Tommy Paul, zitto zitto, prosegue la sua avventura al Roland Garros. Non sempre sotto i riflettori, il numero 12 al mondo in questo periodo dell’anno cerca sempre e comunque di dire la sua. Con buona probabilità lo statunitense più a suo agio attualmente sulla terra rossa, il semifinalista di Roma ha dovuto recuperare due set al secondo turno.
L’ungherese Marton Fucsovics è partito a cannone, salvo poi cedere alla distanza all’intelligenza tattica e alla voglia di vincere del suo avversario, che grazie a un mantra di gioco è riuscito a vincere tre set consecutivi e con essi la contesa. “Nel corso dell’incontro ci sono stati alti e bassi da entrambi i lati”, ha detto il numero due statunitense in conferenza stampa. “Credo che lui abbia iniziato giocando bene, ma anche io mi sentivo bene in avvio. Solo che lui ha alzato il livello rispetto a me ed è venuto a prendersi i primi due set. Ho dovuto riassestarmi e trovare un modo per estendere i punti, quello è stato il mio obiettivo. Non sentivo che era ancora il momento di andare a casa. C’era ancora qualcosa da fare qui al Roland Garros”.
Nonostante il successo, Tommy ha dovuto convivere con qualche dolorino nel corso dell’intero incontro. “Sto avendo a che fare con alcuni problemi. Come quello agli addominali inferiori. Per la maggior parte dell’incontro sentivo che qualcosa non andava. Un certo fastidio. Poi sul 2-2 nel quinto set ha iniziato a insistere ancora di più. Non so se sia stato a causa di un colpo che ho impattato, ma tant’è. Sapevo che non ci sarebbe stato alcun trattamento che mi avrebbe fatto risolvere il problema. Questo è il motivo per cui non ho richiesto un medical timeout”.
Eppure, anche se con qualche acciacco, Paul ha ‘scavato nel profondo’ nel suo tennis (come piace dire a lui) ed è stato in grado di spuntarla dopo quasi quattro ore di partita. “Cerco di farla facile. Ho giocato molti match due set su tre in cui sono stato preso a calci nel sedere. Ora guardo l’orologio e mi dico ‘Cerchiamo di allungare questa partita di un’ora’, o cose del genere. Provo a cambiare il ritmo dell’incontro, dei punti, e in questo modo ho visto che sono riuscito a ribaltare più partite. Nei tre set su cinque è uguale, ma su una scala più grande”.
Da americano, si sa, è cresciuto a pane e campi in cemento. Ma nell’ultimo periodo ha imparato ad apprezzare anche la terra battuta, grazie a un cambio di prospettiva. “Una volta non ero entusiasta di giocare sul rosso, almeno fino a tre, quattro anni fa. Non mi sentivo a mio agio, ma ora sento che è un po’ cambiata la questione. Ora arrivo qui e vedo le mie opportunità. Credo che tutti noi americani pensiamo in questo modo. Tutti noi sappiamo giocare dappertutto. E’ stata tosta vedere Taylor (Fritz, ndr) uscire subito dal torneo. L’abbiamo visto giocare in passato ottimi eventi sulla terra battuta. Alla fine, cerco di ricordarmi che sto giocando solamente su un’altra superficie, ma si tratta sempre di tennis. E tutti noi siamo ottimi tennisti. Dobbiamo solo rendercene conto”.
Infine, una breve riflessione sul suo prossimo avversario, Karen Khachanov. Match dal quale, con grandissima probabilità, uscirà colui che andrà poi a inserirsi nello slot di quel quarto di finale. “Abbiamo giocato a Madrid. Lui è un tennista molto pericoloso. Ha un gran servizio e spinge bene il rovescio. È un gran giocatore e mi farò trovare pronto. Dovrò dare il 100% se vorrò vincere. Non vedo l’ora di sfidarlo”.