“Mi piacerebbe che mi chiamasse come l’allenatore di Flavio Cobolli, e poi il papà“. Così esordisce ai microfoni di Ubaldo Scanagatta Stefano Cobolli, padre e coach dell’azzurro, che ha raggiunto per la prima volta in carriera il terzo turno al Roland Garros, dove affronterà Sascha Zverev. “Oggi siamo in un campo da tennis, in un torneo, e vorrei essere l’allenatore“. Subito distingue il ruolo da allenatore dal legame familiare.
“Ci tengo alla distinzione, perché questo è il mio lavoro“, puntualizza il romano, “spesso non viene visto come un lavoro il padre-allenatore, e io ci tengo a sottolineare che i padri-allenatori sono allenatori nel lavoro, e non solo padri. Dopo il terzo set era molto probabile che le cose si complicassero, ma il match point lo ha annullato divinamente Arnaldi, forse qualche rimpianto ce l’ho più sul 3-2, 30-0 dove ha sbagliato uno smash che avrebbe potuto dargli il game facilmente, e ha preso il break. Lì si è invertita un po’ la rotta, Arnaldi ha preso coraggio e fiducia, Flavio era consapevole di aver fatto un errore. Non ero molto fiducioso di vincere il tie-break, perché comunque la pressione era un pochino più nelle mani di Flavio viste le opportunità“.
Opportunità concrete, visto che oltre al match point Cobolli ha anche servito per il match: “3-2, 5-4 ha servito per il match, e poi il tie-break Arnaldi lo ha giocato un pochino più libero rispetto a Flavio, meno pressione, proprio per le opportunità perse. Perché Flavio sapeva che perdendo il tie-break la partita poteva complicarsi, e la sorpresa è la reazione nel quarto set. Di maturità, da giocatore forte e consapevole, non appagato del torneo vinto la settimana scorsa, non ha subito il ritorno di Arnaldi, e mi ha sorpreso con un quarto set di altissimo livello, più che tecnico, mentale“.
Tutto questo senza dimenticare che l’anno di Cobolli era partito con tante sconfitte, e qualche mese era difficile prevedere una risalita di questo livello: “La vittoria di Bucarest mi ha sorpreso, ma non il cambio di inerzia del suo livello, perché dopo Miami ha avuto la possibilità di allenarsi due settimane. E da solo ha deciso di farlo con intensità maggiore, attenzione maggiore, cattiveria. Con me, con Alberto Cammarata, con il preparatore Giulio Rubini e una figura ancora un pochino nascosta che speriamo l’anno prossimo possa far parte del nostro gruppo. Ci ha aiutato, ma ad oggi non possiamo rivelare questa figura professionale. Come giocatori si allenava con chi capitava, non è quello importante. Serve in quel momento tanto lavoro al cesto, nel poter parlare e dialogare, e avere un giocatore tanto forte non ti permette di fare quello che ti pare. Ci siamo allenati tra di noi, senza nessun altro. Invece è molto importante trovare i grandi giocatori ai tornei, lì sì che bisogna scegliere i primi 10 del mondo, devi essere un po’ bravo, avere rapporti con gli allenatori. Lì importante confrontarsi“.
“L’allenatore cerca di combinare questi incontri“, illustra a tal proposito Stefano, “uno dei lavori più importanti durante i tornei e pre tornei, visto che si organizzano un mese prima gli allenamenti, è programmare il più possibile allenamenti con grandi giocatori. Sinner dice che non gli cambia nulla perché non può trovare nessuno meglio di lui, e cerca le differenze tra i giocatori. Noi abbiamo tanti davanti, quindi ci basta uno più bravo, la differenziazione arriverà più tardi“.
Infine una chiosa sul prossimo avversario (dopo una battuta del coach che finge di non sapere chi sarà il prossimo avversario): “Flavio ora giocherà contro Zverev, e credo che sia una partita che si può giocare, in ogni caso un bel premio per lui. Sicuramente giocherà su un campo importante, ed è un premio per la bella stagione sulla terra che ha fatto. Tattica? Ne parliamo poco, è molto bravo a trovarla durante la partita, se gli dicessi troppe cose lo confonderei“.