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03/08/2010 17:33 CEST - Iniziative editoriali

Volée terra-aria: una storia OkBook

"Un uomo solo a cui suda il cappello" comincia così la descrizione di "Volée terra aria", l'e-book che Gianluca Comuniello ha pubblicato con OkBook, il progetto di editoria digitale di Absolutely Free. Leggi l'intervista di fatta da Azzolini a Comuniello e la presentazione del progetto

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Un uomo solo a cui suda il cappello. Sulla sua spalla roteante, il peso della tradizione tennistica americana, sempre più acciaccata ad ogni Slam che passa. Il coyote Roddick chiamato a salvare la baracca stelle e strisce contro lo struzzo Federer, nel giorno in cui quest'ultimo ha il suo appuntamento con la storia. Un quinto set infinito in un torneo a suo modo storico. Ma in realtà, tutto è già successo nel secondo set...
Il racconto romanzato di Wimbledon 2009 da parte di un giornalista al debutto su quel palcoscenico. Un “pivello cum rover”, l'ultimo gradino nella catena alimentare dei mangiatori di notizie... con Springsteen e Tarantino a fare da sceneggiatori e musicisti.

Si presenta così, sul sito www.okbook.it, il libro "Volée terra-aria". Che è un e-book, con tanto di hyperlink a video e filmati utili a completare la narrazione. Qui sotto potete trovare l'intervista fatta da Daniele Azzolini, direttore di Matchpoint Tennis Magazine e della casa editrice, a Gianluca. I libri invece li potete acquistare sul sito OkBook oppure qui. Tennis, calcio, formula1, atletica, ma anche narrativa e giallistica: tanti i titoli in catalogo di un progetto ambizioso che è aperto anche alla valutazione di manoscritti di esordienti.

Azzolini: A occhio e croce si direbbe che esista anche un Championship per gli scrittori, o per gli artisti in genere. Di anno in anno Wimbledon spinge i narratori, come i tennisti, a misurarsi con le stesse fondamenta del torneo, l'erba, le tradizioni, il Centre Court... Chi lo conosce, lo sa: Wimbledon non è solo un luogo, un torneo. In quei quindici giorni si trasforma assumendo aspetti umani. Te lo senti al fianco, ti guida, ti corregge, ti esorta. Dì la verità, Gianluca, anche tu sei stato vittima di questa magia?
R: Sarei un bugiardo a negarlo. Quello del 2009 è stato il mio primo Wimbledon in assoluto. Come spiego nel libro, mi sono ritrovato catapultato nel torneo che più di tutti "mangiavo con gli occhi" quando ero piccolo, curioso di conoscerne ogni angolo, anche quelli che in tv non facevano vedere. Con tutta questa suggestione addosso, ovvio che per molti di quei miei primi quindici giorni io mi sia sentito come eterodiretto da forze esterne da me. Forse ero solo instupidito dall'emozione. Ma forse no. Questo libro racconta un pò quel che si sente.

Gli ultimi grandi match su cui hanno puntato dritte le penne degli scrittori sono stati il primo Borg-McEnroe, quello dello straordinario tie break, e la finale del 2009, fra Federer e Roddick, quella del quinto set più aspro che si sia mai visto. Fra i due match corrono quarant'anni, e molti altri incontri drammatici e irripetibili. Sai dirci perché l'attenzione dei narratori si è appuntata soprattutto su quei due momenti?
Aggiungo che probabilmente in molti ora punteranno le penne su Mahut-Isner, che ha ancora più fascino da un certo punto di vista: non è la finale, è iniziato come un primo turno qualsiasi ed è diventata la partita di cui tutto il mondo ha parlato per giorni. A quelle da te citate aggiungo Federer-Nadal del 2008 e provo a darti una risposta: il "drama" lo chiamano gli americani. L'effetto Hollywood, come dico nel libro. Panatta ha detto una volta che il tennis è come la vita, e se perdi è come morire. Ci sono dei momenti in cui questa lettura del gioco, che è comprensibile di norma solo per chi ha giocato, diventa evidente a tutti. Le partite che abbiamo citato rispondono a questa verità.


Si dice che lo sport, di suo, sia già un racconto. Cosa che rende quanto mai difficile l'arte di scrivere di sport fuori dalle colonne di un quotidiano, ovviamente più interessate all'attualità. Sei d'accordo?
Per riprendere la domanda precedente, ci sono dei momenti in cui è la partita che si fa racconto, non il narratore che decide come raccontarti quella determinata partita. Per questo penso che scrivere di sport in maniera sensata sia molto difficile, bisogna avere contemporaneamente due qualità che sembrano agli antipodi: sapersi far possedere dall'evento e mantenerne al contempo il necessario distacco. Mica semplice.


E se ti chiedessimo una classifica degli sport più adatti al genere letterario?
Tutti, se l'occhio narratore è abbastanza innamorato dell'oggetto della sua osservazione. Ciclismo e boxe hanno il lirismo innato della fatica e della violenza. Il calcio ha dalla sua l'immaginario ormai universale su cui posa il suo successo. Tennis e, butto lì, golf, hanno invece un'altra dinamica che li rende interessanti: quella del gesto tecnico unita alla saldezza dei nervi e al dialogo interiore del protagonista. Sono sport senza contatto fisico ma in cui la violenza che i giocatori devono operare sulla propria psiche non ha eguali.


Una volée terra-aria è una volée sbagliata, in fin dei conti. E Roddick ne sbagliò una a dir poco tragica, in quella finale. Perché hai preso le mosse da lì?
L'idea nacque quasi subito, appena vidi come andò a finire quel tie-break. Poi, con tutto quello che successe dopo, l'intuizione originaria non ha fatto altro che rafforzarsi. Mi affascinava l'idea di raccontare quella partita mettendo come punto focale di tutto quel singolo gesto tragicamente (nel senso di tragedia sportiva ovviamente) sbagliato. Quando l'evento si è sedimentato dentro di me mi sono reso conto che il tie-break del secondo set non racchiudeva solo quella partita, racchiudeva l'intero torneo, la situazione attuale del tennis americano, il rapporto fra Federer e Roddick e per negazione quello fra Federer e Nadal. E quindi è stata una scelta quasi obbligata dividere il racconto in un numero di capitoli pari al numero dei punti giocati in quel tie-break del secondo set, in cui Roddick ebbe 4 set point consecutivi. Io quel tie-break l'ho visto dalla sala stampa, in attesa di entrare sul centrale. E, probabilmente come a Roddick, anche a me è passato davanti agli occhi tutto il torneo. Che vuol dire le partite, ma anche le cose che da casa non si vedono: il pessimo cibo, le gerarchie del torneo, le chiacchiere e le leggende che nascono durante le due settimane. Ho sparso un pò di queste cose nel racconto di quel tie-break, raccontando la partita anche attraverso ciò che le stava intorno e ciò che era successo prima. E più ci pensavo più mi sembrava di essere in un cartone animato di Willy Coyote, con Roddick nel ruolo del povero Coyote. Un cartone animato sceneggiato però da Tarantino come il suo Pulp Fiction, con musiche di Bruce Springsteen. Non so tu, ma io un film così lo vorrei vedere almeno dieci volte.

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker