Arrivano altre parole sulla vicenda Sinner-clostebol. Questa volta a parlare è Daria Kasatkina, numero 13 WTA, in una lunga intervista in occasione dello US Open. Dopo aver raccontato della sua stagione e della vita sul tour, Kasatkina viene sollecitata sul caso che ha coinvolto il numero 1 italiano e dà la sua opinione sull’accaduto.
Domanda: Credi che sia innocente?
Kasatkina: Sì.
L’intervistatrice non appare molto soddisfatta della risposta e incalza con un “non pensi ci siano stati doppi standard?”. Daria riponde, “Se mi chiedi se credo che sia innocente, si ci credo. Doppio standard? Jannik ha la possibilità di assumere i migliori avvocati, persone che hanno chiarito e gestito tutto. Questo è senza dubbio un vantaggio per lui. Ho un coach italiano [Flavio Cipolla] e lui sa di altri episodi di cui noi non eravamo a conoscenza.
Kasatkina si riferisce, qui, ai casi di Matilde Paoletti e di Marco Bortolotti, pur non ricordandosi i nomi dei due tennisti italiani, ma l’intervistatrice non sembra cogliere il riferimento e afferma che in tutti i casi sarebbe stato sempre coinvolto lo stesso fisioterapista (Giacomo Naldi, ndt). Dichiarazione del tutto infondata e che Kasatkina supera tornando sugli episodi tirati prima in ballo. “No, io intendo dire che ci sono due altri giocatori italiani, una ragazza e una ragazzo, che era stati trovati positivi. La ragazza non se l’è cavata perché non sapeva da dove venisse la positività. Non ricordo i nomi, non conosco queste persone. Ma il ragazzo l’ha spiegato e in 24 giorni ha portato le prove e ha continuato a giocare. Quindi era un caso simile”.
Le somiglianze come anche le risoluzioni dei casi di Sinner e Bortolotti sono chiare e le abbiamo tratte in maniera approfondita qui. Matilde Paoletti, invece, non era riuscita a evitare la squalifica provvisoria (quello a cui si riferisce Kasatkina), perché non era stata in grado di fornire una spiegazione alle tracce di costebol di fronte alla prima notifica di positività ricevuta, cosa che Sinner e Bortolotti sono riusciti a fare. Paoletti successivamente ha fornito le prove richieste e il procedimento a suo carico si è risolto.
Le procedure dei test antidoping e un test saltato a Indian Wells
Kasatkina continua l’intervista dicendo di non aver parlato direttamente con Sinner del caso e spostando l’attenzione sull’intera procedura dei controlli antidoping, tornata alla ribalta l’anno scorso dopo il caso di Mikael Ymer. “Tutte queste storie di doping. Tutti sono così severi su questo. Il fatto che alcune persone manchino i testi tre volte e vengano squalificati per un paio di anni: questo dimostra quanto le regole siano rigide. Alcune persone dicono, ‘come si fa a mancare tre test in tre anni?’ [tre nell’arco di dodici mesi, ndr]. Ma basta vedere quanto viaggiamo. I nostri allenamenti sono sempre a orari diversi. Cambiamo hotel e fuso orario e dobbiamo sempre tenere d’occhio quello slot orario.”. Esiste anche un’app per comunicare reperibilità ed eventuali variazioni. “Si, ed è facile quando stai nello stesso posto per più giorni” spiega Daria. “Io metto le 6 o le 7 del mattino tutti i giorni così so che, se vengono, tutto bene. Ma quando ti muovi costantemente, hai perso un match e devi trovare un hotel, i biglietti e tutte le altre cose, devi organizzare il viaggio per te e per il tuo team, e ti devi ricordare di cambiare lo slot orario e se ci sono differenze di fuso e specificare l’hotel. Qualche volta i funzionari possono venire, chiamarti una volta al telefono e dire, ‘oh, non risponde, andiamo via”.
L’intervistatrice, forse non ferratissima sulle linee guida della WADA per la raccolta dei campioni, domanda se non siano tenuti a chiamare tre volte. “Sono tenuti si, ci sono molte cose sarebbero tenuti a fare” replica la tennista. “Ho avuto una piccola disavventura l’anno scorso a Indian Wells. Metto sempre lo slot tra le 6 e le 7 di mattina, ma ho fatto un allenamento la mattina presto un giorno, alle 8. Ovviamente dovevo lasciare l’albergo in anticipo. Era durante il torneo. Quindi ho lasciato l’hotel e ho ricevuto un avviso via email che diceva, ‘tu ha mancato questo e quello’. Non mi hanno chiamata al telefono. Sono arrivati al mio hotel, hanno chiamato la mia stanza e capito che io non ero lì e se ne erano andati. non hanno fatto alcuno sforzo per trovarmi. Ho provato ad appellarmi, ma hanno detto che tutto è stato fatto secondo le regole. Questo è il primo strike. Quando ti capita il secondo, cominci a diventare nervosa…”.