Pronti... Via! - Donne, la caccia al trono Williams Ma che sfide! (Crivelli); La speranza per Roma? Che Maria non si ritiri (Valesio); Da Madrid a Roma Nadal, il re della terra e la condanna alla vittoria (Semeraro); Nastassja e le sue sorelle la nuova Italia (Clerici); Roma ieri Roma oggi. Torneo e grande evento Storia di una metamorfosi (Cocchi); Da Tilden a Rafa, quando il Foro è il quinto Slam (Mariantoni); Terra «Foro Italico», attenti alle imitazioni (Lenzi); Fognini e lo spirito della Davis (Valenti); Rafa Nadal - «Sono un po' italiano» (Martucci); Roger Federer - International gentleman (Viggiani); Fabio Fognini - «Italia, aiutami» (Martucci); Sara Errani - «Posso vincere perché no?» (Crivelli) Richard Gasquet - Attenti a quel francese (Il Corriere dello Sport); A Roma c'è una parte del mio cuore (Bertolucci); Nishikori vince la guerra di nervi con Ferrer: è finale (Martucci)

Rassegna stampa

Pronti… Via! – Donne, la caccia al trono Williams Ma che sfide! (Crivelli); La speranza per Roma? Che Maria non si ritiri (Valesio); Da Madrid a Roma Nadal, il re della terra e la condanna alla vittoria (Semeraro); Nastassja e le sue sorelle la nuova Italia (Clerici); Roma ieri Roma oggi. Torneo e grande evento Storia di una metamorfosi (Cocchi); Da Tilden a Rafa, quando il Foro è il quinto Slam (Mariantoni); Terra «Foro Italico», attenti alle imitazioni (Lenzi); Fognini e lo spirito della Davis (Valenti); Rafa Nadal – «Sono un po’ italiano» (Martucci); Roger Federer – International gentleman (Viggiani); Fabio Fognini – «Italia, aiutami» (Martucci); Sara Errani – «Posso vincere perché no?» (Crivelli) Richard Gasquet – Attenti a quel francese (Il Corriere dello Sport); A Roma c’è una parte del mio cuore (Bertolucci); Nishikori vince la guerra di nervi con Ferrer: è finale (Martucci)

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A cura di Davide Uccella

Pronti… Via! – Donne, la caccia al trono Williams Ma che sfide! (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Le ultime notizie danno Djokovic già a Roma ad allenarsi, Serena Williams in arrivo (ma acciaccata e in dubbio) e Federer ancora a casa nei dintorni di Basilea, ma in compagnia della giovane promessa australiana Kyrgios a fargli da sparring partner. Insomma, si diradano le nubi intorno alla presenza al Foro di tre dei campioni più attesi, alle prese con infortuni di vario genere (polso per il serbo, adduttori per l’americana) o con i doveri della nuova paternità (lo svizzero).

Sorrisi azzurri Nel tabellone sorteggiato ieri in Campidoglio, in ogni caso, i loro nomi non mancano. Tra gli uomini, i quarti potenziali dall’alto in lasso sono Nadal -Murray, Wawrinka-Berdych, Raonic-Federer e Ferrer-Djokovic. Abbastanza comodo il cammino del campione in carica spagnolo, che potrebbe trovare Simon (o il nostro Volandri) al secondo turno e Youzhny o Verdasco negli ottavi. Djokovic, testa di serie numero due, ha Andujar (o Stepanek) e Robredo sulla strada verso il quarto turno, ma dalla sua parte c’è la sfida più interessante del turno inaugurale, quella tra il lettone Gulbis e il giapponese Nishikori, freschi protagonisti a Madrid e possibili avversari di Ferrer negli ottavi. Altra partita clou, quella tra Dolgopolov e Tsonga, mentre gli azzurri possono sorridere. Fognini trova subito Rosol (1-0 per Fabio i precedenti) e poi uno tra Delbonis (battuto in finale ad Amburgo) e Dodig (sconfitto in Davis) prima dell’attesissimo e spettacolare incrocio (si spera) con Roger Federer. Per Seppi, invece, occasione di immediata rivincita con Haas, numero 17 Atp, che lo ha appena stoppato a Stoccarda. Bolelli ha un qualificato prima di Raonic, come Lorenzi che poi però incoccia in Wawrinka, mentre Cecchinato ha l’olandese Sijsling con la speranza di un derby al secondo turno proprio con Andreas.

Tutte da una parte Decisamente più squilibrato il tabellone femminile, perché dalla stessa parte sono finite la detentrice del titolo Serena Williams, la ceca Kvitova mina vagante e le due finaliste di Madrid Halep e Sharapova. Gli altri quarti, da classifica, dovrebbero essere Jankovic – Radwanska e Kerber-Li Na. Poca fortuna per le nostre ragazze e iella notevole per la Giorgi, cui servirà una partita da ricordare per uscire da un primo turno davvero ostico contro la Cibulkova finalista in Australia. La Errani ha una qualificata d’acchito, poi sogna una sfida diretta con l’amica del cuore Vinci, se Roberta scavalcherà l’ostacolo Makarova (non semplice). Per la Pennetta l’austriaca Meusburger prima di una probabile Pavlyuchenkova: la nota positiva è che tutte sono nella parte bassa del tablellone, quella che appare più abbordabile. Sfida tra giocatrici in cerca di continuità quella tra Schiavone e Wozniacki, che si affrontarono a Parigi nel 2010 sulla strda del trionfo di Francesca. Perla Knapp è durissima con la Ivanovic, c’è la Muguruza per la Burnett. Buona fortuna.

La speranza per Roma? Che Maria non si ritiri (Piero Valesio, Tuttosport, 11-05-2014)

ALCUNE piccole speranze riferite agli Internazionali d’Italia che da oggi entrano nel vivo.

1) MARIA Speriamo che la Sharapova non si ritiri. Segnatevi la data del 16 maggio: è il comoleanno di Grigori Dimitrov, il suo fidanzato sempre ammesso che stiamo ancora assieme. L’anno scorso la Divina salutb tutti all’indomani di un presunto festeggiamento con il bulgaro: qualche anno fa sempre di venerdì lasciò Roma perché era stanca salvo volare rapidamente a Parigi per preparare il Roland Garros. Maria sta vivenda la sua terza resurrezione, è in finale a Madrid con autorevolezza e quando nel 2012 vinse a Roma assurse ad elevatissimi livelli di popolarità. Non fare scherzi, Maria.

2) FABIO-1 Speriamo che non incroci Dolgopolov. Certo in linea teorica in semifinale potrebbe succedere: e per arrivarci, in semifinale, Fabio dovrebbe aver avuto ragione prima anche di Federer. Dunque parliamo di un periodo ipotetico di tipo molto elevato: ma insomma va sempre bene portarsi avanti col lavoro.

3) FABIO-2 Speriamo che Fabio non abbia dolori di sorta, che non si sia scheggiato qualche costola tirandosi una racchettata sul torace dopo un colpo sbagliato, che Flavia non l’abbia abbracciato troppo forte, che stia interiorizzando che il campo da tennis non è la vita anche se le somiglia parecchio.

4) LA SORTE Speriamo che dia una mano a Fabio e ala regazze facendo girare tutto per il verso giusto, In modo da portare l’uno o una delle altre in finale. Aspettiamo da 36 anni: un lasso di tempo in cui ne sono successe di cotte e di crude. Sarebbe ora che succedesse qualcosa di imperscrutabile capace di portare un italiano (a) in finale di fare del torneo un evento anche mediatico capace di arrivare agli occhi di tutti, anche i non tennisti, come riuscì a fare Francesca Schiavone vincendo Parigi.

5) FLAVIA Speriamo che sabato vinca il torneo femminile e il giorno dopo sia in tribuna per sostenere Fabio nella finale di quello maschile. (D’accordo, è come augurarsi che il buco nell’ozono non sia mai esistito; però mettiamoci un po’ di fiducia, perbacco).

6) CHICHIS Speriamo che non si abbattano; che quest’anno (quando la luce dei riflettori non sarà dritta sopra le loro testoline come per esempio 12 mesi addietro) trovino forza e fortuna per vivere un grande torneo di casa, Hanno vinto dappertutto, ‘ste figliole possibile che Marla Sharapova, 27 anni: In finale a Madrid Reuters) per una volta non riescano a vincere anche (in singolare) nell’orto di casa?

7) LA SORPRESA Se le speranze dei punti 4, 5 e 6 non dovessero avere seguito allora speriamo che a vincere Roma siano talenti nuovi che magari da un po’ aspettano di trovare spazio. Stante che Federer non si sa se alla fine giocherà, Murray è a mezzo servizio, Djokovic speriamo stia bene ma non si sa allora auguriamoci che oltre al quasi scontato Nadal arrivi in fondo un Dimitrov, un Raonic, un Nishokori (meglio il primo) un Dolgopolov; qualcuno che catturi curiosità e del quale un giorno si possa dire: trovò a Roma la sua definitiva consacrazione.

8) CAMILA Se Roma è la città della Grande bellezza cinemaografica perché non pub diverntarlo anche di quella tennistica? E chi meglio della Giorgi potrebbe impersonare quel ruolo? Vedete un po’voi.

Da Madrid a Roma Nadal, il re della terra e la condanna alla vittoria (Stefano Semeraro, La Stampa, 11-05-2014)

Due sconfitte di troppo, e già lo guardavano strano. «In effetti era un po’ che non arrivavo in finale sulla terra». Per la precisione da metà febbraio, a Rio de Janeiro. Ma se sei Rafa Nadal, il numero uno del mondo e il più grande tennista della storia sul rosso, anche tre mesi sono tanti. Specie se fra Copacabana e Plaza Major hai rimediato due scivoloni che bruciano: a Monte-Carlo contro Ferrer e a Barcellona contro Almagro. Un re schiaffeggiato, e per giunta da due ex sottoposti, Rafa il Senzaterra. Questione di qualche dolore, forse; di un filo d’ansia. Dell’insostenibile condanna a essere quello che non può sbagliare, mai. Sessantadue tornei vinti in carriera, 43 sulla terra, a 3 passi dal record di Vi- las, e con una percentuale – quasi surreale – del 92,9 di match vinti sul mattoncino tritato. E come nel caso di Federer, tutti pronti ad alzare il sopracciglio alla prima ruga. «Rafa ha un po’ perso la sensazione che quando colpisce la palla non può sbagliare», spiegava Zio Toni. «Gioco troppo di rovescio, non va bene», diagnosticava lui.

A Madrid, dove oggi si gioca la 90a finale pro in quasi 5 lustri di carriera (contro Nishikori che ha battuto Ferrer 7-6 5-7 6-3), il Nino di mezza età insieme al diritto ha ritrovato un po’ di certezze, di good vibration. Comunque vada da domani, a Roma, il favorito sarà lui. Gli Internazionali d’Italia non a caso sono uno dei 4 tornei che Nadal ha vinto almeno ? volte – a Parigi, Monte-Carlo e Barcellona ha fatto meglio – ed è quell’«almeno» che fa paura. «Quando ho iniziato non pensavo certo di vincere 12 volte a a Parigi o a Monte-Carlo», era sbottato dopo l’ultimo inciampo. «Nel tennis la normalità è perderli, i tornei, non vincerli. La regola vale anche per me». Macché, campione: il popolo è abbonato allo stupore, ha fame di certezze. Al più grande agonista di sempre non è concesso esibire dubbi. «Io non bluffo mai in campo – puntualizza, da testimonial del poker – ma se serve so nascondere le difficoltà». Come riusciva benissimo al suo antenato Borg, che occultava oceani in (tempesta sotto una crosta di ghiaccia Ma iceman fuse giovane, Na al fra meno di un mese avrà 28 anni ed è dal 2005 che alloggia fra i primi 5, un fenomeno di longevità ad alta quota. A Roma ha fallito solo nel 2008, battuto più da una vescica che da Ferrero, e nel 2011, quando dovette inchinarsi all’annata aliena di Djokovic. II miglior Nadal quest’anno non si è ancora visto, ma se una giornata dovesse andargli buca tutto il mondo (del tennis), potete scommetterci, farà «oohh…».

Nastassja e le sue sorelle la nuova Italia (Gianni Clerici, La Repubblica, 11-05-2014)

«Complimenti», non riesco a trattenermi dal dire, nel farmi precedere da una signora chic, iperdotata. «Si accomodi lei», soggiunge il suo cavaliere e, di fronte al mio stupito turbamento, continua: «Aoh, Clerici, qui non stiamo all’Olimpico». E infatti, per chi detesta il calcio, trovarsi a poche centinaia di metri dalla suburra, in un belgiardino, colmo di gentiluomini, famiglie e bambini, è una incoraggiante esperienza.

E l’esperienza continua, quando, sedutomi sui vecchi gradoni in travertino, vengo informato che dovrei dare un’occhiata a due romane de Roma, a conferma di un’anima ospitale ben diversa dagli “amici di De Santis” «E si chiamano?», mi informo. «Una Nastassja Burnett, l’altra Anastasia Grymalska». La mia sorpresa, dai tempi in cui l’australiano Martin Mulligan aveva giocato in Davis per l’Italia era giusto che, dall’Est europeoe dal Nordafrica, non fosse mai giunto uno straniero capace di ottenere un passaporto e, insieme, di rimandare una pallina. Credevo che la Burnett fosse un caso più unicocheraro, dal giorno in cui, a New York, l’avevo citata quale yankee, forse una pronipote di Frances Hodgson Burnett, l’autrice del Piccolo Lord, ed ero stato pur dolcemente ripreso da una mamma romana.

Ma la Grimalska, presunta russa, non la dovevo perdere. Mi sono così spostato sul mio vecchio campo n. 6, dove un giornocredetti di essere un tennista, dopo un set point sciupato contro tale Sedgman, numero uno del mondo. Per assistere, ahilei, soltanto a un dignitosissimo tentativo di rimonta dell’italiana, capace di risalire da uno a cinque nel secondo set sino a tre vani punti per il 5-5 contro una cattivissima Ormaechea. Figlia, Anastasia, mi informavano i suoi educati sostenitori, di un ex-campione ucraino, vent’anni maestro a Pescara. Avrei anche voluto, non fosse stato tardi, chiedere ad Andrej Golubev se qualcuno si fosse accorto che aveva vissuto a Bra, in Piemonte, un bel numero di anni, in modo che, invece di essere acquistato dal Kazakistan, e di battere un mese fa Wawrinka in Davis, fosse potuto diventare un nuovo Mulligan. Ma simili domande non posso certo rivolgerle agli abitanti del quartiere di De Santis, mentre rimango a pensare che i due migliori australiani di oggi, Kokkinakis e Kyrgios ( che si è allenato in Svizzera, ospite in casa Federer ) vengono dalla Grecia, come già Philippoussis. La mia patria or è dove si vive, amici.

Roma ieri Roma oggi. Torneo e grande evento Storia di una metamorfosi (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Nove anni di matrimonio a gonfie vele. Nemmeno il settimo anno ha scalfito l’unione tra Federtennis e Coni Servizi, che sembra sempre più solida e che ha dato nuova linfa agli Internazionali d’Italia.

Crescendo Da sei milioni di fatturato di nove anni fa, quando il torneo era in grave sofferenza, si prevede che dopo questa edizione si passi a 23 milioni. Durante gli Internazionali d’Italia del 2013 si è anche stabilito il record assoluto di spettatori paganti al Foro Italico: un totale di 27.672, con 18.924 persone nella sessione pomeridiana del mercoledì e 8.748 in quella serale. In totale le persone che hanno pagato il biglietto lo scorso anno sono state 167.961 per un incasso di 6.453.070 euro, con un incremento del 25% rispetto alla passata edizione: «I biglietti di tutte le giornate finali degli Internazionali sono praticamente esauriti, abbiamo avuto una prevendita in crescita del 33 rispetto lo scorso anno e viaggiamo verso un sicuro record di incassi della biglietteria e di fatturato — annuncia il presidente della federtennis Angelo Binaghi —. Siamo ormai totalmente un torneo 3.0. L’investimento digitale quest’anno è stato importante: oltre al sito del canale Supertennis che sta letteralmente esplodendo con gli ascolti, abbiamo un’area web completamente rinnovata che diventa la prima fonte di notizie e informazioni, una sorta di piazza di annunci».

Rinascita Unire le forze per creare un grande evento. E’ stata questa l’idea di fondo per stravolgere e ricreare un appuntamento storico del tennis italiano. «La location è un punto chiave del torneo di Roma — spiega Diego Nepi, direttore marketing e sviluppo del Coni —.Subito, quando abbiamo deciso di collaborare, ci siamo occupati di creare una serie di piani di sviluppo e di investimento per riqualificare la zona del Foro Italico». Il comitato tecnico di gestione è costituito da cinque persone, due membri Coni, due della Federtennis e un membro esterno. Alla Fit spetta la gestione dell’intera parte sportiva, compresa l’ospitalità dei giocatori, Coni Servizi invece si occupa della parte manageriale.

La piazza Il concetto che si è voluto mettere in pratica è quello di una grande piazza del tennis. Che avvicinasse il più possibile la gente ai campi: ne sono stati creati sette negli anni, tre nuovi soltanto per questa edizione del «combined event» che vede uomini e donne giocare nella stessa settimana. L’aula bunker del Foro Italico ospiterà laboratori di arte contemporanea per bambini. La zona delle piscine sarà dedicata alla Ball Room, un’area completamente digitale e interattiva dedicata ai giovani, che si differenzia in modo netto dal villaggio degli sponsor, sistemato nel cuore del gioco. La mente è già al futuro: il secondo centrale non potrà mai diventare fisso, perché sorge in un’area tutelata, ma l’idea che potrebbe già diventare realtà nel 2015 è quella di un campo “componibile” come un Lego. Una struttura in legno per 5000 persone.

Festa «Il torneo sarà in questa settimana un luogo dove trascorrere l’intera giornata, dalle 10 del mattino a notte fonda, quasi una bolla lontana dalla nostra routine quotidiana — conclude Angelo Binaghi —. Ci siamo sforzati di immaginare un’edizione degli Internazionali d’Italia che siano non solo una grandissima manifestazione sportiva ma un concetto che concilia sport, agonismo, bellezza, arte, passione, storia, eleganza. In una sola parola: la grande bellezza di Roma». E del tennis.

Da Tilden a Rafa, quando il Foro è il quinto Slam  (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

I numeri consacrano Roma come il più importante torneo al mondo sulla terra battuta dopo il Roland Garros: 70 edizioni con 49 vincitori e 47 vincitrici. Un torneo che spesso ha riprodotto, nello stesso anno, la stessa finale in altre prove dello Slam; 13 tra gli uomini, da Drobny-Sedgman che nel 1952 fu la finale di Roma, Parigi e Wimbledon, a Djokovic-Nadal che nel 2012 è stata la finale in Australia e a Parigi.

Super-Rafa Molti dei record scritti in riva al Tevere appartengono all’insuperabile Nadal. Lo spagnolo ha spostato l’asticella su misure improponibili ai comuni mortali. Fino a qualche anno fa Drobny, Mulligan e Muster erano i soli a vantare 3 titoli al Foro; poi è arrivato l’uomo di Manacor che di trofei ne ha firmati 7 di cui 3 consecutivi (20052007). Riuscendo per 2 volte a vincere finali leggendarie terminate al tie break del quinto set: nel 2005 quando negò a Coria 2 palle del 4-0 chiudendo in 5 ore e 14 minuti e nel 2006 quando annullò 2 match point a Federer in quella che viene ricordata come la madre di tutte le finali. Nadal è anche l’unico ad aver vinto il torneo senza perdere set per almeno 2 volte (2009 e 2012). Gli altri — Tilden 1930, Vilas 1980, Wilander 1987, Sanchez 1991, Rios 1998 e Agassi 2002— ci sono riusciti una sola volta. Anche per numero di finali Nadal è primo con 8, il doppio esatto di Drobny e Pietrangeli. E con oltre il 95% di partite vinte (41 su 43), Nadal è di gran lunga il giocatore con la miglior percentuale tra tutti quelli che a Roma hanno giocato almeno 20 match.

Senza età Tuttavia ci sono altri primati che non appartengono allo spagnolo, come quello del più giovane vincitore di sempre. Borg aveva 17 anni e 11 mesi quando s’impose a sorpresa nel 1974. Lo svedese è stato quasi di un anno più veloce di Arias, che aveva 18 anni e 9 mesi quando vinse nel 1983 e di Nadal che da teen-ager ha vinto a 18 anni e 11 mesi e a 19 anni e 11 mesi. Il più vecchio campione invece è stato Tilden che vinse la prima edizione, al TC Milano, nel 1930, a 37 anni e 2 mesi: due i campioni over 30 era Open: Laver nel 1971 a 32 anni e 7 mesi e Agassi nel 2002 a 32 anni compiuti da pochi giorni. Tra le donne invece solo 10 giorni separano i verdissimi trionfi di Tracy Austin (16 anni, 5 mesi e un giorno nel 1979) e di Monica Seles (16 anni, 5 mesi e 11 giorni nel 1990). Mentre la più anziana rimane Elizabeth Ryan, nel 1933, a 41 anni e 3 mesi.

Sorprese Sull’asse Trofeo Bonfiglio-Foro Italico troviamo appena 4 campioni capaci di vincere gli Internazionali sia da junior sia da professionisti. La lista si apre con Noah 1977-1985, poi Lendl 19781986, Gabriela Sabatini 19841988 e si chiude con Courier 1987-1992. Tre sono le wild card ad aver raggiunto le semifinali (McEnroe nel 1987, Volandri nel 2007 e Mary Pierce nel 1995) e appena 2 i qualificati in finale (Mancini nel 1991 e Alizé Cornet nel 2008). Roma non ha mai amato gli outsider e in 70 edizioni troviamo solo 2 vincitori non teste di serie: Mulligan nel 1963 (finale vinta sullo slavo Jovanovic) e Mantilla nel 2003 (su Federer).

Terra «Foro Italico», attenti alle imitazioni (Claudio Lenzi, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Un tappeto rosso, come ai Festival di Cannes e Venezia. Un’esclusiva che nemmeno i tornei dello Slam hanno. «Foro Italico», si chiama proprio così la terra che ogni anno parte da Torre de’ Picenardi, nel cremonese, e con la primavera arriva a Roma. Ad accoglierla, dal 1976, trova Pierluigi Troiani, molto più che un semplice manutentore: tutti i segreti dei campi sono di sua, rigorosa competenza. «Le ricette del manto e del sotto-manto restano top secret, gli ingredienti no. L’Atp ci ha sempre chiesto velocità per ridurre le differenze con le altre superfici, i giocatori un ottimo scivolamento, così siamo arrivati a brevettare nei primi anni 90 una formula unica. Anche il colore non ha eguali, basta guardare i match in tv».

Numeri Alla TerreDavis — questo il nome dell’azienda che fornisce la preziosa polvere rossa — è arrivato un ordine preciso: per i campi esistenti 800 quintali di sottomanto Foro Italico e 55 di manto finale, per i tre nuovi impianti altri 900 quintali di sottomanto e 30 quintali di quello finale. «Usiamo laterizi riciclati della bassa padana, dove le argille sono ricche di ferro — spiega la responsabile commerciale Anna Garavelli — per il tradizionale colore “rosso” invece ne frantumiamo di nuovi. In Italia non è difficile trovare la nostra terra, da Milano a Cagliari e pure nei match casalinghi di coppa Davis, la novità è che siamo sbarcati anche in Australia, con otto nuovi campi a Melbourne Park, il regno del veloce». Resiste solo il Roland Garros, ancora legato a un fornitore locale, nonostante i rapporti tra l’Open di Francia e l’impresa italiana siano bene avviati.

Esperienza Roma, ormai, è una macchina rodata, richiede un mese di lavoro per una settimana di torneo. Venti giorni prima vengono rigenerati gli ultimi due strati, poi bastano pochi accorgimenti nelle ore precedenti alle qualificazioni per avere campi perfetti. Durante il torneo sono 40 gli addetti alla manutenzione, 2 per ogni campo e 4 persone sui principali. L’attenzione è massima, anche in caso di pioggia: «Ormai abbiamo sviluppato una miscela velocissima ad asciugare, anche in caso di forti precipitazioni si gioca un’ora dopo l’ultima goccia» rassicura Troia-ni. Fino alla finale, quando cala il sipario tra un’edizione e la successiva. «Per noi no, c’è ancora un po’ di lavoro, soprattutto chiedere ai protagonisti che cosa ha funzionato e come potremmo migliorare. Se ci aiutano? Nadal è sempre rimasto molto contento, da altri abbiamo avuto preziosi suggerimenti».

Da 38 anni manca l’erede di Panatta, la Reggi è l’ultima regina azzurra (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

A 38 anni dalla vittoria di Adriano Panatta (1976), Fabio Fognini e Andreas Seppi, cui si sono aggiunte le wild card Volandri e Lorenzi nonché i qualificati Cecchinato e Bolelli, provano a sfatare quella maledizione che i britannici sono riusciti a cancellare con Andy Murray re di Wimbledon nel 2013. Nei loro Slam, gli americani sono fermi a Roddick (2003), i francesi a Noah (1983) e gli australiani a Edmondson (anche per loro era il 1976).

La doppietta di Nick Gli azzurri contano sei vittorie agli Internazionali maschili: Emanuele Sertorio nel 1933, Giovannino Palmieri nel 1934, Fausto Gardini nel 1955, Nicola Pietrangeli nel 1957 e 1961, Adriano Panatta nel 1976. Due invece i titoli femminili: Lucia Valerio nel 1931 e Raffaella Reggi nel 1985. Nel 1950 vinse Annalies Ullstein Bossi Bellani, tedesca di nascita, ma italiana (per matrimonio) di passaporto. L’ultima delle 10 finali azzurre è sempre di Adriano che nel 1978 perse in cinque set da Bjorn Borg: prima di Panatta, Uberto De Morpurgo 1930, Giorgio de Stefani 1934, Giovannino Palmieri 1935, Gianni Cucelli 1951, Beppe Merlo 1955 e 1957, Nicola Pietrangeli 1958 e 1966, Tonino Zugarelli 1977. Le donne invece ci sono limitate a quattro finali perdute, tutte per mano di Lucia Valerio (1930, 1932, 1934 e 1935). L’ultima semifinale maschile con Volandri nel 2007, l’unica femminile dal successo della Reggi nel 1985 è quella ottenuta da Sara Errani lo scorso anno quando perse dalla Azarenka. Molto meglio il doppio con le vittorie di Mara Santangelo (2007), Flavia Pennetta (2010) e di Sara Errani e Roberta Vinci (2012). I maschietti invece vanno in bianco dal successo di Omar Camporese del 1991 in coppia con il genio Goran Ivanisevic.

Le sedi Una curiosità: il Foro Italico ospita ininterrottamente il torneo maschile dal 1962 (e prima dal 1935 al 1960), ma ci sono state altre due sedi, il Tennis Club Milano (1930-34) e lo Stampa Sporting di Torino nel 1961. Cinque invece le sedi del torneo femminile: alle tre già citate si aggiungono infatti dal 1980 al 1984 il Junior Tennis Club di Perugia e nel 1985 il Circolo Tennis Italsider di Taranto.

Il Commento – Fognini e lo spirito della Davis (Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Tutti lo aspettano, lui è chiamato a rispondere. Da campione, stavolta. Niente isterismi, caro Fognini. Dimostri che la farsa di Montecarlo e le assurde intemperanze di Madrid sono solo recidive di un passato che ancora arde sotto la stoffa del talento in attesa di definitiva consacrazione. E’ vero, dopo il successo su Murray a Napoli in Coppa Davis ci eravamo un po’ illusi che il suo mondo spesso in subbuglio si fosse assestato una volta per tutte. Non lo è ancora. Ma siamo confidenti che la strada tracciata sia quella giusta. Gli Internazionali di Roma arrivano a puntino e sono delle meravigliose Forche Caudine dalle quali il Fabio nazionale deve uscire a testa alta. Oscurato per i brillanti risultati delle nostre ragazze, da molto tempo il tennis maschile italiano aspettava di giocarsi una carta così competitiva. L’ultimo acuto che si ricorda con orgoglio è datato 2007 grazie alla semifinale conquistata da Filippo Volandri. La vittoria manca addirittura da 38 anni(Panatta 1976). A Fognini chiediamo una settimana all’attacco, di grande spessore tecnico e mentale. Il nostro leader arriva da numero 15 del mondo anche se il suo braccio vale una classifica migliore, a ridosso se non addirittura dentro i top ten. Il segreto sarà riconvertire la pressione, che naturalmente peserà sulle sue spalle, in energia supplementare da buttare nell’arena. Mai come questa volta il pubblico del Foro Italico potrà fare la differenza. Fabio gioca in casa e deve sfruttare l’onda lunga della passione. Riporti sulla terra rossa lo spirito della Davis e ci farà divertire.

Intervista a Rafa Nadal – «Sette trionfi a Roma. Che città, che gente Sono un po’ italiano» (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Rafa Nadal, un campione unico, indimenticabile, anche a Roma, soprattutto a Roma, con 7 trionfi in 8 finali, dal 2005. Un’altra storia nella storia del più grande fenomeno di sempre sulla terra rossa.

Cominciamo dal 2005, che cosa ricorda? «Penso alla finale, e penso che ero arrivato a Roma un po’ stanco, dopo Miami, Valencia, Montecarlo e Barcellona. Avevo fatto molte partite, ero provato. Ricordo che, in allenamento, ho giocato un tie-break con Muster e ho perso. Ricordo che Toni mi disse: “Sei stanco, cerca di accorciare i punti, in partita, gioca più veloce”. Sì, talmente veloce che ci misi 5 ore e 14 minuti di partita, una delle più lunghe delle mia vita, una vittoria molto emozionante. Anche la semifinale con Ferrer fu molto complicata».

Molti ricordano la finale del 2006, un’altra maratona di 5 ore, con Federer. «Giocò molto aggressivo. Al quinto andò 4-1, e poi 6-5, con me 15-40: tirò due dritti sui match point. Che partita emozionante, bella, avevamo giocato un gran match anche a Montecarlo, e Roma fu importante sulla strada del Roland Garros».

II 2007 filò via liscio. «La finale con Gonzalez, ma la semifinale fu complicata, con Davydenko».

Nel 2009, Nadal torna sul trono. «In finale vinsi con Nole, penso che sia stato l’anno in cui ho giocato peggio sulla terra: avevo il problema al ginocchio e anche a casa mia (la separazione dei genitori, ndr). Non persi un set, soprattutto giocai una partita fantastica con Soderling (6-1 6-0). Col quale poi persi a Parigi».

Nel 2010, riecco un buon Nadal. «In finale ci fu un primo set compli cato con Ferrer. Fu un anno buono, importante, tutto andò molto bene, , uno dei miei anni migliori».

Sconfitta in finale con Djokovic nel 2011, rivincita nel 2012. Ed eccoci all’anno scorso. «Finale con Federer in due set, ma il ricordo fantastico è la semifinale con Berdych (6-2 6-4, ndr), il primo set è stato uno dei migliori set che ho giocato a Roma. E con Gulbis ho perso il primo set 6-1, anche se poi alla fine ho vinto. Anche con Ferrer è stato molto complicato: penso che quel match sia stata la chiave del torneo».

A che cosa pensa quando pensa a Roma? «Alla storia, non del tennis».

Ha mal visitato II Colosseo? «Tutti gli anni mi ripeto: “Una delle cose che devo fare, a fine carriera, sarà visitare bene Roma”. E’ una città che mi incanta, è spettacolare, ha una storia incredibile. Come anche Venezia».

E la sera, a Roma, va sempre a cena fuori. «Mi piace molto. Il ristorante che preferisco è “Le Tamerici”. Pasta, pesce, è tutto buono. E mi affascinano le vie intorno a Fontana di Trevi».

Rafa è un po’ italiano. «Mi sento sempre molto vicino agli italiani: siamo latini, siamo persone che vivono le cose, che vivono la strada. Usciamo per cenare, ci piace stare in giro. Roma è una città che ha molta vita e a me piace stare con la gente».

Eppure anche il re in terra ha del dubbi. «Quando perdi qualche partita, e io ho quest’anno ho perso due volte nei quarti (con gli altri spagnoli, Ferrer ed Almagro, ndr) , è normale avere dubbi. Per recuperare il mio livello c’ solo lavoro, partite e motivazioni. Per arrivare al cento per cento al Roland Garros».

A Parigi ha vinto 8 volte, e perciò è considerato uno specialista della terra rossa. Che però è una definizione che non le piace, sembra riduttiva. «Non è brutto. Quello che m’è successo su questi campi è fantastico, da sogno, mi ha dato incredibili emozioni. Ma ho vinto tanto pure fuori dalla terra. Se non avessi vinto niente sulla terra, verrei considerato un gran giocatore di campi duri».

Intervista a Roger Federer – International gentleman – Ambasciatore di stili di vita (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 11-05-2014)

Maggio, tempo di Internazionali BNL d’Italia. Quasi dieci giorni di happening vero e proprio con il tennis al Foro Italico di Roma, fino a domenica 18. Un evento che è diventato un traino inane-stabile per l’inteso movimento di racchette e palline: a partire dal 2008, primo anno dell’accordo di collaborazione con il main sponsor BNL Gruppo BNP Paribas, ma soprattutto dal 2011, quando il torneo ha assunto finalmente la formula del “combined’ Ovvero uomini e donne in campo contemporaneamente, con un programma misto di grandissima qualità che in breve ha cancellato i brutti ricordi di un passato prossimo che prevedeva i due tornei ben distinti: seguitissimo sempre e comunque quello maschile, il femminile quasi ignorato dal pubblico nella settimana successiva, se non nelle giornate decisive con le partite più importanti.

Terra o erba, i campi degli Internazionali di Roma sono un appuntamento fisso per Roger Federer, che quest’anno arriva alla quattoridcesima partecipazione. La prima risale al 2000, e l’unica assenza è del 2005. Tre le finali, ma nessuna vittoria Anche per questo, forse, l’asso dal fascino inimitabile promette di stupire. Come fa, fin dall’esordio, con la sua straordinaria eleganza Anche fuori dal match: con un modo di muoversi, vestirsi, compportarsi diverso dagli altri. Non a caso, una Maison prestigiosa come Moèt & Chandon, che produce lo champagne più glam del mondo (e quello ufficiale dei tornei Atp), lo ha scelto come brand ambassador mondiale. E lo ha fatto ritrarre da un maestro dell’obiettivo, celebre in tutto il mondo: Patrick Demarcheliet.

Come definisce il successo un campione del suo calibro? “Il successo è lo strumento per misurare la propria vita in relazione agli obiettivi e ai traguardi che si vogliono raggiungere, in gara e fuori. Ritengo importante avere successo come uomo, come amico, non solo come atleta professionista”.

Che cos’è per Lei il glamour ? «Persone molto diverse e cose molto diverse possono essere definite “glamorous,” ma per me il filo che le lega fra loro è quella certa caratteristica, il tocco in più nello stile. Lusso sofisticato, eleganza naturale e semplicità. Ma il glamour è anche qualcosa di profondamente radicato nella tradizione: dietro al glamour c’è sempre una grande storia».

Lei è noto per lasuagenervsità e per ilfatto di usane ilsuccesso per aiutare i meno fortunati. Che cosa la ispira? «Successo e generosità per me sono collegati. O almeno dovrebbero esserlo. Sono stato così fortunato, nella mia vita, che ritengo un obbligo aiutare chi ha avuto una sorte diversa ll successo regala opportunità, ma anche responsabilità. Bisogna diventare un esempio per gli altri, sostenere la comunità per garantire i successi delle generazioni future. Sono davvero orgoglioso del lavoro che svolge la mia Fondazione, la Roger Federer Foundation. E sono fiero anche di essere stato scelto come brand ambassador da Moët & Chandon, perché vanta una lunga tradizione non solo nell’eccellenza dello champagne, che peraltro io amo moltissimo, ma anche nell’impegno sociale, nella filantropia Condividiamo gli stessi valori, siamo in sintonia».

Qual è stata la sua vittoria più entusiasmante? «Difficile scegliere! Forse quella che deve ancora venire…».

Lei è stato definito il “gentleman del tennis”. Che cosa rappresentano per Lei stile ed eleganza? «Stile ed eleganza sono emanazioni della personalità individuale. Ognuno le esprime e le interpreta a modo suo».

Intervista a Fabio Fognini – «Italia, aiutami Odio perdere, non mi chiedere di fare McEnroe»  (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Da Roma a Roma, un anno dopo. Fabio Fognini, quante cose sono cambiate in questi 12 mesi? «Tante: il livello del mio gioco, aspettative, avversari, e ho più occhi addosso».

A Roma non è mai andato oltre il secondo turno, come mai? «E’ un peccato, mi piace tanto giocarci, forse ho troppa voglia di far bene perché è l’unico torneo che abbiamo in Italia, un posto dove andavo da piccolo sognando di tornarci, un giorno, da professionista. Chissà, magari quest’anno magari riuscirò a comportarmi come uno dei tanti che vuole giocar bene, senza troppa pressione perché è a casa».

Una qualità e un difetto della Città Eterna. «E’ la più bella d’Italia, una delle più belle del mondo, ma c’è troppo traffico. Il pubblico è caldo, gli vorrei chiedere di avere un po’ di pazienza e tanto sostegno. E’ bello e strano: se vai bene, lo senti, e se vai male… Lo senti di più».

Ma perché ha continuato a giocare dopo i guai fisici di Montecarlo? «Non è lo stesso problema che avevo prima degli Australian Open, è l’altra gamba: subito dopo il match con Tsonga, il dolore è stato forte, mi sarei fermato, poi a Barcellona mi sono allenato solo in doppio, mi sembrava di star bene, ho fatto tante analisi, secondo i medici è solo la prima punta della pubalgia, e non rischiavo. Ma, poi, in campo, contro Giraldo, avevo troppa paura di farmi male, e mi sono ritirato».

Subito fuori a Barcellona e subito fuori a Madrid, in modo diverso. «A Barcellona ero infortunato, a Madrid ho perso contro Dolgopolov, che potrei trovare nei quarti di uno Slam, e per un episodio. Sono sicuro che la prossima volta non sarà tanto contento di giocare contro di me, stavolta ero io a comandare lo scambio. Non sono contento del risultato, ma sono contento del gioco ritrovato».

Fra le tappe spagnole, ha perso la terza finale stagionale sulla terra. «Klizan vale i primi 30 del mondo, dall’inizio del secondo set ha fatto vedere che stava male, ma per un’ora ha tirato solo vincenti: non me l’aspettavo. Con Tsonga ci tenevo molto, lui 12 del mondo, io 13, un bel testa a testa… Ma Monaco è la sconfitta che mi ha fatto più rabbia: Klizan mi ha fregato, in tutti i sensi».

Che voto si darebbe per questi primi quattro mesi dell’anno? «Merito 7.5-8, ho giocato tante partite, mentalmente non ero abituato a tenere tanto a lungo la concentrazione, perché io gioco sempre per vincere — odio perdere, qualsiasi cosa faccia — ma allora entravo nei primi 30, ora sono lì lì per entrare tra i top ten, c’è questa nuova consapevolezza nei tornei 250, dove arrivo al 50% in finale: era uno degli obiettivi, ora bisogna fare un alto sforzo, nei grandi tornei».

Qual è stato II miglior Fognini dell’anno? «Difficile scegliere. La Davis, quella domenica con Murray, ecco quello forse è stato il massimo».

Sembra che il pubblico voglia sempre un Fognini rissoso, alla McEnroe. «No, non credo che la gente venga a vedermi perché spera che faccia casino. A Madrid i tifosi non capiscono, sono ultras, sportivamente parlando, e a casa la gente segue quello che dicono i telecronisti: ecco perché bisognerebbe informarli, non criticare a prescindere, dire se uno ha un problema fisico. A me la pubalgia fa venir male pure all’anca, e tutti i giorni devo fare esercizi specifici».

Ma, a parte il gioco, fra McEnroe e Borg chi preferiva? «McEnroe tutta la vita. E’ anche simpatico quando ci incontriamo».

Per gli arbitri sta diventando II «bad boy», il cattivo ragazzo? «Le stupidaggini si tarino e si pagano. Certo che lo so, me ne accorgo, non vorrei farle, ne risento io per primo. Ma i numeri 1 sono sempre bastonati, sotto questo aspetto, anche se non ho preso multe».

Esiste ancora la sua «amica particolare? «Sl, certo, Flavia Pennetta… Perché?».

Intervista a Sara Errani – «Fortuna, tifo e tanto lavoro Posso vincere perché no?» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sarita piace. Perché ci mette sempre il cuore. Per questo è un idolo tra i più giovani, che vedono in lei l’incarnazione di Pollicino che combatte, e spesso vince, contro le gigantesse del tennis moderno. A Roma, la Errani riparte dalla semifinale dell’anno scorso in singolare e dalla finale persa in doppio con l’amica di sempre Vinci. Risultati importanti, ma che non scuotono la tranquillità e le certezze della Cichi.

Sara, come si affronta il torneo di casa dopo una semifinale l’anno prima? «Un po’ di pressione c’è sempre, è normale credo. Soprattutto in questi tre tornei sulla terra (Madrid, Roma e Parigi, ndr) dove l’anno scorso ho fatto molto bene, con tre semifinali. Io cerco di viverla il più serenamente possibile, cercando di dare sempre il massimo, poi vediamo come andrà».

E’ stato un inizio di stagione In chiaroscuro… «Sono consapevole di aver fatto due anni pazzeschi, si tende spesso a dimenticare che ci sono anche le avversarie e che sono molto forti. Ma io sono contenta di come ho iniziato il 2014. Per me l’importante è comunque dare tutto in ogni partita e ritengo di esserci riuscita. Poi, nello sport, si vince e si perde. E’ bello per questo».

Ci racconta la magia di Roma? «Beh, giocare al Foro è bellissimo, dà sensazioni incredibili. Amo questo torneo, c’è sempre tantissima gente, un tifo caldissimo e la federazione sta facendo di tutto per renderlo ogni anno più bello. E’ sicuramente un grande supporto sapere di avere il pubblico che ti sostiene e ti incita ad ogni partita, però bisogna essere bravi anche ad a isolarsi un po’ dalle tante cose extra che devi fare durante il torneo. Insomma, concentrarsi sul tennis a Roma non è sempre facile. E poi hai la famiglia, gli amici, tutto concorre a renderlo magico e qualche volta però pure stressante».

Sara, come si sta fuori dalle top ten dopo quasi due anni? E ritornarci è un obiettivo da inseguire già a Roma? «Ho sempre detto che la classifica è una diretta conseguenza dei risultati, che dipendono dai sacrifici e dal lavoro che metti in campo nella quotidianità. Essere tra le top ten non è mai stato il mio obiettivo e non lo sarà, nel senso che io non gioco avendo in testa la classifica. Io penso solo a cercare di fare del mio meglio, a essere il più competitiva possibile in ogni partita dell’anno, ad allenarmi al meglio. Questo è il traguardo, se lo raggiungi sei in pace con te stessa e soprattutto sei al punto in cui vorresti essere, senza che i numeri contino troppo».

Qual è la sua favorita del torneo? «Ci sono tante giocatrici in forma in questo periodo, ad esempio la Sharapova sta tornando ad altissimi livelli, Radwanska e Halep sono costanti, la Li ha vinto Parigi sulla terra, le serbe e le russe sono sempre pericolose, ma io penso che Serena Williams sia una spanna sopra le altre. Certo, vediamo come arriva a Roma, se l’infortunio di Madrid le avrà dato fastidio».

E le italiane? «Direi che abbiamo tutte la possibilità di fare bene. Credo sia molto positivo per il nostro tennis che ci siano tre generazioni, diciamo così, in grado di primeggiare. Ci sono Francesca, Flavia e Roberta, che sono quelle con più esperienza, la Knapp ed io che siamo cresciute guardando loro e poi allenandoci con loro in nazionale, adesso è arrivata la Giorgi. Non sarà sicuramente facile, comunque, perché nei primi turni c’è già la possibilità di trovare avversarie fortissime. Però noi ce la metteremo tutta».

Intervista a Richard Gasquet – Attenti a quel francese (Il Corriere dello Sport, 11-05-2014)

Non esiste un vere segreto per vincere. ln campo porta a casa il risultato quello dei due chelo vuole di più orne spesso accade con i francesi, ci troviamo di fronte a un ragazzo innamorato del proprio paese. Fiero di essere francese, prima ancora che di essere un campione. Sì, perché lui è il numero uno, a casa. E figura all’undicesima posizione della classifica Atp, dietro a – nell’ordine – Nadal, Djokovic, Wawrinka, Federer, Ferrer, Berdych, Delk Potro, Murray, Raortic e Isner. Lo abbiamo incontrato quando ha presentato il suo nuovo sponsor tecnico, lo storico marchio (ovviamente francese) Le Coq Sportif. E gli abbiamo fatto, per non urtare la sua scaramanzia, domande mirate più sullo stile che sulle imminenti competizioni.

Quali sono i tre capi indispensabili nel guardaroba di un uomo, oggi? «Per me ci vogliono tre lelenti fondamentali: un paio di scarpe sportiveveramente belle, da portare spesso; jeans che calzino perfettamente, perché quelli sono l’assoluto passe-partout per tutte le occasioni; un orologio classico, decisamente maschile».

Che cosa esattamente distingue un campione da un uomo qualunque? Ritengo che per essere o diventare un campione un uomo debba avere una sorta di “fuoco sacro’, un desiderio inesauribile di eccellere, di dimostrare che sei il migliore».

Qual è il segreta per vincere, se ne esiste uno? «Non c’è una formula magica, ma una cosa è certa: possiamo parlare per ore di chino e rovescio, ma quando si tratta di arrivare alla vittoria, il fattore che conta di più è uno solo: chi dei due contendenti vuole vincere più dell’altro. Di solito è questo a fare la differenza, e chi ci crede maggiormente porta a casa il risultato».

Che caratteristiche deve avere l’abbigliamento sportivo per assecondare le esigenze di un tennista professionista? “Chiaramente rispetto a un tempo si sono fatti passi da gigante in termini di fibre tecnologiche e performance innovative. Per quanto mi riguarda, io prediligo un look classico, tradi zionale, ma con un twist di modernità chic. Che ritrovo perfettamente nella collezione Le Coq Sportif “.

Quanto conta l’estetica nelle divisesportive? «Più di quanto si immagini: se ti senti a tuo agio, giochi meglio».

Che cosa la conquista in una donna? «So che di solito sono le donne a dirlo, ma quello che davvero mi conquista in una persona è la capacità di farmi ridere. Lo so, è una risposta che di solito danno le donne, ma è vera anche per me».

E quali sono le sue qualità che lei ritiene possano affascinare una donna? «Questo è più difficile! Mi faccia pensare… forse il mio rovescio? Scherzi a parte, onestamente penso che si tratti di incontrare una persona dalla personalità compatibile con la tua Personalmente, io ho bisogno di condividere gli stessi valori».

Ha un rito, un amuleto, un portafortuna indispensabile prima delle gare? «Ho un paio di cose cui non rinuncio, ma preferirei tenerle segrete. Ma posso dirle questo: se mi osserva con molta attenzione, scoprirà che ripeto sempre alcuni “movimenti” con il mio orologio…».

La competizione che lei ritiene più interessante al mondo e perché? «” grandi slam sono i tornei più duri. Quindi credo che vincerli tutti nello stesso anno sia la cosa più difficile. Nessuno ci è riuscito nell’era moderna del tennis”.

Quale altro sport le piace? Sono tifoso di caldo, del bel caldo». nsuo sogno nel cassetto? «Vincere il Roland Garros».

Le mogli, Borg e le palline a pagamento. A Roma c’è una parte del mio cuore (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Ero poco più di un bambino quando mi recai per la prima volta a visitare l’impianto del Foro Italico a Roma. Venivo da un piccolo paese di provincia e rimasi semplicemente a bocca aperta nel trovarmi di fronte alle maestose statue che circondavano il vecchio campo centrale. Sapevo che sotto i loro occhi i grandi tennisti del passato si erano esibiti con maestria e che il bianco marmo delle tribune era stato occupato da tifosi festanti per il tennis loro esibito dai vari Mulligan, Roche, Newcombe, o dalle splendide protagoniste del circuito femminile come la King, la Wade e la Goolagong.

Non potevo certo immaginare le sensazioni che avrei provato negli anni seguenti quando anch’io sarei sceso in campo in quella splendida cornice a ridosso della collina di Monte Mario. La visione di quel magico rettangolo mi incuteva un certo timore, ma al tempo stesso alimentava la mia fervida fantasia.

La fortuna mi è stata amica e ho avuto la possibilità di vivere una splendida avventura incrociando le racchette con Nastase, Borg, Vilas, Panatta e frequentando la Evert e la Navratilova. Quella schiera di atleti, ma anche di personaggi che hanno contribuito a sdoganare il tennis e allargarne i confini rendendolo riconoscibile in ogni angolo del mondo. Ma era a Roma, a noi tennisti italiani cosa cara, che ho vissuto i momenti più belli, le vittorie più esaltanti, le battaglie sportive più cruente e gli indimenticabili successi in Coppa Davis. Come dimenticare quel nodo alla gola che mi assaliva mentre percorrevo il lungo tunnel che conduceva dagli spogliatoi al Campo Centrale e quell’intenso accecante bagliore che mi investiva nel momento dell’ingresso nell’arena.

Rimanevo senza fiato con il cuore che batteva all’impazzata e solo il boato del pubblico amico riusciva, come per miracolo, a regolarizzarmi i battiti e il respiro. Il tennis era ancora alla ricerca di una precisa identità e il Foro, in attesa di miglioramenti all’impianto, offriva un solo ristorante, dove trovavi, mischiati ai tifosi, i giocatori e il pasto veniva consumato tra una foto, un autografo e qualche battuta esilarante. I team non erano ancora stati creati e i giocatori viaggiavano accompagnati solo dalle mogli.

Lo spogliatoio viveva pieno di goliardia e gli scherzi più o meno pesanti erano all’ordine del giorno. Dovevamo lasciare una caparra per ottenere le palle da allenamento e l’asciugamano, ma questo non cambiava il nostro umore e la sera molti preferivano cenare in gruppi per parlare di tennis e per cercare di migliorare le condizioni economiche. Tanta acqua è passata sotto i ponti, sono cambiati i protagonisti, l’evoluzione tecnica ha declinato un tennis diverso, meno estetico,indirizzato verso la componente fisica e mentale.

Anche il Foro Italico si è adeguato ai tempi apportando consistenti modifiche e innovative variazioni alla struttura tali da esaltarne la funzionalità sia per gli atleti sia per il pubblico. Ed è con grande piacere che come ogni anno mi appresto a vivere una settimana di grande tennis sotto l’attento e vigile sguardo delle statue di marmo. Anche se è impossibile cancellare il ricordo di quei momenti durante i quali veleggiavo libero e leggero, perfettamente a mio agio al centro del campo, pronto ad affondare il colpo decisivo, per poi lasciarmi trasportare dalle emozioni che solo il Foro può dare a noi italiani.

Nishikori vince la guerra di nervi con Ferrer: è finale (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 11-05-2014)

Una rimonta e mezza accendono le semifinali di Madrid, dopo le rinunce di Djokovic e Federer e il ritiro di Serena Williams. Simona Halep, la protetta di Virginia Ruzici (regina del Roland Garros 1978), piega Petra Kvitova in due ore e mezza, rovesciando il match quand’è sotto di un set e 3-1 al secondo, fino a chiudere 6-7 6-3 6-2. Risultato col quale la romena,si qualifica alla prima finale di un Mandatory Event – i tornei subito dopo gli Slam -, salendo dal 64 del mondo di 12 mesi fa al 5, grazie a 7 titoli Wta (più di tutti, dopo Serena Williams).

Fondisti Il carattere non basta invece a David Ferrer nel derby dei fondisti di ferro con Kei Nishikori, più giovane di 8 anni, allenato dall’argentino Dante Bottini e dallo statunitense Michael Chang. L’eterno secondo di Spagna salva un match point con l’ace sul 6-7 4-5 e, dopo il 7-5, ne cancella altri 8 al terzo set, sul 3-5, al più forte giapponese di sempre, neo numero 9 del mondo domani (da 12), ma non fa il miracolo. Perché Kei, nel drammatico nono game finale, sfodera nervi e servizio mostruosi. E chiude al decimo match point dopo quasi 3 ore. Nishikori non sarà oggi favorito contro Rafa Nadal, per i precedenti (0-6) e per come il numero 1 del mondo (di oggi) e della terra rossa (di sempre), sta reagendo alla grande ai ko nei quarti con Ferrer ed Alma-gro a Montecarlo e Barcellona. E non sarà favorita la Halep contro Maria Sharapova, dopo i due precedenti persi con la russa «made in Usa» ma, soprattutto perché Masha, dopo – r’ l’operazione alla spalla dell’ot- Kei Nishikori, 24 anni, conquista la prima finale tobre 2008, sta rilanciando la carriera proprio sulla terra, con l’accoppiata di Roma, 2011-2012, il tris di Stoccarda, 20012-2014 e, soprattutto, il trionfo del Roland Garros 2012, vincendo sul rosso 6 degli ultimi 8 titoli Wta (30 totali). E dominando anche Agnieszka Radwanska, per qualificarsi alla seconda finale di fila nel torneo di Ion Tiriac. A Errani-Vinci il titolo in doppio.

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