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06/10/2011 13:55 CEST - DIRIGENTI ATP

Lotta per il vertice dell'ATP

TENNIS - Grande incertezza su chi sarà il successore di Adam Helfant, il cui contratto scade alla fine dell'anno, alla guida dell'ATP. Secondo alcune fonti, in pole position per la prestigiosa carica ci sarebbe Ian Ritchie, attuale CEO dell'All England Club, ben visto dai giocatori ma non troppo gradito dai rappresentanti del tornei nel Board ATP. Vanni Gibertini

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Mentre l’attuale CEO dell’ATP Adam Helfant si prepara a lasciare il suo incarico a fine anno dopo sole due stagioni di relativo anonimato, si moltiplicano gli sforzi del Board dell’ATP (l’equivalente del Consiglio di Amministrazione) per trovare un suo sostituto prima dell’inizio del 2012. Il nuovo numero 1 dell’Associazione Giocatori, non appena insediatosi nel nuovo incarico, dovrà affrontare lo spinoso argomento del calendario, che i top player definiscono troppo lungo e faticoso: infatti se il programma della prossima stagione è già stato definito, e nonostante la “seccatura” delle Olimpiadi si è riusciti ad aumentare la off-season di novembre-dicembre di due settimane, per il 2013 è verosimile che i giocatori di vertice tenteranno di ottenere maggiori concessioni.

Secondo indiscrezioni fatte trapelare dalla stampa britannica la scorsa settimana, e rivelatesi poi corrette, i membri del consiglio di amministrazione si sono incontrati in questi giorni a Londra per sondare alcune candidature al ruolo di capo dell’ATP. Dopo gli ultimi due CEO provenienti da altre realtà industriali e con una modesta conoscenza tennistica, sembra che l’orientamento attuale sia quello di preferire figure già consolidate all’interno dell’ambiente tennistico con un solido background specifico alle loro spalle. Si ricorda infatti come il predecessore di Helfant, Etienne de Villiers, fosse arrivato all’ATP dopo una carriera dirigenziale alla Walt Disney e nel corso del suo quadriennio (2005-2009) alla guida del circuito maschile introdusse idee molto controverse che portarono grande subbuglio nel mondo del tennis. In realtà, se alcune di queste idee hanno dato ragione ai suoi detrattori dimostrandosi totalmente catastrofiche, come per esempio il tentativo di far disputare alcuni tornei minori con la formula del round robin, bisogna tuttavia riconoscere che altre hanno dato risultati molto positivi nonostante le iniziali grandi perplessità, come l’introduzione del nuovo sistema di punteggio nei tornei di doppio (i no-ad games ed il super tiebreak al posto del terzo set), che ha convinto molti dei migliori a tornare a considerare una specialità che era diventata territorio esclusivo degli specialisti.

Secondo quanto riportato in esclusiva dal quotidiano inglese Daily Mail citando una fonte anonima vicina al Board, il candidato più papabile quale successore di Helfant è Ian Ritchie, 57enne dello Yorkshire, attuale CEO dell’All England Club di Wimbledon. Il manager, che è responsabile di gran parte delle migliorie logistiche messe in atto dai Campionships negli ultimi anni, a partire dal tetto sul centrale per arrivare al nuovo campo n.2 inaugurato quest’anno, una volta insediatosi sarebbe chiamato in causa a dirimere l’altra spinosa questione che sta tenendo banco in questo tumultuoso fine di 2011, ovvero la percentuale di introiti dei tornei dello Slam dedicata ai giocatori. Se infatti a lamentarsi del calendario sono solamente alcuni dei top players, il partito dei tennisti che vorrebbero una maggior percentuale del fatturato degli Slam distribuita ai giocatori ha invece una base di sostenitori molto più ampia. Secondo dati ufficiali, durante gli ultimi US Open il montepremi ammontava solamente al 13% del fatturato totale dell’evento, percentuale ritenuta largamente inadeguata. Solo per fare un paragone, nel campionato professionistico di basket NBA, che in questi mesi è fermo a causa del mancato rinnovo del contratto collettivo dei giocatori, secondo i termini dell’accordo appena scaduto, ai giocatori veniva destinata una percentuale pari al 57% dei proventi di incassi e sponsorizzazioni, mentre al momento si sta negoziando su una percentuale intorno al 50-53%. Come si vede siamo anni luce dalla realtà dell’ATP, dove in confronto i tennisti si battono per le briciole.

La candidatura di Ritchie sarebbe la più solida tra quelle che sono circolate ultimamente nell’ambiente, come quelle interne all’ATP di Brad Drewett e Mark Young, rispettivamente vice di Helfant e capo della divisione Americas dell’associazione, e quella dell’ex campione di Wimbledon, Richard Krajicek, vincitore dell’edizione 1996 dei Championships, che ora ricopre la carica di direttore del torneo di Rotterdam. Secondo il quotidiano americano USA Today, però, se l’elezione di Ritchie è particolarmente caldeggiata dai tre rappresentanti dei giocatori nel board (Giorgio di Palermo, Justin Gimelstob e David Egdes), i tre rappresentanti dei tornei (Gavin Forbes, Mark Webster and Charles Smith) non vedrebbero di buon occhio l’avvento al comando del britannico, che a loro modo di vedere sarebbe troppo favorevole alle posizioni dei giocatori e non sufficientemente incline alle esigenze dei tornei.

Sembra quindi che, a meno di improvvise svolte, si dovrà ancora attendere qualche settimana prima dell’ufficializzazione del nuovo CEO dell’ATP il quale, se anche non dovrà faticare troppo per fare una miglior figura dei suoi due immediati predecessori, dovrà comunque trovare il modo di prolungare questo momento magico del tennis maschile oltre le carriere del trio Djokovic-Nadal-Federer, il tutto tra le rivendicazioni salariali e di calendario dei giocatori e le pressioni dei tornei che vogliono proteggere le loro rendite in uno scenario economico sempre più incerto.

Vanni Gibertini

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