02/10/2012 18:38 CEST - CENTRE THOUGHT

John McEnroe e Bjorn Borg non sono mai esistiti

CENTRE THOUGHT - La finale di Wimbledon 1980? Rod Laver? Bill Tilden? Sono nomi, solo nomi. In realtà mai esistiti. Se non si rallenta per capire e apprezzare veramente la storia del tennis. Riccardo Nuziale


 

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McEnroe e Borg protagonisti nel 1991 in un Wimbledon virtuale
McEnroe e Borg protagonisti nel 1991 in un Wimbledon virtuale

Si è giunti al sipario della dignità: addirittura un revisionismo negazionista?

Ebbene, si lasci spiegare con l'opinione che i confronti generazionali sono sempre un po' buffi, in quanto dettati dall'incomunicabilità. In altre parole, non si va praticamente mai oltre la strenua difesa della propria tesi, l'elogio della propria generazione. Ognuno parla per sé stesso? Più o meno. Una sbronza egocentrica in compagnia.

Capitò così che l'amico Luca De Gaspari, che il lettore avrà ormai cominciato ad apprezzare, abbia introdotto la vostra penna, durante una chiacchierata "passatista", ad un videogioco che dopo 21 anni viene ancora considerato come uno dei migliori simulatori di tennis mai creati, se non addirittura il migliore in assoluto: il giapponese Final Match Tennis (dal quale è stata tratta la foto copertina).

Il perché di tanta gloriosa fama lo si capisce dopo poche partite giocate: le animazioni, la giocabilità, i differenti effetti imprimibili alla palla e l'impressionante personalizzazione dei vari personaggi, tutti appartenenti al tennis "che fu" (da Laver a Connors, da Lendl ad Agassi), rendono Final Match Tennis un videogioco estremamente godibile e competitivo tuttora, se ben contestualizzato e capito. Il giovane videogiocatore non potrà mai apprezzare tale videogioco, tantomeno giudicarlo superiore ad un Virtua Tennis 4, se sprovvisto di un'adeguata capacità critica, di saper inserire e capire il gioco nella sua dimensione (che per forza di cose non può essere quella attuale).

Si tratta quindi di una feroce lotta tra chi conosce il passato e non considera il presente e chi vive il presente ma non sa conoscere il passato? Anche, ma non solo: sarebbe una risposta troppo semplicistica.

A mancare spesso (non sempre, certo: graditissime e numerose eccezioni ci sono) oggi è la capacità di crearsi chiavi di lettura solide. Viviamo in una realtà, quella tecnologica, che non sappiamo più assorbire adeguatamente: travolti da un mondo dell'informazione che non possiamo sostenere (per fare un esempio semplice e comune a tutti, umanamente impossibile tenere il passo dei post di Facebook e tweet di Twitter, che aumentano costantemente ogni pochi secondi), siamo giunti alla paradossale situazione in cui abbiamo tra le mani una fonte di conoscenza pressoché illimitata che però viaggia ad una velocità nettamente superiore alla nostra capacità di apprendimento. Mezzi straordinari, miracolosi, il cui peso non ci è però possibile reggere completamente.

Questo, rimanendo al nostro rettangolo tennistico, ha creato una spaccatura forse insanabile: la diffusione del virus della GOATinite, della spasmodica ricerca del record da copertina, dell'impresa cubitale, hanno creato nomi che vivono di luce propria, sia che si parli del passato che del presente. Tale rincorsa ossessiva, frenetica, non ha cancellato la memoria storica, ma l'ha appiattita: chiunque conosce a menadito i grandi nomi della storia del tennis, ma rimangono spesso appunto, per mancanza di approfondimenti, nomi fini a sé stessi, "senza storia". Un'esaltazione nominale e molto spesso inconsapevole.

C'è una diffusione quindi di nomi, dati, record, che vagano come atomi impazziti che non sanno coniugare passato e presente: esistono l'uno o l'altro. Isole che non sanno comunicare, vivono un eterno ora. Ci sarebbero i mezzi per riparare? Certamente, ma solo assumendo il coraggioso atto di rallentare e tornare a un'assimilazione più meditata e consapevole. Capire perché certi record sono grandi, aldilà dei meri numeri da titolo tabloid, aldilà dell'esaltazione pura e semplice. Capire che i fuoriclasse che oggi ammiriamo e amiamo non sono grandi di per sé, ma solo se correlati ad altri straordinari giocatori venuti prima di loro. Che a loro volta non vanno ricordati come inglobatori di imprese, non sono conoscibili solo attraverso con la personale pagina di Wikipedia, ma appunto come giocatori (rivedersi le partite, quando è possibile!), personaggi, esseri umani a 360 gradi.

Che sia per questa penuria di chiavi interpretative che, a leggere commenti e articoli anche autorevoli, sembra che tutto il meglio della storia del tennis sia avvenuto negli ultimi dieci anni? Forse. E gli appassionati più anziani che esaltano il "loro" tennis peccano di eccessivo sentimentalismo verso quei periodi? Forse. E' solo guerriglia generazionale? Forse.

Ma una cosa è certa: coniugare presente e passato è in fondo semplicissimo. Basta un po' di vera passione e capacità di rallentare in una realtà che c'impone sempre la tavoletta. Una volta rallentato, si vede tutto un po' meglio.

p.s. massì, massì, i due protagonisti del titolo sono esistiti veramente. Si vocifera non fossero neppure male, soprattutto il cespuglietto mancino (prova numero 1: dannato sia il lettore che si fida di quest'ultime parole, beato quello che andrà a documentarsi fino alla nausea, vedersi per l'n-esima volta le partite dei due. Youtube non morde).

Riccardo Nuziale

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