Domenica 10 novembre cominceranno a Torino le Nitto ATP Finals: lo storico appuntamento di fine stagione, che dal 1970 vede sfidarsi i migliori otto giocatori del mondo, rappresenta simbolicamente una specie di festa esclusiva con ingresso limitato tra i tennisti più forti del pianeta, il vero e proprio ‘red carpet’ del circuito nonché il principale torneo organizzato dall’ATP nel corso della stagione. La settimana che precede l’inizio del torneo è un lungo aperitivo che ci conduce alla portata principale attraverso gli eventi organizzati dagli sponsor, la presentazione degli otto “Maestri”, le interviste, i bilanci di fine anno, i classici progetti per il futuro e una valanga di contenuti social prodotti e confezionati dall’ATP, la padrona di casa di questa fiera del tennis. Il lungo “pre-partita” quest’anno, però, è stato un po’ annacquato, perché la padrona di casa ha fatto male i conti, mettendo sé stessa nei pasticci, regalando (per il quinto anno consecutivo) un ultimo e folle esame di riparazione a coloro che aspirano a diventare Maestri. Oltre il tempo massimo della logica, ma nel rispetto dei regolamenti e della calcolatrice del calendario stagionale.
Ma andiamo con ordine: attualmente – a pochi giorni dal primo punto del torneo – sono solamente cinque i protagonisti che hanno la certezza di poter partecipare: Jannik Sinner, Alexander Zverev, Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev e Taylor Fritz. E poi? E poi ci sarebbe Djokovic (la beffa del condizionale non è un refuso) a quota 3910 punti, seguito, al settimo posto, da Casper Ruud (3855 punti), e poi da Alex de Minaur (3745 punti) e infine – attualmente nono ed escluso – da Andrey Rublev (3720) (qui la situazione nel dettaglio).
Il serbo, che non scende in campo dalla Six Kings Slam di Riyadh ma ‘ufficialmente’ da Shanghai, rappresenta l’ago della bilancia di una situazione scomoda: Nole un paio di settimane fa ha dato forfait per il Masters 1000 di Bercy, chiudendo teoricamente e tacitamente in anticipo la sua stagione, con la testa già al 2025. Perché le Olimpiadi erano l’unica motivazione, perché il tempo passa per tutti, perché nel resto del 2024 il campione, per la prima volta, è sembrato vecchio: al momento del forfait francese Djokovic era il numero 6 della race e aveva una manciata di punti di vantaggio sui presunti inseguitori, e in particolare sul nono posto. Quattordici giorni dopo, incredibilmente, la situazione non è cambiata: Ruud non ha più vinto una partita, Rublev dopo i quarti di finale di Basilea è stato subito eliminato a Bercy, de Minaur ha reagito (semi a Vienna, quarti a Bercy) ma non abbastanza. E nel frattempo Nole è volato alle Maldive, difendendosi dalla presunta rimonta dei suoi rivali direttamente dalla spiaggia: ci si può qualificare alle ATP Finals in costume? Teoricamente no, e invece.
I giorni passavano, e gli altri continuavano a perdere. Djokovic si abbronzava, e gli altri continuavano a perdere. Djokovic volava verso l’Europa, e gli altri continuavano a perdere. Djokovic si affacciava sul Centrale del torneo di Belgrado per supportare il pupillo Medjedovic, e gli altri continuavano a perdere. Già, Belgrado, una una delle chiavi di questa storia piuttosto assurda: l’ATP dal 2001 al 2019 (con la sola eccezione della stagione 2004) aveva saggiamente “liberato” la settimana precedente al Masters di fine stagione, mettendo un punto e chiudendo il bilancio della classifica Race e delle certezze con il 1000 di Bercy. Dal post lockdown (2020, probabilmente per recuperare il tempo perduto con la pausa legata all’emergenza Covid) sono stati aggiunti un paio eventi a cavallo tra la domenica conclusiva di Bercy e quella iniziale delle Finals, e non si è più tornati indietro: i punti conquistati nei tornei “di riparazione” vengono dunque considerati validi per la Race e, in caso di un potenziale arrivo in volata, diventano ovviamente decisivi. Nel 2024 la data dello sgabuzzino del calendario se la sono aggiudicata Metz e Belgrado: in Francia, tra un lucky loser e l’altro, ci saranno Ruud e Rublev, in Serbia, invece, giocherà de Minaur. Un eventuale forfait di Nole renderebbe i tre stakanovisti felici, contenti, qualificati e soprattutto pronti alla fuga, in direzione Torino: seguiranno l’uno le partite dell’altro, con il volo prenotato, ed eventualmente fuggiranno appena arriverà la buona notizia. Metz e Belgrado si concluderanno sabato pomeriggio, le Finals inizieranno domenica mattina: ci siamo capiti.
La WTA fu travolta da una situazione simile nel 2016, quando il Masters si disputava a Singapore: Johanna Konta, teoricamente numero 8 del mondo, partecipò al sorteggio, alla settimana dell’aperitivo, degli sponsor e alle cerimonie, per poi essere superata in extremis da Svetlana Kuznetsova, che nel frattempo, mentre Konta sorrideva nelle fotografie con le altre Maestre, vinse il titolo di Mosca, superandola in classifica. Konta nel giro di poche ore diventò di fatto la riserva di sé stessa: la WTA, scottata da una vicenda piuttosto imbarazzante, ha successivamente cambiato il regolamento e infatti quest’anno i punti in palio negli ultimi tornei della stagione “regolare” (e ci riferiamo a Hong Kong, Jiujiang e Merida) sono stati in qualche modo sospesi e messi in frigorifero, in attesa del 2025, regalando un cuscinetto di buon senso al calendario e alle finaliste di Riyadh.
L’ATP, invece, ha continuato a scherzare col fuoco, e la crisi di risultati di Ruud e Rublev ha completato la frittata: Djokovic, che nel frattempo continua a glissare (“Non ho disputato il torneo di Belgrado perché si concluderà un giorno prima dell’inizio delle Finals”, senza però aggiungere altro), avrebbe potuto tendere metaforicamente una mano ai capi del tennis mondiale e soprattutto ai suoi colleghi (che in caso di forfait del serbo si qualificherebbero a prescindere, tutti e tre, per Torino), ma non l’ha fatto. Il suo silenzio ha alimentato dubbi, accuse e speculazioni: qualcuno dice che non veda l’ora di essere superato, in modo tale da evitare la sanzione disciplinare e la conseguente multa di 210mila dollari destinata ai giocatori che, una volta qualificati per il Masters, decidano di rinunciare alla partecipazione senza valide giustificazioni (5% del prize money stagionale, nel caso di Nole, appunto, 210mila dollari, che per lui rappresentano una piccola mancia).
Ma la verità è probabilmente quella più semplice: Ruud, Rublev e de Minaur (a dire il vero la crescita dell’australiano nel corso della seconda parte di stagione è stata frenata da un infortunio) non sono stati in grado di superare il peggior Djokovic della carriera: Nole nel 2024 ha disputato appena 10 tornei nel circuito maggiore, vincendone “solamente” uno (l’unico che gli interessava davvero), le Olimpiadi, che però oltretutto non metteva in palio punti validi per la classifica ATP. L’indifferenza del 24 volte campione slam è stata l’indifferenza tipica del re che non ha nessuna intenzione di farsi trascinare nella lotta per un banale e inutile sesto posto: nei prossimi giorni capiremo se gli eventi lo costringeranno a esporsi e se deciderà di volare a Torino. Nel frattempo non ci resta che attendere l’esito degli esami di riparazione.