Il Museo della Racchetta vanta oltre 1.400 racchette custodite all’interno di un cascinale ristrutturato situato a Baldissero d’Alba. Il suo curatore Paolo Bertolino ci ha concesso di usare i suoi profili di alcuni dei giocatori più famosi. Ecco un profilo essenziale di Arthur Ashe.
“La vita è come una partita a tennis: non puoi vincere senza servire” – Arthur Ashe
Paladino dei diritti civili
Arthur Ashe è uno dei pochi atleti che ha trasceso il mondo dello sport per diventare un’icona dei diritti civili e dei “Coloured” in particolare, venendo addirittura arrestato mentre manifestava, lui, esempio gandhiano di non violenza.
Campionissimo dentro e fuori
Vinse Wimbledon nel 1975 per “manifesta superiorità intellettiva” contro Jimmy Connors. Vinse inoltre l’Australian Open 1970 e, primo atleta di colore, lo U.S. Open 1968. Da capitano di Coppa Davis cercò di insegnare le buone maniere a John McEnroe, poi una trasfusione infetta gli fece contrarre il virus Hiv che se lo portò via.
Ricordo eterno
Se è vero che per giudicare un uomo basta guardare chi corre al suo funerale, val la pena ricordare che al funerale di Arthur Ashe, non volle mancare neppure Nelson Mandela.
Mini-bio
Arthur Ashe è nato a Richmond il 10 luglio 1943. Gran giocatore e anche uomo Davis, quattro volte vincitore dell’Insalatiera con gli USA, è stato il primo tennista afro-americano a vincere uno Slam, allo US Open 1968, il primo dell’Era Open. Sarà solo il primo dei suoi tre trionfi Major, insieme all’Australian Open 1970 e a Wimbledon 1975. Vanta anche altre quattro finali Slam e un best ranking al n.2 del mondo nel 1976. Inoltre il campo centrale dello US Open, lo Slam di casa, porta il suo nome.
