Altro "Instashow" di Djokovic: parla di meditazione con Fognini e canta con Fiorello

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Altro “Instashow” di Djokovic: parla di meditazione con Fognini e canta con Fiorello

Novak Djokovic ospita nella diretta Instagram Fabio Fognini. Si parla di quarantena, psicologia dello sport, nuove regole e del Players Relief Fund. Chiusura canora con Fiorello

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Novak Djokovic e Fabio Fognini - Indian Wells 2019 (foto Luigi Serra)
 

Dopo le due dirette della settimana scorsa con Murray e Wawrinka, Novak Djokovic è tornato su Instagram per ospitare il suo amico Fabio Fognini in un altro incontro virtuale davanti ai fans.

Dopo l’evitabile battuta sullo stereotipo dell’italiano che arriva sempre in ritardo, Fognini e Djokovic hanno iniziato a parlare delle loro acconciature fai-da-te, risultato di questo periodo di chiusura prolungata dei barbieri. “Paire prima mi diceva che dovevo farmi i capelli come i tuoi” ha iniziato Djokovic. “In quarantena ho cambiato look, mi sono tagliato capelli e ho fatto crescere la barba. Ma se poi quando finisce la quarantena divento come mio padre?” ha replicato Fognini, sfoggiando il taglio di capelli molto corto e la barba lunga.

Per mantenere un po’ d’ordine Djokovic suggerisce di fare una prima parte in italiano (che il serbo parla con ottima disinvoltura) ed una seconda in inglese a beneficio di tutti i tifosi internazionali “ e per vedere se nelle ultime sei settimane l’inglese di Fognini è migliorato”.

Dagli esercizi sugli sprint di Fabio si passa subito a parlare dei momenti di ansia vissuti durante questa quarantena e di come si affronta lo stress mentale. “I primi 10 giorni sono stati molto molto duri. Non siamo abituati a stare così tanto tempo in casa con la famiglia. Ora va bene, aiuto Flavia, faccio lo chef, sono bravo a cucinare la pasta al tonno, fortunatamente qui ad Arma [di Taggia] abbiamo il giardino, perché altrimenti Fede[rico] è come King Kong, non si ferma mai” ha detto Fognini.

Anche io i primi sette giorni di quarantena sono stato molto ansioso, non so dire il perché. Poi ho avuto tante conversazioni con mia moglie su come funzionano le cose in casa con i bambini…” ha replicato Djokovic.

La conversazione si è poi fatta subito estremamente profonda, con i due tennisti che hanno raccontato come affrontano i problemi mentali con cui si misurano regolarmente in campo e quelli specifici che sono nati dalla forzata reclusione in casa. “Tu sei un ragazzo molto spirituale. Hai qualche esercizio che fai per il rilassamento, non solo nel tennis? Io sto facendo qualcosa in questo periodo, esercizi di respirazione. Ti conosco e credo che tu faccia qualcosa di simile” ha chiesto Fognini.

Gli esercizi di respirazione sono molti più utili di quanto si pensi – attacca Nole – Io mi affido a esercizi yoga dal “pranayama” [il libro per la respirazione yoga]: quando sono ansioso oppure la mattina. Molte persone pensano che la meditazione sia una cosa religiosa – non è vero, è solo per essere calmi nel mondo moderno che è molto veloce. Abbiamo migliaia di informazioni che ci bombardano, la meditazione per me è essenziale per rimanere presente a me stesso, è come fare un reset. Per noi, tennisti e atleti che sono da soli sul campo, è fondamentale. Lo faccio da 10 anni. Mi ha aiutato in campo e fuori dal campo”.

Fognini conferma di eseguire anche lui esercizi di respirazione: “A me ha aiutato soprattutto fuori dal campo. Lo faccio prima di andare a dormire. Metto una musica rilassante e a volte mi addormento pure con quella musica ancora nelle orecchie”.

Djokovic continua parlando delle tecniche di “programmazione neuro linguistica” (NLP): “Ci sono tecniche NLP per allenare il tuo cervello ad avere un ‘programma positivo’ quando si è sul campo, per mantenere la concentrazione, per mantenere uno stato particolare in campo. È importante fare cose più specifiche nel tennis, ma ogni allenamento mentale deve essere personalizzato. Ci sono molti programmi mentali che si formano da quando eravamo molto giovani. Dipende dalla cultura, dai genitori, da come siamo cresciuti. Anche io in campo sono come te, molto turbolento. Non sono orgoglioso delle reazioni che ho avuto sul campo. Per molti anni sono stato in prigione mentalmente perché sentivo la colpa dei gesti che facevo. Alla fine, qualcosa molto semplice mi ha aiutato: io sono così sono un uomo che fa errori, a volte faccio queste cose. Come recupero dopo queste azioni è più importante di quello che è successo prima. Emozionalmente credo che tanti atleti si sentono in colpa, non riescono uscire da questa zona di stare male per quello che hanno fatto. Non c’è una formula di successo per tutti. Federer è uno molto calmo sempre, Nadal viene sempre con molta energia, molto dinamico. Però noi tutti, che siamo diversi, abbiamo una routine che ci aiuta a trovare la forza necessaria per vincere una partita. Queste routine sono parte del “programma” di cui parlavo prima, devi trovare qualcosa che ti metta in uno stato felice e contento e concentrato”.

Fognini poi ha continuato il discorso sottolineando lo stigma che ancora colpisce chi utilizza uno psicologo: “Se vai dallo psicologo ti dicono che sei pazzo. Io mi servo di uno psicologo dello sport che mi può fornire tecniche che mi possono servire in campo. Molta gente non riesce a capire questa cosa e a me dispiace. La figura dello psicologo nello sport è sottovalutata”.

Quando la conversazione si sposta sull’inglese i due parlano del Players Relief Fund, il fondo che i giocatori dell’ATP, insieme con l’associazione stessa, i tornei del Grande Slam e la ITF hanno deciso di creare per supportare finanziariamente i tennisti tra il 250° e il 700° posto nel ranking, duramente colpiti dallo stop a tutte le attività. “Non voglio fare annunci prima del tempo – ha spiegato Djokovic – l’ammontare totale verrà comunicato in futuro, ma contribuiranno tutto. E ognuno potrà donare quanto vuole. Ho parlato con Roger e Rafa cercando di proporre una formula basata sulla classifica, ma è difficile obbligare tutti i giocatori a donare denaro, indipendentemente dal ranking. Dobbiamo fare quello che è in nostro potere per permettere al tennis di allargare la propria base, attrarre le generazioni giovani e far passare il messaggio che è possibile fare il tennista professionista guadagnando in maniera dignitosa anche senza essere in cima alla classifica”.

A nessuno dei due piacciono i tornei senza pubblico, ma si rendono conto che potrebbe essere l’unica opportunità per ricominciare a giocare.

Djokovic è spaventato dall’età media del tifoso di tennis, che in USA e in Europa è sopra ai 60 anni, secondo recenti sondaggi. “Dobbiamo cercare di innovare e cambiare, continuamente. Perché questa è la direzione del mondo attuale. Le NextGen di Milano sono un buon esperimento per vedere quali regole nuove si possono adottare” spiega Djokovic.

Grande accordo tra i due per quello che dovrebbe essere il primo cambiamento da effettuare: la regolarizzazione del coaching, o via cuffie come nelle NextGen Finals oppure come succede con la WTA, con il coach che si siede con il giocatore al cambio di campo. “Però senza microfono – precisa Nole – perché altrimenti i suggerimenti potrebbero arrivare velocemente all’avversario.

Fognini chiede a Djokovic quando si vuole ritirare (“A 50 anni”) e chi allenerebbe tra i giocatori attuali (“Fognini, uno dei più grandi talenti che abbia mai visto, ma anche Felix [Auger Aliassime], grande fisico, fantastica etica del lavoro”).

Per concludere la diretta viene chiamato Rosario Fiorello, anche lui con i capelli cortissimi fai-da-te (“Mi sono rasato su tutto il corpo, anche in quel posto là…”), e i due ripetono il duetto eseguito al Festival di Sanremo lo scorso febbraio cantando “Terra promessa” di Eros Ramazzotti. Alla fine lo showman italiano riesce anche a strappare una mezza promessa allo showman serbo che si riuniranno di nuovo dal vivo al Festival di Sanremo 2021. Vedremo se sarà vero.

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