Sulla sedia dell’arbitro a Madrid: Nadal critica l'atteggiamento dei giudici

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Sulla sedia dell’arbitro a Madrid: Nadal critica l’atteggiamento dei giudici

Nadal furioso con i giudici di sedia nell’ultima apparizione a Madrid: “frustrante giocare così”

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Rafael Nadal e il giudice di sedia Fergus Murphy - Madrid 2024 (foto Florin Baltatoiu)

Avevamo appena iniziato ad archiviare le numerose polemiche nate quest’anno a Monte Carlo riguardo a un arbitraggio definito impreciso, scorretto e dannoso. Con l’aria spagnola tra i capelli, passando per Barcellona, ci siamo lasciati alle spalle la svista pesante di Aurélie Tourte, che ha negato a Sinner il doppio break e la quasi certa finale nel Principato. Siamo arrivati a Madrid per il secondo Masters 1000 sulla terra battuta, l’edizione sicuramente più malinconica del Mutua Madrid Open, l’ultima di Rafa Nadal. Ormai consapevoli che vederlo andare oltre al secondo o terzo turno sarebbe stato già un miracolo, ma con la certezza che la tecnologia, questa volta, avrebbe aiutato a garantire dei risultati precisi.

A differenza di Monte Carlo, dal maggio del 2021 a Madrid, è stata introdotta per la prima volta la tecnologia Foxten per controllare il segno della palla sul campo in terra battuta. Un sistema che funziona grazie a una serie di telecamere ad altissima risoluzione e velocità di scatto, in grado di riprendere il reale rimbalzo della palla nei pressi della riga. Un controllo elettronico ancora più accurato rispetto al tradizionale “occhio di falco” a cui siamo abituati da tanti anni.

Nonostante le ovazioni, gli applausi e le lacrime dei tifosi intorno a lui, il cinque volte vincitore del torneo, non si è fatto intenerire di fronte alla brutta piega che tecnologia e arbitraggio hanno preso insieme. Quest’anno i problemi di collaborazione tra giudici di sedia e telecamere sono stati diversi e notevoli. Ma la reazione incredula di uno dei migliori professionisti della storia (per un periodo che va oltre i vent’anni di carriera), potrebbe finalmente attirare l’attenzione di chi continua a chiudere un occhio, quello vero.

La discussione più accesa di Nadal a Madrid è stata quella con l’arbitro irlandese Fergus Murphy, nel match contro De Minaur. Dopo aver segnato il colpo con la racchetta a terra, Nadal ha fermato il gioco, dimenticandosi di chiamare esplicitamente il challenge. Motivo per cui Murphy non gli ha dato ragione, scatenando la rabbia dello spagnolo: Se fermo il gioco e ti faccio segno che la palla è fuori, l’errore è tuo, non mio perché non ho chiamato il challenge nel modo giusto” ha detto Rafa su tutte le furie. Il giudice che, come da regolamento, sul campo centrale non può scendere dalla sedia per via di un numero illimitato di challenge a disposizione ha continuato a spiegare: “Il segno per chiamare il challenge dev’essere chiaro e tu non l’hai fatto. Quindi il punto va a De Minaur”. Nadal sempre più incredulo e furioso, prima di riprendere la partita ha voluto aggiungere: “Guarda, peggio di così non potevi decidere”.

Il secondo episodio in cui il re della terra rossa si è trovato nuovamente in difficoltà di fronte all’utilizzo della tecnologia, è stato contro Jiri Lehecka agli ottavi di finale. Dopo aver vinto il primo set 7-5, il tennista ceco era riuscito a strappare il servizio a Nadal in apertura del secondo parziale. Lehecka al servizio avanti 30-15, ha tirato una palla giudicata buona dagli occhi molto vicini del giudice di sedia. Lo spagnolo si è avvicinato ma vedendo il segno fuori dalla riga, ha chiamato il challenge. L’esito del replay ha dichiarato la palla buona per pochi millimetri. Nadal è tornato a rivedere il segno una seconda volta e dopo aver constatato come questo fosse staccato dalla riga, si è diretto verso la sedia dell’arbitro per dare la sua opinione: “La palla è fuori, si vede chiaramente. Questo è il problema con la tecnologia in campo e credo che sia molto frustrante per i giocatori”. Il giudice di sedia ha sorriso, limitandosi a rispondere: “Sono d’accordo con te”.

Ed è proprio in questa affermazione che si riassume qualcosa di profondamente sbagliato: sono d’accordo con te, ma sto seduto qui senza cambiare le cose. Come se nulla fosse successo, l’arbitro ha accettato la decisione sbagliata della tecnologia, la partita è andata avanti e Nadal ha perso quel punto. Questa volta però, nessuno si è permesso di dare la colpa all’arbitro per non aver chiamato la palla fuori, e peggio ancora, per non aver corretto lo sbaglio del sistema (che ha pur sempre un margine di errore). Nessuno ha rivolto né a lui, né ai responsabili del sistema Foxten le parole irripetibili dette ad Aurélie Tourte. L’unico che si è preso la briga di sottolineare come questo sistema di giudizio sia frustrante tanto quanto una svista umana è stato Rafa.

La sensazione che ormai la maggior parte dei giudici di sedia si stiano nascondendo dietro alle formalità è sempre più frequente e pericolosa. L’ha detto bene Paolo Bertolucci nel match tra Nadal e Lehecka: “Non capisco più cosa stiano a fare gli arbitri in campo” ed è evidente come anche il maiorchino l’abbia pensato più di una volta nel corso del torneo a Caja Magica.

Poco importava se una di quelle partite rappresentava la sua ultima apparizione a Madrid, Nadal non ha voluto lasciar perdere, per ricordare a tutti che il principio dell’evidenza conta più della forma e del punteggio. Nella sua lunga e vincente carriera, lo spagnolo ha visto decine e decine di arbitri catapultarsi giù dalle sedie e correre a prendersi la responsabilità delle loro scelte; sulla terra rossa, Nadal ha vinto più di tutti con il supporto dell’occhio umano. Anche se è incontestabile come negli anni la tecnologia abbia risolto tante questioni e migliorato la maggior parte delle partite, gli errori persistono. E qualcuno, in campo, dovrebbe continuare ad avere il potere (e l’ordine morale) di decidere che questo non succeda. Anche in rare occasioni.

Teniamoci stretta la delusione nello sguardo di Nadal di fronte a questa nuova forma di impotenza arbitrale. Forse è arrivato il momento che i giudici di sedia inizino a lavorare insieme alla tecnologia, e non, sotto di essa.

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