato ex ante della definizione di colpa.

In tal caso i termini del problema – come impostato dalla Gazzetta – possono essere inquadrati a piacimento. Basta qualche piccolo espediente retorico per presentare la vicenda sotto la giusta angolatura e smuovere le passioni.

Ad esempio, una delle obiezioni mosse a Jannik è quella di essere stato egoista e di essersi dimostrato insensibile alla chiamata della Nazionale. In tal caso però il contesto è importante per emettere un giudizio.

In primo luogo il tennis è uno sport individuale, che viaggia a ritmi spesso estremi, nel quale la gestione fisica è fondamentale. Se Jannik ha nella propria scala degli obbiettivi le ATP Finals al di sopra della Coppa Davis gliene possiamo fare una colpa? È un desiderio legittimo, semmai valeva la pena essere coerenti e comunicarlo chiaramente. Un po’ come Roberto Mancini che legittimamente ha scelto la strada di allenare la Nazionale saudita per una motivazione chiaramente economica ed è stato crocifisso sulla pubblica piazza. La dinamica era simile, e così come a Sinner, al Mancio può solo essere imputato di non avere rivendicato con maggiore forza la propria scelta senza trincerarsi su questioni secondarie.

In secondo luogo, mantenendo il paragone con l’ambito calcistico, quello più noto ai più, andrebbe anche ricordato che Jannik non ha disatteso una chiamata alla fase finale dei Mondiali. Il paragone più consono sarebbe quello di una mancata risposta ad una convocazione per una gara di qualificazione contro la Macedonia. Poi se la squadra incappa in una giornata dannatamente storta contro un avversario mediocre e si fa fregare, la colpa davvero è degli assenti?

Infine, sempre per restare nel campo dei giudizi morali, un ulteriore aspetto che potrebbe aver svolto un effetto moltiplicatore è quello relativo alla figura di Jannik. Sarà politicamente scorretto dirlo, ma Sinner con i suoi modi puliti, poco empatici e le origini altotesine – piaccia o meno – scatena in tanti (fortunatamente non in tutti eh!) una discreta antipatia e al ragazzo non gli si perdona quindi il minimo sgarro. Allora se Sinner si sfila e rifiuta la convocazione non è solo colpevole, è über-colpevole.

Ma pure su queste dinamiche, il povero Jannik che colpa ne può avere? Perché di questo stiamo parlando, Jannik è responsabile delle proprie azioni, non di altro. Se poi oltre a giocare bene a tennis si pretende che frequenti pure un corso di dizione questo è un altro discorso. Ma che rasenta la follia.

In conclusione per farla breve, il can can mediatico sollevato dalla Gazzetta è più che altro una panna montata che trova scarso fondamento nei fatti. Insomma a giudizio di chi scrive Jannik – seppure in modo silenzioso e senza rivendicarlo esplicitamente– dà l’impressione di sapere che il suo status all’interno della squadra è privilegiato. Malaga in questo senso sarà un crocevia importante, avrà i fari di tutti puntati addosso e sarà vietato sbagliare. D’altronde, come si dice, oneri e onori vanno di pari passo.

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