Se ne parlava da giorni, e ancor di più questo sabato. La FITP aveva preparato tutto, una decina di minuti di maxi-celebrazione del mito Nadal, fra clip, musiche, video amarcord dei 10 trionfi romani della leggenda Rafa Nadal.
Essa partiva dal primissimo trionfo del 2005 a 18 anni e 11 mesi: 5 ore e 14 minuti di pazzesca battaglia contro l’argentino Coria che era avanti 3-0 al quinto con due palle per il 4-0 ma perse nel tiebreak finale. Proseguiva per il secondo trionfo ancora più glorioso e impressionante del 2006: quando furono solo 5 ore e 6 minuti (8 in meno…) di lotta straordinaria a livelli di tennis stratosferici con colui che sarebbe stato il suo rivale storico per eccellenza, Roger Federer. Era l’avvio dell’era FEDAL. Lo svizzero pensò bene di sbagliare, per eccesso di narcisismo secondo Emilio Sanchez 2 dritti su 2 matchpoint –“Rafa, è troppo più umile, lui non li avrebbe mai sbagliati!” mi disse Emilio giorni dopo- e così anche Federer finì per perdere 7-6 al quinto come Coria.
Si sarebbe proceduto nell’amarcord fino all’ultimo successo, quello di Rafa nel 2021.
Era prevista naturalmente, a corredo del tutto la discesa sul centrale dell’inossidabile presidente Angelo Binaghi, già sul trono FIT dal 2000 e pronto a autocelebrare in quel contesto inevitabilmente plaudente e romanticamente emozionante, la probabilissima ottava rielezione, e notoriamente maggior estimatore di Rafa piuttosto che di Roger come ebbe incautamente a dichiarare l’ultima volta che lo svizzero dichiarò forfait, esponendosi alle critiche “social” di tutti i più fedeli e scandalizzati innamorati di Roger.
Avrebbe dovuto fare la sua comparsa anche Paolo Lorenzi, il neo direttore degli Internazionali (sia pure ancora apprendista sulle orme di un altro tipo che a tutto pensa fuorchè a mollare il suo scranno, Sergio Palmieri). Lorenzi, mi sento di pronosticare, non sarà mai un Palmieri, secondo me.
Ha tutte altre caratteristiche, come attitudine, cultura, educazione, stile, ma questo è un altro discorso. Chissà però se Paolo, bravissima persona che conosco da tempo, così come i suoi genitori, sarà altrettanto motivato a gestire un ruolo organizzativo per il quale l’impegno non è di poche settimane l’anno, ma dura – se si vuol assolvere bene e in modo professionalmente esaustivo il proprio compito – 365 giorni. Si lavora su un torneo dal giorno dopo della sua conclusione.
Per ora – ed è già una discreta ed apprezzabile differenza con il vecchio stile – si è notato un’uscita ben più tempestiva rispetto al passato, degli orari di gioco. Un passo in avanti, che non so se sia dipeso da Lorenzi. Ma è qualcosa che mostra un maggior rispetto per i giornali e per i loro lettori. E lo dico da…direttore di un sito internet che non ha quindi deadline e nessun interesse a sottolineare ciò che favorisca la concorrenza. Ma Palmieri delle esigenze dei giornalisti se ne è sempre discretamente disinteressato. E uso un eufemismo. Osservo anche che per la prima volta dopo 50 anni – per me sono esattamente 50 – questo torneo si è allineato con quegli altri tornei che si rendono conto che i giornalisti che seguono seriamente il torneo si trovano spesso a farlo anche per 12 ore filate e non meritano di essere abbandonati a se stessi.
Tornando alla mancata celebrazione il succo è che Roma e FITP non volevano sfigurare al confronto con la celebrazione che Nadal aveva ricevuto un settimana fa a Madrid. Alla miglior celebrazione possibile per l’addio di Rafa si era lavorato appunto da una settimana.
Lo sapevano tutti, in FITP e ovviamente anche il clan di Rafa Nadal, naturalmente, Benito Perez Barbadillo, Carlos Costa e altri…
Tutti meno uno: Rafa Nadal.
Rafa Nadal, che è stato protagonista di due clamorosi contropiede. Il primo contro se stesso auto distruggendosi più di quanto lo avesse fatto Hubi Hurkacz, il polacco che rischia di passare alla storia come il più impietoso e implacabile giustiziere dei grandi: dopo Federer a Wimbledon 2021 quando gli inflisse un maramaldo 6-0 nel terzo set in quello che è stato l’ultimo match “vero” di Roger, il 6-1 6-3 a Rafa Nadal al Foro Italico.
E’ stato il punteggio più severo mai subito da Rafa da quando aveva 17 anni ed era ancora n.87 ATP ad Amburgo 2003. Lì prese una lezione, 6-2 6-2, facendo gli stessi quattro game, da Gaston Gaudio. L’argentino che era n.29 del mondo, ma che l’anno dopo avrebbe vinto la finale del Roland Garros rimontando Guillermo Coria.
L’anno prima, nel torneo di casa, Maiorca, Rafa, che non aveva ancora 17 anni ed era n.762 del mondo, aveva preso un altro 6-2,6-2 dal belga Rochus.
Vi potete immaginare di quale umor nero potesse essere ieri sera, dopo la batosta subita (6-1,6-3) da Hurkacz, Rafa Nadal. Un solo ace, e fin lì passi. Ma una caterva di errori gratuiti, sul conto dei quali vi raccomando di non credere minimamente alle statistiche ufficiali dell’ATP che ne segnano soltanto 11…dopo averne segnati 10 a fine primo set. Come abbiamo pubblicato doverosamente su Ubitennis a fine primo set. Ma nel secondo set ne ho visti fare allo spagnolo almeno altrettanti, inclusa l’ultima palla tristemente out in lunghezza. Alla fine di tutti quegli unforced errors è scattato l’ultimo contropiede di Rafa Nadal.
Rafa ha raccolto le bottigliette, cacciato in un amen le Babolat nel borsone, e in meno di due minuti è stato lestissimo – molto più che nel gioco – a disporsi all’uscita.
Ha salutato con il solito grandissimo garbo, anche perché proprio non poteva farne a meno, applaudendo lui quel pubblico che lo aveva sostenuto affettuosamente durante tutto il match sviluppatosi senza speranze di successo, salvo forse che per quei forse illusori primi 28 minuti dei primi due game che peraltro erano già stati significativi per mostrare al colto e all’inclita che questo Nadal non era neppure lontano parente del Nadal che qui aveva vinto 10 edizioni, l’ultima nel 2021.
E se ne è uscito dal centrale dello “stadio dei crampi”, come lo battezzò il grande Gianni Clerici dpo essere stato per tanti match con le ginocchia in bocca, in un battibaleno.
E l’attesa celebrazione? Nulla. Non c’è stata. FITP presa in contropiede. Si è saputo dopo che fra gli spagnoli non c’era stata comunicazione interna. Nessuno aveva voluto anticipare l’idea della celebrazione a Rafa, certo per rispetto del giocatore che ancora si sente – legittimamente – giocatore, come ebbe a dire ai suoi un mese fa e mi è stato raccontato. “Io sono ancora un tennista che cercherà di vincere tutti i match che può, per arrivare a giocare al Roland Garros nelle migliori condizioni possibili, con tanti dubbi e tante incertezze, ma facendo tutto il possibile per fare il mio meglio, come ho sempre fatto”.
Propositi da campione, propositi che non fanno una piega. Si capisce quindi bene perché i vari Carlo Costa, Benito Perez Barbadillo e tutti gli altri, non avessero voluto minimamente accennargli l’ipotesi di una sconfitta, e soprattutto del dopo sconfitta. Un campione, un campionissimo orgoglioso come Rafa, doveva essere lasciato libero di credere alle proprie chance, senza insinuargli dubbi di sorta, dovendo anzi lui pensare a come vincere e a non invece a come comportarsi dopo aver perso.
Così tutti i programmi della FITP, lungamente studiati e elaborati, sono saltati per aria.
Avrebbero potuto metterli in atto lo stesso? Forse sì, qualcuno avrebbe voluto farlo. Ma è mancato il tempo di reazione. Chissà, magari Nadal sarebbe anche tornato sul campo, se avesse saputo digerire in tempi brevi la pesante sconfitta.
Sconfitta che gli ha messo in testa qualche dubbio, da quanto si è percepito nel corso della sua conferenza stampa finale, anche sul partecipare al prossimo Roland Garros. Un dubbio. Un’incertezza, che non sembrava avesse fi qui mai manifestato.
Però la sconfitta più pesante della sua carriera negli ultimi 20 anni, sulla sua amata e prediletta terra rossa, non sarebbe stata facile da digerire all’impronta neppure per lui.
Insomma non glielo avevano detto prima e dopo la batosta più severa della carriera non si sono sentiti di dirglielo dopo. Qualcuno avrebbe dovuto dirgli al volo di non lasciare il campo. Oppure di rientrarvi.
Così in conferenza stampa Rafa si è dovuto parare le spalle e ha detto: “Al 98% questa è stata la mia ultima partita a Roma…”.
Ma lasciandosi ufficialmente (strategicamente?) aperto quel 2% Rafa ha giustificato il suo desiderio di non partecipare – almeno questo sabato – ad un “De Profundis” anticipato a una settimana da quello madrileno.
Può anche aver legittimamente pensato in un batter d’occhio, che esporsi ad una celebrazione qua, dopo Madrid, e magari prima del Roland Garros, alla fine si potesse trasformare in una sequela di replay alla fine forse anche un tantino patetici.
E’ credibile che Rafa non giochi più a Madrid ma torni a giocare a Roma, o a Montecarlo (anche nel Principato figurarsi se non gli farebbero ponti d’oro)?
Secondo me assolutamente no. Però è credibile invece che lui abbia promesso a Roma, non so se a Binaghi o ad altri, ma questa è più di una voce che ho raccolto da più fonti, di tornare l’anno prossimo. Tornerà.
E quando tornerà, anche se non sarà la stessa cosa, la federtennis e federpadel(e chissà se federpickleball), potrà recuperare gran parte della celebrazione annunciata e mai celebrata.