Sinner saluta Parigi (Crivelli, Bertolucci, Ercoli, Azzolini, Martucci). Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Strocchi)

Rassegna stampa

Sinner saluta Parigi (Crivelli, Bertolucci, Ercoli, Azzolini, Martucci). Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Strocchi)

La rassegna stampa di venerdì 2 giugno 2023

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Sinner sprofondo rosso (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Terra bruciata. Come l’ambizione di spingersi fin verso il paradiso in quello spicchio di tabellone repentinamente orfano di Medvedev, il re di Roma. E invece la maledizione del pronostico colpisce ancora, inesorabile: quando l’orizzonte s’allarga, Sinner si restringe. Che botta, la sconfitta contro Altmaier, tedesco n. 79 Atp. Un capitombolo inatteso, che fa rumore, perché rischia di oscurare il cammino oggettivamente brillante che Jannik aveva tenuto da tre mesi a questa parte e che, abbinato al ko di Roma contro un altro avversario non irresistibile come Cerundolo, può instillare crepe pericolose nella delicata e continua ricerca dell’equilibrio perfetto. Alla vigilia dello Slam parigino, la Volpe Rossa aveva rivelato con sincerità gli obiettivi di un ragazzo di 21 anni che ha già avvicinato le vette più alte del suo sport: «Se chiudo gli occhi, il mio traguardo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti». Una visione lucida e coerente, che tuttavia continua a cozzare con la realtà quando il livello della pressione si alza e richiede un ultimo salto di qualità mentale e tecnico. Perché lo Jannik che entra sul Lenglen da favorito in una partita che dovrebbe rappresentare solo una tappa di avvicinamento alla seconda settimana, è in realtà un drago dalle ali tarpate, con il braccio bloccato dalla tensione, che si tiene a galla con il servizio ma non riesce mai a incidere davvero con l’aggressione da fondo campo, senza mai cercare altre strade tattiche per staccarsi definitivamente di dosso un rivale tignoso, bravo e diligente ad applicare suoi schemi di disinnesco delle armi azzurre, giocando il dritto con traiettorie più alte per non dare ritmo e il rovescio al centro per togliere angoli. Nonostante tutto, Sinner si ritroverà a servire sul 5-4 del quarto set con due match point a disposizione, e sul primo non chiude uno smash a rimbalzo che gli costa un passante del tedesco reso imprendibile dal nastro. La plastica immagine di una giornata per certi versi indescrivibile: Jannik ha totalmente smarrito il killer instinct dei giorni belli, è passivo, lontano dalla riga di fondo, e non cerca mai variazioni per cambiare il destino strategico del match. Ha un sussulto solo quando si ritrova davvero spalle al muro, sul 4-5 e servizio del tedesco nel quinto set, ottenendo il break dell’inattesa resurrezione, peraltro vanificato dall’orribile game successivo in battuta. In un infinito 12° game, surreale e costellato da errori dettati solo dal rispettivo braccino, Jannik annulla i primi tre match point, si procura tre palle per allungarsi al tie break ma poi si arrende a un suo rovescio sbagliato e a un ace dell’incredulo renano, sbattendo la racchetta a terra forse per la prima volta in carriera: «Ci sta: ero in tensione, poco lucido, consapevole di aver avuto tante occasioni e di aver fatto troppe scelte sbagliate». […] «Certo che fa male, tenevo molto a questo torneo, ma devo accettarlo. Stavolta mi è mancato l’atteggiamento giusto, non ero sorridente dentro, fin dall’inizio non godevo del fatto di essere qui e di giocare una partita al Roland Garros. Se c’ è una lezione che devo imparare da questa sconfitta, è di tornare a essere felice quando sono in campo». A suo modo, una confessione choc che spiega meglio di ogni dettaglio tecnico le difficoltà di Sinner nel gestire il nuovo ruolo di possibile giocatore-guida del prossimo decennio, che invece Alcaraz e Rune maneggiano già con grandissima disinvoltura, peraltro accrescendo le pressioni su di lui che nei voti di tanti dovrebbe essere il terzo eroe del gruppo ristretto. Quando si trattava di sognare l’approdo nell’élite, le motivazioni e l’ambizione gli armavano il braccio, ora che vede il gotha da vicino è come se avesse il piombo nei colpi. E se la testa pensa troppo, le gambe non girano: «L’adattamento alla terra è stato eccellente, a Monte Carlo ho subito fatto semifinale. Ero euforico, e le aspettative erano alte, ma poi sono arrivate due sconfitte così. Evidentemente, devo imparare a ragionare in un altro modo». […] «So che il lavoro alla lunga pagherà, la mia passione per il tennis mi farà superare gli ostacoli. Penso di essere una persona forte, soprattutto nei momenti difficili. L’ho fatto vedere in passato e lo farò vedere anche in futuro». Splendore sull’erba?

Gioco monotono e troppa ansia. Sinner rimanda il salto di qualità (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Non c’è dubbio che la sconfitta di Sinner al secondo turno del Roland Garros rappresenti una cocentissima delusione, certamente inattesa. Una battuta d’arresto che allunga ombre insidiose sulle qualità ad altissimo livello dell’altoatesino, piombato in un’improvvisa, piccola crisi dopo tre mesi di grandissimo spessore tecnico. Mentre nella parte alta del tabellone si ritrovano a battagliare Alcaraz, Djokovic, Tsitsipas e Rublev, nello spicchio occupato dall’azzurro la repentina eliminazione di Medvedev aveva spalancato un’autostrada verso gli appuntamenti nobilissimi del tabellone, con il solido ma non certo irresistibile Ruud e il terribile ma ancora incostante Rune come punti di riferimento e unici due giocatori con classifica migliore rispetto a Jannik. Se a Roma si poteva mettere in preventivo la tensione derivante dall’enorme attesa che il torneo e il pubblico riponevano su di lui, la sconfitta di Parigi è apparentemente senza motivazioni. Evidentemente, le aspettative montate dopo l’eliminazione di Medvedev hanno finito per svuotare il serbatoio mentale di Sinner, che fin dall’inizio del match contro Altmaier è sembrato fuori fase, bloccato, senza spinta sulla palla e perdi più in condizioni atletiche rivedibili. E così anche quelle che sono state le certezze che lo hanno accompagnato in questi mesi hanno finito per abbandonarlo: basti pensare al rovescio incrociato, per solito una sentenza e invece stavolta giocato sempre senza mordente. È vero, nonostante il rendimento insufficiente, Jannik avrebbe potuto comunque imporsi in quattro set, e sui match point è stato sicuramente sfortunato, ma la sensazione generale non sarebbe comunque cambiata: la palla dell’azzurro viaggia a velocità inferiori rispetto all’anno scorso o a due anni fa, quando evidentemente la testa era più libera e quindi rendeva il braccio più fluido. […] Ciò che ha sorpreso di più, in queste due inopinate sconfitte, è stata l’assoluta incapacità di Sinner di trovare un’alternativa al solo bombardamento da fondo campo: ormai dovrebbe aver capito che semplicemente spingendo da fondo non si vince contro nessuno. In più, ieri contro il tedesco è stato troppo passivo, giocando ben dietro la riga di fondo e commettendo errori inusuali sui punti più delicati. […] Un brutto stop, sul quale Sinner avrà molto da riflettere nella pausa che lo separa dalla stagione sull’erba: si tratta di capire perché, quando il salto di qualità sembra vicino, subisca una sorta di blocco psicologico da grande risultato.

Sinner: «Fa male, ci tenevo tanto» (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

«Le mie aspettative erano alte e sentivo di poter fare molto bene qui, forse devo ragionare in un altro modo. Non sono però due tornei a rovinare la stagione». Questa volta non era un miraggio o un sogno, ma un obiettivo. Le carte in tavola son cambiate con un inizio di anno formidabile e questo per Sinner era uno slam diverso, il primo in cui poter provare davvero a vincere. il Roland Garros della consapevolezza invece si conclude nel rammarico di due match point falliti e della sconfitta contro Daniel Altmaier che questa volta, a differenza di quanto accaduto lo scorso anno agli US Open, prevale sulla lunga distanza con il punteggio di 6-7(0) 7-6(7) 1-6 7-6(4) 7-5. L’altoatesino si è piegato al peso degli appuntamenti ai quali teneva di più nel post Melbourne. Per certi versi gli esordi di Roma e Roland Garros contro Kokkinakis e Muller si assomigliano per facilità nel liquidare l’avversario, ma restano eccezioni in due settimane che rimandano l’appuntamento con traguardi più grandi. Difficile determinare quale dei match point non convertiti (entrambi ai vantaggi sul 5-4 del quarto set) lasci più il segno. La lotta è tra quello condotto e non chiuso con la beffa di un nastro sul passante avversario ed un rovescio tirato lungo in uscita dal servizio. Poteva essere una vittoria opaca, di quelle portate a casa nello stile del «Sinner prima maniera», quello degli strappi improvvisi e dei break recuperati con una facilità quasi disarmante. Nel quinto set è proprio quella la solfa, con l’allievo del duo Vagnozzi/Cahill che aggancia il 5-5 quando il tedesco serve per il match, salvo cedere nuovamente il servizio prima del cambio campo. Nel dodicesimo game il conto è di 4 match point annullati, seguiti da tre palle fallite da Sinner per il tie-break prima della resa definitiva. I progressi e le soluzioni implementate nell’ultimo anno sono a tratti del tutto mancate sul Suzanne Lenglen. Quando la parte atletica e di colpi non spiana la strada, l’azzurro fatica a salvarsi con la parte tattica. La racchetta sbattuta a terra è il fotogramma del k.o. e lo stesso numero 1 d’Italia ha qualcosa da rimproverarsi: «Fa male perché ci tenevo tanto e ho avuto delle possibilità. Ho dato tutto, anche perché sennò non stai in campo per quasi 5 ore e mezza. Dovevo essere più felice di essere nella posizione in cui ero, di solito non lo faccio vedere ma sono sorridente dentro. Non lo sono stato e quando è così faccio più fatica, questa è la lezione che ho imparato. Cercherò di essere più felice perché mi serve». […]

La felicità perduta del giovane Sinner (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Piange chi vince, e non è Sinner. Si chiama Daniel Altmaier ed è la prima volta che ottiene dal tennis qualcosa da ricordare, da raccontare, di cui, magari, vantarsi. Ha 24 anni, tedesco di Kempen, un paesino della Vestfalia, famosa per il trattato di pace che pose fine alla guerra dei trent’anni, e ora che ha vinto per una volta contro uno dei più forti, è lui a non trovare pace. Si blocca davanti al microfono e non smette di piangere. Ne avrebbe di cose da raccontare, di speranze inseguite e mai raggiunte, di tennis giocato e vissuto in periferia. Ha vinto con la volontà e un po’ di fortuna, ma anche con intelligenza, scegliendo momenti e modi per colpire. Un tema che non troverebbe insensibile l’intervistatrice, quello dell’intelligenza… Marion Bartoli, signora di Wimbledon 2013, è membro del Mensa, la tavola che riunisce gli intelligentoni di tutto il mondo e con un punteggio più alto di Albert Einstein. Avrebbe di che piangere anche Jannik Sinner, ma non lo fa, non ci riesce, ha consumato sudore e lacrime in un match senza senso, costruito per durare troppo a lungo, per generare stress dal nulla e andare a parare non si sa dove. È furioso, con se stesso e con il tennis, sport ingrato se ce n’è uno. Aveva vinto, in fondo. l primi due match point dell’incontro erano a suo favore, bastava coglierne uno e andare in terzo turno, rispettando il pronostico e conservando intatte le possibilità di sfruttare a dovere un tabellone che la sconfitta di Medvedev ha aperto a qualsiasi ipotesi. E Jannik sa bene di rappresentare, da qui al futuro, ben più di un’ipotesi. Si sarebbe scritto, beh, match bruttino, oltre modo sofferto, ma in fondo vinto, come nell’arco di uno Slam succede a tutti i finalisti. Ma le crisi vanno sapute superare, e Sinner c’è rimasto avviluppato dentro. Sul 5-4 del quarto set ha giocato male la prima palla della vittoria, sulla seconda invece ha fatto le cose giuste, ma il tedesco ha trovato un passante che il nastro ha reso inarrivabile. Peccato, due volte peccato. Perché Sinner quel set l’aveva recuperato da 0-3, e in quel momento numeri e sensazioni erano tutti dalla sua parte. […] Quel decimo game del quarto set, e più ancora, l’ultimo del match, nel quinto, quando le lancette dell’orologio avevano già da un po’ varcato le cinque ore di gioco, hanno riproposto fatti e misfatti del l’intero confronto. Se vuole, Sinner può prendersela con la sfortuna, e con se stesso, ma non è più soltanto il ragazzo prodigio, è ormai oggetto di studio, e la citizen band dei coach comincia a individuare quei punti ancora da correggere nel gioco dell’italiano, e a ricavarne le prime strategie di contrattacco, utili a inceppare i meccanismi d’assalto di Jannik. Daniel Altmaier non ha cessato per un solo game, di cercare palle dai rimbalzi alti e lunghi. Su quelle Sinner non carbura, e non sempre trova la misura dei colpi. […] Altmaier l’ha lavorato ai fianchi. Nel quinto ha servito per il match sul 5-4 e non è bastato ad acquietare l’italiano, ma si è procurato un nuovo break ed è tornato a provarci sul 6-5 in suo favore. Avanti 40-0 ha sentito le gambe tremare sui primi tre match point ,ma non ha staccato la spina, e ha trovato altre due palle match, mentre le occasioni di pareggiare i conti di .Jannilk si perdevano nel nulla. Decisivo il quinto match point, in un game di sedici punti, lungo dodici minuti, e il tappo che tratteneva le lacrime del tedesco è finalmente saltato. Cinque ore e 26 minuti di dannazioni per ritrovarsi con niente tra le mani. «E’ una brutta botta, poco da dire. Dolorosa. Ho giocato male le mie carte, eppure ho avuto il match a portata di mano. Forse il mio atteggiamento non era giusto, ho dato tutto, altrimenti non sarei rimasto in campo 5 ore e mezza. Però dovevo essere più felice dentro, per approfittarne, ma questa felicità che spesso mi assiste, dentro, stavolta non l’ho avvertita. Cercherò di essere più felice, è la lezione». La chiama felicità, Jannik, e viene voglia di chiedergli la ricetta, quando dice che dovrà studiare come assicurarsela per i match futuri. Ma forse intendeva “positività”. Che è mancata, e fa bene Sinner a farsene un cruccio. Ma se vuole un consiglio, non si fermi a quella. Anche sul gioco occorrerà intervenire. […]

Sinner, maratona crudele (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Adesso vaglielo a spiegare ai leoni da tastiera dei social che il numero 9 del mondo può perdere contro il 79, e subire a Parigi un’altra delusione dopo quella di Roma. Senza per questo dover passare sotto le Forche Caudine della vergogna ed essere targato a vita come un bluff. Jannik Sinner che ad appena 21 anni può inciampare al secondo ostacolo del Major più complicato contro il tedesco Daniel Altmaier che con coach Alberto Mancini sta imparando la regolarità da affiancare a rovescio e servizio di prima categoria. Peraltro l’altoatesino cede dopo 5 ore e mezza, per 6-7 7-6 1-6 7-6 7-5, mancando 2 match point nel quarto set (uno per un net beffardo), dopo aver rimontato da 3-5 a 5-5 al quinto, perché fallisce le occasioni che si costruisce. Come dicono il 6/21 sulle palle break coi 62 vincenti contro 75 gratuiti, fotografia della tensione che ieri lo ha bloccato. Paura e limiti fisici sono connessi o separati, e si curano con l’esperienza? Parola di Sinner: «Ho avuto le mie opportunità e non ho trovato il modo giusto per vincere quei punti. Sono stato anche sfortunato, ma questo è lo sport, si vince e si perde. È difficile da digerire ma di sicuro tornerò già forte. So che gli ultimi due tornei sono stati duri, e forse mi sono messo addosso troppe aspettative, o pressione. E il mio avversario ha avuto un’attitudine migliore. Ero pronto di fisico e di testa: è dura aver lavorato tanto e non prendere un premio, ma la maratona non finisce qui». […]

Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

Il sorriso di Elisabetta Cocciaretto, con la treccia di capelli che oscilla da una parte all’altra del campo numero 9, illumina una giornata per il resto a tinte fosche per l’Italtennis alla Porte d’Auteil. La 22enne di Fermo (n.44 Wta), dopo aver sgambettato all’esordio la ceca Petra Kvitova, n.10 del ranking e del tabellone (semifinalista in questo torneo nel 2012 e nel 2020), ha superato anche il fatidico esame di maturità, raggiungendo per la prima volta il 3° turno in uno Slam: l’azzurra ha sconfitto, in poco meno di un’ora e mezza di partita, l’elvetica Simona Waltert (n.128), passata dalle qualificazioni nel suo primo main draw parigino. Anche se ha trascorso buona parte del match a litigare con la fasciatura sotto il ginocchio sinistro (se l’è tolta e fatta rimettere dal fisioterapista un paio di volte) senza riuscire ad esprimere il suo miglior tennis, la marchigiana —con un ripassino agli appunti sulla tattica ai cambi campo – è stata sempre avanti nel punteggio contro un’avversaria più fallosa e contratta di lei. Ed è stata cinica nel convertire tutte le 6 palle-break procurate. «Una partita molto difficile dal punto di vista mentale — riconosce Elisabetta – Non mi ero mai sentita così tesa e rigida, ho sentito questa partita, però sono riuscita a gestirla: ho cercato di mantenere la calma, pensare al mio gioco e a lottare punto su punto. E’ una bella soddisfazione, del tutto inaspettata. Il tape? Avevo un po’ di fastidio al ginocchio, ma se mettevo la fascia ci pensavo troppo, mentalmente era come se mi facesse più male. Dopo averci litigato un po’ l’ho tolto e via!». Cocciaretto domani troverà dall’altra parte della rete la statunitense Bernarda Pera (n. 36), che ha eliminato in rimonta la croata Donna Vekic (n.22). La 28enne americana di origini create (nata a Zadar), pure lei per la prima volta al 3′ turno al Roland Garros, ha vinto 2 delle 3 sfide precedenti con l’italiana, che però si è aggiudicata l’ultima, a gennaio net quarti sul cemento di Hobart. Grazie ai punti conquistati fin qui la giocatrice allenata da Fausto Scolari è virtualmente n.39 e quindi ritoccherà il best ranking, diventando la prima azzurra in classifica. […]

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