Negli ultimi 7 anni è successo davvero di tutto, e assolutamente impronosticabile, per quanto riguarda il tennis italiano. Dopo tanti, troppi anni di buio, all’incirca 30 – salvo brevissime parentesi luminose – dal 1980 fino al 2010. Prima di arrivare a domenica scorsa, al trionfo di Jannik Sinner dominatore nelle ATP Finals, e a mercoledì sera con la vittoria della squadra capitanata da Tathiana Garbin in Billie Jean King Cup a spese di una modestissima squadra slovacca, ma dopo aver superato una semifinale assolutamente non banale con la Polonia di Swiatek e Linette, consentitemi di ricapitolare quanto accaduto prima di comunicarvi un dato statistico stupefacente su questo spettacoloso 2024 che non ho letto da nessuna parte, nemmeno dalla nostra federtennis di solito prontissima ad autocelebrarsi e per il quale devo ringraziare caldamente il nostro statistico Nicola Gillio.
C’è stata una sola epoca d’oro – seppur meno splendente dell’attuale – per il tennis italiano prima di questo Rinascimento avviatosi nel 2018 con la prima semifinale conquistata da un italiano in uno Slam dopo 40 anni. Prima del flashback vi ricordo che sto parlando di Marco Cecchinato n.72 Atp che la raggiunse al Roland Garros battendo nientemeno che Novak Djokovic 13-11 al tiebreak del quarto set (dopo Copil, Trungelliti, Carreno Busta). Cecchinato compì quell’exploit che colmava un vuoto…epocale, esattamente 40 anni dopo quella di Corrado Barazzutti a Parigi nel ’78.
L’epoca d’oro cui alludevo – dopo le due finali di Coppa Davis conquistate e perdute in Australia nel biennio 1960-1961 da Pietrangeli, Sirola, Gardini e Merlo – era stata quella dei 4 moschettieri azzurri Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli che conquistarono fra il 1976 e il 1980 4 finali di Davis in 5 anni, vincendo quella del 1976 in Cile. In quel periodo ci furono momenti di gloria per Panatta con i suoi trionfi a Roma e Parigi, i quarti a Wimbledon, per Zugarelli una finale a Roma, per Bertolucci una semifinale a Roma, per Barazzutti oltre alla ricordata semifinale parigina anche una nell’US Open. E fra il 1973 e il 1980 10 tornei per Panatta (best ranking n.4), 6 per Bertolucci (best n.12), 5 per Barazzutti (best n.7), 1 per Zugarelli (best n.24): totale 22 titoli.
Nel 1980 l’Italia perse a Praga la finale di Coppa Davis contro Lendl e Smid e dagli anni 80 in poi per vincere 25 titoli in 25 anni (media uno l’anno) ci si sono dovuti mettere in 15: Canè e Gaudenzi (3), Cancellotti, Camporese, Furlan, Pescosolido, Sanguinetti e Volandri (2), Ocleppo, C.Panatta, Colombo, Bracciali, Pistolesi, Narducci e Pozzi (1). E in 22 anni le donne dall’82 al 2003 hanno vinto 26 tornei in 10: Cecchini (11), Reggi (4), Farina (3), Grande (2) Simmonds, Bonsignori, Piccolini, Pizzichini, Garbin, Grossi. Senza Cecchini la media non sarebbe arrivata a un titolo l’anno.
Fra il 2004 e il 2009 hanno cominciato ad affacciarsi negli albi d’oro dei tornei Flavia Pennetta – più di tutte – Roberta Vinci, Francesca Schiavone, Sara Errani, e una volta anche Mara Santangelo che vince uno Slam in doppio al Roland Garros. Nel 2006 arriva la prima vittoria in Fed Cup a Charleroi sul Belgio della Henin (ma orfano della Clijsters), nel 2009 la seconda Fed Cup a San Diego con le riserve americane. Però sia nel 2006 battendo Mauresmo e Dechy, sia nel 2009 di nuovo Mauresmo e poi le russe, il difficile c’era stato prima.
ANNO 2010: COMINCIA QUI LA SECONDA EPOCA D’ORO, MA AL FEMMINILE
Mi sembra corretto, sebbene gli uomini tardino ad affermarsi, far partire dal 2010, per il primo Slam donne conquistato a Parigi da Francesca Schiavone, la seconda epoca d’oro del tennis italiano. Sono le ragazze a tenere su la bandiera italiana nei tornei – Schiavone farà finale a Parigi anche nel 2011 – perché gli uomini perdono quasi sempre nella prima settimana degli Slam, fatta eccezione per Seppi che centra gli ottavi 6 volte (Fognini sei ottavi e una sola volta nei quarti, non difesi con Djokovic perchè infortunatosi giocando contro Montanes) e che vince 3 tornei. Fognini ne vincerà nove con la perla del Masters 1000 di Montecarlo, ma quasi al tramonto della carriera, nel 2019. Fra il 1980 e il 2018 di Cecchinato c’era stato, unico bagliore nel buio, la finale di Davis del ’98 quando Gaudenzi e Sanguinetti, vittoriosi a Milwaukee sugli Stati Uniti di Gambill e Martin, ci fecero sognare a Milano contro la Svezia fino a che Gaudenzi non si fece male. Ci sono altre due vittorie in Fed Cup – e fanno 4 – nel 2010 a San Diego e nel 2013, come sempre con finali vinte su avversarie assai modeste, ma dopo percorsi irti di ostacoli davvero difficili da superare. Finchè nel 2015 ecco l’altro momento storico e “monumentale” : la vittoria della Pennetta all’open degli Stati Uniti in finale su Roberta Vinci che ha compiuto l’exploit del secolo fermando Serena Williams sulla strada del Grande Slam. Schiavone n.4, Errani n.5, Pennetta n.6, Vinci n.7, le Cichis Errani e Vinci che fanno il Career Grand Slam in doppio, beh chi ferma più le nostre… se non l’età?
E DOPO TRE ANNI DI “BUCO” EPOCA D’ORO ANCHE AL MASCHILE
Da Cecchinato 2018 in poi tutto cambia. Berrettini “the hammer” si qualifica per le finali ATP 2019 – primo italiano dopo i soli “Maestri” Panatta e Barazzutti 40 anni dopo – e si ripete nel 2021, primo anno dove ci si affaccia da riserva ma per sostituire proprio lo sfortunato Matteo anche l’imberbe dai capelli rossi della Val Pusteria Jannik Sinner. Ma se nel 2019 c’era stata un’altra semifinale Slam, grazie a Berrettini a New York, nel 2021 lo stesso Berrettini conquista la storica prima finale a Wimbledon. E nel 2022 la semifinale all’Australian Open. Dopo 40 anni senza semifinali Slam, adesso arrivano a grappoli. Fra 2023 e 2024 Sinner le centra tutte, e va oltre fino a vincere in Australia e a New York. Musetti ci andrà addirittura a Wimbledon nel magico 2024.
Nel 2023 Sinner aveva trionfato nel suo primo Masters 1000, in Canada, poi aveva centrato le finali ATP, giungendo in finale a Torino e al quarto posto ATP nel ranking mondiale eguagliando il miglior Panatta e la miglior Schiavone. Poi arriva la ciliegina sulla torta: la Coppa Davis a Malaga, 47 anni dopo quella di Santiago, con Sinner che cancella tre matchpoint consecutivi a Djokovic.
Il 2024 di Sinner ormai lo conoscete a memoria. Due Slam, 3 Masters 1000, Maestro dei Maestri a Torino senza perdere un set (e cedendo due sole volte il servizio), n.1 del mondo dal 10 giugno. 70 vittorie, 6 sole sconfitte. Con 3915 punti ATP di vantaggio sul n.2 Zverev (che di sconfitte ne colleziona 21… per dar la misura della differenza), 4820 punti su Alcaraz. Con la garanzia che qualunque cosa accada fino a oltre metà febbraio resterà n.1 del mondo superando le 36 settimane non consecutive di Carlos Alcaraz, colui che sembra essere il più serio rivale per gli anni a venire.
Ma nel frattempo si è dato una scossa anche tutto il tennis maschile: ne abbiamo avuti 5 contemporaneamente nei primi 50 del mondo e 4 di loro con meno di 23/24 anni. A Sinner e Musetti, salito a n.15 come best ranking, al risorgente Berrettini (3 tornei vinti nel 2024) si sono aggiunti Cobolli, Arnaldi e Darderi. E c’è pure Sonego attorno ai top 50. A metà degli anni 90 c’era il solo Claudio Panatta fra i primi 100 del mondo, best ranking 46, ma più spesso intorno al n.70. Alle Olimpiadi sono arrivate le prime medaglie d’oro dal 1924 e il barone Hubert de Morpurgo. Oro per Errani e Paolini, bronzo per Musetti.
L’Italia ha vinto la sua quinta Billie Jean King Cup (Fed Cup) ieri, per fare il bis nell’arco dello stesso anno con la Coppa Davis sembrano esserci buone speranze. Con Sinner si ha la sensazione di partire sempre con un 1-0 di vantaggio. E il nostro n.2, sia il n.15 Musetti sia il n.35 Berrettini sono in grado di farsi rispettare da chiunque. Idem Vavassori e Bolelli, quarta coppia degli specialisti. Occorre battere l’Argentina, poi probabilmente gli Stati Uniti in quella che sembrerebbe una finale anticipata, perché eliminata la Spagna di Alcaraz e dell’ex Nadal, né Germania né Olanda sembrano avere singolaristi in grado di impensierire azzurri e statunitensi.
Dal ’63 a oggi soltanto 11 volte si sono registrate duplici vittorie di una stessa nazione: 6 volte hanno fatto l’accoppiata gli USA, 3 l’Australia, 1 la Repubblica Ceca e la Russia. L’Italia potrebbe farcela in questo magico 2024 se anche questa settimana ci sorridesse come le precedenti. Quest’anno – ecco la statistica promessa – l’Italia ha colto 13 vittorie nel circuito ATP che consta 66 tornei: è il 19,77% del totale. Insomma un quinto dei tornei disputati. Sinner da solo ne ha vinti 8: corrisponde al 12%. Altri 6 italiani sono arrivati a giocare finali. Che quindi sono state 19 con azzurri in gara. Vuol dire il 29%!!! Non è incredibile?