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Rassegna stampa

Basta giudici di linea ciechi, adesso arbitrano i gechi (Martucci)

Ultimo aggiornamento: 01/04/2015 13:20
Di Alberto Giorni Pubblicato il 01/04/2015
4 min di lettura 💬 Vai ai commenti

Basta giudici di linea ciechi, adesso arbitrano i gechi (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Set che si decidono sul 4-4? Terzo set direttamente al tie-break? Abolizione di una palla di servizio? Chissà quale sacrificio pretenderà il dio televisione alla tradizione del tennis. Intanto, John McEnroe, incendiario per vocazione, collauda il primo torneo con un solo arbitro, quello di sedia, come in certe gare giovanili. E gli 8 giudici di linea, quelli che tanto lo facevano arrabbiare quando lottava per il numero 1 del mondo? Esistono, e fanno anche loro delle chiamate bestiali. Perché hanno la sembianza di animali, dei simpatici geco ma, dietro un corpo di compensato, vantano occhi elettronici, direttamente collegati col famoso «Occhio di falco» (Hawk Eye), la moviola del tennis. Così, la chiamata d’appello non è più a discrezione (e rischio) dell’atleta, ed è illimitata. Bello? Brutto? Il 24 marzo, a Salt Lake City, la prima tappa delle PowerShares Series/Rob Loud, 12 tappe, in America del Nord, con over 30 di qualità come appunto SuperMac, Pete Sampras, Andre Agassi, Jim Courier, Michael Chang, Andy Roddick, James Blake e Mark Philippoussis, è stata un successo. Anche perché, in pratica, i giocatori si sono arbitrati da soli, altrimenti le chiamate sarebbero fin troppe e anche tattiche.

RIVOLUZIONE «Quella macchina mi ha riconosciuto, le avete parlato di me», tuonò JonnyMac all’inedito «bip» del giudice di servizio elettronico, preludio della moviola su tutte le righe che ha rivoluzionato l’arbitraggio del tennis dal 2006 a Miami e poi agli Us Open. «Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il giorno che avrei giocato un torneo di tennis senza giudici di linea», gioisce oggi il grande mancino a stelle e a strisce. «Penso che sia una grande passo avanti non solo per il nostro, ma per lo sport in generale. Mi congratulo con chi l’ha messa in pratica. Può cambiare il tennis». Con l’australiano Philippoussis che va anche oltre: «E’ solo questione di tempo, ma sarà una progressione naturale. Succederà. Prima o poi questo salto si farà».

PROBLEMI L’idea del giudice di linea elettronico nasce da Jim Courier, un tennista di fatica, uno di quelli che non avendo tanta «mano», in campo, si industriava e pensava di più. Così da arrivare al numero 1 del mondo e a 4 titoli dello Slam in 7 finali, malgrado dovesse coesistere coi fenomeni Agassi e Sampras. «Jim il rosso» è il fondatore di InsideOut Sports, la compagnia di Los Angeles che ha creato il sistema già testato l’anno scorso, in Spagna, dalla Federazione mondiale (Itf) e ora varato nel mini-torneo americano a quattro giocatori di una puntata sola, con semifinali e finale di un set solo. E proprio Courier, conoscendo bene i giocatori, qualche perplessità sui tempi della rivoluzione tecnologica ce l’ha: «Non è mai facile giudicare un servizio che viaggia a 135 miglia (…)


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