Mai in partita, Giorgi e Errani sono fulminate dalla furia ceca (Crivelli); Palle come missili, Italia troppo lenta (Valesio); Pietrangeli in doppio con Renzi «Matteo è sveglio come Nastase» (Turrini); Ci mette la faccia, non la testa: lo stile di «Fogna» il tennista (Grasso); Federer: terra promessa, finale tutta svizzera (Martucci); Svizzera felice nel Principato (Clerici); Federer-Wawrinka, derby nel "canton Montecarlo" (Semeraro); Federer batte ancora Nole (Ferrero); Svizzera über alles (P.V.); La terra della rinascita (Clemente)

Rassegna stampa

Mai in partita, Giorgi e Errani sono fulminate dalla furia ceca (Crivelli); Palle come missili, Italia troppo lenta (Valesio); Pietrangeli in doppio con Renzi «Matteo è sveglio come Nastase» (Turrini); Ci mette la faccia, non la testa: lo stile di «Fogna» il tennista (Grasso); Federer: terra promessa, finale tutta svizzera (Martucci); Svizzera felice nel Principato (Clerici); Federer-Wawrinka, derby nel “canton Montecarlo” (Semeraro); Federer batte ancora Nole (Ferrero); Svizzera über alles (P.V.); La terra della rinascita (Clemente)

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A cura di Davide Uccella

Mai in partita, Giorgi e Errani sono fulminate dalla furia ceca (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 20-04-2014)

l buio nell’anima. Dopo sette giochi del secondo singolare tra la Kvitova e la Giorgi, un fulmine colpisce l’arena e avvolge d’oscurità le tribune per gran parte disertate dai vacanzieri pasquali che non mancano neppure ad Ostrava. L’Italia, però, ha già le luci spente: a Sarita Errani, nel primo match, non è bastata una difesa in trincea per respingere le velenose bordate della mancina Safarova, nuovo look castano scuro (da bionda che era) a significare cambiamenti tecnici (c’è la mano del nostro Stefano Baraldo) e sentimentali (finalmente dimenticato il primo amore Berdych, ora sta con l’ex coach Troy Hahn).

Servizio Quando i fari tornano ad illuminare il campo verde ed ultraveloce, Camila è già sotto di un break, quello del game d’apertura battezzato con tre sciagurati doppi falli. Accanto alla solidità della Kvitova, in condizioni fisiche finalmente degne del suo livello, il servizio sarà la chiave dell’incrocio tra la vincitrice di Wimbledon 2011 e il nostro diamante grezzo reduce dalla prima finale in carriera. Petra, quando batte, è una macchina (8 ace e il 90% di punti con la seconda) e concede le uniche palle break sul 5-2 nel secondo set. La maceratese d’Argentina, invece, sbuffa e con un altro doppio fallo si farà strappare anche il gioco d’avvio del secondo parziale, che libera la strada per il pesantissimo 0-2.

Troppo forti Camila quando riesce a prendere il controllo e muove l’avversaria ottiene soddisfazioni, ma la numero sei del mondo su questi tappeti e con quel dritto mancino a sventaglio è ancora un osso troppo duro: «Non sono contenta – ammette la Giorgi – perché tanti aspetti del mio gioco non hanno funzionato, dal servizio alla risposta, dove non sono stata reattiva. I doppi falli all’inizio? Forse ho pagato un po’ l’emozione, ma sono cose che non devono succedere e per le quali devo ancora lavorare a fondo». Capitan Barazzutti, comunque, le consegna un abbraccio, prima di inchinarsi alle ceche: «Hanno giocato meravigliosamente, sono state troppo forti, del resto questa è la loro superficie e in Fed Cup rendono sempre un po’ di più». Il secondo set della Safarova, per dire, è stato magistrale, col dritto a segnare un solco incolmabile (23 vincenti). E pensare che la Errani si era arrampicata fino al 3-1 nel primo set, optando per il contenimento aggressivo aspettando gli errori da fondo dell’altra. Una tattica che avrebbe richiesto però un alto rendimento al servizio, invece assai singhiozzante (47% di prime); e quando la Cichi perde un po’ la bussola nel nono gioco (tre gratuiti e break) in pratica cala il sipario: «Ho provato ad essere aggressiva – confesserà – ma su questa su-perfide è una forzatura delle mie caratteristiche. Il cambio delle palle sul 4-3 del primo è stato decisivo, lei mi è montata sopra e non ha più sbagliato». Oggi con la Kvitova, nel primo match, potrebbe toccare alla Vinci flirtare con la speranza. Ma per ora c’è il buio oltre la rete.

Palle come missili, Italia troppo lenta (Piero Valesio, Tuttosport, 20-04-2014)

TITOLIAMOLA così la giornata, tanto per rendere più dolce l’amara pillola il mistero delle palle fuggenti. Oppure delle palle-missile che così tutta la vicenda si ammanta di un sapore più fantascientifico. Oppure ancora sentire questa: l’invasione degli Ultracushion: un titopo perfetto per un numero di Urania. Giusto per dare un tono romanesco ad una giornata tennistica che invece di spunti per una narrazione ne ha offerti pochini vista la disparità di valori in campo. Soprattutto considerando il campo e, in seconda battuta, le palle di cui sopra

MECCANISMI Tra Italia e Repubblica Ceca le nostre sono più forti sulla terra e le Ioro sul quel campo li di Ostrava, una superficie (il Novarcylic Ultracushion, appunto) che non s’incontra durante l’anno (ci si giocava sopra a Stoccolma per favorire, ovviamente, le bordate di Soderling poi hanno cambiato idea pure lì) e dove la palla schizza a velocità ultrasonica. Niente di scandaloso: loro hanno a disposizione una come la Kvitova che serve forte e slice e la palla la colpisce d’incontro che è un piacere (quando il suo meccanismo funziona al meglio) e dunque è ovvio che da quella parti allestiscano un campo che potenzia tali caratteristiche. In più ci si sono messe anche le palle almeno stando a quanto ha raccontato Sara Errani dopo il suo match-massacro contro la Safarova .La mia partita è girata sul 4-3 del primo set: fino a quel momento, con le palline che avevamo usato anche durante il riscaldamento, ero riuscito a gestire gli scambi, a muoverla e a impostare come preferivo gli scambi da fondo campo. Poi con il cambio di palline si è velocizzato tutto, lei ha preso fiducia e mi è scappata via.. Aggiungeteci che ieri la Safarova non pareva la Safarova e non ha tremato nemmeno un attimo: in poco più di un’oretta Sara è finita sotto la doccia

BUMBUM Sulla carta, viste anche la condizione psicofisica delle nostre, era lecito aspettarsi un po’ di battaglia in più da Camila bumbum Giorgi. Invece bumbum lo ha fatto la Kvitova in formato successo a Wimbledon praticando anche per due (veloci) set lo stesso schema: servizio a uscire e chiusura sull’altro angolo. Semplice e letale. Camila forse ha patito un po’ il ruolo di precoce leader che è trovata addosso: un po’ non è riuscita mai a bumbummeggiare peché la palla le arrivava fra i piedi fulminea e in una settimana di training lei non è evidentemente riuscita a interiorizzare dei movimenti più brevi. Anche in questo caso il risultato è parso inevitabile già dai primi scambi.

FARI A questo punto, ca va sans dire, servirebbe un miracolo. Anceh perché, come è noto , il format della Fed Cup stabilisce che oggi a mezzogiorno le prime a scendere in campo saranno le rispettoive numero 1 così come le stabilisce il ranking. dunque Kvitova-Errani. La Sara di questi tempi non pare oggettovamente in grado di reggere il confronto con Petra. Che Corrado Barazzutti stia riflettendo sulla possibilità di lanciare in campo la Vinci, che un anno fa battè la ceca proprio sul veloce indoor (anceh se un po’ meno veloce) di Katowice? Improbabile. Roby quest’anno vince con il contagocce e se si dovesse interpretare (sempre via tv il che talvolta modifica la realtà) il suo body language di ieri il suo umore non è al top. E poi se la signora Stepanek gioca a quel livello su una superficie così rapida non c’è molto che un’avversaria possa fare. Certo, qualcosa potrebbe cambiare se il format fosse quello di Davis con il doppio che si gioca dopo i primi due singolari: ma anche in quel caso le attuali Chiquis non si porterebbero certo il punto da casa contro Hiavackova e Kvitova. Insomma da qualcunque parte la si guardi siamo quasi spacciati.

NESSUN DOLORE Nulla di drammatico, per carità: nell’anno in cui i figlioli di Davis hanno riconquistato un posto nelle semifinali di Davis è un po’ come se le ragazze tirassero il fiato per lasciare che i riflettori si concentrino sui loro colleghi maschi. Non è ancora detto, certo: ma se succederà applausi a tutti e ci rivedremo l’anno prossimo. Con una Giorgi più matura e allora potrebbe non esserci palla veloce che tenga.

Intervista a Nicola Pietrangeli – Pietrangeli in doppio con Renzi «Matteo è sveglio come Nastase» (Leo Turrini, Giorno – Carlino – Nazione, 20-04-2014)

«A ME Matteo Renzi ricorda tanto il nuovo allenatore chiamato al capezzale di una squadra che sta rischiando la retrocessione. Per salvarla, deve cambiare tutto, cominciando dagli arredi dello spogliatoio…». Nicola Pietrangeli è uno splendido ottantenne. Icona del tennis azzurro, re di Roma e del Roland Garros, primatista di presenze in Coppa Davis.

Lei ci crede ancoro in questa Italia? «Mi lasci abusare di una frase: l’Italia è il più bel posto del mondo. Peccato ci siano gli italiani!».

Questo non è uno smash, bensì un colpo basso, caro Nick. «Ma dobbiamo essere onesti con noi stessi. Negli ultimi trent’anni, siamo andati peggiorando. Troppo». Come mai? «Ci siamo creduti furbissimi. E abbiamo fatto il passo più lungo della gamba».

Quindi non è soltanto colpa della politica. «Guardi, io dalla politica mi sono sempre tenuto alla larga. Pensi che nel 1976 mi davano del fascista perché volli portare la nazionale di Panatta a vincere la Davis nel Cile di Pinochet. E sa come è andata a finire?».

Ci siete andati e avete vinto. «Appunto, però oggi sembra che in Cile ci volessero andare tutti. Sa com’è, è un vizio collettivo: le sconfitte sono orfane. Le vittorie hanno mille genitori. Accade anche per chi sta a Palazzo». I

n che senso? «Ma la vede la tv? Un esercito di politici, sempre pronti a urlare che è tutto sbagliato. Ma chi ha sbagliato, mi domando io prima di cambiare canale?».

Appunto, chi ha sbagliato? «Tutti. Invece qui sembra che l’Italia sia stata invasa dai marziani. Non c’era nessuno, quando venivano commessi gli errori. Troppo comodo».

Beh, Grillo di sicuro non t’ero, a Palazzo. «Sì, ma esagera con il qualunquismo. Raccontare che siamo messi male va bene, però poi ci vorrebbero le proposte».

Renzi di proposte ne fa una al giorno. «A me il ragazzo piace. L’hanno chiamato per disperazione. Deve sottrarci alla retrocessione. Fa casino per rianimare la squadra».

Conquisterà la salvezza? «Beh, ha il vantaggio della giovinezza. Ma deve guardarsi dalla burocrazia. Dall’Italiá peggiore che è come la gramigna. E importante si circondi di bravi consiglieri. E deve tener duro».

Non solo discese a rete ma anche difesa a fondo campo? «Più o meno. Renzi è come il rumeno Nastase, il tennista anni Settanta. Lo prendevano per matto, ma era più sveglio di tanti altri…».

Ci mette la faccia, non la testa: lo stile di «Fogna» il tennista (Aldo Grasso, Il Corriere della Sera, 20-04-2014)

Ha perso la testa. Così documentano, inesorabili, le immagini e il sonoro. Torneo di tennis di Montecarlo, Fabio Fognini, n. 13 del mondo, l’atleta che ha appena dominato Andy Murray in coppa Davis, riportando l’Italia alle semifinali dopo i6 anni, crolla sotto i colpi del francese Tsonga. Nel finale a Fognini saltano i nervi. Prima discute platealmente con l’arbitro e poi attacca briga con il suo team, compreso il padre: «Cosa fai? Cosa fai? Vai via no? Metticela la faccia invece di fare la faccia da c… Metticela invece di fare così, metticela. Con te ce l’ho, lo sai. Con tutte queste in…. qua, ce l’ho anche con te. No, zitto non ci sto. È inutile che fai le facce…».

Fabio ha poi ammesso di aver perso il controllo. Succede anche ai grandi campioni. Dopo Adriano Panatta, «Fogna» è il più forte tennista che ci possiamo permettere, forse per questo non conosce vie di mezzo. Ogni sua partita è imprevedibile, uno stress per quelli che lo amano: o entusiasma o esaspera. Dalle sue parti, ad Arma di Taggia, dicono che è stondâio (la mugugnosa lunaticità di certi liguri, Montale la spiegava con una perifrasi: «Un certo complesso di inferiorità, bilanciato da un senso di superiorità di ordine morale»). «Fogna» ha fama di antipatico, di tennista istrionico e irascibile. Appartiene alla schiatta dei Nastase (Nasty il ribelle), dei Connors, dei McEnroe, dei tennisti che insultano i giudici, spaccano la racchetta e beccano fischi dalle tribune. Il russo Marat Safin mostrò le mutande al Roland Garros per sbeffeggiare il pubblico.

Spesso talento e follia si fanno buona compagnia. Si sperava che la storia d’amore con Flavia Pennetta gli servisse per rimettere la testa a posto e invece, a Montecarlo, ancora una volta «Fogna» si è lasciato trascinare dal carattere, buttando al vento una vittoria quasi certa, litigando platealmente con il padre-accompagnatore. L’artista (della racchetta) maledetto piace agli esteti ma non agli sportivi, anche se il tennis moderno ha bisogno di questi sregolati per vincere la noia e le mazzolate da fondo campo. Assicurano lo spettacolo, a loro spese. «Io ci metto la faccia», ama ripetere Fabio. Inutile metterci la faccia quando perdi la testa.

Federer: terra promessa, finale tutta svizzera (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 20-04-2014)

Il dio del tennis ha scelto il giorno di Pasqua per la resurrezione, in terra, rossa. Per arrivare, oggi, alla finale di Montecarlo, la prima classica stagionale su questa superficie, come non gli succedeva dalla sfortunata triplice 20062008, ha ricevuto due miracoli: venerdì è caduto il numero 1 del mondo e del rosso, Rafa Nadal, e sabato il 2, il campione in carica del Principato, Novak Djokovic, lo spagnolo svuotato, stranamente, di energie, il serbo di forza. Roger Federer, però, non aveva previsto di trovarsi accanto, all’ultimo sprint, Stan Wawrinka, praticamente il fratello minore, che ha aiutato e sostenuto, negli anni, fra infortuni e crisi, fino al primo Slam, a gennaio a Melbourne. Da papà di due gemelline e prossimo, nuovo, papà, avrà il sangue freddo incrociando la racchetta con chi l’ha battuto una volta sola, in 14 duelli, curiosamente proprio a Monte-carlo, nel 2009? 0, nella prima finale svizzera da Marsiglia 2000 (la prima delle sue 36 finali, quando perse con Rosset), si motiverà al pensiero che, vincendo, domani risalirebbe al numero 3 del mondo?

Sorpresa «Per me è un po’ una sorpresa, un’altra finale quest’anno, al primo torneo sulla terra». Roger agita il ramoscello d’ulivo con «Stani- Al Country Club, Roger non ha mai trionfato. Stop per Djokovic: ha male al braccio destro mal», come lo chiama lui: «Sono pronto per la finale dei sogni per Stan e me, e il tennis svizzero, e i nostri tifosi, sono molto eccitato. E’ incredibile, l’ultima era stata 14 anni fa, pensavo che non sarebbe più successa». E lo invita a cena insieme e anche riscaldarsi come sempre, con lui, prima del match delle 3. Il re dei re non è impressionato dal micidiale primo set contro Ferrer, che venerdì aveva fermato Nadal prima della finale, come al Country Club non accadeva da 9 anni. Né dai 31 vincenti con cui il compagno di doppio ha sepolto David e la sua fionda, qualificandosi alla terza finale Masters 1000. Piuttosto pensa al secondo set, quando il re degli Australian Open non è più riuscito a giocare in fretta e l’ha spuntata solo al tie-break. E guarda il cielo, tanto clemente con lui questa settimana, salvandolo da Tsonga da 2-6 5-6 0-30 e poi regalandogli un Djokovic handicappato al braccio destro. Ma testardamente in campo: «Sono infortunato ai tendini da 10 giorni, ho fatto di tutto per curarmi, purtroppo non ho potuto giocare al meglio perché qualcos’altro mi ha tirato fuori tutta l’energia. Non c’è niente di rotto, spero di dovermi fermare solo poco, ma non potevo ritirarmi perché sennò la gente avrebbe cominciato a dire chissà cosa».

Fortuna Djokovic vuol «dimenticare questo match», Federer lo ricorderà come la rivincita della finale di Indian Wells persa un mese fa, come il sigillo su Nole, da Montecarlo 2006 a Montecarlo 2014, dal primo dei 34 atti della loro rivalità, adesso 4-3 sul rosso e 18-16 in totale: «Mi dispiace per lui, ho capito che aveva qualche problema, ho cercato di essere offensivo il più possibile e di chiudere il primo set, che è stato crudale». Con l’84% di punti con a prima e 11/11 a rete che soffocano Nole col 7-5, lanciando il 6-2 decisivo. Morale: «Riesco a muovermi al meglio, e riesco a battere con continuità i migliori. Qui ho preso la mia occasione. Spero di continuar a giocare bene ancora per un match, contro Stan». Oggi il cielo segna pioggia, che a Roger ricorda quella del terzo turno 2009 in Costa Azzurra, 5 giorni dopo le nozze con Mirka, wild card come ora, quando s’innervosì per stop e umidità, e perse l’unico match contro Wawrinka. Insieme al quale, aspetta l’Italia il 12-14 in Svizzera nelle semifinali di coppa Davis.

Svizzera felice nel Principato, Roger in finale con Wawrinka (Gianni Clerici, La Repubblica, 20-04-2014)

Non soltanto gli scrittori traducono le immagini in parole, in frasi, ma addirittura i cronisti, mentre assistono alla fine di una umana vicenda, pensano a come riferirla, in sintesi. Infatti, sul mio notes in cui vado cercando dettagli spesso inutili, i break e i punti vincenti, trovo la seguente frase, «che il vero Federer sia diventato Wawrinka?».

Lo avrei certo scritto, non si fosse veri-ficatoun fatto non del tutto inatteso, lavittoria di un dignitosissimo Federer, addirittura vicino al Federerissimo degli anni d’oro, quello in grado di contrassegnare un decennio, e miracolosamente sopravvissuto. Scritto ciò, nello scusarmi con i lettori aficionados, mi viene in mente un così detto attacco – il primo paragrafo – che leggerete in tutte le rassegne stampa, soprattutto elvetiche. Per la seconda volta nella storia, due nostri concittadini si disputeranno Il titolo di un torneone.

La prima volta fu in un altro torneo mediterraneo, meno importante di Montecarlo, e cioè Nizza, nel 2000, tra lo stesso Federer bambino e Rosset, un po’ meno celebre di Roger e tuttavia vincitore delle Olimpiadi di Barcellona, nel ’92. Per ritornare all’attualità, vorrei tentar di spiegare quello che è accaduto oggi. Nella prima delle due semifinali scendeva infatti in campo quellachenon èpiù soltanto lacontrofigura di Federer, ma una sua ben riuscita imitazione. Aveva contro, Wawrinka, il vincitore di Nadal, la belva abitualmente più feroce dei campi rossi. Si notava tuttavia che Ferrer, il domatore di venerdì, non avesse tutti i meriti dell’Operazione Nadal. Ferrer è sicuramente in grado di non sbagliare per giorni interi, di correre un paio di maratone in quarantott’ore, ma le sue qualità si limitano a simili attitudini. Wawrinka ha giocato infatti come il neo Wawrinka il primo set, si è ripetutonel suo tennis ondosodegli scorsi anni nel secondo, ma gli è bastato ritornare alla vivissima contemporaneità per chiudere un facile tiebreak.

Il successivo match tra Roger Federer e Novak Diokovic meriterebbe la diagnosi di un medico, o forse basterebbe un buon infermiere, per farci conoscere la menomazione all’avambraccio destro, che ha spinto qualcuno del suo vastissimo team ad una vistosa fasciatura. Di fronte ai limiti di un tipo che meglio palleggiava di rovescio, grazie all’aiuto dell’avambraccio sano, il sinistro, il buon Federer di oggi ha tardato un momentino a rendersi conto di aver a che fare con un mezzo Djokovic. Ma, dopoqualcheincertezzaini-ziale, invece che sorreggere Nole come avrebbe fatto una brava badante, ha iniziato una serie di puntivincenti, quelli che nel passato me l’avevano fatto paragonare a Guglielmo Tell. Ed è cosi terminata in piscem una partita che già si era svolta trentatré volte, con uno storico risultato di diciassette a sedici in favore di Federer, ma con un dieci aquattro per Nole negli ultimi 14 match. Ma come può fare, un pur bravo bimane, con un solo braccio?

Federer-Wawrinka, derby nel “canton Montecarlo” (Stefano Semeraro, La Stampa, 20-04-2014)

Fino a due o tre anni fa nel tennis c’era uno svizzero, ora c’è la Svizzera. Favorita in Coppa Davis (incrociando le dita, visto che a settembre ci tocca in semifinale), la premiata ditta Federer & Wawrinka si è già annessa il primo Slam stagionale in Australia, con la vittoria di «Stanimal» su Nadal, e oggi si gioca in famiglia la finale del primo Masters 1000 sulla terra rossa del 2014.

Wawrinka, n.3 Atp, contro Ferrer ha fornito una impressionante dimostrazione di potenza unita a precisione, Federer si è liberato in due set di un Djokovic dolorante al polso. La scarsa vena monegasca dei primi due del ranking (un Nadal alquanto fané era uscito nei quarti) ha probabilmente agevolato la prima fmale all-swiss del circuito dal 2000 (Federer-Rosset a Marsiglia), ma il derby Basilea-Losanna è comunque tanta roba. Tecnicamente, statisticamente, emozionalmente. Se a sfangarla sarà Federer, oggi n. 4 Atp, da lunedl salirà di nuovo al n.3 della classifica, proprio al posto del compagno di Davis (e di oro olimpico a Pechino) che aveva commesso sacrilegio lasciandolo indietro a inizio stagione. A Montecarlo, uno dei pochissimi tornei che gli mancano, Roger ha giocato tre finali, perdendole tutte contro Nadal. Wawrinka su un Masters 1000 non ha mai messo le mani (due finali, a Madrid e Roma, sempre sulla terra) e in 14 scontri con l’ingombrante connazionale l’ha spuntata solo una volta: proprio a Montecarlo, nel 2009, contro un Federer peraltro in luna di miele.

Di tre anni più giovane, Stan è cresciuto pazientemente all’ombra del Maestro. La vittoria di Melbourne lo ha svezzato, ma oggi per la prima volta lo affronterà da favorito, in un match-delicatessen fra i due stilisti che al momento giocano il tennis più gustoso del Tour. Una sorta di Masterchet; Mister Rovescio contro Sua Fluidità. «Fra Roger e Stani-slas c’è grande amicizia e rispetto – spiega Claudio Mezzadri, l’ex. n.26 del mondo che in Davis da capitano fece esordire Federer – per questo per tutti e due non sarà una partita facile. Wawrinka sarà più teso, però non credo che nessuno nella storia abbia mai tirato un rovescio così potente e preciso insieme: se gioca come in semifinale, contro il Federer di oggi il favorito è lui». Se a vincere sarà il tennis, e non i nervi, vorrà dire che Stan è diventato davvero un campione. E la Svizzera, nel tennis, molto più di un solo cantone.

Montecarlo: finale svizzera, Federer batte ancora Nole (Federico Ferrero, L’Unità, 20-04-2014)

QUELL’ALTRA VOLTA, CINQUE ANNI FA, AVEVA SMESSO DA OUALCIE GIORNO IL COMPLETO MATRIMONIALE DI TOM FORD E NON ANCORA METABOLIZZATO IL BANCHETTO DI VILLA WENKENHOF. Roger prese al volo la wild card allungata dal direttor Franulovic e si offrì negli ottavi al suo vassallo Wawrinka, nell’unica occasione (su 14) in cui Iron Stan ebbe il piacere di sculacciare il suo sovrano, fiaccato dalle feste.

Il Principato di Monaco, pioggia permettendo, ospita una finale che è un festival dell’Elvezia per cui provare viva invidia, reso speciale dal contesto: se Wawtinka, per un verso, è l’unico titolare di Slam della stagione, Roger non ha mai avuto modo – colpa del solito Nadal – di mettere le mani sul titolo di Monte Carlo, nonostante tre finali. Ce la può fare ora, a tempo che pareva più che scaduto «e nemmeno io me l’aspettavo di arrivare alla sfida decisiva-.

Che strana, una domenica in un Master 1000 sulla terra senza Nadal, il grande sconfitto della settimana; e pure senza la riserva Ferrer, preso a vangate per un set da Svizzera Due (non per il ranking. dove Stan supera Federer da qualche tempo) nella semifinale di apertura di ieri. Un Ferru dominato, anche nel tie-break del secondo, dalla immensa superiorità tecnica del suo nemico, finalmente libero dai lacci di una mentalità remissiva, anche schiava del mito patrio di Montecarlo, finale svizzera Federer batte ancora Nole Federer. Un Federer dato per perdente contro Djokovic nell’altra semi: lo suggerivano vari ragionamenti di età, intensità di gioco. tendenziale supremazia negli scontri diretti più giovani – sette degli ultimi dieci, nonostante il 17-16 complessivo in favore di RF. Una variabile, però, il polso destro di Note, ha contribuito a mutare le regole del gioco: Federer si sarebbe salvato da 4-5, 15-40 con elacse e il duello avrebbe chiuso baracca poco più tardi, con la presa del primo set Solo la riluttanza ad accettare la mancata difesa del tiro-lo e il rispetto per avversario e pubblico hanno convinto il serbo a far perire (5-7 2-6) la sua partita di morte naturale, rinunciando a un ritiro che nessuno avrebbe biasimato.

Dice Stanislao, parole intriganti: -Sulla terra rossa, ormai, so di poter perdere contro due soli giocatori-. Vien da supporre, non avendo specificato, Nadal e Djokovic. Sicché Federer, proprio il fratello maggiore. il maestro-genio di bottega, resterebbe fuori dalle eccezioni; e sarebbe una bella dichiarazione a dispetto di una vita di nascondimenti all’ombra del Migliore. Roger si è dilungato a raccontare dei mesi trascorsi con Stan a progettare l’assalto alla Davis, a «parlare di tennis, giocare doppi, allenarci: domani sarà un giorno speciale-. In ballo c’è l’unico Master 1000, con Roma, mai annesso da Federer. Al Foro, pianse una finale regalata a Mantilla e due match point scialati con Rafa. Qui è risoluto a pennellare un altro ritocco di genio al suo Giudizio Universale.

Svizzera über alles, E’ Federer-Wawrinka (Piero Valesio, Tuttosport, 20-04-2014)

SONO gli stessi che dovremo incontrare a metà settembre nella semifinale di Davis. Così, per dire. Uno ha malmenato David Ferrer, quello che il giorno prima aveva malmenato Rafa Nadal. L’altro è il parente fuoriclasse di quello che l’anno scorso perdevva contro Pizza&Fichi e che per 1 a quarta volta nella sua lunga e onoratissima carriera ha raggiunto la finale di Montecarlo: nella qualke però non sitroverà fronte il maiorchino re delle terre ma il suo fratellino svizzero dalq uale si è fatto convincere a cimentarsi anceh quest’anno nell’avventura Davis. L’obiettivo è vincere il torneo mainsponsorizzato dallo stesso main sponsor personale: insomma non si può essere stati Roger Federer senza aver vinto almeno una volta a Montecarlo. Per una questione di stili, diciamo così.

ALLARMI Tuttavia il personaggio del giorno non è svizzero per quanto possa sembrare, ma serbo. Il personaggio è Nole Djokovic che si è arreso a Federer dopo un set ma soprattutto al dolore al polso. Quello stesso dolore che gli aveva consigliato di autoescludersi dal torneo di doppio, che avrebbe dovuto disputare in coppia con Fognini. Non siamo di fronte ad un nuovo caso Del Potro sia chiaro: però la situazione si è fatta preoccupante visto che il polso sinistro di dolore gliene fa sentire parecchio. Il fatto è che il nostro dovrebbe giocare prossimamante di seguito Madrid, Roma e Parigi: e allo stato attuale delle cose è difficile prevedere se sarà in grado di riuscirci e, per di più, nelle condizioni necessarie per puntare alla vittoria. Ora Nole avrà dieci giorni per curarsi: ma è ovvio che gli organizzatori di Madrid e Roma soprattutto stanno trattenendo il fiato. In particolare gli spagnoli visto che Nole a Roma è di casa, si sente più italiano di tanti italiani quando ci gioca e per di più, come è noto, nulla di meglio di una bella settimana sulla terra di Roma per mettersi in palla in vista del Roland Garros.

SPETTACOLO Ci penseremo. Non penseremo invece al fatto che oggi su una terra tendenzialmente morbida come quella monegasca sono arrivati in finale i due che invece contro di noi giocheranno sul veloce perché sulla terra potremmo avere noi qualche possibilità in più. Gustiamoci lo spettacolo e amen, che è meglio.

Sorpresa Federer, la terra della rinascita (Valentina Clemente, Il Corriere dello Sport, 20-04-2014)

PARIGI Sarebbe semplice dire che in questi anni il requiem per Roger Federer è stato uno dei kit motiv del tennis internazionale. Ogni sconfitta, o volendo essere buoni una serie, era quella decisiva per mettere nero su bianco la parola fine alla sua carriera. Tra una concorrenza spietata con Rafael Nadal, anicchita poi in qualche modo anche dalla presenza di Novak Djokovic, lo svizzero ha dovuto spesso rimettersi in discussione, riuscendo però a trovare sempre la risposta migliore sia ai suoi dubbi, sia a quelli degli altri. Oggi la finale di Monte Carlo contro Wawrinka appare ancora più incredible conoscendo l’amore odio di Roger con la terra: a renderlo ancora più reale c’è infatti quell’unico titolo Slam sul rosso del Roland Garros, nell’anno in cui Robin Soderling eliminò dalla sua strada Nadal in semifinale.

Tuttavia la memoria è spesso corta, perché uno dei match più belli ed emozionanti messi in scena da Federer è stato proprio sulla terra parigina nella semifinale Slam 2011, quando il pubblico del Philippe Chatrier si stropicciò gli occhi dinanzi a un Federer in formato lusso, che fermò la striscia consecutiva di 42 vittorie di Novak Djokovic, con quel dito indice alzato a fine match in segno di orgoglio, che fece il giro del mondo come immagine dello svizzero.

La capacità di Federer è proprio quella di sorprendere. Alla fine dal momento più nero Federer ha cambiato e rivoluzionato non pochi dettagli del suo piano di lavoro. Dopo il buon lavoro fatto con Paul Annacone, lo svizzero ha scelto un periodo di riflessione in solitaria, per poi abbracciare una nuova avventura con la partecipazione di Stefan Edberg. ll duo che ha fatto ipotizzare grandi risultati quando era ancora in embrione e che oggi raccoglie una serie di soddisfazioni che lasciano presagire un futuro decisamente roseo per questo prossimo 33enne. ll tennis, come lo stesso sport ha saputo dimostrare negli ultimi anni, non è solo una questione di fisico (Tommy Haas e la sua rinascita insegnano), ma soprattutto un insieme di maturità , gioco e stile, che (a volte) possono di più rispetto alla forza bruta che ha fatto tanto dibattere in questi anni. Questo 2014 Federer lo vuole vivere da protagonista, tanto che tra i suoi obiettivi, grazie anche all’ottimo momento che sta vivendo il suo connazionale Stanislas Wawrinka, c’è anche la Coppa Davis, la cui semifinale verrà disputata il prossimo settembre contro l’Italia. E’uno dei pochi trofei mancanti nella sua bacheca, ma tra gli altri titoli ancora in attesa c’è proprio il Masters del Principato, feudo di Nadal negli anni d’oro com’è lo è stato allo stesso tempo anche il Roland Garros. Oggi questo velo potrebbe essere squarciato, anche perché contro Stan il suo testa a testa è decisamente positivo: su 14 incontri, ben 13 sono a favore di Roger, ma dal lato di Stan pende il precedente che l’unica vittoria fu proprio sulla terra rossa del Country Club di Monte Carlo nel 2009. Per Roger quello odierno potrebbe essere il 79 titolo in carriera, dopo aver raggiunto la 950′ vittoria nei quarti di finale contro lo Wilfried Tsonga. Quella tra Federer e Wawrinka è la prima finale dal sapore completamente svizzero dal torneo di Marsiglia del2000 dove all’epoca, un giovanissimo Roger, si ritrovava di fronte il cormazionale Marc Rosset. “‘Per me questa finale è un po’ una sorpresa -ha ammesso lo svizzero dopo la vittoria su Djokovic – soprattutto perché si tratta del primo torneo su terra, ma ovviamente daro’ il massimo in campo.Sono contento perché sento di essermi dato la possibilità di essere qui in questo momento e in più non potevo sperare di meglio che condividere questa finale con Stan, perché per tutto il movimento tennistico nazionale significa molto. Sarà una partita che, comunque vada, entrerà nella storia.. “

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