Richard Gasquet fuori dalla Top 100 dopo quasi 19 anni: talento e rimpianti di un giocatore speciale

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Richard Gasquet fuori dalla Top 100 dopo quasi 19 anni: talento e rimpianti di un giocatore speciale

Dopo 956 settimane si conclude l’incredibile striscia di un campione che ha segnato un’epoca. La prima vittoria a Montecarlo a 15 anni, l’impresa con Federer nel 2005, i rimpianti del talento francese

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Richard Gasquet - Bercy 2022 (foto Twitter @ATPTour_ES)
 

Richard Gasquet, classe 1986, a causa della sconfitta nel primo turno del torneo ATP 250 di Auckland con il connazionale Arthur Fils uscirà dalla top 100 del ranking ATP per la prima volta dall’11 Aprile del 2005, dopo ben 956 settimane. Una sconfitta mai come in questo caso simbolica, arrivata contro uno dei nomi nuovi del tennis mondiale: Fils è nato nel Giugno del 2004, pochi giorni prima della sconfitta di Gasquet al primo turno di Wimbledon contro il danese Kenneth Carlsen (in cinque set). 

Richard, che nel 2002 aveva stupito il mondo del tennis diventando all’epoca- appena 15enne- il giocatore più giovane ad aver vinto un match in un main draw ATP (a Montecarlo, vittoria su Franco Squillari) fece il suo primo ingresso nei primi 100 della classifica mondiale alla fine del mese di Settembre del 2003 (aveva 17 anni) grazie alla vittoria nel torneo Challenger di Grenoble, battendo avversari di un altro secolo: Florent Serra, Antony Dupuis, Michael Llodra e Harel Levy.

Dopo un periodo di assestamento era rientrato in top 100 proprio dopo l’edizione 2005 del torneo di Montecarlo (il luogo del suo destino, per certi versi), travolgendo gli appassionati di tutto il mondo col suo meraviglioso rovescio, un colpo di una bellezza accecante sorretto da spalle gracili, quasi nascoste dietro la visiera di un berretto indossato al contrario: Gasquet aveva raggiunto le semifinali sconfiggendo nei quarti Roger Federer al tie break decisivo in uno dei migliori match della storia del Masters 1000 monegasco, per poi cedere (ma solo al terzo set) a Rafa Nadal (quel torneo rappresentò infatti l’alba dell’incredibile storia dello spagnolo). Fu l’inizio di una vera nemesi per il transalpino. Ricordiamo che Nadal ha vinto tutti e 18 i precedenti in carriera con Gasquet, gli ultimi 13 senza perdere nemmeno un set.

Quello a Montecarlo fu un risultato che catapultò Richard direttamente tra i primi 60 del ranking ATP e che rappresentò da un lato il primo ma decisivo passo verso un 2005 da sogno, concluso a ridosso della top 10 (numero 12 a 19 anni) ma dall’altro- allo stesso tempo- l’illusione (e la pesantissima aspettativa) di una carriera da predestinato.

Gasquet da quella vittoria nei quarti di finale contro Roger Federer non è mai più uscito dalla top 100 della classifica ATP: quasi 19 anni, 955 settimane, la striscia più lunga tra i tennisti in attività: ecco perché quello che succederà lunedì avrà il sapore malinconico della Storia e del tramonto, perché Richard non è riuscito a difendere lo splendido titolo di Auckland del 2023 (l’ultima gemma della carriera, una strepitosa rimonta ai danni di Cameron Norrie) e sarà costretto ad abbandonare il club dei primi 100 dopo una vita (nel vero senso della parola, per una volta). 

Nel corso di questi 19 anni la luce di quel rovescio e in generale di un braccio che sapeva di tennis (oltre a uno dei servizi slice più fluidi del circuito, ci riferiamo in particolare alla prima al centro da sinistra, scivolosa e precisissima) gli ha consentito di raggiungere traguardi di tutto rispetto: 602 vittorie, 16 titoli, 33 finali (nessuna a livello slam, una sola a livello 1000, persa in Canada con Federer nel 2006). Nei tornei Major ha però disputato tre semifinali (un bottino comunque prezioso, specialmente per un protagonista della generazione dei Fab Four, Federer-Nadal-Djokovic-Murray), due a Wimbledon (2007 e 2015) e una a New York (2013).

Gasquet ha in poche parole scelto il momento sbagliato della Storia per diventare un campione di tennis, un momento nel quale si lottava per arrivare quinti (e infatti il suo best ranking, raggiunto nel 2007, è stato il numero 7) ma allo stesso tempo il talento di Beziers- e sarebbe poco onesto negarlo- ad un certo punto della sua carriera ha metaforicamente tirato il freno a mano del suo gioco, accontentandosi costruire il punto da fondocampo (o per meglio dire, qualche metro indietro rispetto alla riga di fondo) senza mai (se non da infortunato, come ad esempio con Zverev a Montecarlo) cercare di anticipare la palla, senza mai approfittare del proprio talento, accettando il piano partita degli avversari, costruito sulla solidità e sulla corsa. 

Gasquet si è accontentato della strada più sicura, una strada allo stesso tempo pigra e faticosa, perchè comporta tanti km in più di corsa sul campo, che gli ha consentito di ottenere risultati enormi, ma che ci ha lasciato un piccolo punto di domanda, al netto di una serie di valide giustificazioni: il fisico del francese (un normodotato dalle gambe svelte, ma pur sempre un normodotato) probabilmente non gli avrebbe mai consentito di avere la stessa esplosività e continuità dei quattro mostri, l’apertura del suo dritto non era costruita su misura per l’anticipo e infine un gioco aggressivo probabilmente necessita anche di una spiccata personalità (la faccia timida di Gasquet – che forse gli consentì di evitare una squalifica per doping nel 2009 – parla da sola). Gasquet è stato ed è ancora un lottatore, ma non esattamente un ‘vincente’ nel vero senso della parola, che prende la partita di peso e la trascina dalla sua parte.

Lunedì si interromperà l’incredibile record del francese e la striscia aperta più lunga tra i tennisti in attività diventerà quella, manco a dirlo, di Novak Djokovic (classe 1987, in top 100 da 945 settimane), seguito a distanza da Grigor Dimitrov (593 settimane), Roberto Bautista Agut (574), Adrian Mannarino (471), Alexander Zverev (420) e Karen Khachanov (358). Non sappiamo ancora se Gasquet troverà la forza per rilanciarsi- a quasi 38 anni- nel purgatorio dei Challenger oppure se deciderà di salutare in grande stile al Roland Garros o a Bercy come i suoi colleghi Tsonga e Simon, magari assieme al quarto fenomeno di questa clamorosa generazione di campioni nati in Francia nel bel mezzo degli anni ’80, ovvero Gael Monfils. Il ritiro è una scelta delicata e personale e gli appassionati hanno il dovere di mordersi la lingua e di non giudicare, specialmente quando come in questo caso si tratta di un campione che a modo suo ha segnato un’epoca, divertendo – per oltre vent’anni – il pubblico di tutto il mondo.

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