Roland Garros uomini: 10 memorabili vittorie

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Roland Garros uomini: 10 memorabili vittorie

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TENNIS ROLAND GARROS – Riviviamo 10 vittorie memorabili a Parigi: da Adriano Panatta (1976) a Roger Federer (2009), da Ivan Lendl (1984) a Gaston Gaudio (2004), da Michael Chang (1989) a Rafael Nadal (2005).

1976 Adriano Panatta

“Per fare il tennista professionista bisogna essere un po’ pazzi,” racconterà Adriano Panatta al regista Mimmo Calopresti. In quel disperato allungo sulla sua destra ad impattare con la volée di rovescio il passante di Pavel Hutka – 27enne di Sumperek dal gioco atipico, che schiaccia e serve con la mancina ma porta i colpi di rimbalzo usando la destra – è racchiusa tutta la follia del pariolino. Siamo al primo turno del Roland Garros ed Adriano, ritrovatosi sotto 2-6 6-2 6-2 0-6 9-10, deve annullare un match point all’esordiente cecoslovacco. Ne aveva già dovuti salvare undici a Kim Warwick a Roma, dove aveva poi finito per vincere il torneo. Una storia che si ripete a Parigi in quel magico ’76. Passato lo spavento, Adriano supera un frastornato Hutka 12-10 al quinto e da lì inizia la sua scalata.

I match con Dibbs e Salomon saranno una pura formalità per Panatta. A preoccuparlo non saranno tanto i suoi avversari ma le persone a lui più vicine: l’inseparabile amico Paolo Bertolucci – che partendo per Berlino scambierà le Superga 44 di Adriano con le sue 43, costringendo Panatta a farsene inviare d’urgenza due paia da “Bartoni Sport” di Roma poiché a Parigi le Superga non erano in vendita – e la moglie Rossana, che nel giorno della finale gli chiuse la mano dentro la portiera. Fortunatamente la sinistra.

Uno slam torna in Italia dopo 16 anni ed Adriano sale al n.4 delle classifiche mondiali

1983 Yannick Noah

In Francia sono 37 anni che attendono un successo di un proprio connazionale al Roland Garros, l’ultimo era stato Marcel Bernard. Ma Yannick Noah non è un francese qualsiasi. È un personaggio globale, un genio ribelle, un trascinatore severo. È afro-francese, in uno sport sostanzialmente di bianchi. Vincere il Roland Garros ha doppia valenza, per quanto lui non abbia mai voluto dare uno sfondo razziale ai suoi successi.

In quel 1983 a Parigi si gioca il primo Slam stagionale, l’Australia è ancora lontana non solo geograficamente. Noah ci arriva non da favorito, pur potendo approfittare di un tabellone benevolo. In un mix di spregiudicatezza e spettacolarità, avanza neanche troppo in punta di piedi. Con le sue continue discese a rete incanta, e ammalia i suoi avversari messi in fila uno dietro l’altro. Neanche Ivan Lendl ai quarti può nulla contro i colpi “ad effetto” del transalpino. In semifinale a sopresa trova Christophe Roger-Vasselin, “giustiziere” del numero 1 del mondo Jimmy Connors, spazzato via 6-3 6-0 6-0. L’ultimo scoglio sta nel campione uscente Mats Wilander, accolto dai diciottomila del Philippe Chatrier lì tutti per Noah. Sostenuto dalla folla, il francese fa suoi i primi due set 6-2 7-5. Dimostra non solo improvvisazione ma anche grande sagacia tattica. “Yannick sapeva esattamente quello che doveva fare,” rivelerà in seguito Wilander. La risposta lunga dello svedese consegna a Noah anche il tiebreak del terzo set. Può finalmente alzare le braccia al cielo e correre ad abbracciare il padre Zacharie, balzato in campo.

Finisce un’era, Noah è l’ultimo giocatore a vincere uno slam con una racchetta di legno.

1984 Ivan Lendl

“Quintessenza del perfezionismo auto-punitivo,” volendo usare le parole di un giornalista di Liberation. Ivan Lendl, ceco diventato americano, ha un unico grande obiettivo nella sua vita: la ricerca della perfezione. Non importa se per raggiungerla deve piegare il suo corpo, il suo spirito. Lui è disposto a tutto. Non è il tipo da accontentarsi di essere stabilmente tra i tre migliori giocatori del mondo. Le quattro sconfitte patite in finale negli slam bruciano parecchio (Roland Garros ’81, Us Open ’82 e ’83, Australian Open ’83).

A Parigi, Lendl ha una quinta occasione. Con McEnroe danno vita ad una delle finali più drammatiche della storia di questo sport. I due arrivano con stati d’animo completamente differenti: McEnroe con all’attivo 42 vittorie consecutive; Lendl già con cinque sconfitte in stagione, di cui quattro proprio contro l’americano. I primi due set sembrano un film già visto: “The Genius” gioca il miglior serve & volley che si sia mai visto sulla terra battuta e sembra viaggiare spedito verso la vittoria (6-3 6-2). Qui qualcosa si inceppa: l’incontrollabile americano si irrita con un cameraman, si deconcentra e perde per la prima volta il servizio nel terzo set. Lendl si piega, resiste, suda, soffre. Riesce ad accorciare le distanze di un set (6-4), a recuperare un break di svantaggio nel quarto (7-5) e a spezzare l’incantesimo nel quinto (7-5) dopo quattro ore di battaglia che lo lasciano esangue, al punto che passa un’ora in un bagno nel ghiaccio negli spogliatoi.

Da quel giorno Ivan il vigliacco si trasforma in Ivan il terribile.

1989 Michael Chang

Nell’edizione che incorona Michael Chang come il più giovane vincitore di sempre in una prova dello Slam, la partita ricordata come uno dei match più significativi nella storia dei French Open si gioca al quarto turno e non in finale.

Il diciasettene americano affronta Ivan Lendl, da cui perde 6-4 6-4 i primi due set. Con grande regolarità ed incantevoli geometrie, Michelino non demorde e corona un lungo inseguimento – 6-3 6-3 nel terzo e quarto set – spingendo Lendl al furore e all’irrazionalità più totale. Al quinto, compiuta una torsione innaturale, Chang viene colpito da crampi al polpaccio. Si regge su una gamba e mezza. Gioca al limite dei trenta secondi e tra una pausa e l’altra beve lunghi sorsi d’acqua. Sul 4-3, 15-30, sempre più vittima dei crampi che non gli permettono di servire, Chang si ricorda di quando Agassi da ragazzino batteva sottospalla, tipo ping pong. Una mossa che spinge sempre più al furore Lendl, dominato mentalmente. Nel gioco successivo, sopra 15-40 sulla seconda di servizio del suo avversario, Chang si posiziona, in risposta, sulla linea di metà campo. Una mossa che rompe definitivamente gli equilibri mentali di Lendl. La sua battuta rimbalza sul nastro e termina fuori. Chang finisce in ginocchio. È la vittoria del cervello sulla forza bruta, è la vittoria di Davide contro Golia.

In finale, Chang supererà sempre in cinque set Stefan Edberg 6-1 3-6 4-6 6-4 6-2, ma il vero capolavoro resterà per sempre la partita vinta sul cecoslovacco. Una vittoria che alimenterà, in maniera fondamentale, il mito di Michael Chang.

1990 Andres Gomez

La finale del ’90 sarà sempre ricordata come quella del toupet. “Prego. Non per una vittoria, ma affinché il mio parrucchino rimanga attaccato,” rivela Andre Agassi nel suo libro di memorie “Open”. Forse senza quel particolare, Andres Gomez non avrebbe mai vissuto quel momento da lui sempre sognato. Ma sarebbe anche ingiusto circoscrivere ad un singolo episodio la sua vittoria.

In semifinale Gomez aveva eliminato Thomas Muster 7-5 6-1 7-5 mettendo in mostra un gioco brillante. L’ecuadoriano la ricorda ancora come la miglior partita della sua carriera “perché non sbagliai una palla contro quello che era il miglior giocatore sulla terra del momento”. In finale con lo slice si sarebbe ripetutamente aperto il campo per poi scaricare il suo marchio di fabbrica: il dritto lungolinea.

Un 6-3 2-6 6-4 6-4 quello su Agassi che lo ha reso un eroe in patria, primo ed unico ecuadoriano a vincere un trofeo dello slam.

1997 Gustavo Kuerten

Alla vigilia del Roland Garros, Gustavo Kuerten è un giovane ventenne ai più sconosciuto. Nessun acuto, nessuna finale nel circuito maggiore e ranking al numero 66. I favoriti per la vittoria finale sono altri. Su tutti Marcelo Rios e Alex Corretja che si sono spartiti la vittoria nei Masters Series di Montecarlo e Roma. Poi c’è Pete Sampras, nel bel mezzo di una delle sue migliori stagioni; Thomas Muster, campione nel 1995 e Yevgeny Kafelnikov, campione in carica.

Questo però è il torneo delle sorprese. I primi ad abbandonare anzitempo il torneo sono Sampras – debilitato da un’intossicazione alimentare e superato da Norman – e Muster – sconfitto in cinque set proprio da Kuerten, 6-7(3) 6-1 6-3 3-6 6-4 – al terzo turno. Al quarto cadono anche Rios – sconfitto da Arazi – e Corretja – battuto da Dewulf. Bisogna aspettare i quarti per vedere Kafelnikov salutare il torneo. Ma soprattutto per meglio ammirare questo brasiliano dagli imponenti capelli ricci. Nel suo completo giallo-blu Diadora, Kuerten fa fuori Kafelnikov, 6-2 5-7 2-6 6-0 6-4, mettendo in mostra un prodigioso rovescio ad una mano per efficacia ed estetica.

Con il suo sorriso contagioso e i suoi baci al pubblico è amore a prima vista coi parigini. In semifinale supera 6-1 3-6 6-1 7-6(4) il belga Dewulf. Con Bruguera in finale parte nettamente sfavorito. Lo spagnolo nei primi anni novanta ha vinto questo torneo per due volte e Kuerten sulla terra ha un record negativo. Tutte preoccupazioni inutili. In finale è un monologo di Kuerten, che vince 6-3 6-4 6-2 diventando il secondo giocatore con la più bassa classifica a vincere un torneo dello slam – dopo Emondson che in Australia nel ’76 vinse da numero 212 del mondo.

Il cuore disegnato sul campo al termine dell’incontro è un vero e proprio atto d’amore verso un torneo che “Guga” vincerà altre due volte in carriera, nel 2000-01.

1999 Andre Agassi

Per Andre Agassi il Roland Garros vinto nel ’99 è l’ultimo ricordo forte e intenso, più di un successo. Avrebbe dovuto vincerlo nel ’90 e nel ’91, contro avversari inferiori, quando poteva giocare anche sul ghiaccio per come colpiva forte la palla e faceva soffrire gli avversari, ma poi l’evoluzione del gioco l’aveva portato a pensare che fosse impensabile vincerlo da 141 del mondo, a 29 anni.

In quel Roland Garros non avrebbe neanche dovuto giocare per problemi alla spalla, fu Brad Gilbert a convincerlo. Poi il caldo parigino gli diede una grossa mano. Andò vicino all’eliminazione con Clement e con Moya, ed anche con Medvedev in finale rischiò ritrovandosi sotto di due set. Fu in quel momento che entrò nella “zone”: la palla è grande e tutto è perfetto. Da lì in poi non ci fu più partita: 1-6 2-6 6-4 6-3 6-4.

“Alzo le braccia e la mia racchetta finisce sulla terra. Sto singhiozzando. Mi strofino la testa. Sono terrorizzato da quant’è bello. Vincere non dovrebbe essere così bello. Non dovrebbe mai importare così tanto. Ma è così, e non posso farci niente,” dice nel suo libro di quel successo, che fa di lui il secondo uomo dopo Rod Laver ad aver completato il career Grand Slam nell’era open.

2004 Gaston Gaudio

In Argentina si punta su Guillermo Coria e David Nalbandian per rinverdire i fasti di Guillermo Vilas, ultimo rappresentate albiceleste ad aver vinto al Roland Garros. Gaston Gaudio è numero 44 del mondo ed è considerato come semplice outsider. Un outsiders destinato a sorprendere tutti.

Nel cammino verso la finale Gaudio soffre con Novak al secondo turno e con Enqvist al terzo, ma dal quarto turno in poi va via veloce. Superato 6-3 7-6(5) 6-0 Nalbandian in semifinale, in finale trova Coria nella prima finale tutta argentina della storia del Roland Garros. Coria ha i favori del pronostico dalla sua. Scivola leggiadro sulla terra, si muove bene, anticipa i colpi e sembra impeccabile. Il primo set è un monologo, 6-0 in 24 minuti con soli tre errori forzati. Sul 2-0 Coria nel secondo, Gaudio interrompe l’emoraggia ma cede ancora una volta 6-3. La folla prova ad incitare Gaudio, che rinvigorito va a prendersi il terzo set 6-4. Qui si consuma il drammo sportivo: sull’1-1 del quarto, Coria accusa un problema alla coscia che lo costringe a chiamare il medical timeout. Al ritorno in campo non è più lo stesso. Il suo servizio a malapena raggiunge la rete, un calvario che lo porta a perdere 6-1 il quarto. La tensione però gioca brutti scherzi. Se ne rende conto a sue spese Gaudio, che con una serie di incredibili errori rimette in partita Coria, involatosi sul 4-2. Ne viene fuori una sfida di nervi, con Gaudio che recupera non senza aver annullato due championships point al suo avversario. Un errore di rovescio ed uno di dritto sanciscono un destino diverso per Coria. Dopo tre ore e mezza di battaglia vince Gaudio: 0-6 3-6 6-4 6-1 8-6.

Desolato, Coria va a sedersi. Ha appena subito un duro colpo che ne ridimensionerà l’intera carriera. Mentre per Gaudio sarà l’inizio di un lento declino.

2005 Rafael Nadal

Vincere al debutto ai French Open era riuscito solamente a Mats Wilander nel 1982. Un’impresa bissata da Rafael Nadal a soli diciannove anni nel primo dei suoi otto Roland Garros vinti.

Arrivato a Parigi da favorito, avendo vinto Montecarlo e Roma, Nadal conferma la sua superiorità. Non facile per un ragazzino ancora alle prime armi. Lungo il percorso che lo porta alla finale concede due soli set, uno al quarto turno a Sebastien Grosjean e un altro in semifinale a Roger Federer. Un altro riesce a strapparglielo in finale Mariano Puerta, lui sì vero outsider. L’argentino non ci sta a recitare il ruolo di vittima sacrificale e cede solo al termine di un match durato tre ore e 24 minuti, in cui è stato avanti d’un set oltre ad aver avuto la chance di allungare il match al quinto sul 5-4, 40-15 in suo favore.

“Ho giocato con la mia miglior testa ed il mio miglior tennis,” dirà Nadal al termine del match. Un match che cambierà la sua vita, come accaduto in passato a Borg, Wilander e Chang campioni a Parigi quando ancora adolescenti.

2009 Roger Federer

Vietato mancare l’appuntamento con la storia. Soprattutto se ti chiami Roger Federer e il Roland Garros è l’unico slam che manca alla tua collezione. Solamente un anno prima lo svizzero è stato brutalmente sconfitto in finale da Rafael Nadal (6-1 6-3 6-0), proprio come accaduto anche nei due anni precedenti. Lo spagnolo anche in questa edizione è il grande favorito.

Nei primi tre turni Federer supera Martin, Acasuso e Mathieu senza convincere particolarmente. Un giorno prima di scendere in campo per il suo match d’ottavi contro Tommy Haas, accade quel che non t’aspetti: Rafael Nadal viene sconfitto per la prima volta in carriera ai French Open. Per Federer è una ghiotta occasione, ma inevitabilmente la pressione cresce forte sulle sue spalle. Con Haas, Federer gioca male, va sotto 6-7(4) 5-7 3-4 e palla break. Con un prodigioso dritto inside-out che bacia la riga, Federer si salva. È il punto di svolta. Lo svizzero sale di livello e batte prima Monfils e poi un indemoniato Del Potro per approdare in finale dove in scena la resa dei conti con Robin Soderling, colui che ha provocato la grande sorpresa del torneo eliminando Nadal. Senza dimenticare le vittorie su Ferrer, Davydenko e Gonzalez.

In una finale giocata in maniera praticamente perfetta da Federer – con sedici aces, una sorprendente regolarità da fondocampo ed un uso intelligente e tempestivo della palla corta -, l’unica nota stonata è data dall’invasione di un sostenitore spagnolo, fortunatamente senza conseguenze. Dopo un’ora e cinquantacinque minuti di gioco, Federer può finalmente inginocchiarsi commosso. Si chiude il cerchio. L’aggancio a Sampras con il 14esimo titolo dello slam è compiuto, vincere il Roland Garros completando anche il career Grand Slam.

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