C’è grande fermento per le semifinali maschili degli Australian Open, con gli appassionati che si preparano a una giornata di tennis ad alta tensione. La prima sfida della notte italiana vedrà Djokovic affrontare Zverev, un duello già consumato ben 12 volte, con l’otto volte campione in vantaggio per 8-4 nei precedenti. Tuttavia, attenzione: nel 2024 non si sono mai incrociati e forse, visto il diverso rendimento dei due, magari il bilancio sarebbe diventato meno pesante per il tedesco che intanto è diventato n.2 del mondo, mentre Djokovic è sceso al settimo (sesto virtuale adesso).
Quanto ha mostrato ancora una volta Djokovic – attaccato frontalmente e congiuntamente in modo quasi sospetto per la contemporaneità da tutti i media australiani (qui il nostro articolo a tal proposito) – nel match contro Alcaraz nella finale olimpica di Parigi e ancora un paio di giorni fa a Melbourne, la dice lunga sulle sue capacità di risorgere quando sembra sul punto di crollare. I tifosi di Djokovic mi hanno accusato di mancanza di stile quando ho detto sul canale YOUTUBE di Ubitennis, che “Djokovic non muore mai”. Ma questa stessa espressione l’ho ritrovata su diversi giornali italiani: è chiaramente un modo di dire, non vuole certamente essere offensivo (anzi!), né tantomeno un augurio. Ci mancherebbe! Ma i tifosi di Djokovic, e non solo in Australia, sono estremamente sensibili e suscettibili. Djokovic ha spesso dimostrato molto sense of humour (anche con me con il famoso “Not too Bad” diventato virale) ma è più spiritoso nel fare battute sugli altri che su se stesso. E’ infatti piuttosto permaloso. E lo dico smentendo decisamente, allo stesso tempo, chiunque sostenga che ce l’ho con Djokovic. Non ce l’ho ma voglio sempre scrivere quello che penso, senza farmi condizionare da critiche e pregiudizi preconcetti.
Non so, e l’ho già accennato ieri sempre sul canale YouTube di Ubitennis – dove chi si iscrive riceve in tempo reale il video appena pubblicato – se per Sinner, che mi sento di pronosticare vincitore su Shelton, anche se certamente non con la stessa facilità con cui ha risolto a tempo record per la decima volta la pratica de Minaur, sarebbe meglio ritrovarsi in finale con Zverev oppure con Djokovic. Il serbo è sicuramente più… cavallo purosangue da Gran premio, ma negli ultimi 16 mesi le sue prestazioni non sono sempre state all’altezza del suo incredibile palmares. E quando gli scambi da fondocampo si fanno pesanti e prolungati, come è certo in grado di attuare Sinner in “modalità mostro” – finalmente dal team Sinner è uscita, in questo caso da Vagnozzi, una frase da titolo dopo anni di prevedibili affermazioni e dichiarazioni – secondo me Djokovic non reggerebbe alla distanza. Zverev sembra avere più resistenza, anche se le sconfitte patite negli slam quando era magari in vantaggio per due set a zero (più d’una…i lettori di Ubitennis più preparati sanno a quali mi riferisco) possono far ritenere il contrario. Anzi fu proprio lui al Roland Garros, dopo essersi fatto raggiungere e recuperare da Alcaraz, a dire che avrebbe dovuto sistemare l’aspetto della sua resistenza. Certo il fatto di soffrire di diabete non aiuta.
Sinner in modalità mostro diventa un robot, una macchina che non dà scampo. Non sbaglia un colpo, gioca con una precisione chirurgica negli ultimi cinque centimetri prima della riga di fondo. E quando ha sospinto l’avversario un paio di metri adesso gioca palle corte beffarde e irraggiungibili. Oppure segue a rete ed è difficilissimo passarlo.
Vero che Shelton, dal canto suo, è un avversario insidioso. Mancino, servizio a 230 km/h, dritto esplosivo e una personalità frizzante che lo rende imprevedibile. Ha già eliminato Musetti e Sonego, ma con margini sottilissimi: entrambi hanno perso in quattro set e si sono giocati le loro chance. Sinner, però, è su un altro livello. L’ha dimostrato contro De Minaur, lasciandogli appena sei game in tre set. Se manterrà questa continuità, Shelton potrebbe essere la prossima vittima della “modalità mostro”.
Una finale femminile inaspettata
Nel tabellone femminile, l’epilogo è tutto da godere. Aryna Sabalenka, reduce da due titoli consecutivi agli Australian Open, sfiderà Madison Keys, che ha sorpreso tutti eliminando la numero uno Swiatek in una partita rocambolesca. La Keys, ex finalista Slam nel lontano 2017 (perse dalla Stephens), è stata straordinaria: sotto di un set, ha dominato il secondo 6-1 e ha ribaltato una situazione complicata nel terzo, annullando match point con una grande e coraggiosa risposta super aggressiva e chiudendo con un tie-break cominciato maluccio ma concluso alla grande, un ace sul 7-8 e un servizio vincente prima di costringere la Swiatek a un errore di dritto (non il primo).
Certo, i favori del pronostico sono tutti per Sabalenka, che ha vinto 4 partite su 5, ma il bilancio avrebbe potuto anche essere un 3-2 per la possente ragazzona bielorussa perchè nella semifinale dello US Open 2023 Aryna vinse soltanto al tie-break del terzo set. Potremmo assistere a un’altra battaglia epica. Ma la semifinale vinta dalla Keys è stata incerta fino all’ultimo e piacevole da seguire…nel terzo lottatissimo set. Più del match vinto dalla Sabalenka sulla Badosa.
Italia protagonista anche in doppio
Chiudiamo con un sorriso per il doppio maschile, dove gli italiani Vavassori e Bolelli raggiungono la finale per il secondo anno consecutivo. Dopo una rimonta spettacolare contro Goransson e Verbeek, che avevano strappato due volte il servizio a Vavassori nel primo set sparando risposte micidiali (qui la mia intervista audio a Vavassori senior, coach della coppia azzurra) sfideranno i campioni di Wimbledon, Patten e Heliovaara campioni di Wimbledon e vittoriosi sui tedeschi Krawietz e Puetz che avevano vinto le ATP Finals a Torino 2024.
Insomma, l’Australian Open di quest’anno continua a regalare emozioni, e per noi italiani c’è tanto da tifare. Speriamo che la “modalità mostro” di Sinner resti attiva ancora per un bel po’.