Luci azzurre. Giorgi di regolarità Errani col mestiere (Martucci); Errani, se non c'è Serena si vince (Valesio); Il ritorno di Sara «Come giocare alla lotteria» (Piccardi); Arnaboldi, ko e felice «Giocare uno Slam un regalo per i miei» (Sonzogni); Au revoir, piccola Li battuta dalla Francia dell'integrazione (Clerici); Wozniacki peggio di così... (Semeraro); La Wozniacki è distrutta, impari dalla Pennetta (P.V.) Lacrime francesi. Mladenovic felice Garcia arrabbiata (V.M.); Sono Karlovic il miracolato (P.V.); Ma Agassi odiava davvero il tennis? (Arturti / Ranzini); Sergio Tacchini di nuovo in campo per riavere il logo (Parola)

Rassegna stampa

Luci azzurre. Giorgi di regolarità Errani col mestiere (Martucci); Errani, se non c’è Serena si vince (Valesio); Il ritorno di Sara «Come giocare alla lotteria» (Piccardi); Arnaboldi, ko e felice «Giocare uno Slam un regalo per i miei» (Sonzogni); Au revoir, piccola Li battuta dalla Francia dell’integrazione (Clerici); Wozniacki peggio di così… (Semeraro); La Wozniacki è distrutta, impari dalla Pennetta (P.V.) Lacrime francesi. Mladenovic felice Garcia arrabbiata (V.M.); Sono Karlovic il miracolato (P.V.); Ma Agassi odiava davvero il tennis? (Arturti / Ranzini); Sergio Tacchini di nuovo in campo per riavere il logo (Parola)

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A cura di Davide Uccella

Luci azzurre. Giorgi di regolarità Errani col mestiere (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 28-05-2014)

“C’è Disney”. Basta la parola, e anche Camila Giorgi dallo sguardo sempre triste s’illumina ricordando i cinque anni in Francia nel lungo vagabondare alla ricerca di una casa tennistica fino all’approdo al centro tecnico federale di Tirrenia: «Mi ci trovo bene, è vicina a Firenze, è Italia». Disney è Parigi ed è Orlando: «Ho vissuto anche lì vicino, il mio personaggio preferito è Minnie. Non lo dimostro, ma mi diverto». Ci vuole un po’ per stuzziccare la timidezza della ragazza di Macerata col nasino all’insù, i vestitini pastello preparati da mamma Claudia, muscoletti giusti e potenza veloce, idee chiarissime nel vincere il braccio di ferro con la virago Jovanovski e nella sfida con la prossima, Kuznetsova: «Io gioco sempre uguale, penso sia positivo non cambiare perché cambi campo. Sulla terra dovrei giocarci un po’ di più, intanto sono contenta di aver vinto il primo match, giocando bene i punti importanti».

Grinta L’esperienza salva una Sara Errani perfettamente guarita dal professor Parra (i guai muscolari di Roma) contro Madison Keys. Fino al 5-1 sembra una passeggiata, come da classifica (numero 11 contro 40 del mondo). Ma, appena la romagnola accorda lo scambio e non carica più il top di dritto, l’americana prende fiducia e spara qualsiasi colpo a tutto braccio, cedendo il parziale solo per 7-5, ma non l’iniziativa che le vale il secondo parziale. Al terzo set, però, ci arriva con la lingua di fuori. E così, dopo due ore a correre, crolla 6-1, sommersa dai 68 errori non compensati dai 53 vincenti. Per la felicità dell’italiana promossa al secondo turno ma beccata dal pubblico quando ha protestato per il terreno scivoloso. Troverà Dinah Pfizenmaier, che deve il 90 del mondo al terzo turno a Parigi 2013, partendo dalle qualificazioni.

Cattiveria Andreas Seppi sta ritrovando le «sensazioni del 2012, quando, per 2-3 mesi, da Bucarest a Wimbledon, ho giocato con continuità al livello più alto, toccando l’apice forse coi 5 set con Verdasco al Roland Garros». Rispetto ad allora, rimpiange «la cattiveria, e quindi lo stimolo per riavvicinarmi ai primi 20». Intanto, domina in tre set Giraldo un po’ a sorpresa, malgrado il colombiano sia il primo degli esclusi fra le teste di serie e vicinissimo in classifica (n. 35 contro 33): «Quando ho visto il sorteggio non ero contento, sapevo che stava facendo bene quest’anno». Così sfida Juan Monaco: «Che non è quello di tre anni fa, ma ti fa giocare tante palle, sulla terra, e io dovrò essere aggressivo a comindare dal servizio. Ho perso partite di poco, che magari avrei dovuto vincere: con Berloq, da 4-1 al terzo, con Haas a Monaco, e ancora a Dusseldorf, con Istomin, devo metterci un più energia».

Primo passo Vincere il derby con Andrea Arnaboldi—ex promessa juniores esplosa a 26 anni dopo un anno con coach Albani a Bergamo —, ricorda a Simone Bolelli che non passava un turno Slam dal terzo turno di Wimbledon 2011. «Avevo bisogno di questo, sto servendo bene, sono aggressivo col dritto, sto cercando di impormi per primo, anche grazie alla racchetta Babolat con meno corde e più maneggevole che uso da settembre». Risalire in 30 giorni dal numero 380 al 150 (52 nella Race, la classifica stagionale), rilancia il 28enne dopo la seconda operazione al polso: «Non voglio mettermi pressione ma punto a rientrare prima possibile nei 100». Migliorare in difesa si può: «Non ho il primo passo di Fabio (Fognini), so che devo muovermi prima sulla risposta, ma col rovescio a una mano non è facilissimo e io tendo ad aspettare». Battere Ferrer, col quale ha già perso 4 volte su 4 si può: «Spingendo sempre, cercando il punto, non aspettando, lui copre il campo meglio ed è più veloce». Intanto l’Italia sorride con 3 donne e 3 uomini al secondo turno.

Errani, se non c’è Serena si vince (Piero Valesio, Tuttosport, 28-05-2014)

Sara Errani è tornata per riprendere il filo del discorso in un torneo di fondamentale importanza per l’azzurra visto che l’anno scorso arrivò alla semifinale. Senza i fattori destabilizzanti di cui sopra Sara, che comunque è reduce da una settimana di allenamento certo non perfetto, ha rischiato di perdere il filo del discorso quando era avanti 5-1 nel primo set e si fatta raggiungere; oppure dopo aver perso il secondo. Ma poi, tira che ti ritira, si è elevata a buoni livelli di sè stessa. Camila Giorgi ha avuto ragione della Jovanovski e ora è attesa da un test match probante contro la Kuznetsova. Applausi ad Andreas Seppi che ha vinto il match contro un Giraldo che era dato in grande condizione. E Boleili ha fatto suo il derby azzurro con Amaboldi. Sara è guarita dall’infortunio (forse da stress) che l’ha frenata in finale a Romacontro la Williams: Seppi supera Giraldo e Camila Giorgi la Jovanovski Sara Errani toma in campo dopo la sfortunata e per certi versi drammatica finale romana contro Serena e tutti a domandarsi: sta bene? lia smaltito l’infortunio alla coscia che le impedì di tenere testa alla regina? Ma certo che l’ha smaltito quell’infortunio. Anche perché non bisogna essere dei figli adottivi di Freud per sapere che nella testolina di Sara, così minuta nelle dimensioni e educata nei modi, si agita sempre un qualcosa, forse indotto dall’ansia, che a volte le provoca dei brutti scherzi. In quella domenica romana aveva uno stadio che le pesava sulle spalle: e la fatica di una settimana di torneo duro che le induriva i muscoli. I due fattori moltiplicati dal fatto di avere di fronte la più forte giocatrice del mondo hanno portato la sua gamba a inchiodarsi di colpo. Ieri nella umida sera parigina, lo Chatrier era popolato da manipoli di appassionati, non da una folla oceanica. E di fronte sara aveva un’altra americana che però non era Se-rana ma bensì Madison di cognome Keys: vogliosa di emulare la regina per la violenza dei colpi ma senza disporre la stessa costanza e la stessa lucidità tecnica. Condizioni tutto sommato ottimali (umidità a parte).

Il ritorno della Errani «Come giocare alla lotteria» (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 28-05-2014)

Sara è viva, sbendata dopo il deprimente infortunio alla coscia nella finale degli Internazionali dItalia, e lotta insieme a noi per sbucare al secondo turno di un Roland Garros grigio, freddo e uggioso, diventato subito palude per i vincitori dell’Australian Open: dopo la testa di serie numero 3 Wawrinka, travolto dallo spagnolo Garcia-Lopez (6-4, 5-7, 6-2, 6-o), a sorpresa esce dal torneo anche la numero 2 del mondo Li Na, fallosissima e crollata alla distanza (7-5, 3-6, 6-i) con l’enfant du pays Kristina Mladenovic, 21 anni, grande speranza del tennis francese. Su un campo pesante, contro un’avversaria che non le ha dato ritmo, l’americana Madison Keys, Sara Errani ha buttato al di là della rete cuore e fegato, soffrendo quasi due ore contro pronostico e contro ogni previsione (7-5, 3-6, 6i), «ma affrontare la Keys è come giocare alla lotteria, ti fa un punto pazzesco e poi sbaglia una palla facile, giocatrici così non sono facili da gestire tatticamente, fanno e disfano, costruiscono e smontano — spiega Saretta, lieta di aver portato a casa la ghirba —; nel secondo set, con il vento e la pioggia, si è complicato tutto ed è stato un disastro, ho anche chiesto Tema Il Í itomo della Erravi «Come giocare alla lotteria» all’arbitro di interrompere la partita e il pubblico mi ha fischiato, ma in quelle condizioni era pericoloso per chi, come me, corre tanto… Lei si limitava a sparare fucilate da fondocampo». Più facile il compito di Camila Giorgi, che a 22 anni affronta lo Slam parigino per la terra volta in carriera (solo la seconda partendo dal tabellone principale). Due set (6-4, 6-3) le sono bastati per aver ragione della serba Jovanovski, ma il vero test per Camila sarà il secondo turno contro la russa Svetlana Kuznetsova, un trionfo (2009) e una finale (2006) a Parigi. Vince Seppi, numero 2 d’Italia, che regola con autorevolezza un rivale scomodo (il colombiano Giraldo, Ico. 6-3, 7-5, 6-3) e dal derby italiano di seconda fascia esce a testa alta il più forte, Simone Bolelli, killer di Andrea Arnaboldi (6-4, 6-4, 6-2), 26enne di Cantù al debutto nel tabellone principale di un Grande Slam C’è sempre una prima volta Quella della Wozniacki da single (lasciata dal golfista Mcfroy sull’altare) è già finita. Forza Caroline, meglio eliminate al primo turno che male accompagnate.

Arnaboldi, ko e felice «Giocare uno Slam un regalo per i miei» (Cristian Sonzogni, Gazzetta dello Sport Milano & Lombardia, 28-05-2014)

«Questa settimana, la prima in uno Slam, è un regalo che faccio a mamma e papà. Mi sono sempre stati vicino, mi hanno aiutato nei momenti di difficoltà e se ora sono qui è soprattutto grazie a loro». Andrea Arnaboldi ha appena perso per 6-4 6-4 6-2 con Simone Bolelli nel primo turno del tabellone principale del Roland Garros, quando dedica il primo pensiero ai genitori, Alberto e Mannella, presenti a bordo campo a tifare. «In fondo è quello che sogni da bambino, no? Vedere la famiglia che ti segue nei tornei più importanti del mondo». Poco importa che, dopo la cavalcata trionfale delle qualificazioni, sia arrivato lo stop sul più bello, peraltro non del tutto inatteso visti i due precedenti di poche settimane fa in favore di Bolelli.

Servizio «Non sono deluso, perché in fondo non ho giocato male, sono stato molto vicino al mio avversario nei primi due set e persino nel terzo, quando non ho sfruttato diverse occasioni per rientrare». Il momento decisivo è arrivato nel secondo parziale. «Sicuramente: quando ho recuperato il break, portandomi sul 4-4, l’inerzia del confronto poteva Arnaboldi, ko e felice «Giocare uno Slam un regalo per i miei» II canturino fuori al 1 turno del Roland Garros con Bolelli: «Ora punto a entrare tra i top 100 Atp» girare dalla mia parte, ma ho perso subito la battuta e in seguito è stato tutto più complicato». Proprio nel rendimento al servizio sta il rammarico maggiore del ventiseienne di Cantù, che resta comunque il primo giocatore lombardo in grado di entrare nel main draw di Parigi undici anni dopo Giorgio Galimberti. Un po’ di autocritica c’è, ma senza dimenticare i meriti altrui: «Potevo essere più aggressivo, sì, ma Simone ha giocato alla grande. Si vede che è in ottima condizione, me lo aspettavo e lo ha confermato».

Sull’erba Il futuro adesso è più sereno: meno timori e ambizioni importanti, per esempio entrare tra i top 100 Atp: «Certo, come dice il mio allenatore Fabrizio Albani, è il mio obiettivo. Ma lo era pure prima di Parigi. Nelle prossime settimane giocherò i Challenger di Mestre e Caltanissetta, poi le qualificazioni di Wimbledon. Sull’erba potrei divertirmi, ho il gioco adatto per fare risultato anche lì». Ma che voto merita, Arnaboldi, per questo Roland Garros? «Sette e mezzo nei primi tre incontri, sei per la sconfitta con Bolelli. Sono felice, sì. E torno in Italia con tanta fiducia in più».

Au revoir, piccola Li battuta dalla Francia dell’integrazione (Gianni Clerici, La Repubblica, 28-05-2014)

Avrei desiderato sentire l’opinione della Signora Marine Le Pen sull’apoteosi patriottica che ha seguito il successo della francese Kristina Mladenovic, ma una segretaria squisita, con la quale mi ero spacciato per il Professore che diede la laurea al figlio di Bossi, mi ha annunciato che, oggi, Madame era occupata. La mia curiosità derivava anche dal fatto che, a seguito dell’amicizia con alcuni giornalisti locali, ero venuto a sapere che non uno solo, ma entrambi i genitori della splendida ragazza dalla biondissima treccia erano serbi, tutti e due pallavolisti, felicemente integrati in un paese che già aveva accolto i non meno noti Goldoni e Rossini.

Al di là di una ovvia ammirazione, il mio interesse per la Mladenovic derivava dal fatto che l’ avevo vista nella vi ttoriosa partita contro la mia cara Lina, seconda favoritadel torneo, che da Roma non fa che incespicare sulle gambe tatuate di funebri cerotti color nero . Ho già scritto in proposito il proverbio di un antichissimo allenatore della Juventus, Eraldo Monzeglio, il quale affermò »sono le squadre vincenti a rendere famosi gli allenatori». Sta accadendo il contrario a Lina da quando, come già pronosticavo, si era affidata a Carlos Rodriguez. Allenatore dell’impareggiabile Herein, e ritenuto dunque – a torto – un grande grazie all’allenata. La mia curiosità sull’ origine de i genitori della Mladenovic è stata alfine soddisfatta da un collega che aveva votato contro l’Europa, e che mi ha annunciato soddisfatto la generosa filosofia del suo schieramento: »Non offriresti la cittadinanza a Naomi Campbell?».

Confortato nei miei dubbi, mi sono allora rivolto ad un altro incontro femminile, quello della Wickmayer contro la Wozniacki, precipitata, nei due anni di attesa matrimoniale, dal ni al n.13. E mi è stato spiegato da un intimo amico che la poverin a ancora non si era riavuta dall’abbandono del golfista Mcllroy, recente vincitore del PGA di Wentworth, che aveva avuto il coraggio di dichiarare: Alla vista dei bigliettini per il party matrimoniale, mi Sono reso conto di un equivoco del tipografo».

Mancava, a questa giornata poco felice per le campionesse, un paventato inciampo di Sara Errar contro un’americana dal nome fatidico di Madison (lo stadio) e Key (laChiave). Un’incredibile colpitrice di punching balls tennistiche, che avrebbe terrorizzato noi patrioti, ma non Sarita, capace una volta di più di salvataggi dovuti a grande intelligenza umana. Sara è dunque ancora tra noi, cosi come Camila Giorgi e Andreas Seppi, vincitori di match non facili, e con molto merito.

Errani lotta e vince, Li Na torna a casa (Alessandro Nizegorodcew, Il Tempo, 28-05-2014)

Sara Errani vince ma non convince. Reducedall’infortuniooc-corsole a Roma, la romagnola ha superato la statunitense Madison Keys 7-5 3-6 6-1 sudando le proverbiali sette camicie. Dopo un vantaggio iniziale di 5-1, la Errani si è fatta rimontare sul 5-5 chiudendo però abilmente 7-5. Nel secondo set le redini del gioco sono passate nelle mani della 19enne dell’Illinois, che ha tirato vincenti su vincenti conquistando il parziale meritatamente 6-3. Grande equilibrio nei primi giochi del set decisivo, prima dell’allungo decisivo della Errani, che con il passare dei minuti è tornata imbrigliare tatticamente il potente gioco della giovane «yankee». Ad attendere «Salita», che ha portato a 6 il numero degli italiani al secondo turno, ci sarà la tedesca Pfizenmaier.

Prima vittoria in carriera a Parigi per Camila Giorgi. La marchigiana, seguita al Roland Garros da papà Sergio e dal tecnico Daniele Silvestre, ha superato la serba Jovanovski 6-4 6-3 disputando nel complesso un ottimo match ricco di colpi spettacolari. Intrigante sfida al prossimo turno contro Svetlana Kuznetsova, vincitrice al Roland Garros nel 2009. Ottima affermazione anche di Andreas Seppi, bravissimo a battere 6-3 7-5 6-3 il colombiano Giraldo, uno dei tennisti più informa del momento. Il derby azzurro tra Simone Bolelli e Andrea Arnaboldi è finito nelle mani del primo, abile afarvalere la maggioresperienzae pesantezza di palla. Bolelli, che non vinceva un match in uno Slam da Wimbledon 2011, se lavedrà al secondo turno con Ferrer. Non era mai accaduto al Roland Garros che i vincitori degli Australian Open uscissero lo stesso anno al primo turno a Parigi. L’eliminazione a sorpresa di Li Na (7-5 3-6 6-1 dalla Mladenovic) e Wawrinka (6-4 5-76-2 6-0 daGarcia-Lopez) rappresenta dunque un nuovo record negativo. Fuori anche Dimitrov e Wozniacki, mentre avanzano Monfils, Murray, Ivanovic, Jankovic e Halep. Oggi per l’Italia in campo solo la Pennetta, che se la vedrà al secondo round contro la svedese Larsson.

Wozniacki peggio di così… (Stefano Semeraro, Il Corriere dello Sport, 28-05-2014)

La fine di un amore fa sempre male, ma raramente in parti uguali. Prendete Rory Mcllroy e Caroline Wozniacki, la ex coppia d’oro dello sport mondiale finita in frantumi alla fine della scorsa settimana. Lui ex n.1 del golf, lei ex regina del tennis, dopo due anni di flirt e bisticci in Australia si erano ufficialmente fidanzati e Rory aveva anche sganciato 15.000 dollari per l’anellone rituale. I1 matrimonio era già fissato e (quasi) organizzato, ma alla vista degli inviti che partivano Rory si è sentito i “piedi freddi’; come dicono gli anglosassoni, e si è tirato indietro («Ho capito che non ero pronto a tutto ciò che comporta il matrimonio»), lasciando la sua bella in lacrime a Parigi alla vigilia del Roland Garros. Solo che lui nel week end, nonostante fosse «distrutto dal dolore», se ne è andato a Wentworth a vincere un trofeo pesantissimo, il Bmw PGA Championships, mentre la bella “Caro” ieri si è fatta battere al primo turno (7-6 4-6 6-2) dalla manesca belga Yanina Wickmayer.

Lui di nuovo single, vincente e in risalita nel ranking – da n. 10 a n. 6 – anche se dopo aver alzato la coppa ha rinunciato allo champagne proprio per rispetto all’ex-promessa sposa. Lei, che nell’ambiente del golf era sempre stata vista come una “rovinacarriere”, alla fine sedotta e abbandonata, umiliata e offesa, insomma eliminata (in tutti i sensi). Gli uomini, anzi i golfisti, che mascalzoni.

«La rottura è stata un bello choc», ha ammesso dopo essere uscita con qualche luccicone dal campo la biondissima danese, oggi n.14 Wta, che nei giorni scorsi ha incassato la solidarietà di quella che avrebbe dovuto essere la sua damigella d’onore, Serena Williams – con la quale si è anche concessa un’uscita parigina fra donne puntualmente immortalata su Instagram. Da tifosa sfegatata del Liverpool, “Caro” aveva commentato che i messaggi d’affetto (di fanno capire che non camminerai mai sola», ma dietro l’allegria dei cori resta la ferita del cuore. «Quello che capita nella vita privata deve restare nel cerchio delle persone che mi sono vicine – ha aggiunto – ora devo ripartire. Prima del match ho cercato di concentrarmi solo sul tennis, e sul mio ginocchio che non è al cento per cento. Non so cosa farò la prossima settimana, ma devo prepararmi a Wimbledon».

Per ora le andata proprio buca, povera “Caro’: Fra l’altro non è neanche la prima volta che finisce cosl fra court e green, vista la fine ingloriosa di altre love story simili fra numeri 1 delle due discipline: la serba Ana Ivanovic e l’australiano Adam Scott, la leggendaria Chris Evert e il mitico Greg Norme, “aussie” pure lui. Anche Martina I lin-gis ebbe un fugace flirt con lo spagnolo Sergio Garcia, campione sì ma di lignaggio inferiore.

SUPER MURRAY? Per una coppia che si disfa, una che si sta formando, anche se qui si tratta di un rapporto professionale. John McEnroe pare sempre più vicino a diventare il coach di Andy Murray, il campione di Wimbledon che ieri ha passato il turno superando con qualche incertezza Golubev in quattro set. Per allenarsi Supermac ha ripreso a toccare le corde: quelle della chitarra, non della racchetta, da musicista ospite di “Stockholm; il nuovo album da solista di Chrissie Ilynde, ex leader dei Pretenders. Meglio il rock dell’amore?

La Wozniacki è distrutta, impari dalla Pennetta (Piero Valesio, Tuttosport, 28-05-2014)

Ci sono brutti che piacciono e belle che ad un certo punto non piaccono più Ieri Caroline Wozniaclá ha giocato il suo primo match dopo che il suo promesso sposo Rory Mcllroy l’ha piantata con un comunicato. La bionda danese la botta l’ha accusata, eccome se l’ha accusata. Ha perso contro la Wickmayer lottando ma ha perso comunque ed è uscita dal campo con un volto che tradiva i suoi pensieri: furia e rabbia contro il mondo o quasi. Anche perché, dopo la rottura, il suo ex- nubendo golfista ha pensato bene di vincere domenica a Wenthwort; fatto sportivo che può riuscire solo se, brutalmente detto, ti sei tolto un peso. Caro invece il peso l’aveva tutto sulle spalle quando è uscita dal campo, delusa e sconfitta. I più ricorderanno la frequentemente citata Flavia Pen-netta che dopo la dolorosa rottura con Moya si proscigò nel senso leterale del termine: un romanziere di fine ottocento avrebbe detto che si era consumata. Per fortuna sua e nostra Flavia è tornata splendida, anzi più splendida di prima. La Wozniaclà avrà davanti a sé un cammino non facile, dovrà rimettere assieme i pezzi. Ma poi, alla fine, il tennis aiuta.

Lacrime francesi. Mladenovic felice Garcia arrabbiata (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 28-05-2014)

Piangono le speranze di Francia. Piange felice, Kristina Mladenovic, 2lenne, numero 103 del mondo, dopo l’impresa di 2 ore contro Li Na, 2 della classifica e del torneo, e regina del Roland Garros 2011; piange inconsolabile, fra le braccia di papà, Caroline Garcia, 20enne, 43 del computer, dominata in un’oretta da Ana Ivanovic. Secondo i numeri e i pronostici, l’epilogo poteva essere opposto. Ma così è il tennis, così è lo sport, dove bisogna cogliere l’attimo.

Riscatto Kiki, la bionda dai denti radi, col sangue da campionessa di mamma Dzenita (pallavolo) e papà Dragan (pallamano), già campionessa, da junior, di Parigi, e, da pro, di doppio misto a Wimbledon 2013 ed Australian Open 2014, dopo tanti balbettii in singolare, trova una giornata super proprio a Porte d’Auteuil, davanti alla folla che ringrazia, commossa, sul Suzanne Lenglen dov’era finita da vittima predestinata: «Che vittoria, davvero grande, non batti Li Na Tutti i giorni, la rispetto, mi piace tanto, è un esempio e una campionessa Slam, ho sempre creduto in me stessa e ho dimostrato che col lavoro posso migliorare». Il successo nasce dall’ostinazione: «Mi sono concentrata su servizio e risposta, ho spinto tanto col mio dritto sul suo, e l’ho presa alla gola».

Pressione Caroline la brunetta flessuosa, concittadina di Amelie Mauresmo, arriva motivatissima dal primo titolo Wta (a Bogotà) e dai quarti a Madrid, battendo, da qualificata, la 7 del mondo, Kerber e la 10 Errani, prima di cedere con Radwanska in 3 set, e invece naufraga: «È stato un po’ troppo, per me, nelle ultime settimane ho sentito la pressione e non sono potuta essere la persona che sono di solito. Qualche volta lo stress è positivo, stavolta non l’ho gestito: in campo ero come un trattore, ferma. Non m’era successo su un campo così grande di sentirmi sola». Confusa e fallosa, cede contro l’Ana Ivanovic che non t’aspetti: «Temevo molto questo match, ho insistito da subito nell’attaccarla, sono andata in vantaggio, ho preso fiducia». Ana, campionessa a Parigi a 19 anni, riesplosa a 26, dopo qualche problema d’assestamento.

Sono Karlovic il miracolato (Piero Valesio, Tuttosport, 28-05-2014)

L’eterno mito del brutto che piace non passa mai di moda. E per piacere, Ivo Karlovic, deve proprio mettercela tutta. Perché madre natura con lui è stata schizoide: da un lato gli ha donato un servizio spaventoso (Ivo è il recordman del numero di ace messi a segno in una sola partita, 78) che potenzialmnte poteva fare di lui un ostacolo insuperabile per chiunque. Dall’altro però non è stata generosa sul piano dell’appeal, se non proprio del fascino fisico puro e semplice. Come già successo ad un altro non bellissimo del circuito, Davydenko (che a Wimbledon non giocherà a sta seriamente pensando di appendere la racchetta al chiodo), Ivo ha trascorso lunghe fasi della sua carriera indossando magliettino no-logo Lappa «Mi sono svegliato un mattino e non ricordavo nemmeno il mio nomee non già perché seguace dei movimenti ispirati da Naomi Klein; ma perché semplicemente nessuna azienda era disposta ad aprire i cordoni della borsa per dotarlo di abbigliamento tecnico adeguato. Nessuno che mai abbia detto esplicitamente il perché, ovvio: c’era da perderci la faccia (la loro). Ma la realtà era questa: Ivo non era così seducente da consentire un investimento di livello. Una cosa è fare di Sampras (avete notate che pare il separato alla nascita di Tsipras, il politico greco protagonista che in Italia nelle elezioni di domenica scorsa?) di Agassi, di Nadal o di Federer dei testimonial dei propri marchi: altra cosa è farlo di un lunga-gnone croato che spara servizi a 251 l’ora, che non vince poi tantissimo e che soprattutto ricorda, in parti-colar modo quando è sotto sforzo, un rapace che ti guarda minaccioso.

Sindrome Il brutto che piace quest’anno piace di più perché sta vincendo, e manco poco, sulla superficie che dovrebSponsor spietati A bingo nessuno voleva vestido: tira a 250 all’ora ma non è glamour be favorirlo di meno: la terra. Segno che in età avanzata (in perfetta controtendenza con il resto del circus) siè scoperto capace non solo di botte da fermo e di smash di chiusura; ma anche di tocchi morbidi e di pazienza. Dopo aver perso due forali (a Memphis e la settimana scorsa a Dusseldorf) ieri si è concesso il vezzo di mandare a casa (piazzando comunque 21 aces) Grigor Dimitrov che proprio non vuole saperne di sfondare quella fragile parete che lo separa da un fulgido futuro. E’ ipotizzabile per lui qualcosa di simile alla sindrome di Coulthard. Quando il pilota di F1 usci salvo da un incidente aereo, prese a vincere a gare e fors’anche a godersi la vita più di quanto ave-se fatto prima. Perché il rischio di perderla la vita tela fa assaporare in un modo diverso, quando esci dal tunnel. Nell primavera dell’anno scorso Ivo si svegliò un bel mattino senza nemmeno ricordare il proprio nome. Con un gran mal di testa e il braccio destro bloccato. La prima diagnosi (si trovava a Miami) fu, ovviamente di ictus. Poi di conseguenze da morso di insetto. Alla. fine fu chiaro che si trattava di un attacco tremendo di meningite virale. «Roba da non crederci, non sapevo se sarei mai più tomato a giocare. Ora mi sento senza nessun tipo di stress, essere tomato a giocare ha rappresentato per me una specie di bonus. I dottori non sapevano se mi sarei ripreso al 100%, è stata molto lunga, soprattutto quando ero senza conoscenza. Se la crisi fosse durata ancora un po’ ci sarebbero state gravi conseguenze» racconta lui. Va da sè che quando puoi riprendere a giocare a tennis, anche girovagando per i challenger, ti senti una sorta di dio. E il buon Ivo (che tra l’altro è un bonaccione) ora può concedersi il lusso di vivere giornate come quella di domenica e quella di ieri con un gusto ad altri sconosciuto. Scusate se è poco. Per lui, soprattutto.

PortoFranco – Ma Agassi odiava davvero il tennis? (Franco Arturti / Domenico Ranzini, La Gazzetta dello Sport, 28-05-2014)

Ma Agassi odiava davvero il tennis? Da grande appassionato di tennis, vivo giorni e settimane di fibrillazione: Montecarlo, Madrid, Roma e adesso Parigi. Sono convinto di seguire il più affascinante degli sport, in grado di tirar fuori tutto dai protagonisti, anche dal punto di vista umano. Vedo la rabbia agonistica di Nadal, la voglia di Federer nonostante gli anni, quella di Serena Williams, e poi Djokovic, il rampante Raonic… Vedo la loro dedizione e la confronto con quell’«io odio il tennis»» letto in un libro che ho peraltro divorato, «Open»», di Andre Agassi. Ma è possibile che proprio lui odiasse davvero questo sport per cui soffriva e gioiva? Domenico Ranzini (Bergamo)

Mi fa piacere che mi dia lo spunto per parlare di uno dei più bei libri mai scritti nell’ambiente dello sport, venduto nel mondo a milioni di copie, ben 400 mila delle quali in Italia (dove è stato pubblicato da Einaudi), il Paese fuori dagli Usa dove ha avuto il maggior successo. Pensate che a tre anni dall’uscita «Open»» figura ancora nelle classifiche dei più richiesti. Successo meritatissimo: un testo da non perdere per la maestria del racconto, la profondità di analisi dei personaggi, la ricchezza di dati, la raffica di giudizi mai banali.

Ma per tornare alla sua domanda, la risposta è un secco no. Si è trattato di un artificio letterario per attirare l’attenzione. Probabilmente un consiglio del «ghost-writer», lo scrittore e giornalista americanoJ.R. Moehringer, il cui nome per vezzo non compare sulla copertina, ma che è chiaramente individuato e ringraziato nella postfazione di Andre. Nel campo della costruzione del racconto, Moehringer (vi raccomando i suoi romanzi «Il bar delle grandi speranze» e «Pieno giorno») vale l’Agassi tennista. Perché mostro tanta sicurezza sull’odio? La ragione, senza cadere in psicanalisi fai-da-te, è chiarissima dal contesto: Andre non odiava il tennis ma il padre-padrone, nel terrore che il genitore non lo amasse in quanto tale ma soltanto in quanto possibile campione di tennis. E’ una situazione umana insostenibile, da cui si cerca di fuggire in ogni modo, spostando il sentimento negativo su qualche altra cosa, nel nostro caso il tennis.

Del resto, chiunque ha seguito almeno in parte la parabola umana e tecnica di Agassi, una carriera durata vent’anni, piena di exploit, cadute, ritorni, trionfi, ha notato tutt’altro nelle espressioni genuine di questo ragazzo sensibile e problematico, che cercava di manifestare il suo disagio interiore con improbabili tenute punk. Dal suo gioco emanava, al contrario, grande amore per la racchetta e piena sintonia con i gesti del campione. Altro segnale evidente che le cose stavano così il suo matrimonio con Steffi Graf, una ragazza che aveva dovuto subire condizionamenti non molto dissimili dai suoi a sua volta dal padre: un vissuto comune che certamente li ha uniti ancor di più. Divertente e significativo nel libro il primo incontro-scontro dei consuoceri, che stava per finire a pugni. Un’altra prova? II bellissimo epilogo della vita sociale di Andre, vale a dire la realizzazione della sua «Andre Agassi Foundation for Education», splendida impresa rivolta a dare una scuola d’avanguardia e un ambiente protettivo a bambini meritevoli e poveri di mezzi. II ragazzo di Las Vegas ha voluto dare ai più piccoli le cure, l’assistenza e l’affetto di cui si era sentito privato.

Dunque un piccolo trucco giornalistico che scusiamo volentieri: il libro trasuda grandi verità, almeno tutte quelle che si possono raccontare, e splendidi scorci sulla vita del campione. Un’altra scivolata, un po’ gratuita, è l’aggettivo «ottuso» speso ingenerosamente per il grande rivale Sampras, che più avanti è, al contrario, ricoperto di stima, ammirazione e anche affetto. Si sa, nei titoli delle recensioni, finiscono le frasi più forti, magari staccate dal contesto. Il libro non ne aveva bisogno perché è un capolavoro di suo e nessun appassionato di sport dovrebbe privarsene.

Sergio Tacchini di nuovo in campo per riavere il logo (Stefano Parola, La Repubblica, 28-05-2014)

Oltre che per i suoi colpi imprevedibili, un po’ ci si ricorda del grandeJohn McEnroe pure per quella fascetta in mezzo ai ricci e per quella “T” cerchiata sui suoi completi da tennis. È il simbolo della Sergio Tacchini, l’azienda d’abbigliamento di Novara fondata dall’omonimo tennista. Oggi quel logo esiste ancora, ma è finito un po’ nell’ombra. Fu la stessa famiglia Tacchini a cederlo a ungruppocinese nel 2007. Adesso, a sette anni didistanza,l’imprenditore novarese continua a occuparsi di vestiti sportivi con la sua Sandys, però rivuole indietro la sua “creatura”: «Desideriamo ripartire dalle nostre origini e rilanciare il marchio», spiega suo figlio Alessandro, amministratore delegato dell’azienda di famiglia.

Da quando il logo è finito in mano orientale, la Sergio Tacchini ha perso diversi “pezzi” per strada prima è toccato alla storica sede di Caltignaga, poi alla rete dei negozi e ora sembra traballare pure lo stabilimento di Bellinzago, dove ormai la forza lavoro è un ventesimo di quella dei tempi d’oro e si occupa soltanto di aspetti commerciali. Oggi il marchio è infatti nelle mani della Sergio Tacchini International, una società italiana di proprietà cinese che è in liquidazione e che un anno fa ne ha concesso la licenza alla Wintex Italia, che fa capo allo stesso gruppo Sergio Tacchini di nuovo in campo per riavere il logo Proposta al gruppo cinese che controlla il marchio “Potremo riportare la produzione a Novara” orientale. E in questo intreccio societario che la Sandys vorrebbe inserirsi: «Abbiamo presentato – racconta Alessandro Tacchini – una proposta d’affitto di ramo d’azienda funzionale all’acquistodel marchio. Parliamo di cinque milioni, più un pacchetto di altre risorse che investiremoperilrilancio. Sappiamo chela nostra offerta è migliore rispetto ai contratti oggi in essere con la Wintex». Dove sta l’inghippo? «Abbiamo dato come scadenza il 30 maggio, ma a due giorni di distanza non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta», risponde l’amministratore delegato.

La famiglia dell’ex tennista novarese ha predisposto un piano ambizioso: «Appena avremo modo di riprendere la gestione delle licenze – spiega Alessandro Tacchini – cercheremo di centralizzare e coordinare la produzione, che in parte potremmo anche riportare a Novara, dove c’è un comparto tessile interessante. Soprattutto, vogliamo dare nuova visibilità al marchio con una serie di sponsorizzazioni e sfruttarlo nel tennis ma pure nello sci e nel tempo libero in generale». Insomma, è «un’operazione di tipo sia economico che affettivo, perché mio padre è legatissimo all’azienda che ha creato nel 1966», dice Alessandro Tacchini. II sindaco di Novara Andrea Ballarè incrocia ledita: «Qui ci sono professionalità, tradizione, competenze. E anche gli spazi. Il percorso intrapreso della famiglia Tacchini va sostenuto».

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