36 anni e non sentirli: meglio Federer nel 2017 o l'ultimo Djokovic?

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36 anni e non sentirli: meglio Federer nel 2017 o l’ultimo Djokovic?

Sei anni fa Roger tornò dall’infortunio al ginocchio e vinse sette titoli (tra cui due Slam): lo stesso numero raggiunto da Nole in questa stagione. Alla luce degli avversari, chi ha fatto meglio?

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Roger Federer e Novak Djokovic - ATP Parigi-Bercy 2018 (foto via Twitter, @RolexPMasters)
 

L’ultimo titolo NBA di Michael Jordan a 35 anni, Dino Zoff campione del mondo a 40, Messi pallone d’oro a 36 dopo aver vinto il Mondiale, Manny Pacquiao tornato detentore del titolo mondiale nei pesi welter anche lui a 40. E poi, tra gli esempi di leggende sportive senza età, ci sono anche un po’ di tennisti, con Federer e Djokovic in prima linea. Non sono certo gli unici: Ken Rosewall è infatti ancora il campione Slam più anziano nella storia (Australian Open a poco più di 37 anni nel ’72) e anche Nadal, come gli altri due componenti dei Big Three, è stato capace di trionfare in un major a 36 anni suonati.

Quanto fatto da Roger nel 2017 e da Nole quest’anno va però ancora oltre. Si è tratto infatti di due stagioni segnate quasi solamente da vittorie, in barba all’età propria e a quella nettamente inferiore dei rivali. Per questo nel novero delle imprese più rilevanti sotto l’aspetto anagrafico i posti d’onore riservati al tennis spettano allo svizzero e al serbo, ma, come dimostrato dall’infinito dibattito sul GOAT, gli ex aequo non sono graditi. Del resto il confronto implica la ricerca di uno scarto e, per certi versi, ne pretende l’individuazione per poter delineare una graduatoria. È infatti evidente che non si possa ricondurre al principio d’identità, per cui ogni cosa è uguale a sé stessa, il paragone tra la stagione 2017 di Federer e quella 2023 di Djokovic: i termini sono diversi. Il problema, semmai, è dare un valore alle inevitabili differenze per arrivare a una conclusione il più possibile oggettiva. Difficile, forse impossibile, ma è proprio per questo che ci proveremo.

La questione della percezione

Nel tentativo di oggettivizzare la valutazione, è fondamentale riflettere sull’idea che abbiamo nel nostro immaginario delle due stagioni in questione per provare ad astrarci da esse. Se da un lato, infatti, l’elemento anagrafico è stato quasi dimenticato, dall’altro occupa una posizione centrale nell’aura mitologica che accompagna il ricordo del 2017 di Federer. È colpa, anzi merito di Djokovic che a volte ci si scordi o comunque non si faccia troppo caso al fatto che abbia 36 anni. Per quanto eccezionali, i risultati di Nole negli ultimi 12 mesi non hanno sorpreso quasi nessuno, a partire dal mago Ubaldo che a gennaio aveva sentenziato che il serbo avrebbe dominato il circuito vincendo almeno due Slam. L’impressione è quasi che Djokovic possa continuare a vincere fin quando avrà stimoli, e non fino a quando reggerà il suo fisico, come se la sua tenuta atletica fosse ormai un qualcosa di scontato.

Discorso diametralmente opposto per il Federer del 2017, letteralmente rinato dopo l’infortunio al ginocchio che gli aveva fatto saltare buona parte della stagione precedente. I lunghi stop hanno la capacità di dare un peso ulteriore all’età segnata sulla carta d’identità, di imprimerla nella nostra testa. E così tutti rimanemmo a bocca aperta per le sue prestazioni all’Australian Open che furono solo l’inizio di un’annata indimenticabile.  

Insomma, i 36 anni di Federer potrebbero essere percepiti come maggiori dei 36 di Nole ma qui sì che il principio d’identità vige sovrano e perciò non possiamo farci condizionare dalla differenza di percezione.

I risultati

Indubbiamente più oggettiva è l’analisi dei risultati, sebbene anche questi lascino spazio a interpretazioni sia in termini contestuali (ad esempio alla luce dei principali rivali – come vedremo nel prossimo paragrafo) che di “misurazione”. Da un punto di vista prettamente numerico un Masters 1000 e due ATP 500 equivalgono a uno Slam (che dà infatti 2mila punti in classifica), ma non c’è giocatore al mondo che tra le due opzioni preferirebbe la prima… un motivo ci sarà. Ciò che è sicuramente uguale è che entrambi hanno vinto, in queste due stagioni leggendarie, 7 titoli a fronte di 8 finali disputate. Il computo di vittorie e sconfitte, di conseguenza, è molto simile: 54-5 per Roger e 56-7 per Nole con una percentuale di successo leggermente migliore per lo svizzero (91,5 a 89).

I sette titoli del serbo sono ovviamente i tre Slam (fossero stati quattro questo articolo non sarebbe mai stato scritto), le Finals, i 1000 di Cincinnati e Shanghai e il marginale 250 di Adelaide. Re Roger trionfò invece a Melbourne e a Church Road per quanto riguarda i major, a Indian Wells, Miami e Shanghai a livello 1000 e in due 500 (i suoi regni: Halle e Basilea). A occhio, la bilancia sembra pendere dalla parte di Djokovic: il peso del terzo Slam e delle Finals non può essere infatti eguagliato da quello del 1000 in più e dei due 500. Oltretutto, nell’unico major non vinto Nole è arrivato in finale, mentre Federer non disputò il Roland Garros e si fermò ai quarti a New York.

Come noto, Djokovic ha terminato il 2023 da numero 1 (indiscusso), guadagnando due posizioni rispetto a inizio anno e con un totale di oltre 11mila punti. Federer, nel 2017, si dovette accontentare della seconda piazza (con 9mila punti): comunque un risultato notevole alla luce delle 14 posizioni guadagnate nel corso della stagione.

Il contesto competitivo

La seguente è probabilmente la questione più scottante e delicata. Si tratta infatti di valutare il livello di competitività medio del tour (e in particolare dei vertici del ranking) nel 2017 e nella stagione appena conclusa. Partiamo, però, da un dato: Roger perse solo due partite con giocatori piazzati in top10 vincendone ben 14, mentre quest’anno Nole ne ha battuti 17 ma ha perso in cinque occasioni. Ma chi erano questi top 10 o comunque i principali rivali dei due?

In maniera disattenta si potrebbe affermare che Federer dovette avere a che fare con gli altri due Big Three, mentre Djokovic – in quanto unico superstite – non ha avuto questo tipo di problemi. In realtà non è esattamente così visto che il 2017 fu l’annus horribilis di Nole (e anche la stagione in cui Murray iniziò a combattere con la sua anca) tanto che concluse l’anno fuori dalla top ten. Roger se la vide quindi “solo” con Nadal, battuto quattro volte su quattro (compresa la finale in Australia). Gli altri avversari più pericolosi erano Zverev (vincitore di due 1000 tra cui uno battendo in finale proprio Federer), Thiem, Cilic (finalista a Wimbledon), Dimitrov e Wawrinka.

Quest’anno Nole ha avuto in Alcaraz il principale rivale, almeno nel periodo compreso tra maggio e agosto. Gli avversari nelle altre tre finali Slam sono stati, nell’ordine, Tsitsipas, Ruud e Medvedev. Ma è nella parte finale della stagione che Djokovic ha trovato probabilmente l’ostacolo più complicato da superare: quel Sinner che lo ha battuto due volte (tre se consideriamo anche il doppio decisivo in Davis) nel giro di nemmeno due settimane.

Fare un confronto tra i giocatori citati per le due stagioni è impresa a cui dobbiamo rinunciare. Si può però proporre una chiave di lettura non troppo azzardata: quest’anno Djokovic ha avuto attorno rivali dal potenziale enorme, forse anche superiore a quello degli avversari di Federer (eccezion fatta per Nadal, ovviamente), ma ancora troppo acerbi per dare fastidio a Nole sull’intera stagione e non abbastanza esperti per giocarsela nei match più importanti (sia Alcaraz che Sinner, però, sono riusciti ad acquisire questa esperienza nel corso della stagione). Roger, invece, è stato capace di vincere tanto nonostante avesse al cospetto non solo giovani in rampa di lancio come Zverev (allora 20enne) e Thiem ma anche gente abituata a certe sfide, a partire da Nadal ma senza dimenticare Wawrinka e Del Potro.

Il verdetto finale

Dopo questi fiumi di parole, sarebbe il caso di pronunciare un verdetto. Qual è stata la miglior stagione tra quella di Federer nel 2017 e quella di Djokovic nel 2023 (che sarebbe a dire, ‘qual è stata la miglior stagione di sempre di un tennista sopra i 35 anni’)?

Inutile essere forzatamente diplomatici ed evitare la risposta, quindi eccola, pronta ad essere sottoposta al vostro vaglio: DJOKOVIC 2023.

Motivazioni della sentenza: il contesto competitivo era probabilmente di livello superiore nel 2017 ma lo scarto non è tale da poter riequilibrare la differenza nei risultati ottenuti che è favorevole all’ultimo Djokovic.

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