Napoli trascina gli azzurri, Fognini firma il vantaggio (Martucci, Viggiani, Clerici, Semeraro, Ferrero, Valesio, Azzolini); Il gran dilemma di Murray, adesso giocherà il doppio? (V.M.); Seppi spreca ma non è finita (M.V., P.V.); Papà Fognini «Così il mio Fabio è diventato grande» (P.V.); Napoli, per il dopo Davis si pensa in grande (Cuozzo, Romanazzi)

Rassegna stampa

Napoli trascina gli azzurri, Fognini firma il vantaggio (Martucci, Viggiani, Clerici, Semeraro, Ferrero, Valesio, Azzolini); Il gran dilemma di Murray, adesso giocherà il doppio? (V.M.); Seppi spreca ma non è finita (M.V., P.V.); Papà Fognini «Così il mio Fabio è diventato grande» (P.V.); Napoli, per il dopo Davis si pensa in grande (Cuozzo, Romanazzi)

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TENNIS, DAVIS – Le voci più importanti della stampa italiana sul Day 1 di Italia – Gran Bretagna. Nella nostra consueta rassegna.

A cura di Davide Uccella

Napoli trascina gli azzurri, Fognini firma il vantaggio (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 05-04-2014)

Un italiano vero. Con le sue ombre e i suoi lampi, sempre capace di stupire, nel bene e nel male, sempre costretto a soffrire, capace di condire qua-siasi situazione, con miracoli e drammi. Nei quarti di Davis sulla terra di Napoli inzuppata di pioggia, Fabio Fognini porta l’1-0 che doveva portare, lui, n. 13 del mondo in proiezione «top ten», già capace quest’anno dell’impresa in Argentina (firmando i 3 punti) e dell’uno-due Atp, vittoria-finale, Vina del Mar-Buenos Aires, contro il 161 della classifica, James Ward, trasfigurato da giocatore da tornei Challenger in eroe britannico nel 1 turno di Coppa a San Diego. E poi Andreas Seppi onora la consegna, allunga il match contro Andy Murray, facendolo sospendere alle 19.30 e rinviare a oggi alle 10.30. Mettendone in dubbio la partecipazione al doppio, già in forse dopo l’esclusione in extremis del singolarista Evans a favore del doppista Hutchins.

Abbraccio Fabio ha ancora dolore all’ottava costola, dalla racchettata di dritto che s’è inferto a Miami in uscita da un dritto o da un abbraccio troppo stretto: «Lo dico o non lo dico? La battuta mi piace troppo: vabbé, magari è stato un forte abbraccio di Flavia (Pennetta)». Di sicuro: «Prima di giocare ho fatto un’infiltrazione, sono contrario a queste cose, ma il medico m’ha convinto, epperò l’effetto è durata solo un’oretta, quando finalmente mi sono sciolto, poi il dolore non m’ha più abbandonato. Mi fa male soprattutto quando spingo di rovescio e quando mi distendo al servizio. E poi quando rido…». E, dallo 0-3 al 5-3 del primo set, è tutt’una smorfia, tutto un errore, tutto un su e giù nelle 3h09′ che gli occorrono per liberarsi della paura e del lungagnone avversario in quattro set. Chiede scusa per il tennis: «Mi dispiace che il pubblico, così bello e caloroso, e importante, che mi ha sempre sostenuto e aiutato, non abbia potuto vedere un bel tennis, ma non sono nelle migliori condizioni. A un cambio campo ho avuto anche una discussione con capitan Barazzutti, non mi parlare del gioco, faccio quel che posso, prima sarebbe volata qualche racchetta in campo… Invece sono qui, in silenzio». Si auto-applaude per il carattere: «Per vincere ho lottato e, soprattutto, ho accettato quello che stavo facendo, anche se non ne ero contento. Ma ci sono riuscito. E così, mentalmente, ho superato un altro test importante: quello di chi è costretto a vincere a tutti i costi contro un avversario che ha niente da perdere».

Sofferenza Fra i 3500 sugli spalti, Fabio fa soffrire anche papà Fulvio, mamma Silvana, gli ospiti Vip (il presidente del Coni, Giovanni Malagò, il sindaco di Napoli, Luigi De Magi-stris) e gli amici, coach Umberto Rianna («Ho molta stima e rispetto di lui, sono convinto che aiuterà il mio amico Bolelli a tornare ai livelli che merita») e dottor laser, Pierfrancesco Parra, che gli ha salvato gli adduttori prima degli Australian Open e ora gli ha fatto assorbire l’ematoma al costato e lo accompagna quasi colpo dopo colpo, dalla panchina, nel suo tifo appassionato. Oltre a incerottargli il costato sinistro sul 6-4 2-6 e ad elogiarlo «per il carattere», dopo l’impresa, soffocandone i lamenti: «Lui non sa se recupera per il doppio? Ce la può fare». Mentre Fabio insiste: «Dipende da come mi sento quando mi sveglio e dalla discussione col capitano. Sono migliorato, dopo una settimana senza allenamento, ma il dolore durante e subito dopo la partita l’ho sentito. Poi è passato». Con chiosa di capitan Ba-razza: «Nessun problema, per me gioca. Dentro il campo si sta sempre peggio, soprattutto in Davis dove subentra la tensione e le cose non vanno come dovevano andare contro il n. 100 del mondo. Dovevamo vincere il primo match e l’abbiamo fatto». Ha da passà à nuttàta.

Fognini batte i dolori, Italia-Gran Bretagna 1-0, Seppi-Murray sospesa (Gianni Clerici, La Repubblica, 05-04-2014)

“MA NON facevano prima a giocarlo subito, dall’inizio, il doppio decisivo?” mi ha domandato il mio amico Mario, uno dei migliori skipper che affronteranno sabato e domenica, qui nel golfo, una regata chiamata Melges 20. Ho riflettuto, prima di rispondere che il doppio, come spesso accade, avrebbe potuto essere sì decisivo, ma che l’ipotesi non era del tutto certa. «Domattina, sabato, su un probabile uno pari, il doppio dovrà iniziare un massimo di due ore dopo la fine del singolare tra Andy Murray e Andreas Seppi. I miei amici britannici sono tutti d’accordo che, senza un Murray probabilmente vittorioso ma sicuramente stanco, il loro doppio avrebbe non più del dieci per cento di chances di superare Fognini e Bolelli. E dunque, andrà probabilmente in campo lo stanco, poco allenato, spesso blasfemo, Murray di oggi. Lo stesso Murray che ha avuto qualche fortuna nel salvarsi da quattro Seppi’s point nel secondo, come ho sentito ribattezzare il set point del tirolese.

Simili chiarimenti di un futurologo non cancellano certo altri dubbi. Quelli che riguardano le condizioni di un Fognini che ha sofferto più del prevedibile contro il secondo inglese, James Ward, eunacostola, l’ottava, che ha costretto il mago Italiano Parracelso ad iniettargli un nettare salvifico. Ha avuto sens of humour, questo Fognini ormai saggio, nel confessare che la causa avrebbe potuto essere il vivissimo abbraccio di un’amica tennista. Simile ricordo appassionato, se non è giunto a distrarlo, Io ha per altro fatto soffrire nella fase di chiusura del rovescio bimane, e nell’estensione massima della battuta. Anche per questo un match che qualcuno aveva immaginato un allenamento agonistico peril nostro eroe, è spesso scivolato nell’incertezza, e ha dato ragione ai colleghi britannici che ricordavano due gravissime lesioni a Ward, e una sua conseguente retrocessione oltre il numero cento: a causa del crudele e miope computer dell’Atp. Aspettiamo insomma di vedere se avrà ragione l’amico skipper, e se Italia-Gran Bretagna si risolverà grazie al doppio.

Fognini oltre il dolore. Soffre, vince e scherza: “Colpa della Pennetta” (Stefano Semeraro, La Stampa, 05-04-2014)

“Ma chi è che non soffre, in Coppa Davis?”. La domanda affiora spontanea alle labbra di un esperto mondiale di patimenti come Corrado Barazzutti alla fine di una giornata di Davis in cui l’Italia, se non altro, ha sofferto meglio della Gran Bretagna. Gli azzurri sono avanti 1-0 grazie al successo in tre ore e quattro set (6-4 2-6 6-4 6-1) di Fabio Fognini, dolorante al costato ma saldo di neuroni, contro il n. 2 britannico James Ward. L’altro singolare fra Andy Murray e Andreas Seppi è stato interrotto per oscurità sul 6-4 5-5 per il campione di Wimbledon che, nel secondo set, ha salvato quattro set-point ed è apparso, pure lui, un filo straziato. I due tornano in campo oggi alle 10,30, un’ora prima del previsto per paura della pioggia che già ieri ha ritardato di due ore i match. Se Murray – come giurano e spergiurano i britannici – giocherà anche in doppio (controvoglia, ma escluderlo sarebbe follia), avrà fino a due ore per riposarsi fiu un match e l’altra.

Sono gli incerti della Coppa, gara magari fossile, ma capace come nessuna di lacerare corpo e mente. Se oggi c’è uno che pare averne imparato la lezione in fondo arcaica (patei matos, sapere è patire), quello è Fabio Fognini. Contro Ward, un n. 161 Atp che vale più della sua classifica e ha già dimostrato di avere fibra da Davi-sman, il «new Fognini» ha stretto i denti, lottato, trattenuto l’ira funesta. Ha perso un set ma portato a casa la partita che non poteva sciupare. Brutta, sporca, necessaria. «Era un punto fondamentale, ora tutto pub succedere. Qualche tempo fa un match così magari l’avrei buttato – ha spiegato – invece avevo male e ho giocato male, ma l’ho vinto. Vuol dire che sono migliorato, ora sono pronto mentalmente. Verranno altri momenti difficili, la differenza è che adesso so come gestirli». Bye bye follia, benvenuta maturità. «In campo sono stato buono, anche se ho avuto anche una piccola discussione con Corrado: mi parlava di tattica, gli ho detto di lasciarmi in pace, che stavo soffrendo. Un tempo qualche racchettina sarebbe volata». Fognini da Miami si trascina un’ematoma al costato. Dopo il 6-2 per Ward gli hanno applicato in campo un cerotto antidolorifico, «ma prima di giocare ho fatto anche un’infiltrazione. Non ero dell’idea, mi hanno detto che era necessaria, non ero a mio agio. Come mi sono procurato la botta? Non so se dirvelo… Ma sì, ve lo dico: è stato un forte abbraccio di Flavia (Pennetta, ndr) a Miami». Risolta con una battuta la diagnosi (si soffre anche per amore), tocca alla prognosi per il doppio. «Decideremo insieme, io so solo che ho male», dice Fognini. «Sta bene, giocherà (con Bolelli, ndr)», ribatte Doctor Barazzutti. «Fabio sta provando a entrare fra i top-10, finalmente si è stancato di perdere certe partite, ogni tanto pere si innervosisce ancora. Ho cercato di farlo stare nel match: mi sono preso degli insulti, ma di lavoro faccio anche quello». Meteo a parte, l’orizzonte a Casa Italia tende al serena «Se vinciamo i due match nei quali sulla carta siamo favoriti – azzarda Barazzutti, e intende il doppio e Seppi-Ward di domani – questo incontro lo portiamo a casa». Chi non sarebbe disposto a soffrire un po’, per conquistare una semifinale di Davis?

Italia, il primo passo Fognini vince, Seppi pareggia (Federico Ferrero, L’Unità, 05-04-2014)

Prima che si spegnesse l’interruttore sul Golfo, l’Italia di Davis si è presa il suo tempo per sorseggiare il gusto del vantaggio, buono come un caffè sospeso. II felicissimo stadio del Tennis Club Napoli ha accolto, dolorosamente, con ventaccio marino e scrosci di pioggia la prima giornata del quarto di finale dell’Insalatiera contro Sir Murray e i suoi valvassori; sicché, sul cinque pari del secondo set tra il campione di Wimbledon e un Seppi a un tempo brillante e autodistruttivo, il giudice Pascal Maria e il referee Fransson hanno rimandato, senza opposizioni dalle panchine, la conclusione della seconda sfida di singolare a quest’oggi, da accomodarsi prima del doppio e con ovvie conseguenze sulla formazione britannica (Murray lo giocherà, o sarà esausto e lascerà a Colin Fleming e Ross Hutchins, l’amico di Andy guarito dal tumore, l’incombenza del terzo punto?).

Un finale interrotto, ieri, tagliato con l’accetta con un’ultima scena che, questa notte, Andreas Seppi avrà – ci si augura – avuto modo di metabolizzare: perso il primo set di misura, colpa di un solo gioco di servizio balordo, contro un fenomeno reso umano dalla superficie nemica, l’Andy azzurro si è trovato in mano non una, addirittura quattro palle del set, sul 5-4. Giocando meglio, con più vincenti, gestendo spesso lo scambio contro un grande che la terra rende incomprensibilmente ultra-difensivo. È che quando la pallina scotta, non c’è santo che tenga, neanche a Napoli. Chi trema è al più un ottimo giocatore, chi dà il massimo un campione. Seppi ha sussultato. La prima partita, per contro, non aveva offerto sussulti in onore al detto – fondamentalmente non falso, ma abusato – per cui in Coppa Davis la classifica non conterebbe. Le centocinquanta posizioni di distanza tra il membro della working class James Ward e Fabio Fognini, a tratti, non si sono effettivamente ravvisate. È così il londinese ha tentato la fuga nel primo set (3-0), fallendola; l’ha ripetuta nel secondo, per pareggiare i conti. Ma anche a volere tagliar via dal conteggio dei più e dei meno l’emozione e la pesantezza di un campo un po’ sghembo, soprattutto nelle zone più lontane dalle righe, la differenza di classe sociale si è avvertita pressoché costantemente e il numero uno italiano ha assicurato un punto non complicato ma marchiato dalla necessarietà, se questa Italia ambisce alla semifinale.

Una semifinale che, a forza di riconoscere alla Svizzera un cammino ultrafacilitato, si è andata complicando proprio al Palexpo di Ginervra. Giunge notizia che un altro Andrey, Golubev, il russo legionario del Kazakistan con casa in Piemonte, abbia rovinato la festa al campione degli Australian Open Stan Wawrinka, superandolo in quattro imprevedibilissimi set. Per il bene dell’Elvezia, il numero due (!) del team di Severin Lúthi, tal Roger Federer, ha provveduto alla immediata controriforma, in tre comodi set su Mikhail Kukushkin. Troppo presto per pianificare o figurarsi prossimi avversari: oggi, a pioggia piacendo, si deciderà molto, forse quasi tutto. Sc mai Seppi riuscisse nel sommamente improbabile, per la Gran Bretagna sarebbe finita; se anche solo costringesse Murray a rinunciare al doppio, renderebbe un favore non da poco a Fognini e Bolclli. Se. Troppe variabili: ha da passà’a nuttata.

Fognini, il tennis dell’ex incompiuto è arrivato al traguardo (Daniele Azzolini, Avvenire, 05-04-2014)

Su questa terra ammollata che tuna rallenta, nel vento della Davis che è caldo e mitiga gli estri, figurarsi se uno come Fabio Fognini non trova il tempo per mostrarei molti “io” dei quali è composto. Quello che si scoraggia. quello che “ma che ci faccio io qui?”. quello che rinsavisce. quello cheè troppo più bravo dell’altro, quello che se gli dai un dito si prende anche il polsino tergisudore. Quello che sa sopportare, perché il dolore al costato c’è, da giorni, e negli allunghi, e nei rovesci, si fa sentire.

Ne basterebbero due “di se stessi”, se è vera l’esistenza di quello strambo doppio che abita molti di noi, ma un’attenta osservazione dei giocatori, condotta negli anni, ci invita a ipotizzare molte ulteriori scissioni della persona-lita tennistica, tali certo da riformare la modema psicologia. Quante? Sei, sette, forse di più? Il tennista è un patchwork , e ha l’anima simile a una trapunta, lo diamo per assodato. Si tranquillizzi, il Fognini. Di sicuro uno come lui rientra nella media.

Vince Fabio (6-4, 2-6, 6-4, 6-1) contro James Ward, nella sfida con la Gran Bretagna che vale la semifinale di Davis (mentre il match fra Seppi e Murray è stato sospeso per oscurità sul 6-4, 5-5 per lo scozzese), dimostrando quanto è cresciuto. Eppure molto si è insistito, nel passato, sugli sbalzi umorali del nostro, sul suo esserci e non esserci, e perdinci, anche sullo spreco del talento, che chi lo ha in dote, chissà perché, non deve lasciano fluire, libero e un po’ balzano, ma ingabbiarlo, arginarlo, o meglio ancora metterlo in cassaforte. Si prese in prestito una frase del padre di Fabio, per tracciare il ritratto dell’ennesimo atleta incompiuto, abbozzato, addirittura insufficiente e lacunoso. «Certe volte mi fa venire la voglia di non tifare per lui», disse il genitore (che invi. a tifare sempre con trasporto), nella speranza di correggerlo, o forse di scuoterlo. Un mezzo giocatore, al più: di Fognini questo si disse, e questo in molti pensarono, sostenendo che sarebbe stato tempo perso aspettarsi grandi risultati da uno così. Finché lui trovò da solo la strada giusta, quella che l’ha condotto al numero 13 della classifica mondiale, quarto italiano di sempre, evincitore di tre tornei negli ultimi dodici mesi, con altre due finali e un bel po’ di buoni avversari battuti. A ribadire come nel tennis conti crescere nelle forme che animo e fisico permettano, senza forzature. E così anche nella vita.

Accadde dunque che in data 10 novembre 2011, Fognini decise di affidarsi a Josè Perlas, tecnico spagnolo di grandi vedute. Del quale si dice che sceglie di allenare solo i tennisti che lo emozionano. 0 che devono essere molto forti, »anche se non lo sanno» era la frase che firmava in calce il ritratto non autorizzato del coach. Non è certo Fabio il tipo che fa il timido, se c’è da emozionare qualcuno a colpi di racchetta, piuttosto si chiedeva il significato di quella seconda clausola. Forti, sì, ma quanto? Come quelli che Perlas aveva già guidato? Nella sua carriera Josè ha tirato su tre vincitori e un finalista del Roland Garros, oltre a due numeri uno. Da Juan Carlos Ferrero a Guillermo Coria, da Albert Costa a Carlos Moya. che addirittura ha cresciuto. In quel 10 novembre 2011, giorno del comunicato ufficiale che metteva nelle mani del coach spagnolo le sorti del tennista italiano di maggior talento, anch’egli spagnolo già da qualche anno se non altro per scelta di metodo tennistico, Fognini era costretto a fare i conti con una classifica di seconda fascia Numero 42. «Era una sfida per entrambi», dice oggi Perlas, »una bella sfida. Ma sapevo di poter contare sul buon tennis di Fabio, un tennis che sgorga per vie naturali». Un tennis che lo emozionava. L’antidoto alla noia del troppo batti e ribatti.

Il gran dilemma di Murray, adesso giocherà il doppio? (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 05-04-2014)

Andy deve anche allungare il match in chiave doppio». Con in testa l’input di Max Sartori, il coach di sempre, Andreas Seppi tiene in campo il suo bu-bau Andy Murray per 1h53′, fino alle 19.27, quando il giudice arbitro Fransson sospende le ostilità per oscurità sul 6-4 5-5 per lo scozzese. Che lascia un’eco di epiteti irripetibili, dopo essere costretto all’angolo dal tenace altoatesino, a dispetto delle 5 precedenti vittorie in 6 confronti. “Bravo Andreas, per come ha giocato, spingendo e cambiando ritmo senza commettere errori, avrebbe meritato di vincere il 2 set. Purtroppo Murray, da campione di Wimbledon e degli Us Open, ha fatto la differenza col servizio e con qualche super colpo», commenta Corrado Barazzutti. «Mettendo fuori squadra Evans per un doppista, il capitano britannico si è negato la possibilità di cambiare le carte in corsa: Murray può scegliere se giocarlo, prima doveva e basta. Io, da capitano, se ho uno dei primi del mondo, faccio fatica a non schierarlo». Cosa succederà? I capitani si sono accordati perché trascorrano almeno due ore tra singolare e doppio, se qualcuno gioca entrambi. «Se non aveva voglia di giocare il doppio prima, figurati ora». Nervi Dopo un 2013 coi remi un po’ in barca, una carriera intera con la lingua di fuori e un inizio di 2014 non esaltante, mai oltre il 2 turno nei tornei, col rivale in casa Italia, Fabio Fognini, che l’ha abbondantemente superato nella classifica mondiale (n. 34 contro 13), Seppi gioca davvero un partitone contro Murray, uno dei famosi Fab Four, anche se è appena scaduto al n. 8 della classifica non rispettando le cambiali di Indian Wells e Miami di 12 mesi fa. Avanti 4-2 al secondo set, salva tre palle-break del 4-5, fa perdere la pazienza al campione che ha davanti e, sul 5-4, ha 4 set point che accendono il tifo di Napoli e anche dei 700 tifosi britannici. Ne sbaglia lui solo una, di dritto, le altre le cancella Murray che poi salva il 5-5 buttandosi a rete. Se ne riparla oggi.

Seppi spreca ma non è finita (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 05-04-2014)

Andreas Seppi e Andy Murray non hanno completato la loro partita. L’abbondante pioggia del mattino e i quattro set disputati da Fabio Fognini e James Ward li hanno fatti scendere in campo solo verso le 17.20 e restare lì fino alle 19.30 o pochissimo meno. Senza riuscire a completare il secondo dei loro set, dopo 1h54′: Murray s’è aggiudicato il primo per 6-4 e il buio li ha fermati sul 5-5 dopo che Seppi non era riuscito a trasformare ben quattro set-point sul 5-4.

Un vero peccato perché Andreas, come giustamente osservava più tardi il capitano azzurro Corrado Barazzutti, avrebbe meritato di tornarsene in albergo in parità contro il più quotato avversario, attuale 8 del mondo ma già 2, e soprattutto vincitore di US Open 2012 e Wimbledon 2013, il quale è in vantaggio per 5-1 nei precedenti. Invece la terra rossa napoletana, davvero malmessa in qualche zona a fon-docampo dopo l’acquazzone di metà giornata («Ieri era tutto perfetto, hanno Iavorato al meglio ma non è certo colpa degli addetti se l’acqua ha coplicato le cose», il commento di Fogni-ni), ha dato stavolta una bella mano a Seppi che se l’è giocata alla pari per tutto il tempo, contro Murray. «Andreas ha giocato molto bene – il commento di “Barazza” – Ha messo in difficoltà Murray, spingendo e affondando i colpi, e gli ha fatto perdere lucidità. Senza iI servizio, un’arma sempre micidiale da parte sua, sarebbe stato messo sotto da Seppi. Comunque bene così, lo ripeto, e speriamo che vada allo stesso modo alla ripresa del match. Elogiato il soldato Fognini («Ho dovuto solo sollecitarlo a una maggior attenzione, a un certo punto», cosa che Fabio ha gradito poco, ribadendo che nelle sue condizioni fisiche faceva quello che poteva), con Barazzutti s’è parlato del doppio. «Abbiamo portato a casa il punto che ci aspettavamo, e questo è quello che conta. Fabio sta bene, nonostante il perdurante problema al costato, e quindi giocherà il doppio. Vediamo se lo giocherà Murray, piuttosto: il loro capitano ha messo in squadra Hutchins, in modo da avere comunque un altro doppista da affiancare a Fleming. Dipenderà da quanto andrà avanti il match con Seppi, magari anche dal suo esito…, Questa mattina inizio anticipato quindi alle 10.30 (ma il meteo prevede pioggia anche per oggi): non saranno validi i biglietti di ieri, ma solo quelli della seconda giornata. Se Murray deciderà di giocare in doppio, potrà avere fino a un massimo di due ore per recuperare nel caso lo sforzo sostenuto nel completamento della partita con Seppi. Staremo a vedere cosa farà: in ogni caso, Fognini e Bolelli sono quelli che a inizio febbraio sono stati capaci di conquistare un punto preziosissimo in Argentina, nel caliente catino di Mar del Plata.

Seppi combatte con Murray e il buio (Piero Valesio, Tuttosport, 05-04-2014)

Lo dice anche lui: “Una volta partite così non le avrei vinte: avrei scagliato qualche racchetta in terra e via andare. Invece stavolta sono stato zitto e ho pedalato. Ma che dolore”. A ben vedere quella vinta ieri contro James Ward è stata «la» partita che più di ogni altra testimonia come Fognini sia davvero un altro da meno di un anno a questa parte. Perché la preziosissima vittoria è arrivata nonostante una costola dolorante, l’ottava, danneggiata chissà da che: forse da un movimento sbagliato (improbabile), forse da una furiosa racchettata che Fabio si è appioppato al torace durante il match contro Bautista Agut a Miami, forse da qualoos’altm di cui si riferirà tra poco. Ma il fatto è che il dolore c’era e c’è ancora: »Prima di scendere in campo mi sono sottoposto ad una piccola infiltrazione. Peccato che gli effetti siano durati un’ora…poi il male è tomato. Lo sento quando servo e quando gioco il rovescio, soprattutto. Ho anche discusso mn Barazzutti in campo. Ad un certo punto gli ho detto: capitano, non mi parlare di come impostare il gioco, io sto solo tentando di colpire la palla. E nonostante questo ho vinto. Mica poco». Si Fabio, complimenti. Però quella costola.. «Potrebbe essere stato un forte abbraccio di Flavia dopo Miami. Ho detto magari, chiaro?». Capito Fabio, capito.

GLADIATORE Ma in tutto questo non va dimenticato Andreas Seppi. Il cui tiratissimo incontro contro Murray (febbre dimenticata, pare) è stato sospeso quando si era 5-5 nel secondo set con il nostro che, dopo aver perso il primo, non è riuscito a sfruttare uno dei quattro set point che si era conquistato. Per la prima volta in carriera Andreas sta duellando alla pari con il vincitore di Wimbledon. E la sospensione di ieri apre scenari nuovi per oggi. Murray non ha voglia alcuna di giocare il doppio, dunque il doppio inglese dovrebbe essere composto da Hutchins (che ha sostituito Evans) e Fleming (o Ward) ai quali Barazzutti opporrà quasi certamente il doppio classico FogniniBolelli. Se Fabio dice che il dolore c’è Bamzm è categorico: »Fabio sta benissimo». Il capitano sa che vincere il doppio potrebbe significare l’accesso alle semifinali. E lo sa anche Fognini che dovrà solo aver cura della propria costola. Ma, tanto per dar seguito alla sua battuta, non dovrebbero esserci problemi: secondo alcuni Flavia si sta allenando a Barcellona. E anche qualora sia a Napoli speriamo abbracci Fabio con una certa delicatezza.

L’Italia va sull’1-0 Papà Fognini, ci racconta Fabio – «Così il mio Fabio è diventato grande» (Piero Valesio, Tuttosport, 05-04-2014)

Mica facile vestire i panni di un padre tennistico. Padre di fatto, non tecnico o putativo. La prima casa che si pensa è che tu sia invadente, specie se il tennista è una tennista. Fulvio Fognini è un omone che però non ingombra. Lascia che il figlio viva la sua vita svolgendo “solo” il suo ruolo naturale di padre. E ieri, tanto per cambiare, ha sofferto come un cane guardando-nonguardando la fatica che il Sglio ha thun per batiera, in tre ora e otto minuti, James Ward dovendo battere un certo numero di fantasmi e il dolore al costato.

Fulvio, una volta certe partite FAbio le avrebbe perse. Oggi non le perde più. “E’ cresciuto, il mio bambino. Com’è che si dice? Semina, semina che poi qualcosa raccoglierai.Adesso stiamo cominciando a raccogliere. Anzi, lui sta cominciando”.

Dica la verità: quanto ha speso per portare Fabio a essere il n.13 al mondo nonché leader di Davis? “Bella domanda Tanto, tantissimo. Non so nemmeno se ho mai fatto i conti definitivi. La realtà è dura: il figlio di una persona normale non avrebbe avuto la stessa opportunità, perché costa troppo. Devi investire per anni in un progetto e non sai se andrà a buon fine”.

Fabio si sta dimostrando degno di tanto investimento. “Non abbiamo mai avuto dubbi. Lui per primo: mai una volta, in questi anni che mi abbia detto: papà sono stufo. La sua preoccupazione è sempre stata di migliorarsi”.

Ma lo sa cosa risponde quando lo chiamano per andare in discoteca? “Onestamente no. «Risponde picche. Chiama la stessa logica di sempre, la stessa di quando era bambino, e va a una pizza .Questo è Fabio, altro che lo spaccaracchette indisciplinato che hanno sempre detto che era”.

Però le racchette le rompe ancora Anche ieri l’ha tirata una quasi sui piedi di Barazzutti “Io mi incavolo. Sempre. Una volta a Umago contro Phau è uscito di testa al primo quindici e non è più rientrato in partita. Io lo avevo accompagnato lì: sono uscito dallo stadio e tornato a casa ad Arma di Taggia. Lui mi cercava e io non c’ero, ho lasciato a piedi. Ha dovuto noleggiare un’auto per rientrare. Non gli ho parlato per settimane. E quando facciamo i conti sta zitto e ascoltar”.

Raccontato così Fabio sembra Dottor Jeckyll e Mr Hyde: in campo a volte preda dei propri fantasmi, a casa un agnellino. “Ma è così. In casa lui è suuamantico e abitudinario. Se ci sediamo sul divano a guardare la tv lui ha il suo posto e guai a occuparglielo. Lo stesso a tavola. E pure in campo lo è ma ho il divieto di rivelare quali siano le sue scaramanzie. Dice Ljubicic che è cresciuto tanto perché si sente più solido di rovescio do so che il balzo lo ha fatto da quando lavora con Perlas e con sua moglie che è psicologa. E adesso lui è convinto e io pure che se andrà avanti a giocare come sa la sua ascesa mica è finita può arrivare molto più in alto. Lo sanno anche Nadal e Djokovic. Con Nole forse sono un po’ più amici perché si conoscono da quando erano piccoli. A Montecarlo giocheranno il doppio assieme. Un bel riconoscimento di valore”.

A proposito che ne dice della Pennetta? “No comment”.

Come no comment? “Nei fatti di cuore non metto becco. Non mi interessa chi si porta a letto mio figlio. E poi a me non direbbe nulla”.

E con la mamma invece? “Ah, con lei si confida”. Un perfetto figlio italiano.

Dopo aver letto il libro del figlia papà Agassi ha detto ad Andre: ripeterei tutto con te. Anzi no, ti farei giocare a golf così guadagneresti più soldi- Lei, se potesse tomare indietro, cambierebbe qualcosa? «Lo farei giocare a caldo nell’Inter. Anzi: nel Genoa, così sarebbe più contento”.

«L’arena del tennis? Teniamola anche d’estate» «L’arena del tennis? Teniamola anche d’estate» (Elena Romanazzi, Il Mattino, 05-04-2014)

Il colpo d’occhio è unico. L’Arena del tennis sul mare vista in tv offre una immagine unica della città. Bellissima e suggestiva, con l’idea che una pallina possa sfuggire, superare le barriere e finire in acqua. Bella l’Arena ma è a tempo determinato. Queste le indicazioni della sovrintendenza. Si monta per l’evento e poi si smonta finita la Coppa Davis. Eppure a molti piacerebbe avere una struttura così almeno d’estate per organizzare eventi ma anche iniziative legate allo sporto. Un obiettivo al quale puntano anche il sindaco De Magistris e l’assessore alle politiche urbanistiche Carmine Piscopo. «L’arena piace alla città e sarebbe importante – è opinione diffusa a palazzo San Giacomo – lavorare di intesa con la sovrintendenza per avere una struttura all’aperto sul mare da destinare agli eventi e agli appuntamenti, soprattutto perchè il lungomare si è ormai consolidato come location d’interesse anche internazionale per ospitare appuntamenti importanti».

Che l’Arena resti dov’è se lo augurano in molti. Giovanni Malagò, presidente del Coni, è entusiasta. «L’Arena del mare è bellissima e sono contento che Napoli, attraverso gli sforzi del Tennis Club Napoli, sia riuscita ad avere l’opportunità di ospitare una grande sfida come ItaPalmieri: non solo eventi sportivi Malagò II presidente del Coni: c’è carenza di impianti sarebbe utile sfruttare una location bellissima Maddaloni Valorizziamo spazi già esistenti: Mostra d’Oltremare e Arena Fleg rea lia-Gran Bretagna. Sarebbe molto bello che questa struttura potesse essere utilizzata nei mesi estivi per altri eventi a carattere sportivo, an perché uno dei problemi di questa terra è la carenza di impianti sportivi». Sulla stessa linea Carlo Palmieri, manager Yamamay-Carpisa e dell’Associazione sportiva Mille-culure: «Sono assolutamente favorevole a tenere aperta l’Arena del mareperaltri eventi, non soltanto a carattere sportivo». E’ stato – aggiunge – uno spettacolo poter assistere a questa prima giornata della Davis e su questa strada bisognerebbe proseguire, anche se capisco le ragioni della Sovrintendenza. Il nostro gruppo – spiega – lavora da sempre per diffondere la cultura dello sport e questa sarebbe un’ottima occasione.

Tra i vip che hanno affollato gli spalti dell’Arena del tennis Maurizio Maddaloni, presidente della Camera di Commercio di Napoli. «Bella l’Arena, è innegabile – spiega – ma dobbiamo valorizzare gli spazi chegià abbiamo, spazi eccellenti come la Mostra d’Oltremare e l’arena flegrea, sono un pezzo importante della città ma non riescono a trovare una loro collocazione». L’Arena del tennis – aggiunge Maddaloni – così come è concepita è ottima, potrebbe essere tenuta in piedi per qualche concerto, per degli eventi estivi. Ma – spiega – solo se fosse presente una programmazione di eventi, se avessimo già degli appuntamenti significativi per l’estate, di natura musicale e culturale, ma visto che non ci sono la funzione svolta dall’arena flegrea va comunque benissimo. Maddaloni non ha alcuna intenzione di iscriversi al partito «arena sì, arena no». Il punto – spiega – è che ci vuole un approccio diverso, una ampia programmazione degli eventi per far decollare strutture importanti che invece restano dove sono senza essere utilizzate. Il metodo non funziona – incalza Maddaloni – adesso si farà la terza inaugurazione dell’isola che non c’è alla Mostra d’Oltremare, ma è la dimostrazione che non manca un obiettivo strategico. «Sono aperto ad altre idee – chiarisce – insisto però va fatto un calendario d’eventi, deve essere programmato per tempo e messo in un circuito informativo perchè poi possa avere successo, non facciamoci solo suggestionare da una idea che ha poi difficoltà a concretizzarsi». «E una bella realizzazione – commenta Aldo de Chiara – dopo essere uscito dall’Arena – il resto lo lascio valutare ad altri».

Intervista a Luca Serra: “Candido il circolo come sede stabile per la Coppa Davis dei prossimi 2 o 3 anni” (Paolo Cuozzo, Corriere del Mezzogiorno, 05-04-2014)

Una corsa contro il tempo «perché 49 giorni per organizzare una cosa così sono davvero pochi, pochissimi, ma ce l’abbiamo fatta». Luca Serra, «Ninni» per gli amici, in questi giorni ha perso parecchi chili «malgrado continui a mangiare normalmente. Perché il lavoro è stato davvero tanto e sia io che tutti i soci del circolo abbiamo fatto l’impossibile perché tutto riuscisse al meglio. Speriamo soltanto che il prossimo anno di avere più tempo a disposizione in modo date da poter organizzare tutto con più calma».

Come il prossimo anno? Vuol dire che organizzerete nuovamente la Davis? Lo dice così? «Le dico che ci candidiamo, come Tc Napoli, ad organizzare nuovamente l’evento, anzi, gli eventi. Perché a noi piacerebbe essere base stabile per la Davis almeno per un po’, diciamo due o tre anni, ovviamente se ci saranno le condizioni per farlo».

Ma è soltanto un’idea oppure è un progetto vero e proprio già avviato? «E’ un progetto vero e proprio che speriamo si possa realizzare. Con la Federazione del tennis ho già cominciato a parlarne, loro peraltro sono entusiasti della organizzazione e della location della Davis di quest’anno».

Il lungomare fa la differenza. «Infatti, rispetto a qualsiasi altra città italiana e non solo italiana. Non c’è paragone. C’è chi rimane a bocca aperta. E da qui non è che passa gente qualunque, ma persone che girano il mondo: oggi stanno qui, domani a New York, fra tre giorni a Montecarlo oppure a Dubai. Ma si può sempre fare di più, soprattutto se si ha tempo. E con più tempo, che so, magari sapendo che per due o tre anni organizzi la Davis, puoi pianificare molto meglio le cose, lavorare meglio con i soci del circolo, soprattutto puoi curare molto di più gli aspetti economici con la ricerca degli sponsor non all’ultimo minuto. Anche se questa volta, avendo fatto la Davis a distanza di poco più di un anno, eravamo già molto preparati. E i risultati si vedono».

Alla fine, comunque, siete riusciti ad organzzare tutto. «Infatti, ci siamo riusciti. Anche se alla fine non pareggeremo i conti con quanto Pezzi di città che litigano «Quando si fanno le cose in sinergia le cose funzionano sempre. Quando si litiga, invece, e a Napoli ci sono pezzi di città che tra loro litigano sempre, tutto si ferma» sarà stato speso, circa 75omila euro. Ma non importa. E’ un sacrificio che il circolo, con i suoi mille soci, ha voluto fare per amore di questa città, per passione e per il Circolo stesso. Ed i complimenti che stiamo avendo sono motivo di orgoglio vero per tutti noi. E lo sa che per quindici giorni i soci hanno dovuto rinunciare all’uso del circolo per far spazio alla Davis. E lo sa che per organizzare l’evento hanno lavorato quasi mille persone? E quasi tutte gratis? ».

Me lo sta dicendo lei. Ci fa capire però che ha fatto tutto da solo, che si è sentito isolato? «Niente affatto. Il sindaco de Magistris ci è stato molto vicino sin dal primo momento, quando c’era da rischiare e quando non si sapeva l’esito dell’assegnazione. Lui ci crede davvero. La Regione anche, col sostegno al turismo che, per la Davis, ha importanti ricadute se si considera che non si trova un solo posto negli alberghi del lungomare, e non solo in quelli. Così come la sovrintendenza che è stata preziosissima col suo lavoro, malgrado venga vista sempre come un ostacolo a qualsiasi progetto. Ma così non è stato».

In che senso? «Il soprintendente Cozzolino ci ha stupiti. E’ diventato uno dei maggiori appassionati di questo avvenimento. E ci ha dato dei preziosi suggerimenti tecnici su come allestire il tutto ed ha condiviso la potenzialità della Davis. Lo ringrazio sinceramente».

Nel caso della Davis parliamo di un evento condiviso quasi da tutti e che non ha generato polemiche, come invece fu per la Coppa America. «Anche quello però è stato un grande evento. Che dire: credo che quando si fanno le cose in sinergia, rischiando anche come abbiamo fatto noi, col piglio degli imprenditori senza esserlo, le cose funzionano sempre. Quando si litiga, invece, e a Napoli ci sono pezzi di città che tra loro litigano sempre, tutto si ferma e la città ne risente. Io sono invece per la scuola del dialogo ad ogni costo. Non c’è nulla che non si superi dialogando».

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