Un ciclone su Parigi. Fuori le Williams Ecco MaxiTaylor (Martucci), Pennetta, crollo inatteso: «Sono una cretina...» (V.M.); Il freddo di Serena torna subito a casa con Venus e Flavia (Clerici); Williams la caduta delle dee (Semeraro); Serena trova la giustiziera (Azzolini); Parigi perde Serena ma scopre il fenomeno Townsend «Io grassa? Non tutti hanno la stessa forma del corpo...» (Piccardi); Tacchini, 5 milioni per il marchio «Torneremo ai tempi di McEnroe» (Crivelli); Ma è corsa a due (Bello)

Rassegna stampa

Un ciclone su Parigi. Fuori le Williams Ecco MaxiTaylor (Martucci), Pennetta, crollo inatteso: «Sono una cretina…» (V.M.); Il freddo di Serena torna subito a casa con Venus e Flavia (Clerici); Williams la caduta delle dee (Semeraro); Serena trova la giustiziera (Azzolini); Parigi perde Serena ma scopre il fenomeno Townsend «Io grassa? Non tutti hanno la stessa forma del corpo…» (Piccardi); Tacchini, 5 milioni per il marchio «Torneremo ai tempi di McEnroe» (Crivelli); Ma è corsa a due (Bello)

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A cura di Davide Uccella

Un ciclone su Parigi. Fuori le Williams Ecco MaxiTaylor (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 29-05-2014)

Fermi tutti: dalle 16.56 alle 19.25, un ciclone s’abbatte sul Roland Garros e forse sul tennis tutto. È Taylor Town-send, la 18enne afroamericana dalla fenomenale velocità di braccio e dalla straordinaria propensione offensiva che, a dispetto di qualche chilo di troppo (secondo i dati ufficiosi è 1.70 per 79 chili), da appena 205 del mondo, peraltro all’esordio al Roland Garros, doma la volpe di casa Alizé Cornet (n. 21), qualificandosi al terzo turno. La mancina allenata dall’ex pro Zina Garrison, già prima statunitense a salire al n.1 del mondo juniores dal-l’82, è entrata in rotta di collisione col capo-tecnico Usta, Patrick McEnroe, che l’aveva esclusa dalle wild card perché non era a dieta ferrea. È entrata in tabellone a Parigi con un invito-premio, da vincitrice dell’Har-Tru Usta Pro Circuit Challenge. E fa parlare già tantissimo di sé, imponendo la sua musica personalissima, lei che da due anni suona il violino, anche al pubblico sciovinista del Philippe Chatrier. Vince il primo set a forza di spallate, cede il secondo da 4-1, con l’avversaria che orchestra la «Ola» dei connazionali, e nel terzo si fa drammaticamente riprendere da 5-1 a 5-4, ma poi chiude al quinto match point dopo due ore e mezza da ricordare. Commossa, dopo aver letto tanti «pizzini» ai cambi-campo e aver infilato 43 vincenti e 55 errori. Poi balla in campo: «È una danza di Atlanta, si chiama NaeNae, sembra piaccia al pubblico, spero di non essere sembrata stupida». Ringrazia Murray per un tweet di complimenti («Adoro sua madre»), si stupisce che Serena abbia perso e ammette: «Sì, sono dannatamente brava».

Terremoto Prima, cadono le capostipiti del tennis afroamericano, le sorellone Williams. «Brava, se continui così vinci il torneo», crolla serena, Serena. Meglio fare i complimenti all’awersaria per il 6-2 6-2 che affossa, già al secondo turno, la n.1 del mondo e del Roland Garros, sulla scia del k.o. della numero 2, Li Na: una Waterloo inedita negli Slam Open, (dal 68). Del resto, giovani donne crescono, dalla 2lenne di Francia, Kiki Mladenovic che abbatte martedì la muraglia cinese, alla 20enne Garbine Muguruza, chiamata a ottobre-novembre a decidere se giocare da venezuelana (come mamma) o da spagnola (come papà), che sorprende mercoledì la Tyson del tennis, alla 19enne slovacca Anna Schmiedlova che rimonta l’altra Williams, Venus.

Freddezza Garbina Muguruza è una stella annunciata, alta 1.82. buon servizio, buona propensione offensiva, solidi risultati quest’anno (primo titolo a Hobart e finale a Florianopolis) e venera Serena: «L’avrò vista 100 volte alla tv, da bambina sognavo di batterla proprio sul centrale di uno Slam, perciò è stato ancor più difficile restare calma e considerarla un’avversaria qualunque. Non come l’anno scorso in Australia, quand’ero molto più inesperta». Infatti aveva racimolato appena due games. Ora è diverso: «La nuova generazione sta arrivando. E io ho insistito dall’inizio a tagliarle gli angoli, per evitare che mi facesse correre, e sono stata sempre aggressiva».

Verde Due anni fa, al Roland Garros, s’era fatta già sorprendere, all’esordio, dalla francese Razzano: «Non ha funzionato niente, non potevo servire, è stato uno di quei giorni che odio, soprattutto negli Slam, ma lei non l’avevo mai vista giocare così bene. Ora torno a casa e lavoro cinque volte di più per non perdere più. Una cosa è certa: a Parigi non vestirò più di verde». Verde come l’età delle castigatrici, orgogliose di una prorompente fisicità che, ancora una volta, le Williams non hanno. Venus commette 47 errori gratuiti, 23 nel terzo set, quando s’affloscia: «La mia percentuale di prime è scesa troppo, ed ero troppo impaziente. Ma la mia avversaria è molto brava, e lo diventerà sempre di più». Finora Anna era nota per la finale 2012 del Roland Garros under 18. Che derby sarà domani con Muguruza? Da Barcellona Garbine Muguruza, 20, n.35 del ranking, nel 2014 ha vinto a Hobart. II miglior risultato negli slam è l’ottavo di finale a gennaio in Australia La regina in diffiooltà e l’erede In alto la delusione di Serena Williams, 32 anni, Sopra Taylor Townsend, 18 ami dl Chicago, n. 205 del mondo, alla fine del torneo sarà tra le prime 150. In doppio è stata finalista nel 2013 a Washington con la canadese Bouchard.

Il freddo di Serena torna subito a casa con Venus e Flavia (Gianni Clerici, La Repubblica, 29-05-2014)

LA STORIA di Serena sembrava scritta. Questa mattina, el piccolo Hotel della Porte d’Auteuil, frequentato da giornalisti e aficionados, appariva un signore che reggeva un bozzetto. Visto dai saluti dei miei colleghi inglesi che non era per nulla sconosciuto, la mia evidente curiosità per il dipinto lo spinge a presentarsi, Mr Bell. Poiché da cinquantanni colleziono quadri di soggetto tennistico, mi spingo ad ammirare la copia di un dipinto che finirà al Museo di Wimbledon, e mi complimento nel ravvisarvi una Serena Williams che sfiora, ma non raggiunge la palla che l’ha costretta ad un gesto alla Rodin, magnifico ancorché fallito. Preso l’indirizzo di Mr. Bell, per l’eventuale acquisto di una copia, mi chiedo se il nostro Incontro non sia una coincidenza, rimemorando una sconfitta in primo turno, nel 2012, contro la Razzano, una delle mille emigrate da un paese come l’Itaglia. Non faccio a tempo ad arrivare alla sala stampa e, lasciati i ferri del mestiere a controllare che sul campo n. 6la mia amata Pen-netta sia avanti un set e 3 a0 contro una svedesotta a nome Lars-son, che il miovicino di banco mi invita a guardare il suo televi sore. E mi feriscono le immagini di una Venus bellissima ma sofferente, forse ancora per il morbo di Sjogren che, dall’anno passato, la tormenta. Non faccio a tempo a decidermi in quale campo spostarmi, che anche Pennetta inizia a disperdersi in un banale tic-toc dal quale non può non emergere la supremazia muscolare della scandinava, e rimango così attonito, sinchè, ultimate le esequie delle mie due tenniste più amate, mi allontano dal televisore per il pasto aziendale. Ma non faccio a tempo a passare vicino al Centrale, che mi sbuca a fianco la mia amica Chrislaine, la fatografa, che scuotendo i ricci mi fa «Troppo grigio per una bella foto. Ma Serena certo non me ne chiederà, come fa sempre. Ha freddo eperde facile da u na mezzo sconosciuta». Non avrei perso altro tempo per ammirare la sconosciuta, a nome Garbine Muguruza, che trattava la più forte del mondo come una sparring partner sgradita. Una giocatrice qualunque, bloccata da quegli stessi muscoli che le servono, d’abitudine, per distruggere. Una Serena tristemente simile all’immagine del quadro di Mr. Bell, che si era inconsciamente servito di un suo fallito allungo per meglio celebrarne la storia.

L’avrei rivista, questa autentica copia di Serena, in sala stampa, incapace di spiegare e probabilmente di spiegarsi, la catastofe odierna. «Tutto sbagliato» non faceva che ripetere «Tutto sbagliato, e non mi spiego il perché». Chissà come glielo avrebbe spiegato il nuovo fidanzato e insieme allenatore, un tipo capace di analizzare non meno della psichiatra Marcella Marcone le profonde cause che portano all’errore di una volè. Chissà non venga anche lui, a conoscenza del quadro che acquisterò di sicuro.

Pennetta, crollo inatteso: «Sono una cretina…» (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 29-05-2014)

«Nessun infortunio, fisicamente ero perfetta. La mia palla non le faceva male, ero lenta, cercavo di prendere il rovescio, ma le davo il tempo per fare quello che voleva e girarsi tutte le volte sul dritto. Nessuna scusa: sono andata in affanno per la tensione, ho rallentato per paura e le cose sono cambiate. Una partita del genere, per come stava andando, non mi deve scappare. Sono una cretina». Flavia Pennetta è sincera anche nella sconfitta. Una sconfitta strana, dopo un primo set troppo nervoso, nel quale rimonta da 4-5 quando la 25enne svedese Johanna Larsson, n.99 del mondo dal buon dritto serve per il set, infilando sei games consecutivi. Che, sul 7-5 3-0 sembrano chiudere anche la partita. Invece Flavia, che sfoggia un cerottone agli adduttori ed ha un’espressione sempre più sofferente, accusa un calo psico-fisico impressionante e scivola 3-4. Poi reagisce, d’orgoglio, strappando il 4-4 con un rovescio all’incrocio delle righe. Ma è il suo canto del cigno. Infatti subisce un parziale middiale, fino al 4-6 0-3. Quando potrebbe cogliere l’ultima occasione di riaprire il match contro un’avversaria non trascendentale e sicuramente meno abituata ai grandi match sulle grandi ribalte, ma butta via almeno due delle tre palle-break, d’oro. E quindi s’arrende dopo 2 ore e 8 minuti.

Pressione Il tabellone che si apre, il più che possibile rientro fra le «top ten», un’avversaria accessibile, anche se ci aveva già perso sulla terra di Baastad: tutto quanto fa pressione? «Stica…i», protompe la 32enne di Brindisi, numero 13 del mondo, che comunque potrebbe ancora centrare l’obiettivo per la terza volta in carriera. «In questo momento non mi interessa per niente!». Un passo indietro della Pennetta che s’è rilanciata con le semifinali agli Us Open 2013 e il successo a Indian Wells di marzo? «No, solo una partita negativa. Il tennis è così, lo sport è cosí. Bisogna tirar fuori le cose positive anche dalle sconfitte. Anche se al momento proprio non le trovo». ve Gazzetta.it at Ogni giorno sul nostro sito il meglio del Roland Garros: risultati in tempo reale, cronaca e statistiche, focus sugli azzurri rimasti in tabellone e curiosità del secondo Slam stagionale. Cosa fanno i giocatori prima di entrare in campo? Scopritelo nella nostra sezione video. Per vivere il torneo in diretta, inoltre, seguite l’hashtag #RG14. Tutti i contenuti sono gratuiti da pc, smartphone e tablet.

Nole e Roger ok Roger Federer raggiunge quota 60 vittorie anche a Parigi (73 in Australia, 67 a Wimbledon e Us Open) con la complicità di Diego Sebastian Schwartzman. Il piccolo argentino di un metro e 70 si trasforma in sparring-partner ideale per scaldare il motore dello svizzero. Come un rullo Novak Djokovic passa sul francese Chardy.

Williams la caduta delle dee (Stefano Semeraro, Il Corriere della Sera, 29-05-2014)

A casa Serena (e Venus) dopo Na Li: Parigi entra nella storia Mai un 3 turno di Slam senza le prime due teste di serie E il tennis scopre la basca Mugmmm a dl Stefano Semeraro Sono giorni che a Parigi tira un’aria da ghigliottina, quindi c’era da aspettarselo. Martedì era caduta la numero 2 del mondo Na Li, ieri è toccato alla nobiltà nera del tennis fernminile, le sorelle Williams. La prima a finire nel cestone è stata Venus, battuta in rimonta dalla 19enne slovacca Schmiedlova (2-6 6-3 6-4), n.56 Wta. Poco dopo sul “Suzanne Lenglen” è rotolata via con fragore anche la testona fulva della sorellina minore Serena: la n.1 del mondo, la regina uscente del torneo. A giustiziarla con due set da processo sotnrnario – 6-2 6-2 in 64 minuti, la peggior sconfitta in uno Slam di Serena, che mai in passato aveva raccolto meno di 5 game – è stata Garbine Muguruza, spagnola di mamma venezuelana, anni 20, un metro e 82 centimetri di energia tennistica, n.35 Wta che qualcuno vorrebbe vendere come la “Nadal in gonnella” ma che sembra una versione percussivamente latina, o meglio basca, proprio della Pantera. «Sono cresciuta ispirandomi a Serena», ha ammesso Garbine, che quest’anno ha vinto Hobart e Florianopolis e ha raggiunto gli ottavi a Melbourne battendo la Wozniacki. «Da piccola avrò visto 100 video per capire come serve o come tira un rovescio. In campo ripetermi che era un’avversaria come un’altra non è stato facile: se ho vinto è proprio perché sono rimasta calma». Anzi, serena.

PRIMA VOLTA. Addio dunque ancient regime: l’uscita precoce della 32enne Li e della quasi 33enne Serena segna la prima volta nella storia del tennis Open in cui nessuna delle prime due teste di uno Slam femminile riesce a raggiungere il 3 turno. E bye bye alle sorelle Williams, che al Roland Garros non hanno mai avuto troppa fortuna. Relativamente, s’intende: nel 2002 giocarono la finale l’un contro l’altra, e la spuntb Serena; poi per un decennio, fino al successo dello scorso anno ancora della sorellina minore sulla Sharapova, solo delusioni. Compreso il clamoroso tonfo al primo turno di Serena due anni fa con la Razzano. Il suo coach-fidanzato Patrick Mouratoglou, ieri come allora, la fissava marmorizzato in tribuna, prendendo ogni tanto appunti. Serena in campo ha sfiorato la crisi di nervi, e ruggito come una pantera rauca, ma nisba: sul 4-1 Muguruza nel 2 set ha avuto tre palle-break, l’unico momento-thriller, ma sono evaporate e il match è precipitato. Già contro la gazzellina Lim, al 1° turno, si era vista una Williams opaca; ieri le bombe di Garbine hanno aperto un cratere in una stagione per ora deludente (tre titoli a Brisbane, Miami e Roma e il flop in ottavi con l’Ivanovic a Melbourne). «E’ stato un giorno no», si è giustificata l’americana. «E’ irritante che capiti durante uno Slam, ma oggi a Garbine entrava tutto e io non sono riuscita ad adeguarmi. Paragoni con la sconfitta con la Razzano? Be,’ da allora non ho mai più indossato il verde a Parigi». II colore della bile. A Venus, oggi n.29 Wta, incantevole come sempre ma a differenza della sorella ormai decisamente avviata al tramonto, hanno chiesto poi se Serena abbia qualche cruccio extratennistico. «Beh, se anche li avesse certo non li verrei a raccontare a voi», ha risposto con un sorriso da regina emerita. In un tabellone reso decisamente più proletario, aumentano ora le chance della Sharapova e, perché no, della nostra Errani. Allons, enfants.

Serena trova la giustiziera (Daniele Azzolini, Tuttosport, 29-05-2014)

Passa per una rivoluzionaria, Garbine Muguruza Blanco, nel suo piccolo… Perché gioca di piatto, e questo in Spagna non si fa. E nemmeno in Venezuela. Ll insegnano ad arrotare tutto, anche alle ragazze. Il feltro strappato alle palline, i colpi arruffati, le impugnature ai limiti della lussazione. Garbine, invece, è attratta dalle righe, le cerca, le trova. E con il rovescio dà geometria agli schemi, anche quelli fuori dai manuali in lingua spagnola.

Soggezione Se il nome ha un senso, nonostante vada con la tilde sulla enne e Garbigne sia la pronuncia esatta, la giovane Muguruza è anche una ragazza dai modi garbati. Grandi spalle, altezza ragguardevole, vicina a quel metro e ottanta che se non ce l’hai, oggi, sei destinata a sol ire. Ma i muscoli lasciano spazio ai sorrisi, e lo stupore della vittoria imprevista intenerisce, da quanto è genuino. Così, la guardi e ti chiedi che cosa, in questa ragazza gentile e beneducata, abbia spaventato Serena Williams, a tal punto da indurla in soggezione. E a mollare volentieri il match, rapidamente e senza dare fondo al repertorio di muggiti insoddisfatti che accompagna le sue prove meno brillanti. Ha perso, Serena, quasi felice di perdere, dando la sensazione di non crederci e di voler togliere il disturbo. Quattro game appena.. Una lezione che bisogna tomare indietro di mesi e di anni, per trovarne una eguale. « Meglio che non dica che cosa penso di questi primi cinque mesi della mia stagione», risponde Serena a chi ha l’ardire di chiedere. «Dovrei usare dei vocaboli poco consoni a una signora», continua, prima di tornare a mostrare i muscoli. «Ho perso, mi sta bene, e non mi dispiace nemmeno, perché tutte le volte che ho toccato terra mi sono ripresa e sono tornata a vincere». Stoccata finale… «E così fartò anche questa volta».

Un’astronave Possibile, probabile, ci mancherebbe. Serena, nel tennis, è come un’astronave aliena giunta da chissà dove a mostrare quali sarebbero stati gli approdi futuri, chissà, magari da qui ai prossimi dieci anni. Immaginateveli… Un circuito composto da giocatrici come lei. Questo sì mette paura. Non la Garbi-ne, che è tosta eppure affatto esagerata. Destinata, però, nel breve, a una poltrona nei piani alti. «Alla fine Serena mi ha detto che se continuo a giocare così posso vincere il torneo. Non so se crederci. Forse no… Mi pare già paco realistico che l’abbia battuta. Lei è la mia giocatrice preferita, quand’ero bambina la guardavo in tivù e impazzivo per il suo tennis. Non la imito, non potrei, ma spero di aver preso qualcosa da lei. Averla battuta mi riempie di gioia, e mi fa anche un po’ di paura». Continua: «Sapevo che prima o poi ce l’avrei fatta. Ma ora mi sembra quasi che sia avvenuto troppo presto. Devo abituarmi all’idea». In Spagna si chiedono se sarà mai una loro giocatrice. « Non lo so. La mia famiglia è separata, una parte è in Spagna, l’altra in Venezuela. Non ho ancora deciso».

Le cadute Non è una buona giornata per le trentaduenni. Cade anche Flavia nostra, la Pen-netta, e si dà della scema. Si lascia trascinare dalla Lars-son. Vince il primo, a fatica, e lì finisce il carburante. «Perdere partite così è da cretine. Eppure ne ho viste tante buttate via allo stesso modo, ma non si finisce mai di imparare. Non c’è spiegazione, solo rimpianto. Ho lasciato che fosse lei a fare la partita». Niente ingresso nella Top Ten, niente Slam da mettere in vetrina.

Parigi perde Serena ma scopre il fenomeno Townsend «Io grassa? Non tutti hanno la stessa forma del corpo…» (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 29-05-2014)

Abbiamo perso Serena, travolta al secondo turno di Parigi (6-2, 6-2, la honte!) dalla giovanile incoscienza di Carbine Muguruza Blanco, dalla Spagna (via Caracas) con furore. Ma abbiamo guadagnato le rotondità di Taylor Townsend, americana di Chicago allenata da una vecchia conoscenza del tennis Usa, Zina Garrison; e, con essa, una buona dose di trigliceridi e colesterolo. Ribattezzata con poco tatto «ciccia bomba» su tutti i blog racchettonli, Taylor, i8 anni, numero 205 del mondo, ha la silhouette che non ti aspetti nel terzo turno del Roland Garros, il suo primo Slam in carriera. E così, nel mercoledì terremotato dalle uscite di Serena e Venus, l’America extralarge compensa il vuoto emotivo abbuffandosi di Townsend a colazione: pappata la testa di serie numero 20 Alize Cornet in tre set (6-4, 4-6, 6-4), Taylor ha risposto in conferenza stampa a più domande sul suo fisico che sulle sue ambizioni da professionista (mobilità e spostamenti verticali così così ma gran braccio, tra l’altro). «Non tutti abbiamo la stessa forma del corpo — ha spiegato pensando, forse, al metro e 88 cm per 6o kg della diva Sharapova, killer ieri a fatica dellaPironkova (7-5, 6-2), che ora si staglia sontuosa all’orizzonte — . lo ho la mia e accettarmi per quella che sono mi ha resa più forte». Campionessa juniores dell’Australian Open nel 2012 a 15 anni grazie a un serve and volley promettente e precoce, poi Taylor ha attraversato momenti difficili nella crescita, fino allo scontro frontale con la federtennis statunitense, che aveva minacciato di escluderla dall’Open Usa under i8 se non avesse riacquistato un accettabile stato di forma. Lei è arrivata nei quarti e alla fine del torneo ha mollato i coach federali per accasarsi dalla Garrison, finalista a Wimbledon ‘go: «So cosa sta passando Taylor perché io ho avuto gli stessi problemi di peso» racconta Zina oggi che l’allieva è la beniamina di un torneo tradito dalle favorite. II freddo, la pioggia, i campi paludosi, madidi di pesantissima polvere di mattone, stanno facendo la rivoluzione francese.Fuori le sorelle Williams, out la numero 2 del mondo Li Na al primo turno, a casa — ahinoi — anche Flavia Pennetta, che commette il peccato mortale di non chiudere un match condotto 7-5 3-0 con la svedese Larsson (“Fisicamente sto benissimo, non ho scuse: una giornata no”). Stamane in campo l’ultimo plotoncino azzurro: Fognini, Bolelli, Seppi, Giorgi e Erravi. Allez.

Tacchini, 5 milioni per il marchio «Torneremo ai tempi di McEnroe» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 29-05-2014)

C’è un marchio storico. C’è una città, Novara, con il suo sindaco Andrea Ballaré, pronta ad accoglierlo di nuovo. E poi ci sono loro, Sergio Tacchini e il figlio Alessandro, che dopo la vendita ai cinesi vogliono riportare a casa una delle eccellenze dell’industria italiana.

Offerta Malgrado il comunicato degli attuali proprietari che escludono ogni possibilità di vendita del marchio, Tacchini sta lavorando per riacquisire la gestione produttiva: «L’azienda è in liquidazione e va verso il concordato preventivo: abbiamo presentato un’offerta di 5 milioni per rientrare in società e rilanciarla. Il tennis, per una questione di affetto e di marketing, sarà il volano, anche se ci dedicheremo pure allo sci e al tempo libero». Con il tennis, del resto, Sergio, campione negli anni 60, cominciò la carriera di imprenditore tessile nel 1966: «I primi sotto contratto — ricorda — furono Panatta e Mulligan». Da allora, sotto la mitica T, sono passati tra i più grandi campioni dello sport, anche se il più amato dal patron (che continua a giocare una volta alla settimana, il mercoledì mattina) resta McEnroe: «John è soprattutto un amico. Ricordo che quando gli presentai la prima divisa, mi disse che lui non avrebbe indossato un costume da bagno. Poi si convinse». E oggi? «Per me — dice Sergio — i più grandi sono stati Laver e Sampras, ma i tennisti di oggi sono di una categoria fisica molto superiore. Per eleganza, mi piace Dimitrov, anche se non è ancora personaggio»

Corsa a due sul brand Tacchini – Tacchini vuole tornare italiana (Milena Bello, MF – Milano Finanza Fashion, 29-05-2014)

Ieri incontro a Novara per spiegare il piano di riacquisto da Hembly studiato dal fondatore e dal Comune Ma la Wintex potrebbe bloccare tutto Iprossimi giorni saranno decisivi per il futuro del marchio Sergio Tacchini. Domani scadrà l’offerta di affitto di ramo d’azienda avanzata dall’imprenditore Sergio Tacchini attraverso la società Sandys all’attuale proprietaria del marchio, la Sergio Tacchini International srl. in liquidazione, per rilevare lo storico marchio di abbigliamento sportivo da lui fondato negli anni 60, ceduto nel 2007 alla cinese Hembly e da sei mesi circa appunto in liquidazione. E proprio al fotofinish la vicenda di Sergio Tacchini sembra essere tutta in salita. Ieri a Novara si è infatti tenuta la conferenza stampa indetta dall’imprenditore insieme ad Alessandro Tacchini, amministratore delegato di Sandys e al sindaco della città piemontese Andrea Ballarè per presentare nel dettaglio il piano di rilancio. «II nostro progetto», ha spiegato Alessandro Tacchini, «prevede di raggiungere i 50 milioni di euro di fatturato wholesale in cinque anni contro un giro d’affari che, secondo l’ultimo bilancio depositato del 2012, è di poco superiore ai 10 milioni di euro ma che, attualmente, è sicuramente inferiore». Per raggiungere questo obiettivo verrà potenziato il mix distributivo ripartito tra wholesale (che andrà a pesare per il 60% sul totale), retail attraverso l’apertura di una rete di 30-40 monomarca in cinque anni soprattutto in Italia e infine il lancio di un canale web per la vendita online (che rappresenterà il 10% del totale). «Sul fronte del prodotto», ha aggiunto, «onoreremo i contratti di licenza in essere, ovvero una decina, ma, al momento della scadenza dei rapporti, valuteremo caso per caso se rinnovare i contratti o riprendere in mano il nostro know how. In ogni caso la nostra strategia è controllare tutta la filiera in modo da rendere coerente il nostro prodotto». Sul fronte dell’occupazione la famiglia assicura un rientro graduale dei dipendenti in concomitanza con la conclusione degli accordi di licenza. Attualmente, hanno dichiarato le rappresentanze sindacali, il personale legato all’attività produttiva è stato ridotto a una decina di persone in cassa integrazione a rotazione. Oltre a quella di Sandys, l’altra offerta sul piatto del liquidatore è quella della Wintex Sri. (società italiana di proprietà cinese) che, secondo quanto sottolineato dalla stessa famiglia Tacchini: «È sensibilmente inferiore alla nostra di 5 milioni di euro che è stata depositata il 14 aprile. Finora», ha sottolineato Sergio Tacchini, «non ci è però pervenuta alcuna risposta in relazione alla nostra offerta». La situazione sembra però rischiare di finire su un binario morto. Poco prima dell’ inizio dell’ incontro a Novara è stata diffusa una nota nella quale si sostiene che: 011 marchio Sergio Tacchini non è in vendita. La società Sergio Tacchini international in liquidazione è attualmente proprietaria del brand. A giugno dello scorso anno il marchio, inserito in un compendio aziendale, è stato affittato fino all’anno 2017 alla società Wintex Italia che corrisponde regolarmente il canone relativo a tale affitto». Una comunicazione che, secondo quanto sottolineato dalla famiglia Tacchini, sembra in contraddizione con l’iter intrapreso dopo l’ultimo incontro in prefettura nel corso del quale: «È emersa l’intenzione di andare verso il concordato preventivo». In attesa di capire come si evolverà la situazione Sergio Tacchini ha dichiarato tuttavia di voler: «Procedere per valutare tutti gli scenari per riacquistare il marchio».

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