Il tennis come filo conduttore di una vita intera. Durante una grande carriera certo, che ha come picchi 12 titoli WTA (uno in singolare e undici in doppio) e i best ranking di n. 22 in singolare e n. 25 in doppio. Ma anche soprattutto dopo, come capitana (e seconda mamma) di un gruppo di ragazze diventato diversi anni dopo la Nazionale più forte del mondo. Un percorso partito da lontanissimo, in cui Tathiana Garbin ha creduto come pochi altri fin dal primo giorno, nonostante le tante difficoltà di un viaggio pieno di insidie. Un’Italia femminile da rifondare, dopo il dream team Errani, Vinci, Pennetta e Schiavone, partita dalla Serie C e culminata sul tetto del mondo.
In mezzo, purtroppo, anche una malattia che ha rischiato di portarsi via Tathiana troppo presto. Ma non era il momento: lei non era pronta ad andarsene (“anche se l’avrei fatto con il sorriso“) e le sue ragazze – che l’hanno anche visitata in ospedale – non erano pronte a lasciarla andare. “Quando ti arriva una notizia simile è come quando vengono sorteggiati i tabelloni e ti ritrovi a dover affrontare la testa di serie n. 1 – ha raccontato Garbin -. Ci sono sfide che non puoi cambiare, bisogna avere la forza di accettarlo e combattere con le armi che hai a tua disposizione”.
Una preziosissima lezione di vita imparata e superata anche grazie al tennis. E adesso Tathiana non si ferma: vuole trasmettere quanto appreso e provare ad essere d’aiuto a quante più persone possibili. “Scriverò un libro che parlerà di come lo sport può aiutare a superare le difficoltà – ha annunciato in una lunga intervista con Quindicizero -. Mi piacerebbe che uscisse a maggio in occasione degli Internazionali d’Italia”. Di tutto questo e molto altro, tra una partita di padel e l’altra al fianco di Sara Errani, Garbin aveva parlato alla vigilia dell’Australian Open.
D. Buonasera Tathiana, grazie per il suo tempo. Ho visto che lei e Sara Errani si sono date al padel prima dell’inizio del torneo! Com’è nata l’idea?
Tathiana Garbin: “Sara è talmente forte che deve trovare anche un altro sport! Si allena giocando a padel, ma l’abbiamo presa molto alla leggera (hanno partecipato ad un torneo professionistico grazie ad una wild card, ndr). Per lei è stato soltanto un allenamento, per il doppio e le volée, niente di diverso dal solito. Lei prende proprio il padel come un modo per allenarsi. Poi è proprio brava, è fortissima! Ha una visione di gioco pazzesca“
D. Com’è giocare con lei? È esattamente come in doppio con Jas o la prende un po’ più alla leggera?
Tathiana Garbin: “No no, ci tiene! Però è stata davvero una cosa per divertirsi, anche perché al mattino ci alleniamo sempre e al pomeriggio, nel tempo libero, abbiamo fatto una partitina”.
D. Facciamo un passo indietro ad un mese e mezzo fa. Quella vittoria in Billie Jean King mi è sembrato il coronamento di un percorso in cui forse, all’inizio, credevate quasi solo voi. Le emozioni di quel trionfo sono ancora belle nitide o sono un pochino svanite?
Tathiana Garbin: “La cosa bella di vincere un torneo l’ultima settimana dell’anno è che resta la sensazione di aver vinto per un bel po’ di tempo. Di solito durante l’anno non accade, visto che poi il lunedì successivo riparte immediatamente un altro torneo. Noi invece l’abbiamo vissuta estremamente bene. Abbiamo vissuto momenti difficili nel tennis femminile: i risultati non arrivavano, ma in realtà era necessario dare il tempo a queste ragazze di crescere, di migliorarsi e di sbocciare. La bravura della Federazione è stata quella di continuare a credere in loro e far credere loro che potevano farcela, stando vicino a tutte a livello di servizi e di presenza.
Su questo la Federazione ha fatto un grandissimo lavoro e i risultati ottenuti sono arrivati sicuramente anche grazie ai loro allenatori, ai loro team e alla Federazione che ha dato loro tanto tempo. In tanti altri sport quando non ottieni risultati ti mandano a casa anche prima della fine della stagione. Questa vittoria mi piace ancora di più perché è arrivata nonostante tantissime difficoltà: vorrei che il loro percorso fosse un esempio. Viviamo in una società dove il risultato è diventata l’unica cosa che conta, ma in pochi si orientano verso il lavoro che c’è dietro. Bisogna saper andare avanti anche quando i risultati non arrivano subito e queste ragazze sono un grandissimo esempio”.
D. In una delle interviste che aveva rilasciato dopo il successo mi era sembrata un pochino criptica sul futuro. Le chiedo, ha intenzione di continuare o sente che è arrivata alla fine di un ciclo?
Tathiana Garbin: “Io ho avuto la sensazione, appena abbiamo vinto, di aver chiuso un cerchio. Non solo partivamo da lontano, ma nel 2023 eravamo arrivate in finale. Io poi non sono stata bene e le ragazze hanno vissuto in maniera molto forte la mia malattia: è stato un bel successo perché ha riempito il lavoro di tanti anni. Sentivo che avevamo chiuso al meglio questo capitolo, questa favola. Però poi mi sono resa conto che ci sono ancora da scrivere altri bellissimi capitoli di questo magnifico libro. È una parola forte, però per me è quasi una missione più che un semplice lavoro. Voglio cercare di aiutarle e di farle crescere ancora, con il massimo entusiasmo. Questo è il motto che mi muove e credo che le giocatrici lo sentano“.
D. Spesso molti glielo chiedono, ma non le pesa parlare della malattia?
Tathiana Garbin: “No, non mi pesa. Ho passato dei momenti molto molto difficili, però con la forza di sapere che li avrei superati. Voglio chiarire che in questi casi non è che vinci o perdi una battaglia: tu combatti e a volte, come nel tennis, il tuo avversario è semplicemente più forte di te. È una storia come quella del tennis, ci sono tanti parallelismi. Bisogna dare tutto e avere le persone giuste al tuo fianco, poi si lotta e purtroppo non sempre si vince. Non per questo, però, non sei un vincente: se tu combatti e hai dato tutto, hai sempre vinto. Mi hanno scritto tante persone e non sempre riesco a rispondere a tutti, infatti ho in mente di scrivere un libro. Voglio che questo libro sia uno strumento non per parlare di me, ma di come lo sport e in questo caso il tennis ti può aiutare per superare determinate difficoltà. Ho sempre parlato della mia malattia con l’idea di poter aiutare altre persone, mi auguro che sia così“.
D. Che bell’idea, complimenti! Ci può dare qualche informazione in più? Per ora è solo un’idea o ha già iniziato a scrivere? Quando potrebbe uscire?
Tathiana Garbin: “L’idea sarebbe di pubblicarlo a maggio in occasione degli Internazionali d’Italia. È un libro che parte da un diario personale, a me piace molto scrivere. Anche quando giocavo avevo il mio diario in cui prendevo appunti dei miei allenamenti. Parlando con il mio psicologo lui mi diceva sempre che avrei dovuto pubblicarlo perché avrebbe potuto aiutare tante persone. Questo mi ha fatto riflettere, perché se questo può aiutare altre persone a superare momenti difficili allora sì, lo devo pubblicare. Parla un po’ della mentalità da mantenere per affrontare questi momenti“.
D. C’è un momento in particolare, durante questo viaggio contro la malattia, in cui ha rivissuto la sua carriera da tennista e le è venuto in mente un momento che stava sopra tutti gli altri?
Tathiana Garbin: “Sicuramente quando ti mettono di fronte a una cosa del genere non è facile, anche perché in un primo momento sembrava una cosa, poi solo dopo la prima operazione abbiamo capito che era un’altra. Credo che quando ti dicono cos’hai è un po’ come vedere il tabellone e scoprire che affronti la prima testa di serie. Devi avere la forza di guardare questo tabellone e accettare il tuo avversario, consapevole del fatto che ci sono sfide che non puoi cambiare. E poi combattere con le armi che hai a disposizione”.
D. Le faccio una domanda molto personale a cui non è certo dovuta a rispondere. C’è stato un momento, o più momenti, in cui ha davvero avuto paura di morire?
Tathiana Garbin: “Sì. Io però ho sempre detto una cosa: ho vissuto talmente bene la mia vita, in maniera così straordinaria avendo realizzato tutti i miei sogni, che guardandomi indietro non l’avrei mai cambiata. Nonostante l’anno scorso avessi 46 anni non l’avrei cambiata con nessun’altra vita al mondo: se avessi dovuto andare, me ne sarei andata con il sorriso. Non che io non sia attaccata alla vita, tutt’altro. Ma proprio perché sono attaccata alla vita e la amo tantissimo, proprio per tutto il rispetto che ho avuto per la mia vita, l’ho vissuta pienamente. Questo mi ha fatto riflettere: sono felice di tutto quello che ho fatto e di com’è andata la mia vita. Adesso che ho un’altra opportunità mi rendo conto di essere davvero fortunata”.
D. Grazie per aver condiviso questo pensiero così forte. Cambio argomento: in una delle ultime interviste ha avuto il coraggio di tirare fuori la parola patriarcato, che non si sente quasi mai nel mondo del tennis. In generale, che giudizio dà dell’attuale condizione femminile nel tennis?
Tathiana Garbin: “Il tennis è uno sport nel quale, fortunatamente, abbiamo visto persone lottare instancabilmente per garantire un montepremi egualitario. Billie Jean King è stata la pioniera e, con il suo impegno e i suoi sacrifici personali, ha aperto la strada per questi traguardi fondamentali. Credo fermamente che le donne debbano avere sempre più spazio e opportunità nella nostra società. Le mie ragazze ne sono un esempio straordinario: dimostrano che, con impegno e dedizione, è possibile raggiungere qualsiasi obiettivo. Questo tema è emerso anche parlando dei tornei in Arabia Saudita, che rappresentano una grande opportunità per le donne. Io credo che, invece di costruire muri, sia necessario abbatterli e costruire ponti per unire culture e persone. La comunicazione è uno strumento fondamentale in questo senso, e avere esempi come le nostre atlete può ispirare un cambiamento positivo”.
D. Un ultimo tema che mi sta molto a cuore. Anche visto l’arrivo dell’Arabia Saudita nell’universo tennistico, mi chiedo spesso come vivano i tennisti e le tenniste che si sentono parte del mondo LGBTQ+. Poche settimane fa c’è stato il primo coming out di un tennista ATP, mentre nel circuito WTA mi sembra un argomento un po’ più sdoganato. Come mai, secondo lei, c’è questa differenza? È possibile che nel circuito maschile ci sia un’omofobia un po’ più radicata?
Tathiana Garbin: “No, quello non credo. Sono tutti ragazzi che viaggiano tanto e hanno l’opportunità di vedere tanti posti. Hanno una mentalità molto aperta. Non credo che ad oggi nella nostra società ci sia ancora bisogno di lottare, i diritti direi che li abbiamo abbastanza conquistati, anche se c’è sempre qualcosa da fare. Mentre una volta era più necessario, perché c’erano più diritti da conquistare, oggi non credo ci sia nemmeno più la necessità di fare coming out: ognuno vive la propria vita tranquillamente. Non è necessario, è normalissimo, tutti i ragazzi sono giovani e con una mentalità apertissima per questi discorsi“.