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Reading: Wimbledon, cinque domande che attendono risposta: da Sinner ad Alcaraz, passando per Djokovic. E tra le donne…
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Wimbledon

Wimbledon, cinque domande che attendono risposta: da Sinner ad Alcaraz, passando per Djokovic. E tra le donne…

Sono i veri favoriti? C'è spazio per qualche outsider nel tabellone maschile? E in quello femminile? Ci siamo fatti qualche domanda; aspettiamo fiduciosi le risposte

Last updated: 25/06/2025 12:55
By Carlo Galati Published 25/06/2025
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10 Min Read
Dan Bloxham - Wimbledon 2024

Il tempo dell’erba è breve e accecante, come il riflesso su una riga di gesso in pieno sole londinese, una di quelle che rilascia la sua polvere se toccata, se colpita da un dritto o da un servizio; per maggiori dettagli in tal senso chiedere a John McEnroe e al suo “You cannot be seriuos”. 
È dentro questa breve, ma quanto mai intensa stagione che si condensano storie, riscatti, conferme attese e nuove ambizioni. Wimbledon, più di ogni altro Slam, è ancora lo specchio dei sogni tennistici, e quest’anno più che mai si presenta come un romanzo aperto ad ogni finale, in cui le storie da raccontare sono e saranno tante e ancor di più. Cinque le domande che ci accompagnano alla vigilia del torneo, non tutte di facile risoluzione, non tutte semplici. Alcune pesano come macigni, altre sembrano appese a un filo d’erba, ma tutte meritano di essere poste, meritano una chance.

Sezioni
1. Sinner: il peso del numero uno o la leggerezza del predestinato?2. Djokovic e Alcaraz, uno inseguendo Federer, l’altro sé stesso: chi riuscirà?3. C’è spazio per un outsider maschile?4. Swiatek può sfondare sull’erba?5. Una nuova outsider al femminile?

1. Sinner: il peso del numero uno o la leggerezza del predestinato?

Non è la prima volta che Jannik Sinner arriva a Wimbledon da numero uno del mondo: era già successo nel 2024, quando aveva appena conquistato il trono ATP al Roland Garros e si presentava a Church Road con la responsabilità e la gloria del primato. Si fermò ai quarti, sconfitto da Daniil Medvedev in una partita che tutti ricordiamo, per gli scenari che poi si svilupparono. Dodici mesi dopo, lo scenario è cambiato: Jannik ha superato quello che sappiamo, è diventato un numero uno più solido, più strutturato; da allora due Slam in più in bacheca e una stagione, la scorsa, ancora più convincente. 
L’erba resta una superficie su cui ha dovuto lavorare: il servizio è cresciuto fino a diventare una vera arma, le volée sono più sicure, e la gestione dei tempi — fondamentale su questi campi — è ormai parte del suo bagaglio, ma Wimbledon è un luogo a parte: qui le aspettative raddoppiano, e ogni punto ha un peso emotivo doppio.
Le domande che compongono la principale sono queste: riuscirà a giocare con la leggerezza di chi sente di essere nel posto giusto al momento giusto? Oppure l’etichetta di favorito lo renderà più teso, più contratto, più umano? Le scorie, se esistono, di Parigi e Halle si faranno sentire? Essere numero uno, per così tanto tempo, è già un’impresa: confermarlo, e farlo a Wimbledon, è un’altra storia ancora. Siamo pronti per il primo successo azzurro nella sacralità del centrale?

2. Djokovic e Alcaraz, uno inseguendo Federer, l’altro sé stesso: chi riuscirà?

È il duello che domina l’orizzonte, anche se forse non si vedrà mai. Novak Djokovic, sette volte campione a Wimbledon, è a un solo passo dal record assoluto detenuto da Roger Federer. Otto titoli sull’erba londinese: un numero che oggi vale quasi più di uno Slam. Per Djokovic sarebbe l’ultima pietra miliare da conquistare, il modo perfetto per chiudere il cerchio della sua carriera monumentale. C’è però un problema: il corpo potrebbe non seguire più i comandi come una volta er soprattutto arriva a questo Wimbledon con zero partite sull’erba, aspetto da non sottovalutare vista la superficie. 
Dall’altra parte del campo virtuale c’è Carlos Alcaraz, campione in carica e autore, dodici mesi fa, di una delle imprese più significative degli ultimi anni: battere Djokovic in finale, su quella che era quasi una sua proprietà privata. Il 2025 lo ha visto dominatore con 5 titoli su 3 superfici diverse e da campione in carica con tutti i favori del pronostico.
Ecco allora lo scenario: se Djokovic sarà anche solo all’80%, e avrà un tabellone gestibile nelle prime fasi, può ancora far valere la sua esperienza e il suo istinto vincente; se arriva alla seconda settimana può diventare realmente uno dei favoriti. Altrimenti i favoriti saranno altri, i soliti noti, o forse qualcun altro. Wimbledon, quando meno te l’aspetti, spalanca porte inattese.

3. C’è spazio per un outsider maschile?

L’erba, si sa, ama i colpi secchi, i punti rapidi e le traiettorie tagliate. E a Wimbledon, complici le palline più pesanti e i campi più usurati col passare dei giorni, anche la sorpresa può trovare spazio. Dietro i tre grandi nomi, c’è una generazione ambiziosa che scalpita. C’è Jack Draper, semifinalista al Queen’s e beniamino di casa (casa vera, Londra, Inghilterra), c’è Alexander Bublik, fresco campione di Halle e sempre più solido mentalmente, potrebbe trovare le due settimane della vita; ci stava riuscendo Kyrgios, why not? C’è Alex de Minaur che sa come affrontare questi campi, sa muoversi su erba in maniera naturale e può sfruttare: la finale al Queen’s del 2023 e i quarti (non giocati per infortunio) a Wimbledon dello scorso anno sono lì a testimoniarlo.
E poi? Poi c’è tutta una schiera di giocatori che potrebbero essere decisivi per le sorti del tabellone se in salute, se in forma. Chi? Vediamoli insieme:
Hubert Hurkacz, semifinalista nel 2021, è uno dei pochi che può battere chiunque su erba, se la giornata è quella giusta e se sta bene. Poi c’è Matteo Berrettini, l’uomo per antonomasia dell’“if healthy”. Se riuscisse finalmente ad arrivare integro alla seconda settimana, il suo gioco resta tra i più efficaci sull’erba. Il problema, lo sappiamo, è tutto fisico. Come sempre.
Poi c’è un nome da non dimenticare: Giovanni Mpeschi Perricard, uno che partendo dalle quali lo scorso anno è arrivato fino agli ottavi di finale, battuto solo da Lorenzo Musetti. 
E poi, last but not least, c’è appunto l’azzurro. Ha una semifinale da difendere, che reclama vendetta per come è stata persa: è vero 3 set a zero con Djokovic che ha vinto i momenti decisivi, ma non è stato così superiore nel contesto generale del match. Nessuno come Lorenzo incarna l’estetica di Wimbledon, e se il tabellone gli regala qualche favore, può arrivare nuovamente in fondo con l’eleganza di un sopravvissuto. Tutto dipenderà dalle condizioni di salute e da come avrà recuperato dalla lesione di primo grado all’adduttore della gamba sinistra, rimediata a Parigi. Il centro della questione è questo.

4. Swiatek può sfondare sull’erba?

Quello che è stato il dominio di Iga Swiatek è stato costruito sulla terra rossa e consolidato sul cemento, ma resta una voragine aperta: l’erba. Wimbledon, per ora, le ha riservato più frustrazioni che gioie. Nonostante sia diventata una delle giocatrici più vincenti dell’era moderna, non ha mai superato i quarti a Church Road. Eppure il suo tennis è cambiato: meno rotazioni, più penetrazione, maggiore consapevolezza nei colpi d’approccio.
Quest’anno arriva a Londra con un carico emotivo importante, figlio di una stagione per ora non particolarmente brillante e anche con qualche fatica fisica alle spalle. La stanchezza dopo Parigi si è fatta sentire, e la preparazione sull’erba è stata breve. Swiatek, però, è sempre stata una giocatrice che apprende in fretta dai propri errori e che si è sempre saputa tirare fuori dai momenti di difficoltà. Se riuscirà a imporsi anche su un campo che sembra respingerla, sarà un ulteriore segnale di grandezza.
Il pericolo maggiore? Andare troppo in difesa. Contro le cannonate di Sabalenka, Rybakina, Keys o giocatrici ispirate come Paolini o Vondrousova, l’aggressività non è una scelta, è una necessità.

5. Una nuova outsider al femminile?

A Wimbledon, versione femminile, la sorpresa sta diventando tradizione: se c’è un torneo dove l’outsider può fare breccia, è questo. L’albo d’oro recente è lì a ricordarcelo, quasi fosse un manifesto contro il dominio dell’ovvio: Vondrousova nel 2023, Rybakina nel 2022, Krejčíková nel 2024, tutte vincitrici inaspettate, e prima di loro Bartoli nel 2013, Halep nel 2019, Kerber nel 2018. Persino l’ultima grande Serena Williams ha spesso dovuto arrendersi alle storie alternative scritte dall’erba di Church Road.

L’erba è per chi osa, per chi rompe il ritmo, per chi serve bene e aggredisce la rete. Ed è anche, molto spesso, per chi arriva senza troppe aspettative. In questo senso, anche nel 2025, lo scenario è fertile per un altro exploit: le giovani che stanno salendo, come Mirra Andreeva, 17 anni e già una testa pensante in campo o Emma Navarro, tutta solidità e fiuto tattico. A loro si aggiungono le ritrovate, che sanno cosa vuol dire affacciarsi ai piani alti: Elina Svitolina, che sull’erba ha sempre mostrato un tennis fluido, oppure, perché no, un ritorno in auge di Marketa Vondrousova, che arriva tra l’altro dalla vittoria nel torneo di Berlino
E poi ci sono le solite incognite che il seeding non può prevedere: una Rybakina ritrovata, una Ostapenko in settimana buona, una Samsonova con le giornate giuste al servizio. Insomma, una sorpresa, sarebbe davvero…una sorpresa? Ah dimenticavamo: ci sarebbe pure Jasmine Paolini, ma vogliamo considerarla (ancora) una sorpresa?


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