(S)punti Tecnici
Key Biscayne: (s)punti tecnici, semifinali maschili

TENNIS LAVAGNA TATTICA – Nella sesta puntata della nostra rubrica tecnica parliamo del dritto di Pete Sampras e della risposta di Andre Agassi.
Il dritto di Pete
Dopo averlo sconfitto in finale a Wimbledon l’anno scorso, e in semifinale a Melbourne due mesi fa, Pete Sampras ha ritrovato Jim Courier sul cemento di Key Biscayne. I precedenti erano nettamente a favore di Sampras, vincitore in 9 dei precedenti 11 confronti con il connazionale: ma le due vittorie di Jim sono state davvero “pesanti”, 3 set a zero nei quarti dello US Open di tre anni fa a un Sampras campione uscente, e i due tie-break con i quali Courier ha estromesso Pete in semifinale al Master l’anno successivo.
Quando Jim Courier è in forma, sul cemento all’aperto è un pessimo cliente per chiunque. In particolare, per il Sampras non al massimo visto finora a Miami: percentuali al servizio insufficienti (e se togli a Pete la caterva di punti diretti che ottiene di solito con il suo colpo migliore, lo limiti enormemente), e di conseguenza meno possibilità di sviluppare con continuità il suo gioco di volo.
Come ha risolto il problema il numero uno del mondo?
Affidandosi alla sua arma principale dopo il serve&volley, ovvero uno dei dritti più devastanti che si siano visti nel circuito, insieme a quello di Ivan Lendl (il cecoslovacco, a proposito, appare davvero in fase calante irreversibile: dopo essere uscito proprio per mano di Sampras agli ottavi di Melbourne, qui a Key Biscayne si è fatto sorprendere al primo turno da Jan Siemerink).
Pete ha saputo dosare le discese a rete, senza seguire il servizio con la continuità che ha di solito, anche per evitare di subire le risposte di Jim, che soprattutto con il suo caratteristico rovescio bimane “da baseball” (apertura altissima ma contenuta, posizione addirittura semifrontale in ribattuta) riesce a contenere molto bene, e spesso ad anticipare, le curve e le rotazioni esterne di Sampras specialmente da sinistra.
Scendere di meno a rete, però, non significa necessariamente accettare il martellamento da fondo di un picchiatore come Courier: la soluzione, di grande rischio e intelligenza, che ha permesso a Pete di uscirne quasi senza prima di servizio (51% in campo, troppo poco), è stata il tirare a chiudere con il dritto alla prima occasione possibile. Non facile, ma gli è andata bene: con la meccanica esecutiva che si ritrova (stance semichiusa, impugnatura semiwestern, finale estremamente avanzato con windshield-wiper appena accennato nei colpi in recupero), Sampras è in grado di sparare fucilate definitive da ogni zona del campo, ma il rischio è altissimo.
Molti vincenti, molti gratuiti, ma comandare comunque il gioco: la tattica di Pete ha pagato, perchè Courier non è stato in grado di approfittare delle occasioni avute, in particolare uno dei 3 set-point a suo favore nel tie-break del secondo parziale, sprecato con un errore di dritto imperdonabile. 6-4, 7-6 (12-10) lo score per Sampras.
In finale il numero uno del mondo avrà il rivale di sempre Andre Agassi, e dovrà assolutamente salire di livello: perchè Andre risponde come e meglio di Jim, e da fondo regge, spinge e anticipa decisamente di più.
La risposta di Andre
Questa edizione 1994 del Lipton International di Key Biscayne, per Andre Agassi, è stata finora una esibizione di livello stellare nell’aspetto del suo gioco più rappresentativo, ovvero la risposta al servizio. Apparso definitivamente ritrovato dopo i problemi e l’operazione al polso, il “Kid” di Las Vegas ha battuto per due set a zero prima Boris Becker al terzo turno, poi Stefan Edberg nei quarti di finale: e far fuori due fuoriclasse del serve&volley simili, seppellendoli di risposte vincenti uno dopo l’altro, è un’impresa davvero fuori dal comune.
Nella sua semifinale Agassi ha poi fronteggiato il ventunenne Patrick Rafter, detto Pat, l’ultimo prodotto della grande scuola degli attaccanti e dei volleatori australiani. Il giovane “canguro” ha davvero talento, un servizio estremamente moderno e innovativo, quasi senza mulinello dietro le spalle ma sviluppato frontalmente (qualche tecnico, recentemente, ha battezzato questa nuova impostazione come “trophy position serve”, chissà se prenderà piede), totalmente proiettato in avanti, e adattissimo a essere seguito a rete.
Gioco a rete che è la cosa migliore del tennis di Pat, con l’unico problema di essere anche l’unica scelta tattica possibile per lui: troppo leggero da fondocampo, l’aggressione in verticale non è una scelta, è una necessità. Ma contro il “mostro da risposta” che aveva davanti, il malcapitato Rafter non ha avuto possibilità.
Grazie ai suoi riflessi da fotocellula, alla capacità di abbreviare le preparazioni sia del dritto che del rovescio fino a farle diventare gesti di istinto e rapidità assoluti, e alla conseguente posizione avanzatissima in ribattuta, Agassi ha impallinato Rafter da ogni angolo, brekkandolo tre volte e chiudendo il match per 6-2 6-4 in un’ora e venti.
Per l’australiano, una sconfitta che dovrà farlo riflettere e maturare: se ci riuscirà, vista la “mano” fatata che si ritrova a rete, prima o poi un grande risultato negli Slam arriverà certamente.
Per Andre, un “bentornato” ai livelli che gli competono: domani affronterà Pete Sampras per la nona volta (4-4 i confronti precedenti), e non vediamo l’ora di scoprire se saranno i servizi, le volée e i dritti di Pete, oppure le risposte, gli anticipi e gli angoli di Andre a prevalere.
(S)punti Tecnici
Alta intensità a Indian Wells: Berrettini e Tsitsipas a tutto braccio [VIDEO]
Due ore di pallate tra Matteo e Stefanos, spettacolo di potenza sul campo di allenamento

da Indian Wells, il nostro inviato
Poche parole, tante immagini: il modo migliore di apprezzare il tennis, visto da vicinissimo, di due top-player. Nel primo pomeriggio californiano, Matteo Berrettini e Stefanos Tsitsipas sono andati in campo sul “practice court 1” di Indian Wells, e hanno fatto divertire gli spettatori assiepati sulle tribune.
Vi documentiamo l’allenamento dei ragazzi con una serie di video esclusivi, da pochi metri: andiamo a goderceli in compagnia.
Palleggio dal centro, è sempre incredibile vedere come si muove un omone come Berrettini:
Sale il ritmo:
La palla schiocca, le scarpe fischiano:
Open stance piena, pallate una dietro l’altra:
Dall’altra parte della rete, non scherza nemmeno Stefanos:
Si comincia coi diagonaloni di dritto:
Matteo non si fa pregare, e in quattro botte costringe Tsitsipas alla steccata:
Si provano i colpi in chiusura, siamo verso la fine della sessione:
Per finire la carrellata, prima le cose belle di Stefanos col rovescio a una mano:
E poi la specialità di casa Berrettini, servizio e due drittoni:
Un gran bel pomeriggio di sport al massimo livello, tra il numero 5 e il numero 6 del mondo: la competizione sta appena iniziando, ma nel “Paradiso del tennis” le cose sono già interessantissime e appassionanti.
Per quello che abbiamo potuto vedere, anche parlandone un attimo con Matteo e Vincenzo Santopadre, il nostro miglior giocatore sembra stare bene, ha tirato senza paura, speriamo che possa disputare un buon torneo.
Spunti tecnici: il segreto del dritto di Berrettini
Spunti tecnici: Tsitsipas, forse abbiamo trovato un nuovo Airone
(S)punti Tecnici
Spunti tecnici: Sinner, decontrazione e scioltezza
Jannik è forse il miglior colpitore puro che il tennis italiano abbia mai visto. Velocità di palla altissima, fluidità totale

Non era mai successo che il tennis azzurro contasse due giocatori contemporaneamente tra i primi 10 della classifica mondiale come accaduto fino alla settimana scorsa. Così come non era mai successo, tra gli italiani, quello che ha realizzato nel 2021 Jannik Sinner, 20 anni, ovvero vincere ben 4 tornei ATP in una stagione (i “250” di Melbourne, Sofia e Anversa, e il “500” di Washinghton, più una finale Masters 1000 persa a Miami). Il giovane ex sciatore della Val Pusteria sta vivendo, da ormai un paio d’anni, un percorso di progresso tecnico e tattico a tratti esaltante, meritatamente condito da vittorie di peso e una conseguente scalata verso i piani alti del nostro sport, dove ha raggiunto Matteo Berrettini, che sta facendo sognare i tifosi non solo nostrani.
La cifra del gioco di Sinner, tennista modernissimo come impostazione tecnico tattica, è la qualità del palleggio aggressivo da fondocampo. Dritto e rovescio di Jannik sono fucilate in costante accelerazione, con una capacità fenomenale di creare velocità di palla da ogni angolo del campo. Come ci riesce il nostro campione? Andiamo ad analizzarlo, ringraziando l’imprescindibile Vanni Gibertini per i video e le immagini originali ed esclusive di Ubitennis direttamente realizzate da Indian Wells nell’ottobre 2021. Iniziamo con un video rallentato, dove possiamo apprezzare due dritti e un rovescio.
SPUNTI TECNICI: Il nostro coach analizza colpo per colpo, foto per foto, Jannik Sinner al microscopio
Quello che salta subito all’occhio, oltre alla generale compostezza della postura e dell’equilibrio, è la facilità con cui Jannik fa scorrere la testa della racchetta attraverso la palla, senza perderne minimamente il controllo. Andando a osservare con attenzione alcuni “frame” tratti dallo stesso filmato, possiamo notare la caratteristica speciale degli swing di Sinner: il giocatore è talmente decontratto da far finire l’attrezzo praticamente nello stesso punto, ben alto e dietro le spalle, da cui ha iniziato il movimento a colpire.

Questa ampiezza dell’ovalizzazione non è un dettaglio peculiare di Jannik, è tecnica abbastanza standard, quello che risulta straordinario nel caso dell’azzurro è che di norma uno swing così sciolto, in gergo si direbbe “a tutto braccio”, viene “lasciato andare” così tanto nel momento in cui si vuole produrre un’accelerazione vincente, alla massima velocità possibile, con tutti i rischi di errore annessi. Sinner, invece, lo fa in ogni singolo colpo, botta dopo botta, mantenendo percentuali altissime di successo, ed è da questo che deriva la sensazione di ritmo impossibile da reggere che tanti dei suoi avversari hanno provato e poi raccontato dopo averlo affrontato.
Andando a vedere i frame, la stessa cosa avviene dal lato del rovescio.

Rovescio che è il colpo più naturale di Jannik, anche se a ben vedere i progressi degli ultimi tempi hanno portato anche il dritto a essere un’arma di pari efficacia. La caratteristica principale del colpo bimane di Sinner è l’estrema semplicità della preparazione, un “backswing” eseguito praticamente in linea, un po’ come nel caso di Daniil Medvedev. Molto differente rispetto, per esempio, all’ovalizzazione più “rotonda” di uno come Alexander Zverev, nessuna delle due tecniche esecutive è migliore o peggiore dell’altra, sono solo personalismi coordinativi. Vediamo il confronto qui sotto, con un’immagine di Sascha sempre da Indian Wells, la differenza di altezza della testa della racchetta all’apice del backswing è chiarissima.

La preparazione con ovalizzazione facilita un minimo l’accelerazione della testa della racchetta, che viene “aiutata” dal percorso bello tondeggiante che va a effettuare (come nel caso di praticamente tutti i dritti standard), mentre quella in linea, a patto di avere la scioltezza di braccia necessaria per far viaggiare l’attezzo, rende più semplice andare a impattare “attraversando la palla”, con poca rotazione, e altissima rapidità del colpo. Lo vediamo dall’inizio alla fine qui sotto.

L’intero movimento, dal backswing fino all’impatto, vede la testa della racchetta di Jannik che non va più in alto rispetto alla linea delle spalle, e non viene portata più in basso dei fianchi, rimanendo in un “binario” di poche decine di centimetri in verticale. L’accompagnamento finale, sempre composto e con la racchetta che segue la direzione della palla prima del già commentato, scioltissimo “wrap” (avvolgimento delle braccia) sopra la spalla opposta, conclude un’esecuzione a dir poco spettacolare.

Dal binario di cui sopra partono gli autentici treni, lungolinea e incrociati, con cui il rovescio di Sinner fa a fette il campo e di conseguenza gli avversari.
Riassumendo, con i fondamentali al rimbalzo, siamo davanti a una macchina lanciamissili che ha pochi eguali nel circuito, paragonabile a quello che era Tomas Berdych (ma con maggiori margini a mio avviso), e per quanto riguarda il rovescio, l’eccellenza è assoluta, al livello dei migliori di tutti, come i citati Zverev e Medvedev. Forse solo il bimane del grande Novak Djokovic, attualmente, potrebbe farsi preferire a quello di Sinner, ma per una questione di varietà tattica di soluzioni che deriva dall’esperienza del fuoriclasse, non certo per qualità tecnica in senso stretto.
A partire dallo scorso anno Jannik sta lavorando molto per migliorare il servizio, che è un colpo ben eseguito e che produce bella velocità, ma a volte tende a non ottenere sufficienti percentuali e angoli efficaci. Il problema (relativo, parlando di livelli simili) appare in gran parte risolto, certo Sinner è difficile che si trasformi in un bombardiere alla Berrettini, ma se riesce ad ottenere un congruo bottino di punti diretti, e negli altri casi a comandare lo scambio scatenando il pazzesco ritmo da fondo analizzato prima, va benissimo così. Lo vediamo qui sotto:


Esecuzione assolutamente corretta, ottimo impatto, si può notare che Sinner tende a rimanere molto verticale con relativa minore uscita dell’anca in avanti, e di conseguenza azione del piano delle spalle meno accentuata, ma anche qui siamo davanti a caratteristiche coordinative personali, quello che conta è la sensazione e la sicurezza nel colpo che può sentire solo il giocatore stesso. Nel corso dell’ultimo anno Jannik è passato dalla tecnica foot-up, cioè con il piede posteriore che fa un passo in avanti a raggiungere quello anteriore, a quella foot-back, con i piedi entrambi a terra in fase di caricamento. Di solito in questo modo si può regolarizzare il lancio di palla, e pare che per Sinner la cosa funzioni. Ormai le prime palle vanno spesso a 200 kmh e anche di più, le seconde non sono facili da aggredire, e oltre a questo ricordiamo che la fase di evoluzione tecnica del giocatore non è ancora conclusa. In ogni caso, è stata raggiunta l’elite del tennis mondiale, se poi immaginiamo ulteriori margini di miglioramento anche tattici, come la capacità di chiudere a rete con angoli e soprattutto tempi di esecuzione sempre più efficaci, il futuro non potrà che riservarci soddisfazioni che attendevamo tutti da una vita.
(S)punti Tecnici
ATP Finals – Spunti Tecnici: Matteo Berrettini e il dritto che fa male anche ai top-players
SPONSORIZZATO – Per non parlare del servizio… Gli straordinari risultati del testimonial Lotto, consolidato ATP Top 10, dipendono in gran parte dal binomio dritto servizio

Acquista l’outfit di Berrettini
Tecnicamente, stando in campo con Matteo Berrettini, che si prepara a giocare le ATP Finals per la seconda volta in carriera (record per il tennis italiano maschile, come l’esaltante finale raggiunta sull’erba di Londra), è molto interessante vedere quanto i colpi dell’azzurro sponsorizzato da Lotto Sport Italia siano strutturati con l’obiettivo dell’efficienza e dell’incisività.
Il dritto è uno dei più potenti e carichi di top-spin del Tour, parole di Novak Djokovic, una botta paragonabile a quella di Juan Martin del Potro, il servizio è sempre la specialità di casa, e il rovescio slice (con rotazione all’indietro) è diventato solido e molto efficace. D’altronde, a questi livelli non vai in fondo agli Slam con buchi tecnici evidenti, chi critica il rovescio di Matteo dovrebbe provare a starci in campo contro, come ha detto anche Monfils dopo averci perso a New York due anni fa. Vediamoci insieme Berrettini da vicinissimo.


Qui sopra, un paio di esecuzioni del dritto in open stance, postura frontale, il classico “sventaglio” con cui l’italiano martella a ritmo altissimo da ogni angolo del campo. Da notare, a parte l’ovalizzazione perfetta e l’ottima spinta della gamba esterna, come Matteo tenga l’indice della mano destra ben separato dalle altre dita. La cosa consente una maggiore sensibilità, la nocca del dito avvolge il manico più avanti sostenendolo e “sentendolo”, è il cosiddetto “pistol grip“, l’impugnatura “a pistola”, come se l’indice fosse su un grilletto immaginario. Rispetto al “hammer grip“, che non è l’impugnatura a martello che in italiano è la continental, ma è la postura della mano sul manico a dita raccolte, il vantaggio a livello di percezione e tatto è notevole, a patto che si sia in grado, con la forza dell’arto, di reggere con sufficiente saldezza l’attrezzo. Ecco un esempio più chiaro, per capirci.

Sopra, Dominic Thiem, sotto, Berrettini. Se osserviamo l’indice, la differenza è evidente. Sono due dritti brutali per potenza, efficacissimi entrambi, ma avete presente quando un colpo ha “qualcosa” in più? Magari dà un’impressione di maggior controllo, o di varietà di esecuzioni, tipicamente la capacità di tirare piatto oppure super-arrotato cambiando l’angolo di attacco del piatto corde sulla palla con disinvoltura? Ma non si riesce a focalizzare quale sia la causa, o perché uno ci riesca meglio di un altro? Ecco, questi dettagli spesso sono la risposta. E sappiamo bene che una delle caratteristiche tecniche di Matteo è proprio la capacità di sparare liftoni alternati a manate piatte come niente fosse.
Acquista l’outfit di Berrettini


Qui sopra, vediamo il rovescio tagliato con rotazione all’indietro, ovvero lo slice. Berrettini ha lavorato moltissimo su questo colpo, ce lo ha detto lui stesso, e i risultati si vedono. Non parte molto in alto con la testa della racchetta, non sale troppo con la spalla, e tiene il braccio abbastanza discosto dal corpo (pensiamo a Roberta Vinci, che arrivava dietro la schiena col piatto corde, e avvolgeva il braccio così tanto che ancora un po’ si strangolava da sola, con la spalla destra in gola). Il movimento a colpire risulta più orizzontale, data l’altezza di Matteo la cosa per lui funziona più che bene, ed è ottima la conduzione del piatto corde, con postura perfettamente composta, come si può apprezzare nella seconda immagine. Notevole la capacità di andare basso con le ginocchia, data la stazza del giocatore. La rasoiata in slice di Berrettini non ha nulla da invidiare, quanto a efficacia e cattiveria della rotazione, a esecuzioni ben più “blasonate” dal punto di vista stilistico. Bravissimo.


Qui sopra (sequenza originale ed esclusiva di Ubitennis da Indian Wells), il super-servizio, senza commenti perché le immagini parlano da sole. Il caricamento iniziale, con il brandeggio basculante “alla Raonic”, e il polso morbido, con presa leggerissima, sono caratteristiche personali di Matteo. Decontrazione totale, che produce una frustata con pochi eguali nel circuito. Dalla “trophy position” in poi, vediamo le immagini, anche scolasticamente è una martellata fantastica, il lieve attimo di surplace con racchetta piatta verso l’alto, difettuccio veniale ma presente fino a tre anni fa, è sparito, Matteo va di taglio ad aggredire la palla in modo perfetto. Che missili, ragazzi.
In conclusione, abbiamo un gran bel giocatore, moderno, fisico, potente, e dotato di tecnica assai più raffinata di quanto appaia a prima vista (e soprattutto in TV). La grande sensibilità della sua palla corta ne è un esempio, non spari servizi a 225 all’ora, dritti a 160 dall’altra parte, e poi chiudi il punto con una carezza a mezza spanna dal nastro se non hai tanta, ma tanta “mano”. Un po’ di abitudine ad andare a rete a prendersi qualche punto in più, altra cosa su cui Berrettini e Santopadre ci hanno detto di stare lavorando parecchio, con successo viste le vittorie, e il “pacchetto” è completo.
Terzo anno chiuso in top-10 ATP, titoli prestigiosi come al Queen’s Club, soddisfazioni personali come la convocazione per il team Europa alla Laver Cup, e il sogno della finale di Wimbledon: Matteo Berrettini è arrivato tra i grandi del tennis, e ha intenzione di rimanerci a lungo.