Nella lunga stagione dei miracoli e del suo Rinascimento (parola ormai super abusata…ma così ci si capisce) il tennis italiano ha scoperto… un altro Gigante con racchetta. Sì, perché questo terzo Matteo con racchetta – in assenza di Berrettini, ma in presenza di Arnaldi – proprio da gigante ha giocato per battere Stefanos Tsitsipas che anche se è sceso a n.20 del mondo è comunque 147 posti avanti a lui e ha …un pochino d’esperienza in più se proprio qui al Roland Garros è stato in finale, e due set avanti in quella, contro Djokovic nel 2021. E sempre contro Djokovic, ma in Australia, era stato in finale nel 2023.
Ora, poiché io conosco…i miei polli, mi aspetto di leggere commenti nei quali si dice che Tsitsipas non è più lui, non la becca più e via dicendo.
Al che io ribatto: siamo d’accordo che non è quello che ha fatto quelle due finali Slam, che ha vinto un Masters ATP Finals a Londra, che ha trionfato ben 3 volte al torneo di Montecarlo, però è pur sempre un giocatore che quest’anno – pochi mesi fa eh -ha vinto il torneo di Dubai, ATP 500 dove c’erano fior di giocatori, e anche se non li ha vinti ha comunque raggiunto tre quarti di finale in tornei di ottimo livello. Non di challenger. E’ cioè giunto fra i primi 8. Sono risultati da buttar via, che non farebbero felici tanti tennisti?
Quindi, anche se sul Mathieu Stefanos ha sbagliato certamente più dritti di quando era il n.3 del mondo, e anche se il rovescio si è confermato il suo tallone di Achille, se Gigante non avesse giocato un match davvero superbo, dimostrando una notevole completezza di colpi, un accorto senso tattico, un bel tocco di palla che gli ha consentito di giocare almeno una ventina di palle corte vincenti, beh Tsitsipas non avrebbe perduto. Anche perché a perdere non ci stava proprio. Ha lottato fino all’ultima palla, per complicare la vita a un ragazzo che poteva certamente patire l’emozione e difatti un po’ l’ha patita.
Quando a Gigante ha tremato un po’ il braccio – e ne aveva ben donde – sul 4-3 e sul 5-4 e servizio ha salvato per due volte 4 palle break dopo essersi visto anche annullare un matchpoint sul 5-3 con una volée di rovescio di Tsitsipas sulla riga – si è visto che il tennista greco non voleva saperne di mollare.
Quindi Gigante è stato doppiamente bravo. Qui su Ubitennis abbiamo raccolto tutto – o quasi tutto – quanto avevamo pubblicato su questo ragazzo romano cresciuto all’Accademia di Santopadre, sotto gli occhi anche del mio amico ed ex compagno di doppio Fabrizio Fanucci.
E i primi articoli, già 4 anni fa, erano stati di Massimo Gaiba, il nostro esperto che cura le rubriche dei challenger e scopre prima di tutti noi in Ubitennis i giocatori che poi si affermeranno. Li abbiamo raccolti nuovamente, con le interviste che hanno preceduto quella odierna. E ho anche intervistato il suo coach catanese, Marco Gulisano, cresciuto nello stesso circolo del maestro Fabio Rizzo e di un mancino (e juventino incallito) come Matteo, Alessio di Mauro, n.68 ATP con diversi challenger vinti. Ricordo Di Mauro quando raggiunse gli ottavi al Country Club di Montecarlo: battè, intortandoli di tagli ed effetti soprattutto di rovescio, Wawrinka e Stepanek, non due Carneadi. Ho rivisto in Gigante un po’ di lui. Anche fisicamente sono simili.
Giagante, il cui best ranking era stato finora 132, è già virtualmente n.129 prima di affrontare Ben Shelton, l’americano che dopo aver battuto in 5 set Sonego si è poi giovato al secondo turno del ritiro di Gaston.
Io non so se Matteo Gigante sarà riuscito a dormire come il principe di Condè dopo il suo straordinario exploit (“Certamente la più bella vittoria della mia vita, quasi non ci credo”) ma se riuscisse a ripetersi sui livelli di questo mercoledì – pur dando piena ragione a Jannik Sinner quando dice : “Ogni giornata è diversa e anche ogni avversario è diverso…” non sarei poi terribilmente sorpreso – un po’ sì…- se Matteo riuscisse a ripetersi.
Certo giocare contro Tsitsipas, che ha manifestamente un punto debole nel rovescio, è impegno più facile sotto il profilo tattico. Contro il mancino Shelton, che ha un dritto terrificante e un servizio altrettanto micidiale, laddove Gigante ha indirizzato tutti i suoi colpi contro Tsitsipas non potrà assolutamente farlo. Dovrà giocare proprio nell’altro angolo. E forse gli verrà meno naturale e spontaneo. E anche tutte le smorzate vincenti giocate contro il greco non funzioneranno contro l’americano che gioca molto più dentro il campo e mi sembra anche decisamente più veloce nella corsa in avanti rispetto a Stefanos. Che lateralmente si muove ancora bene, ma in avanti non tanto.
Matteo magrolino e alto poco meno del giusto per il jet-tennis contemporaneo, 1 metro e 80 per 68 kg (non quel si dice un fisico statuario), aveva vinto fino a oggi 5 challenger, ma soprattutto aveva mostrato di trovarsi a suo agio, e addirittura di esaltarsi, soprattutto quando ha giocato in tornei e palcoscenici importanti: a Roma due settimane fa aveva battuto quel Rinderknech (n.75 ATP) che l’altra sera aveva impegnato abbastanza seriamente Sinner (64 63 75) prima di cedere di misura all’ottimo Mensik (76 75). Pochi giorni prima aveva vinto a Roma il challenger del Garden, ma a marzo a Indian Wells si era messo sulla cintura gli scalpi di vittime importanti, Krueger e Van de Zanduschulp in “quali” e poi l’argentino Baez al primo turno prima di rendere dura la vita a Taylor Fritz (63 75). Anche all’Australian Open aveva superato le qualificazioni prima di arrendersi a Humbert, ma lottando (76 75 64).
Dall’intervista fatta con Marco Gulisano si capiscono anche altri aspetti del ragazzo Gigante, da lui definito “un introverso simpatico”, un ragazzo con la cultura del lavoro, un ragazzo che è sempre sembrato in grado di imporsi e probabilmente ci sarebbe riuscito prima se non fosse stato vittima di quel morbo infido che è la mononucleosi e che lo ha fermato per diversi mesi.
Nel video che ho fatto su YouTube (e al cui canale magari potreste iscrivervi se voleste essere aggiornati più rapidamente…l’ho registrato 20 minuti dopo l’exploit di Gigante) ho parlato a lungo anche dei match vinti da Musetti su Galan e da Jasmine Paolini sulla Tomljanovic, dell’infortunio che ha in pratica messo k.o. Ruud – finalista qui a Parigi due volte – e mi sono concentrato però più sugli italiani, su Sinner che deve giocare contro Gasquet per il quale è già prevista una cerimonia celebrativa per i suoi 22 Roland Garros e l’addio al tennis, sul 26mo derby italiano negli Slam, quello che metterà di fronte un altro Matteo, Arnaldi, contro Flavio Cobolli subito dopo che Cocciaretto avrà concluso il suo match sul campo 6 contro la russa Alexandrova, testa di serie n.20. In un altro articolo potete trovare tutti i derby giocati negli Slam.
Ho poi scambiato – ore 23,30 – 2 parole con Holger Rune, reduce dalla vittoria su Nava e atteso al prossimo round da Halys che ha sorpreso Kecmanovic nell’ipotesi di un suo duello in ottavi contro Musetti e gli ho chiesto se avendolo lui battuto due volte nel 2023 e nel 2024 senza perderci un set fosse rimasto sorpreso della sua ascesa fra i top ten e dei suoi più recenti risultati.
“Assolutamente no perché lo conosco fin da quando eravamo ragazzini e mi sono sempre reso conto che lui aveva un gran talento e una gran mano. Ci ha messo ad emergere a questi livelli, finale a Montecarlo, semifinale e Madrid e Roma, più di quanto mi sarei aspettato. Non so se ci incontreremo, ma so già che non sarebbe comunque un match facile”.
Mi scuso invece con i lettori più esigenti se non ho dedicato spazio ai 4 set di Alcaraz con Marozsan, alla passeggiata di Swiatek sulla eterna promessa mancata Raducanu, sui 5 set che ha impiegato Tommy Paul per rimontare lo 0-2 con Fucsovics cui ormai viene quasi sempre a mancare la benzina. Ad maiora.