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18/01/2012 12:05 CEST - AUSTRALIAN OPEN - IL COMMENTO

Caporetto azzurra, flop Stosur

TENNIS - Le ragazze riscattano i cinque uomini malmenati (al secondo turno solo Cipolla, mentre le ragazze saranno cinque), ma se l'Italia al maschile piange, l'Australia non ride, sebbene il guerriero Hewitt la consoli dell'inatteso stop patito dalla campionessa dell'US Open. I cechi stanno quasi come noi (il loro numero 3 ha rischiato di prendere un triplice 6-0!). Da Melbourne, Ubaldo Scanagatta

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MELBOURNE - In inglese è il lead. In italiano l’attacco del pezzo o, più brutto, il “comincio” che talvolta si usa per non dare l’impressione di voler scatenare un attacco. Piuttosto che sparare sulla Croce Rossa e affidarsi ad un “comincio” dedicato alla Caporetto del tennis maschile italiano - cinque sconfitte in cinque incontri, 15 set perduti a fronte di due soli conquistati e se non ci fosse San Cipolla a tenere su il nostro malconcio tricolore ce lo ritroveremmo tutto strappato già dopo il primo turno - preferisco sottolineare come questo Open d’Australia nei suoi primi due giorni abbia fatto notizia soprattutto con i suoi eroi australiani, nel bene e nel male.

Nel bene l’altra notte con Bernard Tomic, cui sono giustamente dedicate le prime pagine dei giornali australiani, The Age, The Herald Tribune, The Australian, perché una rimonta di un diciannovenne indietro due set a zero non può non far notizia a prescindere dal suo passaporto anche se quella rimonta è venuta a spese di un giocatore il cui cognome viene irriso da troppi lettori di Ubitennis (Perdasco anziché Verdasco) che pure sognerebbero di avere un giocatore italiano del suo calibro ancora oggi. “Tomic survives mission impossibile” (c’è bisogno di traduzione?), “ The fun is over Tomic finds the heart to carry expectations” (Finito il tempo dei divertimenti, Tomic trova il cuore per far fronte alle aspettative), “Tomic the sting”, (Tomic, la stangata).

Nel male perché l’unica clamorosa sorpresa della seconda giornata è venuta dalla sconfitta di Samantha Stosur, (vedi nella pagina inglese il brillante articolo di Charlie Bricker) la muscolosa australiana di origini polacche che era una delle sei ragazze - tutte di sangue slavo, Wozniacki, Kvitova, Azarenka, Sharapova, Stosur, Radwanska - che avrebbero potuto diventare n.1 del mondo alla fine di questo primo Slam. Lei non lo diventerà di certo.

A battere, e in due soli set (7-6 6-3), l’amazzone dal cuor fragile che aveva conquistato l’ultimo Slam della scorsa stagione, e il suo primo in assoluto, è stata una bella ragazzona di 21 anni e dai lunghi capelli neri d’un metro e 76, Sorana Cirstea, figlia di due gelatai rumeni nonché n.59 Wta con un best ranking da n.23 dopo che nel 2009 era giunta a sorpresa nei quarti del Roland Garros.

Non proprio una sconosciuta quindi, con un torneo vinto all’attivo, Taskhent - prima rumena capace di tanto dai tempi di Irina Spirlea - e già cinque scalpi di illustri top-ten appesi alla propria cintura. Di top-5 ne aveva battuta una sola, Jelena Jankovic, e adesso sono due con la Stosur che pure era stata avanti due volte di un break nel primo set ma nel tiebreak non ha saputo far meglio che conquistare due miseri punticini.
Quel braccione superarmato ancora una volta qui in Australia ha fatto cilecca. In dieci partecipazioni non è mai andata oltre agli ottavi di finale e in 24 match ne ha vinti 14 e persi 10. Per una che ha fatto finale a Parigi (e la perse da favorita contro la nostra Leonessa) e vinto un US Open, non è che la riprova di una fragilità che ricorda da vicino quella al Roland Garros di Amelie Mauresmo, cui viene spesso qui accomunata anche per via delle stesse inclinazioni sessuali. Amelie vinse il suo primo Slam proprio in Australia, dove si era rivelata giungendo in finale nel ’99, e Samantha ha fatto la sua prima finale di Slam a Parigi.

Ma mentre Amelie è amatissima in Francia, e un po’ ovunque, Samantha non ha una personalità particolarmente affascinante. Gli australiani tifano per lei, certo, ma in modo piuttosto blando. Non riescono ad amarla, apparentemente. Sarà per le sue origini polacche, ma molti australiani che pure dovrebbero aver fatto l’abitudine a figli e figlie d’emigranti restano ancora un tantino discriminatori verso chi non abita il loro continente da più di tre generazioni. Se poi alcuni genitori, come il padre della Dokic, l’esempio più eclatante, ma anche quello di Tomic, e un po’ anche quello di Hewitt e di Philippoussis, hanno comportamenti discutibili, beh allora ai figli non si perdona più di tanto. Le regole e il loro rispetto in Australia più che altrove sono sacre, guai a non osservarle. Tutto discende dalle prime “importazioni” di reclusi delle prigioni britanniche ai tempi di Cook. Se le autorità locali avessero tenuto le briglia sciolte sarebbe potuto succedere di tutto. Così qui ti danno il massimo della fiducia finché non li tradisci. Ma se lo fai…sei fritto.

Non so perché ho divagato così…partendo dalla grande delusione patita con la Stosur che, come tutti quei giocatori appena citati ed australiani di nascita ma non di famiglia, non sarà mai amata come un Rafter, un Roche, un Rosewall, un Laver, un Newcombe, un Sedgman, campioni leggendari, miti prima ancora che uomini straordinari con la racchetta in pugno.

Aveva quasi le lacrime agli occhi la Stosur quando si è presentata in conferenza stampa. E come al solito non ha detto nulla di interessante. Forse, dopo aver perso al primo turno sia a Brisbane sia a Sydney, sta facendo il callo alle sconfitte. “Ma da qui a novembre c’è un sacco di tempo per riprendersi, certo mi brucia aver fatto ancora una volta male qui, in questo torneo al quale tengo tanto…però dormire ho dormito regolarmente e di tempo per allenarmi ne ho avuto. Non si può giocare sempre come nella finale all’open degli Stati Uniti…sarebbe bello ma non è pensabile”.

Pat Cash aveva detto l’altro ieri: “Mi sono imbattuto in Sam mentre attraversavo la strada qui a Melbourne e mi sembrava esausta ancor prima che cominciasse il torneo, non potevo farci niente ma mi sono sentito ‘sorry’ per lei…”

Era beatamente sorridente, naturalmente, la simpatica Cirstea. Ancora più quando Clerici le ha dato il benvenuto con una delle sue domande fuor dagli schemi: “Ti hanno disturbato i tuoi capelli? Li hai belli e lunghi, ti hanno creato qualche problemino o no?”
E lei “Penso che a disturbarmi fosse il vento, non i miei capelli (sorridendo). Soffiava dappertutto. Non mi accorgo di quel che faccio sul campo, sono abitudini…” si è schermita. In effetti i capelli sembravano averla tenuta occupata quasi quanto l’avversaria.

E’ stata certamente la più bella vittoria della sua carriera, visto il teatro, la Rod Laver Arena, l’occasione, uno Slam, la campionessa dell’ultimo Slam come avversaria.
Difficile invece spiegare perché le rumene fra le prime cento siano ben cinque e invece fra gli uomini dai tempi aurei di Tiriac e Nastase (anni settanta), salvo Hanescu non sia più uscito fuori nessuno.
Della Cirstea si era brevemente occupato anche il nostro Davide Sanguinetti “per un paio di mesi, era un periodo di prova, ma non ha funzionato, lui ha fatto le sue scelte e io le mie” dice con l’aria quasi di scusarsi.

Alla sua federazione Sorana non deve nulla: “Ho avuto zero aiuto. Tutto devo invece ai miei genitori. Ho incontrato Tiriac una sola volta quando giocai i quarti a Parigi, e Nastase poche volte. Venire fuori dalla Romania è dura, abbiamo tre campi coperti in tutto il Paese, devi davvero lottare per arrivare…le cose per noi sono dure due volte più che per molte altre, ma se raggiungi certi risultati finisci per apprezzarli ancora di più.”
“Ma i tuoi genitori non sono clienti della banca Ion Tiriac?” ho scherzato.
E lei:” Non credo che terrei soldi in quella banca…
”.
Mmm, se il vecchio Ion l’avesse sentito non avrebbe gradito, lui che è uno dei 1000 uomini più ricchi del mondo.

La spiegazione delle 5 ragazze rumene fra le top-100 - che equivale all’esplosione delle russe…oggi hanno giocato ben in 16 e non si contano più quelle passate al Kazakhstan (una vera migrazione in fieri) - non la sa dare nemmeno la Cirstea: “Ma forse il fatto che ci aiutiamo, che ci alleniamo spesso insieme è un vantaggio: io ho fatto certi risultati e Monica (Nicolescu) ha pensato: ‘Ma allora posso farli anch’io…’ E quando siamo in giro per tornei cerchiamo di stimolarci l’un l’altra. E’ una buona competitività…Non siamo comunque frutto di alcuna scuola, ognuna gioca a suo modo, con un suo stile, il tennis è uno sport individuale, ciascuno deve lottare per se stesso”.

Altri match memorabili oggi non ne ho visti. Anche se nel momento in cui scrivo queste righe, prima di occuparmi della debacle italiana maschile, mitigata come ormai di consueto dalle ragazze, Hewitt, che era avanti due set a zero con il tedesco Stebe, un mancino biondo che sembra la copia spiccicata di Jarkko Nieminen, si ritrova quasi al quinto, sotto 5-1 nel quarto. Vuoi vedere che al contrario dell’aussie di ultima generazione, Tomic, vittorioso al quinto dopo aver perso i primi due, lui invece perde al quinto dopo aver avuto due set di vantaggio?

Mai sottovalutare la grinta guerriera di Lleyton! L’ex n.1 del mondo (posizione tenuta per 80 settimane, mica una sola) è risalito da 1-5 a 6-5 e 15-40 sul servizio di Stebe. E quando sul secondo matchpoint il tedesco ha messo in rete un dritto Lleyton Hewitt si è buttato lungo disteso per terra, come quando vinceva gli Slam (due, un Wimbledon e un Us Open, in finale su Nalbandian e su Sampras, entrambi dominati). Era in campo, alla sua sedicesima partecipazione, da 3 ore e 58 minuti. Che combattente di razza, a 31 anni e con tutto quel che ha vinto.

A proposito di maratona, nel pomeriggio Youzhny aveva perso un match durato 4 h e 53 minuti dal kazako di Biella Golubev! Ricordo che Camporese aveva impiegato 5 ore e 12 minuti per perdere 14-12 al quinto da Becker nel ’91, ma il suo record fu battuto per 3 minuti da Nadal-Verdasco tre anni fa.

Andiamo sugli italiani allora. Tutt’altra durata i loro incontri, anche senza considerare i 40 minuti record con cui Robertina Vinci ha fatto fuori la modesta Cadentu, n.109, per 6-0 6-1.
Ma in campo sono stati ben poco anche Volandri, che ha fatto 6 games con Raonic, Lorenzi due con Djokovic, Viola sette con Giraldo. Lorenzi si era forse un tantino illuso dopo essere passato avanti 2-1 con un break di vantaggio. Con Nadal a Roma era stato avanti un set ed aveva lottato anche nel secondo set. Ma, come potete sentire dal suo audio realizzato con l’eccellente squadra degli inviati di Ubitennis in Australia, “dopo 50 minuti non ce la facevo più. Faceva un gran caldo e reggere il ritmo di Djokovic è impossibile…”.

Beh, comunque, considerando che Starace ha perduto da un giapponese semisconosciuto con la prerogativa di un nome che sembrava l’abbreviazione del suo, Ito contro Potito, e che Seppi è letteralmente crollato dal terzo set in poi con Gasquet, pur avendo avuto la parziale soddisfazione di un set, c’è poco da stare allegri, no? Per Viola è stata comunque una bella soddisfazione (al di là dei 20.000 dollari australiani che ormai valgono quanto il nostro depauperatissimo euro) qualificarsi per la prima volta per un tabellone di Slam - magari ne fossi stato capace io! - e gli auguro di riuscirci altre volte. È un bravo ragazzo, si è fatto tutto da solo, fin da giovanissimo era sempre uno dei migliori italiani, se lo meriterebbe.

Mentre i belgi si lamentano per i ritiri di Darcis e Malisse, ma sperano che non si fermi anche Kim Clijsters che intanto ha promesso che non farà più spaccate (“Almeno negli incontri che non sono decisivi…perché certe cose si fanno solo quando si ha l’età per farle”), i tedeschi speravano che il loro Petzschner vincesse 6-0 6-0 6-0 con il n.3 ceco Rosol (ecco perché i nostri futuri avversari di Davis non si possono permettere ricambi per il vecchio Stepanek, oggi comunque battuto da Mahut!) ma poi il terzo set si è chiuso sul 6-2. Bruguera è stato l’ultimo a vincere con un triplice 6-0 in uno Slam, a Parigi 1993 contro Champion. I francesi hanno visto 8 giocatori dei 9 in gara passare il turno: l’unico a perdere è stato Robert (con il giapponese Nishikori), e Simon l’unico sospinto al quinto set, dal qualificato thailandese Udomchoke.

Insomma meno male ci sono le donne, in Italia. Perché oltre alla già citata Vinci, ha vinto anche la Errani in 61 minuti (6-2,6-1), e così quella che era parsa un’inversione di tendenza alla vigilia del torneo con sette uomini in tabellone di fronte a sole sei donne - dopo tanti anni di supremazia quantitativa femminile - si è dimostrata caduca. Dei sei italiani superstiti al secondo round (su 13 partenti) Cipolla è l’ultimo baluardo dei maschietti, ma non sarà certo favorito contro Feliciano Lopez (“Anche se spero di incartarlo”). Delle cinque ragazze una la perderemo per forza questo mercoledì, per via del derby Schiavone-Oprandi, mentre la Brianti (n.71) potrebbe vendicare la Pennetta e confondere le idee alla russa Bratchikova che sembra aver imparato a tirare sulle righe soltanto in tempi recenti ma resta pur sempre n.136 Wta. Insomma quale miglior occasione per tornare per la seconda volta in carriera al terzo turno in uno Slam? Le è riuscito una sola volta, nel 2010 qua, e questo è il suo Slam numero diciassette. E se non fosse un numero da cui diffidare? Io alla roulette lo gioco sempre, la sola volta l’anno che ci vado a Montecarlo e qualche volta ho pure vinto. Per Alberta da Fontanellato (nel parmense), 32 anni il prossimo 5 aprile, sarebbe un vero en plein, con la possibilità di avvicinare il suo best ranking di n.55. Oggi è n.71, ma un anno fa qui perse al secondo turno. Si può sempre migliorare, insomma. In Italia, però, soltanto se si è donne.

Ubaldo Scanagatta

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