17/02/2013 20:45 CEST - WTA DOHA

Che partita! Azarenka mette in crisi il computer

TENNIS - A Doha la bielorussa batte la neo-numero 1 Serena Williams per 76 (6) 26 63. Troppo discontinua l'americana, che nel primo set ha avuto un set point. Ora chi è davvero la "vera" n.1? Riccardo Nuziale

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Victoria Azarenka
Victoria Azarenka

V. Azarenka b. S. Williams 76 (6) 26 63

E ora che si fa? Un paio di giorni e già la nuova n.1, di fatto la più vecchia della storia, si è fatta battere dalla vecchia n.1, di fatto una 23enne cangurina (per il curriculum Slam e per le straordinarie doti atletiche). E quindi?

E quindi niente, felici di esserci goduto questo match dal notevole livello tecnico, a tratti notevolissimo, tra le giocatrici di gran lunga più forti del panorama femminile attuale.

Scippata della corona di regina, Vika ha completato l’opera che aveva lasciato terribilmente incompiuta a New York, quando non riuscì a chiudere il match “on serve”, finendo per perdere 7-5.

Una sola partita che non può di certo rovesciare lo squilibrio – di h2h, vittorie, prestigio – che sussiste tra le due, ma che allo stesso tempo conferma come la bielorussa sia la giocatrice che ad un livello tecnico-tattico possa mettere più in difficoltà la fuoriclasse statunitense.

Le chiavi di lettura a scoprire le difficoltà che Vika crea a Serena sono essenzialmente due: 1) le grandi doti d’anticipo in risposta dell’Azarenka portano a smascherare un difetto che Serena ha sempre avuto, la lentezza all’uscita dal servizio. Difetto che spesso non emerge in quanto anche le seconde della Williams mettono in grave difficoltà le avversarie, ma questo con Vika – che anche oggi le ha risposto spesso e volentieri tra i piedi –  non succede 2) è una prosecuzione del primo punto. Azarenka non può vantare il gioco d’attacco di Serena (ma chi può farlo?), ma coniuga come nessun’altra attualmente un formibabile livello difensivo a un ottimo fiuto offensivo, ha un istinto infallibile nel sapere mescolare logoranti muri che portano l’avversaria a colpire la pallina sempre nei pressi della riga di fondo, a accelerazioni vincenti.

Questo porta anche una colpitrice spaziale come Serena a dover essere sempre ad un livello altissimo; se gioca costantemente al 100% non c’è mai partita, Serena è la giocatrice che tocca picchi impensabili a chiunque, Azarenka compresa, ma quest’ultima è la più brava a garantire una performance mediamente di qualità altissima. È un tennis di metodico, costante logorio, quello dell’Azarenka, che pur non appariscente, obbliga l’avversario all’eccellenza costante, per poter far partita pari.

In un certo senso la rivalità tra le due ricorda tipologicamente quella tra Djokovic e Federer. Al massimo della loro potenzialità l’americana e lo svizzero rimangono il meglio di quanto il tennis possa offrire, ma la clessidra anagrafica non gioca certo a loro favore, quindi vederli vincenti a livelli olimpici sarà sempre più problematico. E il serbo e la bielorussa – non difensori, né attaccanti, ma bravissimi in entrambe le situazioni – sembrano il presente e il futuro.

L’inizio partita di Serena è stato tremendo, con un primo game salvato da due palle break con altrettante prime, ma con i seguenti tre giochi persi a 0. L’americana sembrava davvero in difficoltà a trovare la palla, commettendo errori grossolani: dopo pochi game il contatore di gratuiti segnalava già 10 non forzati.

Una pomata a migliorare la presa sulla racchetta ha – involontariamente o meno – portato in partita la Williams, che nel sesto gioco ha avuto la prima chance di controbreak, annullata dall’Azarenka con servizio, dritto e schiaffo al volo.

Il controbreak è comunque arrivato per Serena nel turno di servizio successivo, con un dritto incrociato vincente sul 30-40.

Nei game successivi vere occasioni non ce ne sono più state, sebbene Serena si sia mangiato un punto già fatto nel dodicesimo game che l’avrebbe portata a doppio set point, sbagliando completamente l’attacco per l’approccio a rete e finendo per subire il passante dell’Azarenka. È stata una costante della partita e stupisce come Serena non abbia apportato modifiche così elementari in tali situazioni (per quanto d’abitudine lei cerchi spesso il contropiede, anche nel gioco da fondo).

Arrivate al tie-break, dopo un iniziale minibreak per parte, Vika è volata sul 5-2, complice una prima di servizio dell’avversaria latitante (assente in 5 dei 7 punti del gioco decisivo e presente solo il 54% delle volte, nel primo set).

Qui l’Azarenka, chiamata a chiudere sul 5-4, ha sentito enormemente la pressione, commettendo un doppio fallo e un gratuito che hanno consegnato un preziosissimo set point col servizio a Serena.

La quale però, sempre orfana della prima, ha affossato in rete un passante di dritto e ha subito una risposta vincente dell’Azarenka. Avanti 7-6 Vika, pur subendo la potenza dell’avversaria, ha retto alla grande e ha aspettato l’errore, arrivato grazie a una Serena costretta ad un rovescio in controbalzo da quasi metà campo per un posizionamento precario.

Il secondo set è stato di veemente reazione per la Williams, che già nel terzo game si è portata avanti di un break, strappando il servizio a zero con un rosario di sassate (il dritto in risposta valido per lo 0-30 andava a 149 km/h, 11 in più del servizio di Vika) ed ha portato la qualità della partita a un livello superiore.

Il quinto e il sesto game, in particolare, sono stati un Much Ado About Nothing, due lunghissimi contenitori di grandi punti che potevano chiudere definitivamente e riaprire il set, finendo per non prendere nessuna delle due posizioni.

Prima Serena ha avuto una doppia, seppur non consecutiva, chance di andare a doppio break, ma Vika si è fatta perdonare i due doppi falli dei primi punti annullando prima con un rovescio lungolinea, poi con una smorzata che la statunitense ha cercato di recuperare ottenendo solo una rovinosa caduta che per un momento ha fatto temere l’ennesimo infortunio.

Nel gioco successivo la Williams ha annullato il break del 30-40 con la medicina a lei più congeniale, l’ace. Ma aldilà dei punti critici, i due game sono stati costellati da scambi intensissimi e giocati al limite della perfezione, fucine di vincenti da una parte e dall’altra, il momento tecnicamente più alto del match.

Due sassate fotoniche di Serena e un doppio fallo sul 15-40 hanno di fatto chiuso il parziale (impressionante il passante in allungo sottorete di puro polso nell’ottavo game), ma non la partita.

Sotto 0-30 nel game d’apertura a causa di un altro doppio fallo e dell’ennesima risposta vincente dell’americana, l’Azarenka ha difatti reagito alla grandissima, vincendo 8 dei successivi 9 punti e ottenendo così il break a 15 contro una Williams che, pur non commettendo gravissimi errori, ha peccato di eccessiva tranquillità, forse ancora sazia del set appena vinto.

Nel terzo gioco c’è stata l’ultima fiammata del match, con la palla dell’immediato controbreak, annullata al termine dell’ennesimo grande scambio da un dritto vincente di Vika.

Sotto 0-3, Serena non ha più dato la sensazione di poter girare la partita: meno lucida, meno fresca atleticamente (al contrario di un’Azarenka che si è dimostrata ancora una volta strepitosa sotto questo punto di vista), non ha più messo in difficoltà Vika, che si è vista anzi annullare nell’ottavo gioco un match point da una prima di servizio che era out (i giudici di linea del torneo hanno confermato la tendenza della settimana: davvero pessimi).

Ma al momento di chiudere col proprio servizio, i fantasmi newyorkesi non si sono fatti rivedere.

Riccardo Nuziale

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