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Reading: La rivelazione di Jenson Brooksby: “Sono autistico”. Le implicazioni col caso doping
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Interviste

La rivelazione di Jenson Brooksby: “Sono autistico”. Le implicazioni col caso doping

Il ventiquattrenne statunitense tornerà in campo dopo quasi due anni di assenza. Prima del suo rientro ha parlato a cuore aperto della situazione che ha caratterizzato la sua vita

Ultimo aggiornamento: 23/12/2024 14:10
Di Giuseppe Di Paola Pubblicato il 20/12/2024
5 min di lettura 💬 Vai ai commenti
Jenson Brooksby - Australian Open 2023 (foto Twitter @atptour)

Sarà uno dei tennisti a fare ritorno in campo con l’inizio della nuova stagione, a due anni di distanza dall’ultima volta. Lo statunitense Jenson Brooksby ha disputato il suo ultimo match a gennaio 2023, sconfitto da Tommy Paul al terzo turno dell’Australian Open. Da allora sono iniziati due anni da incubo: prima l’intervento al polso sinistro, poi quello al polso destro, il secondo intervento nel giro di due mesi, e infine la notifica da parte dell’ITIA riguardante la sua sospensione dal circuito per aver saltato tre controlli anti-doping. La squalifica è poi stata ridotta, ma i problemi fisici di Brooksby, in particolare alla spalla, gli hanno impedito di rientrare prima.

Prima del suo ritorno in campo, Brooksby ha già lasciato il segno con alcune sue dichiarazioni molto personali rilasciate in un’intervista ad APNews. Il ventiquattrenne di Sacramento ha infatti dichiarato esplicitamente di essere affetto da disturbi dello spettro autistico, parlando dei dettagli di cosa significhi vivere in questa condizione.

La situazione non è stata facile per il tennista statunitense, che prima del suo ritorno in campo ha deciso di confidarsi: “Era qualcosa che non volevo più tenere solo per me stesso” ha dichiarato. “È ovviamente un argomento personale che, anche con le persone con cui potresti sentirti molto a tuo agio, nella mia mente, almeno per molto tempo, non era qualcosa da dire con facilità come se fosse semplicemente un argomento parte di una conversazione.” Ha proseguito il californiano: “Ma ci ho sempre pensato e alla fine volevo solo parlarne.“

Brooksby ha rilasciato molte dichiarazioni importanti. Ha infatti dichiarato che fino all’età di 4 anni non era in grado di parlare e che ha speso circa 40 ore a settimana con i terapisti solo per imparare a parlare e successivamente per migliorare nella comunicazione e nelle situazioni sociali.

La scelta di parlare adesso ha un motivo preciso secondo Brooksby: “Voglio solo che le persone mi conoscano per quello che sono completamente, e questa è solo un’altra parte di me. Ho avuto molto tempo libero, lontano dai tornei, e ho dovuto pensare molto.” Concetto rafforzato da Amrit Narasimhan, advisor di lunga data di Brooksby: “Era preoccupato di cosa la gente avrebbe pensato di lui, ma vuole che gli altri giocatori lo capiscano meglio; questa è una parte importante della sua vita. Vuole raccontare la sua storia in modo che le persone possano capire chi è.“

L’autismo oggi comprende diversi gradi di condizioni, dalle più severe alle più lievi. Secondo Michelle Wagner, analista comportamentale specializzata nei disturbi dello spettro autistico, Brooksby da bambino “si presentava come un caso molto grave”. Una situazione che col tempo è migliorata, tanto che oggi il tennista si trova nella fascia molto lieve dello spettro. Wagner ha iniziato a lavorare con Brooksby all’età di due anni e nove mesi e i risultati ottenuti sono stati “insoliti e unici”. Brooksby ha avuto bisogno di un intervento intensivo dato che presentava alcune gravi difficoltà comportamentali. Wagner evidenzia, tra le altre cose, diverse lacune nello sviluppo del linguaggio e alcune abilità di auto-aiuto, come il vestirsi autonomamente o preparare lo zaino da solo.

Brooksby ha parlato anche dell’impatto che l’autismo ha avuto sul tennis: per lui è stato “un punto di forza nei momenti di pressione”, perché gli ha permesso di concentrarsi su dettagli specifici per lungo tempo. Tuttavia, ci sono anche risvolti negativi: “È qualcosa che rende il tennis un po’ più duro.” Possono derivarne infatti scatti d’ira legati a una sconfitta o a errori tecnici. Aspetti che il suo allenatore Paul Kinney tiene sotto controllo per percepire qualsiasi segnale non verbale di disagio, come toccarsi i capelli o i vestiti in modo diverso, o poggiare le mani sulle ginocchia.

La dottoressa Wagner ha sottolineato come la situazione di Brooksby sia stata comunicata all’ITIA come ulteriore input nell’appello che ha portato alla riduzione della squalifica dello statunitense. Dopo due anni difficili, che Brooksby ha definito “frustranti” e che hanno reso facile “diventare depressi”, è finalmente il momento di tornare in campo.

Appuntamento a Canberra per il Challenger australiano poi l’Happy Slam. L’obiettivo è chiaro: “Provare a essere un giocatore migliore.”


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TAGGED:jenson brooksby
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