Safina svela la verità dietro il ritiro: "Stavo combattendo contro un disturbo da alimentazione incontrollata"

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Safina svela la verità dietro il ritiro: “Stavo combattendo contro un disturbo da alimentazione incontrollata”

Dinara Safina, sorella minore di Marat Safin, si racconta facendo parallelismi con Sabalenka di cui ne elogia il carattere: “Ha vissuto un cambiamento come essere umano, ha trovato un nuovo equilibrio. Non si sconfigge più dall’interno”

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Dinara Safina
 

Gli appassionati di tutto il mondo hanno ammirato Aryna Sabalenka gestire alla perfezione i propri nervi durante il remake della finale dello US Open contro Coco Gauff, andato in scena nel penultimo atto di Melbourne, prima di sublimare le due settimane di estate australiana riconfermandosi campionessa del primo Slam in stagione.

Un successo, che ha colpito particolarmente una ex grande protagonista del tennis femminile: la russa – e sorella minore di Marat Safin, unico raro caso della storia del tennis in cui un fratello e una sorella hanno raggiunto le rispettive prime posizioni della classifica – Dinara Safina, ritiratasi nel 2014 con tanto di best ranking da numero uno del mondo fatto registrare ad aprile 2009, nonché tre volte finalista Major (sconfitta da Serena Williams in Australia nel 2009, e in due edizioni consecutive del Roland Garros per mano di Ana Ivanovic e della connazionale Svetlana Kuznetsova).

“Mi rivedo in Sabalenka, colpita dalla sua forza mentale”

La trentasettenne russa, attualmente residente nel Principato di Monaco – in questi giorni le residenze monegasche sono di dominio pubblico -, è rimasta soprattutto sbalordita dalla tenuta mentale dimostrata dalla bielorussa nei nove mesi del 2023, precisamente l’intervallo di tempo tra il suo primo trionfo Slam e la conquista della cima nella classifica WTA ad inizio settembre. Un cambiamento radicale nella gestione della propria sfera psicologica da parte della 25enne di Minsk, che ha indubbiamente sorpreso l’ex tennista moscovita memore ancora della versione Sabalenka targata Happy Slam 2022: quando Aryna faceva incetta di doppi falli, non mostrando la minima fiducia verso la possibilità di porre rimedio a quelle problematiche croniche che ne attanagliavano il servizio, in particolar modo le ingenti difficoltà sul lancio di palla.

Poi la svolta, grazie alla collaborazione con un esperto di biomeccanica: un viatico per risollevarsi una volta e per tutte, modificando totalmente il movimento in battuta. E’ stato un nuovo inizio per l’amazzone dalla Bielorussia, uno slancio diverso che ne ha reso inarrestabile il servizio e fornito gli strumenti necessari per raggiungere finalmente la tanto agognata continuità nei quattro appuntamenti più prestigiosi del circuito: non è un caso, infatti, che Aryna sia in striscia aperta di ben 6 semifinali in fila a livello Slam: “Il modo in cui si è comportata in campo parla del suo carattere, di quanto sia leale e unita alla sua squadra. Se qualcosa va storto, se ne assume la responsabilità. Non incolpa mai gli altri, ad esempio membri del suo team, e vedendo come tratta le persone si comprende perfettamente il suo enorme cuore. I grandi successi che sta ottenendo, credo dipendano anche da un cambiamento che ha vissuto come essere umano. Ha trovato un nuovo equilibrio, in cui è felice interiormente e non è costretta a lottare contro il suo lato più emotivo. Adesso se perde una partita, continua a sorridere e non la prende sul personale come invece poteva capitarle in passato. Ora è in grado di capire che può avere una brutta giornata, che va accantonata per concentrarsi sulla prossima perché avere una giornata ‘no’ non vuol dire che non potrai dare comunque il 100% nella partita successiva. Ecco, questo penso sia stato il suo più grande miglioramento: non si sconfigge più dall’interno“.

Safina intravede molti degli aspetti che caratterizzavano il suo tennis nel gioco di Sabalenka, gli swing molto ampi ne sono una riprova, e dunque può relazionarsi meglio di altri con le avversità che la 25enne ha dovuto affrontare nel tentativo di diventare une delle migliori giocatrici dell’attuale panorama femminile: “Ci saranno sempre persone nella tua carriera che ti diranno che stai facendo la cosa sbagliata. A furia di sentire certe critiche nei tuoi confronti, alla fine sei portato quasi inconsciamente a dubitare di te stesso e questa è la cosa peggiore che ti possa capitare. La osservavo mentre viveva questa situazione e mi chiedevo come avrebbe reagito a quel tipo di dubbio“.

Le pressioni dell’Australia

Sabalenka è però riuscita a tirarsi fuori brillantemente da quello stato di angoscia agonistica, traendo forza da un roccioso team alle spalle guidato dall’allenatore Anton Dubrov e dal preparatore atletico Jason Stacy, al contrario di Dinara che ha ammesso che il processo d’interiorizzazione dello stress la logorava puntualmente ed incessantemente nel corso della prima settimana dell’anno. Ogni volta era così: “Ho sempre avvertito una buona dose di nervosismo in Australia, il fatto di arrivarci senza aver disputato alcuna partita ufficiale in precedenza era per me deleterio. Soprattutto perché naturalmente, come tutti, volevo fare bene, volevo cominciare nel migliore dei modi la stagione. E il tutto veniva ancor di più enfatizzato, se avevo svolto un’ottima pre-season con sensazioni positive. A quel punto infatti vuoi iniziare la stagione con buoni risultati a tutti i costi, tuttavia se arrivi a Melbourne avendo avuto una prima settimana in Australia negativa in qualche evento preparatorio, l’iniziale livello di nervosismo cresce ancora. Questo però è anche il bello dell’Australian Open, quella pressione in più che deriva dal voler fare così bene, quindi o fai molto bene o fai molto male, difficilmente ci sono vie di mezzo“.

E proprio ripartendo dalle ultimissime parole dell’argento nel singolare ai Giochi Olimpici di Pechino 2008 (fu podio tutto russo in Cina, oro a Dementeva e bronzo a Zvonareva), che sottolineiamo come Safina abbia avuto riscontri concreti di quanto affermato in merito al bipolarismo prestazionale che ha incontrato nel Major Down Under. Spintasi sino all’atto conclusivo del torneo quindici anni fa, dopo uno splendido cammino contraddistinto da eccezionali vittorie su Jelena Dokic e Vera Zvonareva, ad appena due stagioni di distanza – nel 2011 – fu viceversa derubata della sua forma migliore a causa di un persistente infortunio alla schiena e perciò battuta con doppio bagel al primo turno da Kim Clijsters.

Nonostante l’elevate pressioni a cui fu sottoposta, nel decennio trascorso dal ritiro, ha fatto pace con la sua carriera. Dunque ora come ora non nutre nessun rancore nei confronti di Melbourne Park, e l’Happy Slam è quindi rimasto tale: “E’ un Grande Slam, l’ambiente è molto unito. L’hotel è vicino all’impianto e le persone sono super cordiali. I tifosi poi sono estremamente accoglienti. C’è un’atmosfera differente dal resto del Tour, i fan australiani sono così gentili. Questo è senza dubbio il ricordo più presente che ho dell’Australian Open, di certo non le difficoltà mentali di adattamento“.

Il disturbo alimentare, un incubo senza fine

Dopo il racconto degli anni australiani, arriva invece un momento dell’intervista – rilasciata a Tennis.Com – molto toccante per Dinara. Si entra all’interno del vissuto e della sensibilità della protagonista, che svela una cruda verità celata dietro alla sua decisione di appendere la racchetta a soli 27 anni. Un realtà di quello che successe mai condivisa prima, l’aver dovuto combattere una battaglia lunga dieci anni contro un disturbo alimentare: “Ciò che alla fine mi ha impedito di tornare a giocare è stata una lotta fisica con il mio peso corporeo. A quel tempo stavo combattendo contro l’ansia e un disturbo da alimentazione incontrollata. Ero costantemente in sovrappeso e non riuscivo a perdere chili anche se ci provai con tutte le mie forze. Tentai diverse diete ma niente funzionava e giocare al livello massimo del professionismo, qual è la WTA, con 30 chili di troppo non era sostenibile. Questo è stato uno dei motivi principali per cui non hai mai iniziato seriamente una percorso di rientro fra i ranghi del circuito. Anche perché furono momenti talmente difficili sotto il profilo personale, poiché fisicamente non ero come sarei dovuta essere e conseguentemente venivo additata coma una giocatrice poco professionale oltre a ricevere costantemente pesanti derisioni per il mio aspetto, che non avevo la mente sgombra e lucida per potermi rimettere a pensare al tennis“.

Il suo disturbo alimentare iniziò parallelamente al palesarsi dei problemi alla schiena che la fecero precipitare i fondo agli inferi del ranking dal cucuzzolo della classifica WTA – dove ha sperimentato la solitudine, quando le luci della ribalta si spengono -. Un male che ha resistito fino alla pandemia del 2020, quando lo stare chiusi in casa le ha dato l’opportunità di scoprire attività calmanti come lo yoga e la meditazione che l’hanno così aiutata a sconfiggere il disturbo definitivamente: “Non è un segreto ormai, ma allo stesso tempo non voglio che sia una storia che porti le persone, nel momento in cui la leggeranno, a sentirsi male e piangere per quello che mi è capitato. Ho però voluto condividere questa dolorosa vicenda del mio passato, al fine di poter far capire alle persone che tali disturbi possono colpire chiunque, anche un personaggio famoso come una tennista, che ha raggiunto l’apice nella sua professione e può godere di tutti i benefici economici che ne conseguono. Ognuno ha i propri problemi, ognuno di noi deve affrontare le proprie paure, ed è normale. Quando tuttavia ci si trova al loro cospetto, ci si sente sempre soli in questo mondo come se nessun altro capisse quello che stiamo vivendo. Molte persone hanno vissuto le stesse cose che ho dovuto faticosamente superare anche io. Perché in fondo c’è sempre una luce alla fine, ma per raggiungerla bisogna ricordarsi che non si è mai soli in queste battaglie“.

Un futuro da coach

Safina è aperta a guardare il tennis anche in una veste più ufficiale in futuro, portando la sua mente analitica e il suo cuore empatico a disposizione di una giovane atleta per fornirle una visione più profonda della vita nel Tour, che a volte può essere spietata: “Onestamente sono felice, ho sconfitto i miei demoni, e vorrei adesso aiutare gli altri. Quando penso alla mia missione nella vita, anche se ad un certo punto è stata il tennis giocato, ora potrebbe essere quella di aiutare gli altri a raggiungere i risultati che si sono prefissati evitando di commettere gli errori da me commessi“.

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