Come padri, per i figli: buio e rinascita nel dopoguerra

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Come padri, per i figli: buio e rinascita nel dopoguerra

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Il premio Oscar come miglior film straniero a “La Grande Bellezza” ci da la possibilità di ripercorrere la storia italiana di questo premio, fra registi e attori, con uno sguardo al mondo del tennis negli anni delle vittorie nostrane. Iniziamo dal 1947 con “Sciuscià” del grande Vittorio De Sica e con il padre del circuito professionistico, Jack Kramer.

“Cosa ho fatto”? Pasquale urla e piange l’amico morto Giuseppe. Amici e separati dalla vita, dalle menzogne, dalla fame. Ritratto duro e schietto della storia del nostro dopoguerra, di due giovani lustrascarpe. E Bersagliere, il cavallo bianco, si allontana. Si chiude “Sciuscià”, del maestro e uno dei più grandi ed influenti registi del dopoguerra, Vittorio De Sica, uno dei padri del Neorealismo italiano. La guerra cancella tutto, e lascia dietro sé miseria e frustrazione. E dalla spinta di rinascita, di riscatto, per una nuova vita, nasce il filone cinematografico che nel 1947 regalò, attraverso questo spietato ritratto quotidiano, il primo Oscar per un film straniero al nostro paese. Un padre. Il primo. Premiato dalla luccicante e cinica Hollywood, colui che ha aperto la strada ad un cinema da esportare, che colpisse anche lì, oltre oceano.

Il dopoguerra si srotolava sotto gli occhi degli spettatori anche nel mondo dello sport, ripartendo dopo gli anni di buio, e nel tennis vide nel biennio ’46-’47, nei campi da tennis di tutto il mondo, Jack Kramer, americano, amante di baseball e di Joe Di Maggio, venir fuori come vincitore e innovatore. Jack Kramer, il professionista.  Nacque a Las Vegas nel 1921, il suo debutto in Coppa Davis a soli 18 anni. Ma la guerra era lì, vicina, e deflagrò con tutto il suo orrore, spazzando via la vita come la si conosceva. Il mondo dello sport si fermò, ovunque tranne che in America. Il fronte si portò via proprio il compagno di doppio di Kramer, con cui condivise il debutto di coppa. Joe Hunt divenne tenente della U.S. Navy e perse la vita a soli 26 anni durante una missione di addestramento. Il suo Grumman Hellcat si schiantò in Florida. Nel 1944 la marina americana non gli permise di difendere il titolo a Forest Hills, vinto l’anno prima contro l’amico Jack Kramer.

Quindi arrivò il 1947, uno degli anni straordinari del Kramer giocatore. Vinse in singolare e in doppio il torneo per eccellenza, Wimbledon, gli U.S. National Championship (anche qui in singolare e in doppio), e la coppa Davis. Ma l’impronta più importante Kramer la lasciò grazie al suo spiccato spirito imprenditoriale. Fu lui l’innovatore e il trascinatore, colui che diede vita al tennis professionistico. Se i dilettanti giocavano per la gloria e per la coppa,  Kramer entrò nel circuito chiuso che lo portava in giro per il mondo, che lo faceva esibire negli stadi e lo iniziò a pagare anche in maniera abbastanza remunerativa. Molti furono trascinati dalla sua iniziativa, la Troupe, fra i tanti anche Pancho Gonzalez, Laver e Rosewall, dopo. E il circuito si divise così in due, da una parte i professionisti, dall’altra i dilettanti. Jack Kramer si ritirò dall’attività nel 1954, a 33 anni, ma ancora presente ed influente nel mondo del tennis, continuò nella battaglia che portò poi alla nascita della Association of Tennis Professionals. Un padre, un apripista. Nel 1968, avendo praticamente prosciugato il circuito dilettantistico costrinse gli organizzatori di Wimbledon ad aprire il torneo a tutti.

“Non posso essere soddisfatto di quello che ho creato come attore e regista…” , paradossali le parole di Vittorio De Sica. Inquieto e sincero, ha esportato il cinema italiano nel mondo, prendendo i suoi attori dalla strada, attori non professionisti, e accompagnandoli sullo schermo in immagini memorabili. Due padri, distanti, nello sport, sullo schermo, nella vita. Vittorio De Sica nella sua sensibilità e umiltà ha sempre detto di non aver mai avuto la presunzione di essere un regista. Tutti conosciamo il circuito moderno del tennis grazie all’istrionico personaggio che è stato John Albert Kramer, che si è spento ad 88 anni il 12 settembre 2009,  un nome che emerge sempre quando si parla dei più grandi di tutti i tempi. Dichiarò di avere timore che un giorno i più grandi avrebbero guadagnato la fetta più grossa, che gli agenti avrebbero condizionato televisioni e spettacolo, che il circuito sarebbe scomparso.

Protagonisti loro malgrado o con la forza di un’idea, di cambiamenti epocali, che ci consegnano oggi una tradizione del cinema ineguagliabile e nello sport uno dei più grandi cambiamenti mai messi in atto , con un circuito professionistico enormemente ricco, anche con i suoi risvolti negativi, con i tennisti che si sono trasformati in  star, amati e idolatrati in tutto il mondo, ma eliminando le ipocrisie di un tennis dilettantistico che ad ogni  modo si reggeva su rimborsi, premi e denaro non “ufficiale”. I figli di oggi sono Benigni e Sorrentino, che più recentemente hanno alzato la statuetta dorata. I figli sono Borg, Sampras, Federer e Nadal, e i campioni del futuro. Ecco, cosa hanno fatto.

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