Sarà dunque Iga Swiatek contro Maria Sakkari per il titolo a Indian Wells. Alle 19, ora italiana, una finale imprevista e imprevedibile, per quanto sino allo sbarco in California fatto vedere dalle due contendenti, soprattutto dalla greca, eppure avremmo dovuto prestare maggiore attenzione a statistiche e tradizioni, che qualcosa, anche se non sempre, insegnano. A volte, perlomeno, aiutano a seguire una traccia. Iga Swiatek, da un paio d’anni, agli appuntamenti di gala presenzia spessissimo: già fenomeno conclamato e attesa a grandi traguardi fin dalle prime apparizioni nel circus del tennis professionale, Swiatek, non si sa con quanta voglia, si è presa sulle spalle l’onore e l’onere di diventare il volto finalmente spendibile per l’incerto marketing della WTA dopo il declino del triumvirato Serena Williams-Maria Sharapova-Vika Azarenka e prima che Aryna Sabalenka ed Elena Rybakina si stabilizzassero ad alti livelli. Con grande sollievo dei maggiorenti del Tour l’operazione poté dirsi riuscita tra il febbraio e il giugno del 2022, quando Ighina nostra mise insieme la bellezza di trentasette vittorie consecutive tra Doha e Parigi, assurgendo alla vetta della classifica; trono mollato giusto per un paio di mesi dopo la mancata difesa del titolo a New York, ma prontamente riconquistato in seguito al trionfo alle ultime Finals di Cancun.
Un discreto dominio, contrastato non molto spesso da un gruppetto di colleghe sostanzialmente riducibile al binomio Sabalenka-Rybakina, ma quella che al momento, vista la perdurante crisi di Stefanos Tsitsipas, si può definire la stella polare del tennis greco è stata nel gruppetto subito dietro, e per un periodo anche davanti: già numero 3 per un paio di settimane nella primavera di due anni fa, la greca della top 10 è da tempo frequentatrice stabile. Un’avversaria credibile dunque, almeno stando ai numeri, ma in finale a Indian Wells, quest’anno, non era certamente pronosticata. La Maria del 2024 pareva in discreta crisi: solo le tre vittorie alla United Cup hanno reso meno dolorose le sue statistiche d’inizio 2024, gravate da un mesto secondo turno all’Open d’Australia, da due sconfitte all’esordio ad Abu Dhabi e Doha e da un altro secondo round a Dubai. Il momentum, insomma, non restituiva prospettive rassicuranti.
Ma Sakkari ha la scorza dura, e soprattutto a Indian Wells avverte profumi casalinghi: alla decima semifinale nella categoria mille, la greca è insieme a Swiatek – ma toh! – l’unica giocatrice ad aver raggiunto tre final four consecutive in California nella storia di un torneo fondato nel 1989. Nel 2022 perse una finale bruttarella contro Swiatek, che nell’occasione appose la sua finora unica parafa in calce al torneo, mentre lo scorso anno ha ceduto la semi a Sabalenka. Inoltre, per aggiungere un altro tassello a una faccenda che inizia ad assumere caratteri esclusivistici, solo Swiatek (con quattordici), ha raggiunto più finali di Sakkari (otto) nella categoria prendendo in esame solo le ultime tre stagioni. Senza considerare, anche se tenerlo in conto sarebbe opportuno, che Swiatek-Sakkari è solo la terza finale disputata molteplici volte a Indian Wells dai tempi dell’inaugurazione del torneo: le altre due hanno visto in campo Martina Hingis e Lindsay Davenport (1998 e 2000) e ancora Lindsay Davenport contro Kim Clijsters (2003 e 2005). Ce n’è abbastanza per rassicurare i pessimisti (o realisti, vedremo) che si aspettano una finale a senso unico? Difficile a dirsi.
Iga Swiatek deve ancora compiere ventitré anni (spegnerà le candeline il prossimo 31 maggio), ma battendo Marta Kostyuk nella semifinale di venerdì ha già toccato l’esorbitante quota di 300 vittorie in carriera. Quella di domani sarà la sua decima finale 1000 (sette vittorie), categoria di cui detiene un particolare e significativo record, avendo raggiunto l’ultimo atto il 37% delle volte in cui è stata iscritta a eventi di quel livello: la collega appena superata, una certa Serena Williams, ha chiuso la carriera con il 36,7%, e va bene che quello di Serenona è un dato definitivo, ma insomma c’è da stropicciarsi le mani. Continuando a parlare di ottime compagnie e di gente che di racchetta e palline sapeva farne discreto uso, la numero uno del mondo al momento divide con Steffi Graff la miglior percentuale di partite vinte a Indian Wells dall’inaugurazione del Tennis Paradise a oggi, assestandosi su un clamoroso 89,5%.
Per amor di completezza, se non dei numeri, aggiungeremmo che Maria Sakkari è l’unica giocatrice insieme a Swiatek ad aver vinto negli ultimi cinque anni almeno venti partite contro le colleghe abitanti la top 10. Eppure le cilindrate sono diverse, così come i rispettivi percorsi delle sfidanti in questo primo scorcio di 2024: Sakkari, come già anticipato, fino all’approdo nella Coachella Valley ha balbettato alquanto, mentre Iga, nonostante un Australian Open un po’ così, con la vittoria su Kostyuk in semifinale è balzata in testa alla graduatoria per partite vinte in stagione con 19, staccando Emma Navarro (18), Elena Rybakina (17) e la coppia Gauff/Ostapenko (16).
Ciò che conta di più per tirare qualche somma, ce ne rendiamo conto e tuttavia, è il cammino percorso sin qui dalle pretendenti nel torneo, e l’andazzo sembra in qualche modo rispecchiare i rispettivi stati di forma generali esibiti sin da inizio stagione: la prima favorita in gara per arrivare all’ultimo atto non ha dovuto sudare più di tanto: zero set concessi, un solo momento di sbandamento (primo parziale con Noskova in ottavi, tra palle del 2-5 cancellate per poi vincere gli ultimi dieci giochi consecutivi) e un totale di cinque ore e cinquantasei minuti trascorsi in campo.
Spesso costretta ad arrapinarsi, a ben altre fatiche si è dovuta sottoporre Maria, la quale in due set ha vinto solo una partita (terzo turno con Garcia) e ha dovuto affrontare tre volate con due rimonte imposte da Shnaider al secondo round e da Navarro nei quarti alla fine di una maratona da due ore e cinquantaquattro minuti; maratona replicata nella semifinale sfilata a sorpresa a Coco Gauff in due ore e 41 minuti con tanto di match point (tre) falliti nel secondo che avrebbero concesso un risparmio sul consumo di acido lattico. Una vittoria, quest’ultima, comunque energizzante: rimontate dal 5-2 prima delle suddette occasioni per chiudere, e poi superate al tie-break, molte colleghe avrebbero fatto strada alla favorita, nel terzo set. Terzo set che invece, pur preceduto da sussurrati monologhi tendenti all’atticismo e da sguardi comprensibilmente atrabiliari, Sakkari ha finito per dominare.
E allora, anche se gli allibratori – che pagano la vittoria della capobranco appena 1,20 volte la posta, quando il moltiplicatore abbinato alla sfidante è 4,50 – sembrano avere sul suo esito le idee piuttosto chiare, tutto sommato la finale di stasera potrebbe forse scoprirsi più interessante del previsto. Vero, guardando agli ultimi mesi sembrerebbe difficile crederlo. Com’è vero che gli ultimi due incroci sono stati vinti da Iga, pure con relativo agio. Ma Sakkari aveva comunque prevalso nei precedenti tre, e quando sbarca in California apre la porta di casa, con tutto il comfort che ne consegue.