Italiano English Français
HOMEPAGE > > Nessuno è profeta in patria... o no?

04/08/2010 08:24 CEST - Tennis a stelle e strisce

Nessuno è profeta in patria... o no?

Non vincono uno Slam da molto tempo, e sulle testate americane il dibattito è aperto. Ma in questo 2010 i tennisti statunitensi hanno dimostrato che sul suolo natio sono quasi imbattibili. La punta di diamante? Ovviamente Sam Querrey Claudio Maglieri

| | condividi

Nessuno è profeta in patria, dice un famoso motto. Analizzando tuttavia lo stato di forma del tennis maschile a stelle e strisce, si nota che non è esattamente cosi: la vittoria ottenuta da Sam Querrey nel torneo di Los Angeles (la quarta nel suo 2010) è l’ennesima dimostrazione che i giocatori statunitensi, almeno nelle competizioni americane, riescono a fare spesso la voce grossa.
E’ vero, il tennis americano non sta vivendo un periodo scintillante, ad oggi ci sono solo sette tennisti marchiati USA nella top 100, di cui tre nella top 20 (Roddick, Isner e Querrey), nemmeno tanti anni fa se la passavano decisamente meglio oltreoceano (con i vari Agassi, Sampras e Courier su tutti). Tuttavia è curioso notare un fatto, rispetto al 2009: il movimento USTA non scoppierà di salute, ma in questo 2010 i tennisti americani hanno già portato a casa diversi titoli, in particolare sul proprio suolo. L’anno scorso, di questi tempi, il movimento statunitense poteva contare solo quattro affermazioni (Roddick a Memphis, Fish a Delray Beach, Ginepri a Indianapolis e Querrey a Los Angeles). Il 2010 ha evidenziato un confortante miglioramento dal punto di vista dei risultati: gli americani, oltre a fare incetta di affermazioni nei tornei di casa, hanno anche ricominciato ad inanellare vittorie “da asporto”: il solito Roddick si è imposto a Brisbane e al master 1000 di Key Biscayne, Isner ha alzato la coppa del vincitore ad Auckland (primo successo in carriera), Fish si è confermato un ottimo erbivoro aggiudicandosi la vittoria a Newport nonché il successo ad Atlanta ma soprattutto Querrey ha vinto ben quattro tornei stagionali, secondo solo a Nadal. <Big> Sam può inoltre vantarsi di aver vinto su ogni superficie (Memphis cemento indoor, Belgrado terra, Queen’s erba, Los Angeles cemento outdoor): un bottino niente male, ancora più corposo se aggiungiamo le molte finali raggiunte (Isner a Belgrado e Memphis, Fish al Queen’s, Roddick a San Jose e Indian Wells). Insomma, il tennis statunitense non sprizzerà salute da ogni poro ma nemmeno è ridotto a fare l’elemosina.
Il dato che colpisce maggiormente (ma questa forse non è una novità) è la capacità dei tennisti americani di spadroneggiare a casa propria. Quasi che l’aria di casa, gli amati campi in decoturf, l’inconfondibile atmosfera yankee, sia per loro un propellente irresistibile. Non è il primo anno che ciò accade: Roddick, ad esempio, ha sempre avuto nei tornei di casa un valido terreno di conquista, anche nei momenti meno felici (non a caso le sue vittorie più significative sono tutte arrivate sul suolo americano, eccetto gli open del Canada 2003). Il trend si era abbassato nel 2009 ma in questa stagione, complici gli exploit di Querrey, tutto è tornato alla normalità. Sam è stato bravissimo a vincere anche tornei inattesi: un americano che si impone al Queen’s non è affatto una novità (pensate a Roddick o Sampras) ma la firma al torneo di Belgrado, sulla terra, era tutto fuorchè scontata (per giunta in finale contro Isner). Insomma, gli USA non avranno il campione che lascia a bocca aperta come ai bei tempi, ma in quanto a concretezza possono comunque ritenersi soddisfatti, in particolare nei tornei di casa.
Dare una spiegazione concreta a questo fatto non è semplice, forse è più giusto analizzare alcuni aspetti: a Los Angeles Querrey ha messo in campo l’anima, portando a casa match durissimi al terzo set, senza mai cedere. La finale contro Murray è stata emblematica: Querrey, sotto 67 45 e match point a sfavore, è stato geniale ad approfittare di uno scozzese spento e non ha mai smesso di tirare cannonate terrificanti. Aprendo una parentesi, si potrebbe dire che il californiano sta giocando troppo, complice una programmazione asfissiante, ma questo è un altro discorso: i <tituli> arrivano, questo è ciò che conta.
A questo punto, è interessante fare un certo discorso guardando agli imminenti Us Open: nello Slam di casa, i giocatori a stelle e strisce sono sempre delle brutte gatte da pelare. Esempi di giocatori che, nel torneo di casa, tirano fuori l’incredibile e fanno il risultato con il botto si sprecano. Nel 1991 il quasi quarantenne Connors si issò fino alle semifinali, tanto per ricordare il fatto più eclatante. Ma <Jimbo> non è il solo: negli ultimi anni ci sono stati molti tennisti capaci di sorprendere anche i bookmakers, con le loro cavalcate. Pensate a James Blake nel 2005, capace di arrivare nei quarti dopo aver macinato Nadal al terzo turno. O Andre Agassi, che lo stesso anno si arrampicò fino alla finale, a 35 anni suonati. Oppure Robby Ginepri, semifinalista sempre nel 2005. O ancora Andy Roddick, che nel 2006 conquistò a sorpresa la finale, dopo un periodo appannato. Nel 2009 lo Slam americano non ha tuttavia regalato grosse gioie ai propri portacolori: Roddick, Dent, Querrey e Witten uscirono al terzo turno, mentre Isner salutò la compagnia agli ottavi di finale. Un bottino magro, ma come detto il 2009 degli americani non è stato indimenticabile. Tutto lascia presupporre che quest’anno le cose andranno però diversamente: i tennisti sembrano in forma, il risultato importante può starci. Andy Roddick non è apparso in gran forma ad Atlanta, ma lui garantisce esperienza ed efficacia quando servono. Di Querrey si è già detto: sembra il giocatore più in palla, anche se nei tre set su cinque va testato. Gli unici dubbi su di lui vengono dalle troppe partite giocate: a New York arriverà con il fiato corto? James Blake sembra ormai in pieno viale del tramonto, mentre Mardy Fish e Robby Ginepri possono fare qualche exploit ma nulla più. E Isner? Potrebbe anche lui sparare qualche cartuccia di rilievo. Ma il buon John probabilmente non ci pensa, lui parte già con un enorme sollievo: a Flushing Meadows è previsto il tie-break anche nel quinto set.

Claudio Maglieri

comments powered by Disqus
TV Tennis
Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi

Fotogallery a cura di Giacomo Fazio

Ubi TV

It must be Twitter: Roddick e Serena

Quote del giorno

“Che ci crediate o no, il mio coach, prima dell’inizio del torneo, mi ha detto che sarei stato in grado di giocare per dieci ore”

John Isner e un curioso aneddoto sul match dell’anno

Accadde oggi...

25 Luglio 1999

Patrick Rafter inizia la sua prima e unica settimana da numero 1 delle classifiche ATP, superando Andre Agassi. Il suo è stato il numero 1 più breve di tutta la storia del tennis maschile e femminile.

 

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker