Ai microfoni di El Partidazo de COPE, Toni Nadal racconta Rafael Nadal, suo nipote nonché allievo sino al 2017, tra il ritiro, gli infortuni e le vittorie: con lui Rafa ha vinto 14 slam e raggiunto la cima del ranking ATP, formando una delle coppie giocatore-allenatore più iconiche del mondo del tennis. Nonostante non abbia visto il video che Rafa ha pubblicato su Instagram e non sia intenzionato a vederlo, Toni Nadal si rivela molto comprensivo e oggettivo sul ritiro del nipote, che aveva rivelato allo zio già da circa un mese di volersi ritirare alle Davis Cup Finals di Malaga. Uncle Toni, che ha seguito per circa vent’anni il campione maiorchino, era d’accordo sull’idea del ritiro, affermando che: “anche se c’era la volontà di continuare, il suo corpo aveva smesso di sostenerlo. Quando ci si dedica allo sport, non si può andare avanti così. La decisione che ha preso è quella giusta”. Ritirarsi però lascia comunque l’amaro in bocca, e Toni lo sa: “Alla fine sono decisioni difficili, perché nella tua carriera fai quello che ti piace fare e dover lasciare, realizzare che è finita, non è una decisione facile”.
La resilienza è uno dei valori che lo storico allenatore di Rafa, e poi di Auger-Aliassime, ha insegnato e impresso nella mente del 22 volte campione slam, ma la stessa resilienza può talvolta produrre in te l’idea che tornare sia effettivamente possibile: d’altronde se già ne sei uscito più volte, perché non dovresti poterlo fare di nuovo? Per Rafa tornare non era però più possibile, a dirlo è lo stesso Toni: “Sembrava che i problemi lo avrebbero portato sul fondo e lui ne è uscito, e questo gli è rimasto impresso facendogli pensare “forse succederà la stessa cosa”, finché non ha capito che le cose non avrebbero funzionato. A questo punto ha deciso di smettere di giocare”.
Rafa ha avuto una carriera certamente costellata di successi, ma al costo di numerosi infortuni, molto limitanti, a causa dei quali ha avuto spesso difficoltà a giocare la stagione per intero senza compromettere nessun appuntamento importante. Secondo Toni Nadal questo non è dovuto all’intensità o al tipo di gioco, bensì a un problema ben più invalidante: “Nel 2005 gli fu diagnosticato un problema osseo al piede e un medico disse che la sua carriera era quasi finita. Da quel momento in poi ci disse di usare delle solette che modificavano i suoi appoggi: lo salvarono, ma questo fece sì che Nadal forzasse altre parti del suo corpo e alla fine ebbe problemi alle ginocchia, o alla schiena. Inoltre, si è sempre spinto al limite e questo contribuisce ad avere più infortuni”.
Come dicevamo, la carriera di Rafa è stata piena di successi: 22 Slam, due ori olimpici, 5 coppe Davis (chissà magari addirittura 6), le più di 200 settimane da numero 1 e potremmo andare avanti per ore. Se Toni Nadal dovesse scegliere tra i suoi momenti migliori da allenatore, se dovesse scegliere una partita, sceglierebbe: “La finale di Wimbledon del 2008, perché era numero 1 contro numero 2, nel luogo più emblematico, perché il numero 2 stava per superare il numero 1, perché la partita aveva tutto: emozioni, alti e bassi sul tabellone. È la partita più bella”. E con Nadal ormai ritirato, lo zio Toni commenta con ironia il dibattito storico che anima qualsiasi disciplina: chi è il migliore di tutti i tempi? “Per titoli, è Djokovic; per gioco, credo che quello che è riuscito a giocare meglio sia Federer. Se Rafael non avesse avuto l’infortunio al piede, sarebbe stato il migliore. Con la stessa media avrebbe almeno 25 slam e sarebbe il migliore, ma se mia nonna avesse due ruote, sarebbe una bicicletta”.
Francesco Maconi