Rassegna stampa
Un ciclone su Parigi. Fuori le Williams Ecco MaxiTaylor (Martucci), Pennetta, crollo inatteso: «Sono una cretina…» (V.M.); Il freddo di Serena torna subito a casa con Venus e Flavia (Clerici); Williams la caduta delle dee (Semeraro); Serena trova la giustiziera (Azzolini); Parigi perde Serena ma scopre il fenomeno Townsend «Io grassa? Non tutti hanno la stessa forma del corpo…» (Piccardi); Tacchini, 5 milioni per il marchio «Torneremo ai tempi di McEnroe» (Crivelli); Ma è corsa a due (Bello)
A cura di Davide Uccella
Un ciclone su Parigi. Fuori le Williams Ecco MaxiTaylor (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 29-05-2014)
Fermi tutti: dalle 16.56 alle 19.25, un ciclone s’abbatte sul Roland Garros e forse sul tennis tutto. È Taylor Town-send, la 18enne afroamericana dalla fenomenale velocità di braccio e dalla straordinaria propensione offensiva che, a dispetto di qualche chilo di troppo (secondo i dati ufficiosi è 1.70 per 79 chili), da appena 205 del mondo, peraltro all’esordio al Roland Garros, doma la volpe di casa Alizé Cornet (n. 21), qualificandosi al terzo turno. La mancina allenata dall’ex pro Zina Garrison, già prima statunitense a salire al n.1 del mondo juniores dal-l’82, è entrata in rotta di collisione col capo-tecnico Usta, Patrick McEnroe, che l’aveva esclusa dalle wild card perché non era a dieta ferrea. È entrata in tabellone a Parigi con un invito-premio, da vincitrice dell’Har-Tru Usta Pro Circuit Challenge. E fa parlare già tantissimo di sé, imponendo la sua musica personalissima, lei che da due anni suona il violino, anche al pubblico sciovinista del Philippe Chatrier. Vince il primo set a forza di spallate, cede il secondo da 4-1, con l’avversaria che orchestra la «Ola» dei connazionali, e nel terzo si fa drammaticamente riprendere da 5-1 a 5-4, ma poi chiude al quinto match point dopo due ore e mezza da ricordare. Commossa, dopo aver letto tanti «pizzini» ai cambi-campo e aver infilato 43 vincenti e 55 errori. Poi balla in campo: «È una danza di Atlanta, si chiama NaeNae, sembra piaccia al pubblico, spero di non essere sembrata stupida». Ringrazia Murray per un tweet di complimenti («Adoro sua madre»), si stupisce che Serena abbia perso e ammette: «Sì, sono dannatamente brava».
Terremoto Prima, cadono le capostipiti del tennis afroamericano, le sorellone Williams. «Brava, se continui così vinci il torneo», crolla serena, Serena. Meglio fare i complimenti all’awersaria per il 6-2 6-2 che affossa, già al secondo turno, la n.1 del mondo e del Roland Garros, sulla scia del k.o. della numero 2, Li Na: una Waterloo inedita negli Slam Open, (dal 68). Del resto, giovani donne crescono, dalla 2lenne di Francia, Kiki Mladenovic che abbatte martedì la muraglia cinese, alla 20enne Garbine Muguruza, chiamata a ottobre-novembre a decidere se giocare da venezuelana (come mamma) o da spagnola (come papà), che sorprende mercoledì la Tyson del tennis, alla 19enne slovacca Anna Schmiedlova che rimonta l’altra Williams, Venus.
Freddezza Garbina Muguruza è una stella annunciata, alta 1.82. buon servizio, buona propensione offensiva, solidi risultati quest’anno (primo titolo a Hobart e finale a Florianopolis) e venera Serena: «L’avrò vista 100 volte alla tv, da bambina sognavo di batterla proprio sul centrale di uno Slam, perciò è stato ancor più difficile restare calma e considerarla un’avversaria qualunque. Non come l’anno scorso in Australia, quand’ero molto più inesperta». Infatti aveva racimolato appena due games. Ora è diverso: «La nuova generazione sta arrivando. E io ho insistito dall’inizio a tagliarle gli angoli, per evitare che mi facesse correre, e sono stata sempre aggressiva».
Verde Due anni fa, al Roland Garros, s’era fatta già sorprendere, all’esordio, dalla francese Razzano: «Non ha funzionato niente, non potevo servire, è stato uno di quei giorni che odio, soprattutto negli Slam, ma lei non l’avevo mai vista giocare così bene. Ora torno a casa e lavoro cinque volte di più per non perdere più. Una cosa è certa: a Parigi non vestirò più di verde». Verde come l’età delle castigatrici, orgogliose di una prorompente fisicità che, ancora una volta, le Williams non hanno. Venus commette 47 errori gratuiti, 23 nel terzo set, quando s’affloscia: «La mia percentuale di prime è scesa troppo, ed ero troppo impaziente. Ma la mia avversaria è molto brava, e lo diventerà sempre di più». Finora Anna era nota per la finale 2012 del Roland Garros under 18. Che derby sarà domani con Muguruza? Da Barcellona Garbine Muguruza, 20, n.35 del ranking, nel 2014 ha vinto a Hobart. II miglior risultato negli slam è l’ottavo di finale a gennaio in Australia La regina in diffiooltà e l’erede In alto la delusione di Serena Williams, 32 anni, Sopra Taylor Townsend, 18 ami dl Chicago, n. 205 del mondo, alla fine del torneo sarà tra le prime 150. In doppio è stata finalista nel 2013 a Washington con la canadese Bouchard.
Il freddo di Serena torna subito a casa con Venus e Flavia (Gianni Clerici, La Repubblica, 29-05-2014)
LA STORIA di Serena sembrava scritta. Questa mattina, el piccolo Hotel della Porte d’Auteuil, frequentato da giornalisti e aficionados, appariva un signore che reggeva un bozzetto. Visto dai saluti dei miei colleghi inglesi che non era per nulla sconosciuto, la mia evidente curiosità per il dipinto lo spinge a presentarsi, Mr Bell. Poiché da cinquantanni colleziono quadri di soggetto tennistico, mi spingo ad ammirare la copia di un dipinto che finirà al Museo di Wimbledon, e mi complimento nel ravvisarvi una Serena Williams che sfiora, ma non raggiunge la palla che l’ha costretta ad un gesto alla Rodin, magnifico ancorché fallito. Preso l’indirizzo di Mr. Bell, per l’eventuale acquisto di una copia, mi chiedo se il nostro Incontro non sia una coincidenza, rimemorando una sconfitta in primo turno, nel 2012, contro la Razzano, una delle mille emigrate da un paese come l’Itaglia. Non faccio a tempo ad arrivare alla sala stampa e, lasciati i ferri del mestiere a controllare che sul campo n. 6la mia amata Pen-netta sia avanti un set e 3 a0 contro una svedesotta a nome Lars-son, che il miovicino di banco mi invita a guardare il suo televi sore. E mi feriscono le immagini di una Venus bellissima ma sofferente, forse ancora per il morbo di Sjogren che, dall’anno passato, la tormenta. Non faccio a tempo a decidermi in quale campo spostarmi, che anche Pennetta inizia a disperdersi in un banale tic-toc dal quale non può non emergere la supremazia muscolare della scandinava, e rimango così attonito, sinchè, ultimate le esequie delle mie due tenniste più amate, mi allontano dal televisore per il pasto aziendale. Ma non faccio a tempo a passare vicino al Centrale, che mi sbuca a fianco la mia amica Chrislaine, la fatografa, che scuotendo i ricci mi fa «Troppo grigio per una bella foto. Ma Serena certo non me ne chiederà, come fa sempre. Ha freddo eperde facile da u na mezzo sconosciuta». Non avrei perso altro tempo per ammirare la sconosciuta, a nome Garbine Muguruza, che trattava la più forte del mondo come una sparring partner sgradita. Una giocatrice qualunque, bloccata da quegli stessi muscoli che le servono, d’abitudine, per distruggere. Una Serena tristemente simile all’immagine del quadro di Mr. Bell, che si era inconsciamente servito di un suo fallito allungo per meglio celebrarne la storia.
L’avrei rivista, questa autentica copia di Serena, in sala stampa, incapace di spiegare e probabilmente di spiegarsi, la catastofe odierna. «Tutto sbagliato» non faceva che ripetere «Tutto sbagliato, e non mi spiego il perché». Chissà come glielo avrebbe spiegato il nuovo fidanzato e insieme allenatore, un tipo capace di analizzare non meno della psichiatra Marcella Marcone le profonde cause che portano all’errore di una volè. Chissà non venga anche lui, a conoscenza del quadro che acquisterò di sicuro.
Pennetta, crollo inatteso: «Sono una cretina…» (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 29-05-2014)
«Nessun infortunio, fisicamente ero perfetta. La mia palla non le faceva male, ero lenta, cercavo di prendere il rovescio, ma le davo il tempo per fare quello che voleva e girarsi tutte le volte sul dritto. Nessuna scusa: sono andata in affanno per la tensione, ho rallentato per paura e le cose sono cambiate. Una partita del genere, per come stava andando, non mi deve scappare. Sono una cretina». Flavia Pennetta è sincera anche nella sconfitta. Una sconfitta strana, dopo un primo set troppo nervoso, nel quale rimonta da 4-5 quando la 25enne svedese Johanna Larsson, n.99 del mondo dal buon dritto serve per il set, infilando sei games consecutivi. Che, sul 7-5 3-0 sembrano chiudere anche la partita. Invece Flavia, che sfoggia un cerottone agli adduttori ed ha un’espressione sempre più sofferente, accusa un calo psico-fisico impressionante e scivola 3-4. Poi reagisce, d’orgoglio, strappando il 4-4 con un rovescio all’incrocio delle righe. Ma è il suo canto del cigno. Infatti subisce un parziale middiale, fino al 4-6 0-3. Quando potrebbe cogliere l’ultima occasione di riaprire il match contro un’avversaria non trascendentale e sicuramente meno abituata ai grandi match sulle grandi ribalte, ma butta via almeno due delle tre palle-break, d’oro. E quindi s’arrende dopo 2 ore e 8 minuti.
Pressione Il tabellone che si apre, il più che possibile rientro fra le «top ten», un’avversaria accessibile, anche se ci aveva già perso sulla terra di Baastad: tutto quanto fa pressione? «Stica…i», protompe la 32enne di Brindisi, numero 13 del mondo, che comunque potrebbe ancora centrare l’obiettivo per la terza volta in carriera. «In questo momento non mi interessa per niente!». Un passo indietro della Pennetta che s’è rilanciata con le semifinali agli Us Open 2013 e il successo a Indian Wells di marzo? «No, solo una partita negativa. Il tennis è così, lo sport è cosí. Bisogna tirar fuori le cose positive anche dalle sconfitte. Anche se al momento proprio non le trovo». ve Gazzetta.it at Ogni giorno sul nostro sito il meglio del Roland Garros: risultati in tempo reale, cronaca e statistiche, focus sugli azzurri rimasti in tabellone e curiosità del secondo Slam stagionale. Cosa fanno i giocatori prima di entrare in campo? Scopritelo nella nostra sezione video. Per vivere il torneo in diretta, inoltre, seguite l’hashtag #RG14. Tutti i contenuti sono gratuiti da pc, smartphone e tablet.
Nole e Roger ok Roger Federer raggiunge quota 60 vittorie anche a Parigi (73 in Australia, 67 a Wimbledon e Us Open) con la complicità di Diego Sebastian Schwartzman. Il piccolo argentino di un metro e 70 si trasforma in sparring-partner ideale per scaldare il motore dello svizzero. Come un rullo Novak Djokovic passa sul francese Chardy.
Williams la caduta delle dee (Stefano Semeraro, Il Corriere della Sera, 29-05-2014)
A casa Serena (e Venus) dopo Na Li: Parigi entra nella storia Mai un 3 turno di Slam senza le prime due teste di serie E il tennis scopre la basca Mugmmm a dl Stefano Semeraro Sono giorni che a Parigi tira un’aria da ghigliottina, quindi c’era da aspettarselo. Martedì era caduta la numero 2 del mondo Na Li, ieri è toccato alla nobiltà nera del tennis fernminile, le sorelle Williams. La prima a finire nel cestone è stata Venus, battuta in rimonta dalla 19enne slovacca Schmiedlova (2-6 6-3 6-4), n.56 Wta. Poco dopo sul “Suzanne Lenglen” è rotolata via con fragore anche la testona fulva della sorellina minore Serena: la n.1 del mondo, la regina uscente del torneo. A giustiziarla con due set da processo sotnrnario – 6-2 6-2 in 64 minuti, la peggior sconfitta in uno Slam di Serena, che mai in passato aveva raccolto meno di 5 game – è stata Garbine Muguruza, spagnola di mamma venezuelana, anni 20, un metro e 82 centimetri di energia tennistica, n.35 Wta che qualcuno vorrebbe vendere come la “Nadal in gonnella” ma che sembra una versione percussivamente latina, o meglio basca, proprio della Pantera. «Sono cresciuta ispirandomi a Serena», ha ammesso Garbine, che quest’anno ha vinto Hobart e Florianopolis e ha raggiunto gli ottavi a Melbourne battendo la Wozniacki. «Da piccola avrò visto 100 video per capire come serve o come tira un rovescio. In campo ripetermi che era un’avversaria come un’altra non è stato facile: se ho vinto è proprio perché sono rimasta calma». Anzi, serena.
PRIMA VOLTA. Addio dunque ancient regime: l’uscita precoce della 32enne Li e della quasi 33enne Serena segna la prima volta nella storia del tennis Open in cui nessuna delle prime due teste di uno Slam femminile riesce a raggiungere il 3 turno. E bye bye alle sorelle Williams, che al Roland Garros non hanno mai avuto troppa fortuna. Relativamente, s’intende: nel 2002 giocarono la finale l’un contro l’altra, e la spuntb Serena; poi per un decennio, fino al successo dello scorso anno ancora della sorellina minore sulla Sharapova, solo delusioni. Compreso il clamoroso tonfo al primo turno di Serena due anni fa con la Razzano. Il suo coach-fidanzato Patrick Mouratoglou, ieri come allora, la fissava marmorizzato in tribuna, prendendo ogni tanto appunti. Serena in campo ha sfiorato la crisi di nervi, e ruggito come una pantera rauca, ma nisba: sul 4-1 Muguruza nel 2 set ha avuto tre palle-break, l’unico momento-thriller, ma sono evaporate e il match è precipitato. Già contro la gazzellina Lim, al 1° turno, si era vista una Williams opaca; ieri le bombe di Garbine hanno aperto un cratere in una stagione per ora deludente (tre titoli a Brisbane, Miami e Roma e il flop in ottavi con l’Ivanovic a Melbourne). «E’ stato un giorno no», si è giustificata l’americana. «E’ irritante che capiti durante uno Slam, ma oggi a Garbine entrava tutto e io non sono riuscita ad adeguarmi. Paragoni con la sconfitta con la Razzano? Be,’ da allora non ho mai più indossato il verde a Parigi». II colore della bile. A Venus, oggi n.29 Wta, incantevole come sempre ma a differenza della sorella ormai decisamente avviata al tramonto, hanno chiesto poi se Serena abbia qualche cruccio extratennistico. «Beh, se anche li avesse certo non li verrei a raccontare a voi», ha risposto con un sorriso da regina emerita. In un tabellone reso decisamente più proletario, aumentano ora le chance della Sharapova e, perché no, della nostra Errani. Allons, enfants.
Serena trova la giustiziera (Daniele Azzolini, Tuttosport, 29-05-2014)
Passa per una rivoluzionaria, Garbine Muguruza Blanco, nel suo piccolo… Perché gioca di piatto, e questo in Spagna non si fa. E nemmeno in Venezuela. Ll insegnano ad arrotare tutto, anche alle ragazze. Il feltro strappato alle palline, i colpi arruffati, le impugnature ai limiti della lussazione. Garbine, invece, è attratta dalle righe, le cerca, le trova. E con il rovescio dà geometria agli schemi, anche quelli fuori dai manuali in lingua spagnola.
Soggezione Se il nome ha un senso, nonostante vada con la tilde sulla enne e Garbigne sia la pronuncia esatta, la giovane Muguruza è anche una ragazza dai modi garbati. Grandi spalle, altezza ragguardevole, vicina a quel metro e ottanta che se non ce l’hai, oggi, sei destinata a sol ire. Ma i muscoli lasciano spazio ai sorrisi, e lo stupore della vittoria imprevista intenerisce, da quanto è genuino. Così, la guardi e ti chiedi che cosa, in questa ragazza gentile e beneducata, abbia spaventato Serena Williams, a tal punto da indurla in soggezione. E a mollare volentieri il match, rapidamente e senza dare fondo al repertorio di muggiti insoddisfatti che accompagna le sue prove meno brillanti. Ha perso, Serena, quasi felice di perdere, dando la sensazione di non crederci e di voler togliere il disturbo. Quattro game appena.. Una lezione che bisogna tomare indietro di mesi e di anni, per trovarne una eguale. « Meglio che non dica che cosa penso di questi primi cinque mesi della mia stagione», risponde Serena a chi ha l’ardire di chiedere. «Dovrei usare dei vocaboli poco consoni a una signora», continua, prima di tornare a mostrare i muscoli. «Ho perso, mi sta bene, e non mi dispiace nemmeno, perché tutte le volte che ho toccato terra mi sono ripresa e sono tornata a vincere». Stoccata finale… «E così fartò anche questa volta».
Un’astronave Possibile, probabile, ci mancherebbe. Serena, nel tennis, è come un’astronave aliena giunta da chissà dove a mostrare quali sarebbero stati gli approdi futuri, chissà, magari da qui ai prossimi dieci anni. Immaginateveli… Un circuito composto da giocatrici come lei. Questo sì mette paura. Non la Garbi-ne, che è tosta eppure affatto esagerata. Destinata, però, nel breve, a una poltrona nei piani alti. «Alla fine Serena mi ha detto che se continuo a giocare così posso vincere il torneo. Non so se crederci. Forse no… Mi pare già paco realistico che l’abbia battuta. Lei è la mia giocatrice preferita, quand’ero bambina la guardavo in tivù e impazzivo per il suo tennis. Non la imito, non potrei, ma spero di aver preso qualcosa da lei. Averla battuta mi riempie di gioia, e mi fa anche un po’ di paura». Continua: «Sapevo che prima o poi ce l’avrei fatta. Ma ora mi sembra quasi che sia avvenuto troppo presto. Devo abituarmi all’idea». In Spagna si chiedono se sarà mai una loro giocatrice. « Non lo so. La mia famiglia è separata, una parte è in Spagna, l’altra in Venezuela. Non ho ancora deciso».
Le cadute Non è una buona giornata per le trentaduenni. Cade anche Flavia nostra, la Pen-netta, e si dà della scema. Si lascia trascinare dalla Lars-son. Vince il primo, a fatica, e lì finisce il carburante. «Perdere partite così è da cretine. Eppure ne ho viste tante buttate via allo stesso modo, ma non si finisce mai di imparare. Non c’è spiegazione, solo rimpianto. Ho lasciato che fosse lei a fare la partita». Niente ingresso nella Top Ten, niente Slam da mettere in vetrina.
Parigi perde Serena ma scopre il fenomeno Townsend «Io grassa? Non tutti hanno la stessa forma del corpo…» (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 29-05-2014)
Abbiamo perso Serena, travolta al secondo turno di Parigi (6-2, 6-2, la honte!) dalla giovanile incoscienza di Carbine Muguruza Blanco, dalla Spagna (via Caracas) con furore. Ma abbiamo guadagnato le rotondità di Taylor Townsend, americana di Chicago allenata da una vecchia conoscenza del tennis Usa, Zina Garrison; e, con essa, una buona dose di trigliceridi e colesterolo. Ribattezzata con poco tatto «ciccia bomba» su tutti i blog racchettonli, Taylor, i8 anni, numero 205 del mondo, ha la silhouette che non ti aspetti nel terzo turno del Roland Garros, il suo primo Slam in carriera. E così, nel mercoledì terremotato dalle uscite di Serena e Venus, l’America extralarge compensa il vuoto emotivo abbuffandosi di Townsend a colazione: pappata la testa di serie numero 20 Alize Cornet in tre set (6-4, 4-6, 6-4), Taylor ha risposto in conferenza stampa a più domande sul suo fisico che sulle sue ambizioni da professionista (mobilità e spostamenti verticali così così ma gran braccio, tra l’altro). «Non tutti abbiamo la stessa forma del corpo — ha spiegato pensando, forse, al metro e 88 cm per 6o kg della diva Sharapova, killer ieri a fatica dellaPironkova (7-5, 6-2), che ora si staglia sontuosa all’orizzonte — . lo ho la mia e accettarmi per quella che sono mi ha resa più forte». Campionessa juniores dell’Australian Open nel 2012 a 15 anni grazie a un serve and volley promettente e precoce, poi Taylor ha attraversato momenti difficili nella crescita, fino allo scontro frontale con la federtennis statunitense, che aveva minacciato di escluderla dall’Open Usa under i8 se non avesse riacquistato un accettabile stato di forma. Lei è arrivata nei quarti e alla fine del torneo ha mollato i coach federali per accasarsi dalla Garrison, finalista a Wimbledon ‘go: «So cosa sta passando Taylor perché io ho avuto gli stessi problemi di peso» racconta Zina oggi che l’allieva è la beniamina di un torneo tradito dalle favorite. II freddo, la pioggia, i campi paludosi, madidi di pesantissima polvere di mattone, stanno facendo la rivoluzione francese.Fuori le sorelle Williams, out la numero 2 del mondo Li Na al primo turno, a casa — ahinoi — anche Flavia Pennetta, che commette il peccato mortale di non chiudere un match condotto 7-5 3-0 con la svedese Larsson (“Fisicamente sto benissimo, non ho scuse: una giornata no”). Stamane in campo l’ultimo plotoncino azzurro: Fognini, Bolelli, Seppi, Giorgi e Erravi. Allez.
Tacchini, 5 milioni per il marchio «Torneremo ai tempi di McEnroe» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 29-05-2014)
C’è un marchio storico. C’è una città, Novara, con il suo sindaco Andrea Ballaré, pronta ad accoglierlo di nuovo. E poi ci sono loro, Sergio Tacchini e il figlio Alessandro, che dopo la vendita ai cinesi vogliono riportare a casa una delle eccellenze dell’industria italiana.
Offerta Malgrado il comunicato degli attuali proprietari che escludono ogni possibilità di vendita del marchio, Tacchini sta lavorando per riacquisire la gestione produttiva: «L’azienda è in liquidazione e va verso il concordato preventivo: abbiamo presentato un’offerta di 5 milioni per rientrare in società e rilanciarla. Il tennis, per una questione di affetto e di marketing, sarà il volano, anche se ci dedicheremo pure allo sci e al tempo libero». Con il tennis, del resto, Sergio, campione negli anni 60, cominciò la carriera di imprenditore tessile nel 1966: «I primi sotto contratto — ricorda — furono Panatta e Mulligan». Da allora, sotto la mitica T, sono passati tra i più grandi campioni dello sport, anche se il più amato dal patron (che continua a giocare una volta alla settimana, il mercoledì mattina) resta McEnroe: «John è soprattutto un amico. Ricordo che quando gli presentai la prima divisa, mi disse che lui non avrebbe indossato un costume da bagno. Poi si convinse». E oggi? «Per me — dice Sergio — i più grandi sono stati Laver e Sampras, ma i tennisti di oggi sono di una categoria fisica molto superiore. Per eleganza, mi piace Dimitrov, anche se non è ancora personaggio»
Corsa a due sul brand Tacchini – Tacchini vuole tornare italiana (Milena Bello, MF – Milano Finanza Fashion, 29-05-2014)
Ieri incontro a Novara per spiegare il piano di riacquisto da Hembly studiato dal fondatore e dal Comune Ma la Wintex potrebbe bloccare tutto Iprossimi giorni saranno decisivi per il futuro del marchio Sergio Tacchini. Domani scadrà l’offerta di affitto di ramo d’azienda avanzata dall’imprenditore Sergio Tacchini attraverso la società Sandys all’attuale proprietaria del marchio, la Sergio Tacchini International srl. in liquidazione, per rilevare lo storico marchio di abbigliamento sportivo da lui fondato negli anni 60, ceduto nel 2007 alla cinese Hembly e da sei mesi circa appunto in liquidazione. E proprio al fotofinish la vicenda di Sergio Tacchini sembra essere tutta in salita. Ieri a Novara si è infatti tenuta la conferenza stampa indetta dall’imprenditore insieme ad Alessandro Tacchini, amministratore delegato di Sandys e al sindaco della città piemontese Andrea Ballarè per presentare nel dettaglio il piano di rilancio. «II nostro progetto», ha spiegato Alessandro Tacchini, «prevede di raggiungere i 50 milioni di euro di fatturato wholesale in cinque anni contro un giro d’affari che, secondo l’ultimo bilancio depositato del 2012, è di poco superiore ai 10 milioni di euro ma che, attualmente, è sicuramente inferiore». Per raggiungere questo obiettivo verrà potenziato il mix distributivo ripartito tra wholesale (che andrà a pesare per il 60% sul totale), retail attraverso l’apertura di una rete di 30-40 monomarca in cinque anni soprattutto in Italia e infine il lancio di un canale web per la vendita online (che rappresenterà il 10% del totale). «Sul fronte del prodotto», ha aggiunto, «onoreremo i contratti di licenza in essere, ovvero una decina, ma, al momento della scadenza dei rapporti, valuteremo caso per caso se rinnovare i contratti o riprendere in mano il nostro know how. In ogni caso la nostra strategia è controllare tutta la filiera in modo da rendere coerente il nostro prodotto». Sul fronte dell’occupazione la famiglia assicura un rientro graduale dei dipendenti in concomitanza con la conclusione degli accordi di licenza. Attualmente, hanno dichiarato le rappresentanze sindacali, il personale legato all’attività produttiva è stato ridotto a una decina di persone in cassa integrazione a rotazione. Oltre a quella di Sandys, l’altra offerta sul piatto del liquidatore è quella della Wintex Sri. (società italiana di proprietà cinese) che, secondo quanto sottolineato dalla stessa famiglia Tacchini: «È sensibilmente inferiore alla nostra di 5 milioni di euro che è stata depositata il 14 aprile. Finora», ha sottolineato Sergio Tacchini, «non ci è però pervenuta alcuna risposta in relazione alla nostra offerta». La situazione sembra però rischiare di finire su un binario morto. Poco prima dell’ inizio dell’ incontro a Novara è stata diffusa una nota nella quale si sostiene che: 011 marchio Sergio Tacchini non è in vendita. La società Sergio Tacchini international in liquidazione è attualmente proprietaria del brand. A giugno dello scorso anno il marchio, inserito in un compendio aziendale, è stato affittato fino all’anno 2017 alla società Wintex Italia che corrisponde regolarmente il canone relativo a tale affitto». Una comunicazione che, secondo quanto sottolineato dalla famiglia Tacchini, sembra in contraddizione con l’iter intrapreso dopo l’ultimo incontro in prefettura nel corso del quale: «È emersa l’intenzione di andare verso il concordato preventivo». In attesa di capire come si evolverà la situazione Sergio Tacchini ha dichiarato tuttavia di voler: «Procedere per valutare tutti gli scenari per riacquistare il marchio».
Rassegna stampa
Roland Garros al via (Bertolucci, Azzolini, Martucci, Semeraro). Gioia Bronzetti, a Rabat il primo titolo WTA (Giammò)
La rassegna stampa di domenica 26 maggio 2023
Parigi ora è un rebus (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Siamo pronti ad immergerci nel fascino di Parigi e del regno della terra rossa. È tempo di Roland Garros, il secondo Slam stagionale, quello che richiede una preparazione atletica superiore alla norma e che finisce per esaltare le doti dei grandi maratoneti, purché dotati di talento. L’assenza di Rafa Nadal dopo 18 anni apre il ventaglio dei possibili protagonisti, perché l’assenza di colui che ha alzato per ben 14 volte la Coppa dei Moschettieri toglie al torneo parigino il punto di riferimento sicuro, íl rifugio certo di ogni pronostico. Gli appuntamenti di antipasto sul rosso europeo hanno senza dubbio consolidato delle gerarchie, ma due settimane intense e la fatica fisica e mentale delle partite tre su cinque possono sempre celare delle insidie. Malgrado l’avvicinamento al Roland Garros non sia stato brillante, credo che Novak Djokovic vada considerato il primo favorito. Ha l’esperienza per gestire il logorante cammino di un torneo del genere e la mancanza di Nadal fornisce carburante aggiuntivo alle sue ambizioni: l’11 giugno, giorno della finale, potrebbe ritrovarsi da solo al comando della classifica degli Slam con 23, senza dimenticare che il traguardo del Grande Slam, fallito d’uno soffio due anni fa, rimane in testa ai suoi sogni. L’incognita, ovviamente, riguarda le condizioni del gomito destro sofferente e l’eventuale necessità, per Nole, sceso al numero 3 del mondo, di battere i primi due giocatori della classifica per aggiudicarsi il torneo. A Barcellona e Madrid, vinti in carrozza, Alcaraz ha mostrato di poter trattare la terra rossa come un dominio personale. A Roma si è limitato a timbrare il cartellino per tornare n.1 del mondo, e le quasi due settimane di riposo successive ci restituiranno sicuramente un giocatore al massimo della forma. Con la ritrovata freschezza atletica, la sua completezza tecnica potrebbe esaltarsi, ma lo spagnolo dovrà essere capace di gestire la pressione del primo Slam affrontato da numero uno dei mondo […]. La vittoria agli Internazionali non può essere certo archiviata alla voce fortunato incidente di percorso: a Roma Danill Medvedev ha dimostrato di aver finalmente appreso l’arte del gioco e dei movimenti sulla terra. Del resto, più che di idiosincrasia tecnica, si trattava soprattutto di un blocco mentale. È vero che il rosso probabilmente non sarà mai la sua superficie d’elezione, però le sue enormi doti in difesa, la capacità di far giocar male gli avversari e la fiducia incamerata con gli eccezionali risultati di questo scorcio di stagione lo inseriscono senz’altro nel ristretto novero dei favoriti. […] Sinceramente, ero convinto che Tsitsipas sarebbe arrivato a Parigi con almeno un titolo importante sulla terra: ci andato vicino a Barcellona, ma come ormai è una costante nella sua carriera, gli manca sempre un centesimo per arrivare a un euro. Eppure, per le sue caratteristiche tecniche, non si può non inserirlo tra possibili contendenti al titolo. Sul suo stesso piano, però, metto il ragazzino terribile Rune, anche se resta da verificare sul campo la resistenza alle due settimane: tuttavia per talento e personalità non mi stupirei di vederlo compiere un lungo cammino nel torneo. Dopo la prova opaca a Roma, Sinner è chiamato a un rapido riscatto, per il quale possiede senza dubbio tutte le qualità. Per una volta, il sorteggio sembra dargli una mano, ma sarà fondamentale per Jannik non sprecare energie preziose nelle prime uscite, magari complicando partite già vinte. L’obiettivo sono i quarti contro Medvedev […]. Quanto a Musetti, Parigi è l’occasione per dimostrare che sulla terra il suo gioco vario e spumeggiante può impensierire ogni avversario, ma il sorteggio non è stato così benevolo: Norrie al terzo turno è un osso duro e poi gli ottavi con Alcaraz farebbero tremare i polsi. […]
Alcaraz e Sinner, le stelle più attese all’esame rosso (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Il ritorno di Carlos Alcaraz nel triangolo più famoso del tennis su terra rossa, là al Bois de Boulogne, serrato tra Avenue de la Porte d’Auteuil e il Boulevard dedicato all’antico comune cui la Porta dava accesso, vive delle stesse attese che 18 anni fa – era il 2005 – quella stessa Francia innamorata di tutto ciò che di magico, e di sorprendente o improponibile si possa architettare con una racchetta, aveva riservato a Rafa Nadal. Tra i due, il campione uscente e il favorito subentrante, stabilito che esistano attinenze ma non vere e proprie somiglianze tennistiche come aveva avallato una stampa spagnola mossa dal frettoloso entusiasmo con cui di norma si sparano le balle più grosse, corre però un filo comune. Quello che il pubblico stesso ha finito per tendere tra l’uno e l’altro, avvicinandoli proprio per la loro capacità di accendere la miccia a colpi che lasciano di stucco. Al solo osservare Alcaraz, pare s’ingeneri un forte bisogno di imitazione, uguale a quello che muoveva Nadal. Una necessità in qualche modo simile alla “sindrome da Cavalcata delle Valchirie” molto ben descritta da Woody Allen.. . «Ogni volta che ascolto il terzo atto dell’Opera di Richard Wagner avverto la necessità di invadere il giardino del mio vicino di casa». Allo stesso modo, i colpi di Carlos, come quelli di Rafa a suo tempo, finiranno in tutti i circoli di Parigi, a uso e consumo di tutti gli appassionati che vogliano scoprire come trasformarsi da tennisti in artificieri della domenica. Eppure, non è la prima volta che Alcaraz gioca al Roland Garros. E sebbene la sua conquista sia giunta – alla stessa età, 19 anni, in cui Rafa vinse Parigi – sul cemento degli US Open, i francesi, e certo anche gli spagnoli, sono convinti che saranno questi i campi del futuro impero di Carlos. L’anno scorso lo videro in una versione non ancora compiuta, poco consapevole della sua forza. Rischiò tanto in secondo turno con Ramos Vinolas, che lo costrinse al quinto set, poi dette il meglio con Korda e Khachanov, ma non con Zverev, che aveva sconfitto in finale a Madrid. Usci nei quarti, lasciando la sensazione chiara che i campi di terra rossa più lenti, non siano adeguati al suo tennis di strappi e rincorse. È da queste osservazioni che Alcaraz è chiamato a riprendere il discorso. E dovrà mostrare altro, se vorrà essere il campione di oggi o dei futuri Roland Garros. «Vergo da un periodo molto intenso. Non ho giocato a Melbourne, dove ero convinto di poter fare bene, ma poi ho ottenuto risultati importanti, a parte Roma, dove pero ho ripreso la vetta della classifica. Ho avuto dei giorni di riposo imprevisti, sono stato un po’ in famiglia, ne sentivo il bisogno. Poi ho ripreso gli allenamenti, che tra una partita e l’altra ero stato costretto a trascurare. Sono qui per giocarmela al meglio. Riposato e pronto a gettarmi nella mischia», ha detto nella prima conferenza stampa parigina, dopo essersi augurato di vedere Nadal presto in campo, ed essere al suo fianco su questi stessi campi per i Giochi 2024. «Io e lui in doppio, sarebbe magnifico». Primo avversario Flavio Cobolli. […] Flavio è alla sua prima qualificazione in uno Slam, e sta crescendo. Vale i primi cento, e questo è l’obiettivo del 2023. Alcaraz ha un altro passo, ma con gli italiani non si è mai trovato a proprio agio. Le ha prese da Berrettini e da Sinner, e ha rischiato di brutto anche con Zeppieri l’anno scorso nei quarti di Umag. Flavio ha intenzione di fare bella figura. «L’idea di sfidare il numero uno sul Centrale, mi dà forza. In fondo, si gioca a tennis per avere queste opportunità, no?». E’ un’Italia di molte risorse, ma stretta a doppio filo a Sinner, alla sua voglia di far bene, che non manca mai. Anche su di lui e il suo tennis, pero, pendono gli stessi dubbi che si coagulano intorno ad Alcaraz, e cioè che si trovi meglio sui rimbalzi regolari e veloci di una superficie in cemento. «Mah, su questi campi mi sono trovato sempre bene», risponde, «stavolta vi giungo rilassato e ben preparato. Non guardo mai il tabellone. Preparo le partite tenendo conto dell’avversario, ma senza andare oltre con lo sguardo. C’è un bel gruppo di italiani quest’anno, addirittura nove. Ci manca Berrettini. Ma ha un gran carattere e sono convinto che presto sarà di nuovo fra noi». […] «Non esistono strade facili per giungere al successo. Manca Nadal, ma non altri tennisti considerati tra i più forti. Anche io mi considero in questo gruppo, punto al numero uno, alle grandi vittorie. Credo anche di aver dimostrato di essere forte dentro. Ogni torneo può diventare quello della grande impresa, lavoro per questo. Intanto, voglio andare alle Finals di Torino. Sono messo bene in classifica. Sta a me continuare così».
Parigi al via. Sinner: voglio diventare numero 1 (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Quarant’anni dopo l’ultima impresa di un francese, con Yannick Noah che domava Mats Wilander, il Roland Garros numero 127 parte oggi sulla terra rossa di Parigi con quasi 50 milioni di euro di premi, nel nome del grande assente, il 36enne spagnolo Nadal, l’infortunato campione uscente e primatista-record 14 volte. In pole position fra favoriti i due ventenni Alcaraz e il danese Holger Rune, quindi l’ultimo dei Fab Four, Djokovic, che s’è spento dopo il 22° trionfo Slam (co-record con Nadal) agli Australian Open di gennaio, lo specialista Tsitsipas, il 21enne italiano Jannik Sinner e due russi, Medvedev, neo campione di Roma, e Rublev, mai protagonista nei Majors. Oggi fanno l’esordio 3 dei 9 italiani: Matteo Arnaldi (n. 109)-Galan (Col, 90), Lorenzo Musetti (18)-Mickael Ymer (Sve, 53) e Lorenzo Sonego (45)-Shelton (Usa, 35). […] Intervistato da Supertennistv, Sinner, confessa: «Se chiudo gli occhi, il mio obiettivo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti, non pensare di non aver dato il 100%». A Parigi, difficile uscire dal trio di favorite Swiatek-Sakalenka-Rybakina, con outsider Krejcikova e Garcia. Oggi debuttano 2 delle 6 azzurre: Giorgi (n. 36)-Cornet (Fra, 50), Errani (70)-Teichman (75).
Senza Federer e Nadal dopo 25 anni (Stefano Semeraro, La Stampa)
Comincia il Roland Garros e, stranissima sensazione, non c’è Nadal. Era dal 2005 che Rafa non marcava visita, dal 1998 che al via non si presentavano né lui né Federer (nel ’99 Roger entrò con una wild card), stavolta il Campeon non ce l’ha fatta a riprendersi dall’infortunio che lo infastidisce dagli Australian Open. L’appello monco certifica la fine di un’epoca, con annesso senso di spaesamento. Chi vincerà? Dopo 14 trionfi del Cannibale, l’ultimo l’anno scorso, non eravamo più abituati a chiedercelo, ma superata la vertigine si aprono prospettive interessanti. I favoriti, anche secondo i bookmaker, sono quattro, guarda caso gli stessi che possono ambire/sperare di ritrovarsi al numero 1 fra due settimane. In ordine di classifica: Carlitos Alcaraz, che n. 1 lo è appena ri-diventato; Daniil Medvedev, l’unico a vincere 5 tornei nel 2023, compreso il primo sulla terra a Roma; Novak Djokovic, che a 36 anni insegue il 23esimo Slam che gli consentirebbe di staccare Nadal; Stefanos Tsitsipas, l’eterno incompiuto ancora alla caccia del primo major. Poi, certo, la meglio gioventù: Holger Rune, i nostri Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, il finalista dello scorso anno Casper Ruud, Felix Auger Aliassime. Dopo anni di quasi dittatura scopriamo uno Slam aperto, programmaticamente incerto, in un tennis che sta scremando la sua nuova classe dirigente ma non ha ancora battezzato un leader maximo – ammesso che sia possibile, fra discontinuità e infortuni agevolati da un groviglio di concause. […]
Gioia Bronzetti, a Rabat il primo titolo WTA (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)
Quale luogo migliore di Rabat – città “fortezza della vittoria” – per aggiudicarsi il primo titolo in carriera? Per Lucia Bronzetti da Rimini quella di ieri, più che una finale assomigliava a un appuntamento col destino: diabolico tanto nell’individuare la capitale del Marocco quale sede dell’incontro quanto nel metterle di fronte un’avversaria, l’austriaca Julia Grabher, simile per ranking e record stagionale e come lei dalla bacheca ancora sguarnita. Occorreva essere forti. E il percorso fatto nel torneo dall’italiana, da lunedì nuova n.65 del mondo, era di quelli che non potevano certo arrestarsi di fronte aIl’ultimo ostacolo, specialmente dopo una semifinale dominata e vinta in due set contro l’americana Stephens. Momento e condizione avevano, infatti, trovato conferma in un primo set da lei chiuso agevolmente, ma è stato nei successivi due parziali che la riminese ha dato i meglio di sé ribaltando l’inerzia di un match che, complici errori e paure, Grabher era riuscita a riportare dalla sua. Sul 5-4 in suo favore e a due punti dalla vittoria, Bronzetti aveva infatti finito col perdere il servizio due volte regalando il set all’austriaca, cinica nel cogliere al volo l’occasione e lucida nel concretizzarla con un altro break in avvio di terzo set. Scossa e costretta a difendere tre palle break sul 3-1, l’italiana è invece riuscita a inanellare ben quattro game consecutivi ripresentandosi ancora una volta alla battuta per il match inciampando però nuovamente in due gratuiti di troppo. Anziché paralizzarla, la beffa patita poco prima è risuonata invece come un allarme cui la ventiquanrenne ha risposto con maturità aggredendo il servizio della rivale e chiudendo il match nel game successivo alla prima occasione. «Sono felicissima per il mio primo titolo, grazie al mio team: senza di voi non sarei qui oggi», ha dichiarato emozionata l’allieva di coach Piccari a fine match. E lui ha risposto così: «E’ un titolo inaspettato ma era entrata in un buon momento di forma dopo il Foro Italico e Firenze. Bravissima, né la sfortuna e né le difficoltà sono riuscite a scalfire la sua forza di volontà che deve restare il marchio di fabbrica». […]
Rassegna stampa
C’era una volta Rafa. Parigi è in cerca di un nuovo padrone (Azzolini). Tutti contro Alcaraz (Bertolucci, Nizegorodcew).
La rassegna stampa di venerdì 26 maggio 2023
C’era una volta Rafa. Parigi è in cerca di un nuovo padrone (Daniele Azzolini, Tuttosport)
L’addio di Rafa, immediato forse no, prossimo di sicuro, accentua nei tennisti quel senso di libertà che viene dall’essersi sottratti al giogo ventennale, e fa sentire amica la democrazia, che in ambiente agonistico è strumento potente sebbene a nessuno sia dato conoscere le ricadute che potrebbe avere. Il Roland Garros indossa la sua miglior veste “open”, e lo fa con accortezza, distribuendo il tabellone nel modo più appropriato, quasi a dare risalto alle possibilità di ognuno dei più alti in classifica, che poi è il tema conduttore di questa edizione senza padroni. Sbaglierebbero i primi, i più forti, a sentirsi già nei quarti, pronti alle sfide che alla fine risulteranno decisive, ma a colpo d’occhio il sorteggio ha offerto spazi di manovra a dir poco invitanti a ognuno di loro. Per una volta, la lista degli ipotetici quarti di finale, potrebbe davvero assumere forme realistiche, senza causare sin dai primi confronti sul campo, eccessive mortificazioni ai giornalisti che l’hanno veicolata. Quest’anno, per la prima volta, (1) Alcaraz-(5) Tsitsipas, (3)Djokovic-(7)Rublev, (6)Rune-(4)Ruud e (8) Sinner-(2)Medvedev, valgono davvero una piccola scommessa (io non posso farle, voi andateci piano, 5 euro bastano) presso il vostro bookmaker preferito. E’ il primo Roland Garros senza Nadal e Federer, che si sono spartiti le prime due piazze sul rosso fino all’arrivo di Djokovic. Hanno giocato quattro finali, due semifinali e le ha vinte tutte Rafa […]. Djokovic entrò compiutamente in scena nel 2006 e ha condiviso con Nadal dieci Roland Garros, finendo per le terre in otto occasioni. Tre finali, quattro semi e tre quarti. Rafa non fu mai sconfitto in finale, ma lasciò al serbo la semifinale del 2021, nell’anno che sembrava destinato a chiudersi con la conquista del Grand Slam da parte del Djoker. Medvedev la pensava diversamente… Mi è capitato spesso di descrivere i tornei come sorretti da un pensiero, e una personalità, quasi umani. Niente di Animistico nel descriverli così, posso assicurarlo, ma la sensazione che seguano un loro disegno, a volte, non riesco a scacciarla. Così, l’idea che dietro questa abbondanza di democrazia rivolta ai molti iscritti alla lista dei possibili vincitori, vi sia un torneo alla ricerca di una nuova iscrizione al Club degli Imbattibili, in modo da ripristinare rapidamente i termini della disputa come una sfida al più forte, al padrone della terra rossa, che devo dire, bussa con forza nella mia testa. Se fosse vera, la domanda sorgerebbe spontanea… Chi dopo Nadal? In due non hanno paura a dichiararlo apertamente. Anzi, l’hanno già fatto. Alcaraz accogliendo la sconfitta a Roma con l’ungherese Marozsan (battuto nelle qualifiche parigine dal diciottenne cinese Juncheng Shang) come un’occasione per «riposare e prepararmi al meglio per Parigi». E Rune, che ha ringraziato Roma per l’affetto e per averlo preparato al meglio per le fatiche del Roland Garros. Djokovic ha le sue chance, ma a Roma è sembrato parecchio lontano dalla forma migliore. Medvedev ha vinto gli Internazionali e mostrato un tennis che può funzionare bene anche a Parigi. Sinner è in quinta posizione, come Tsitsipas, Ruud e forse Rublev. Pronti ad approfittarne, ma di un tanto sotto gli altri. Alcaraz ha Musetti (subito contro Ymer) o Norrie negli ottavi. Tsitsipas chiederà il via libera ad Auger-Aliassime, che in primo turno affronta Fognini. Djokovic potrebbe ritrovare Cecchinato (al via con van Assche, diciottenne francese) o Davidovich-Fokina in terzo turno, Hurkacz negli ottavi, ma sta meglio di altri e punta dritto alle semifinali (contro Alcaraz). Nell’altra metà del tabellone, Rune vede una semifinale con Medvedev. Sinner comincia contro Muller, ma prima di Medvedev potrebbe incrociare Zverev negli ottavi. Tra gli altri italiani, Sonego ha un pessimo avvio contro Ben Shelton, e in caso di vittoria troverebbe Humbert o Mannarino con la Francia intera, sul proprio cammino. Vavassori e Zeppieri, già promossi nelle qualifiche (in attesa di Cobolli), attendono l’assegnazione di un posto in tabellone. Poi le ragazze. Sarebbe interessante se la sfida in atto tra Swiatek e Sabalenka trovasse in finale l’approdo conclusivo. […]
Tutti contro Alcaraz (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Niente sarà mai più come prima al Roland Garros. Non trovare ai nastri di partenza il re della terra battuta che ha alzato il trofeo per ben 14 volte non può lasciarci indifferenti. Rafael Nadal ha provato in tutti i modi a tornare a giocare nel suo regno del Bois de Boulogne, ma il suo fisico, provato dalle mille sfide sostenute, ha detto no. Rafa sul rosso e ancor di più sulla lunga distanza era praticamente imbattibile e toglieva il gusto di pronosticare il vincitore. L’amarezza dei tifosi per l’assenza dello spagnolo sarà comunque bilanciata dal sospiro di sollievo dei colleghi che, finalmente, potranno affrontare le due settimane parigine con prospettive più accattivanti. A partire proprio dal nuovo numero uno mondiale Carlos Alcaraz. Il passo falso di Roma non può sminuire le credenziali di Carlos che, seppur molto giovane, possiede la personalità, II bagaglio tecnico e la gagliardia fisica per disimpegnarsi a dovere. Le quasi due settimane di riposo lo avranno certamente ritemprato, il numero uno nuovamente raggiunto rappresenterà una motivazione in più ma allo stesso tempo lo sottoporrà a pressioni enormi che dovrà essere in grado di gestire mentalmente. La vittoria al Foro Italico e una parte di tabellone meno affollata da nomi pesanti hanno intanto prepotentemente alzato le quotazioni di Daniil Medvedev. Se il russo è stato in grado di domare i campi lenti e le palle pesanti del torneo romano, dovrebbe essere in grado di destreggiarsi a dovere su quelli più rapidi di Parigi. Finalmente adesso dimostra di aver digerito anche la superficie più ostica grazie all’intelligenza tattica e alla tenacia nel voler tornare in alto nel ranking. Lo scivolamento al terzo posto in classifica di Nole Djokovic ha procurato uno sbilanciamento nel tabellone e più precisamente nella parte superiore: il Djoker troverebbe eventualmente Alcaraz già in semifinale, l’ipotesi peggiore per lui. Il campione serbo viene da un periodo avaro di successi e approda al Roland Garros con poca fiducia e un gomito che non mette giudizio, ma se c’è un giocatore nel lotto degli iscritti capace di gestire e risolvere i problemi più complessi e sicuramente lui. Ha puntato la stagione sul raggiungimento del Grande Slam e, dopo aver vinto la prima tappa in Australia, non vorrà di certo farsi sfuggire la seconda e di conseguenza il grande sogno, sfuggito per una sola partita nel 2021. La sfrontatezza di carattere non preclude a tutti noi di ammirare le enormi qualità tecniche e fisiche di Holger Rune. Solo la giovane carta d’identità e la scarsa esperienza potrebbero tarpare le ali al danese dalla debordante personalità. Tsitsipas e Rublev dovranno sgomitare parecchio per farsi largo in mezzo a una concorrenza molto agguerrita. In partenza non conosco sorteggi favorevoli nei tornei importanti, ma in particolare nei tabelloni a 128 si possono liberare spot che al momento della compilazione sembravano impossibili da raggiungere. L’importante è farsi trovare pronti nel momento in cui la strada dovesse presentarsi meno impervia. Questo potrebbe accadere nella parte bassa anche al nostro Jannik Sinner, testa di serie numero 8. Non dovrà però caricarsi di troppe aspettative che irrigidiscono il braccio, tolgono sensibilità e appannano le idee. […]
Tutti contro Alcaraz nell’anno 1 dopo Nadal (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)
L’album più ascoltato fu “Buoni e Cattivi” di Vasco Rossi, l’Oscar per il miglior film andò a “Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re”, mentre la Serie A era stata appena conquistata dal Milan di Shevchenko e Kakà. Nel maggio del 2004 Rafael Nadal, che all’epoca era già un Top 50 ATP non partecipò al Roland Garros a causa della frattura dello scafoide del piede sinistro. Da quel momento, sino a oggi, Rafa non aveva mai saltato il “suo” torneo. Nel frattempo Carlos Alcaraz aveva appena spento la prima candelina. Diciannove anni dopo Parigi è pronta a vivere una nuova edizione senza Nadal. Una sensazione strana, che si respira in ogni angolo dello splendido impianto francese: dalla sala stampa al “Philippe Chatrier” (campo centrale) sino al “Suzanne Lenglen” e, soprattutto, alla Players lounge, dove i giocatori si chiedono chi sarà il prossimo vincitore. Carlos Alcaraz è l’erede designato. Nel circuito ATP e, ancor di più, sulla terra rossa di Parigi. Il paragone, che sia forzato o meno, risulta inevitabile. Rafa aveva compiuto 19 anni da due giorni quando nel 2005 conquistò per la prima volta (alla prima apparizione) lo Slam francese, anche se la vetta del ranking arrivò solamente nell’agosto dei 2008. Ma, in quel caso, c’era un certo Roger Federer a farla da padrone (soprattutto sulle altre superfici) . Carlos Alcaraz al numero 1 è giunto in anticipo. Addirittura da teenager. Oggi, a 20 anni, è il principale favorito per il primo Roland Garros, ma la sensazione è che abbia un margine davvero sottile sui diretti inseguitori, in particolar modo su Djokovic. La pressione dell’erede è una variabile impazzita e il passaggio del testimone è tutt’altro che scontato. Le prove di forza di Carlos Alcaraz nel 2023 sono state impressionanti: sette tornei giocati, quattro trofei alzati al cielo e la miseria di tre match persi su 33 disputati. Ma la sensazione di dominio assoluto, che il miglior Nadal dava sul “rosso”, non è ancora paragonabile al regno di “Carlitos”. I favori del pronostico non sono facili da gestire, soprattutto se gli avversari sono agguerriti, determinati e (almeno alcuni) in grande forma. Lo scorso anno la più grande delusione di Alcaraz arrivò proprio al Roland Garros, quando fu sconfitto in quattro set da Alexander Zverev. Novak Djokovic non arriva a Parigi al top della condizione, ma va considerato che il campione serbo ha ormai come obiettivo solamente i tornei del Grande Slam. In Australia ha vinto e convinto e, nonostante qualche acciacco, la sensazione è che si sia preparato al meglio per alzare il livello proprio al Roland Garros. La nuova classifica ATP che ha visto Djokovic scivolare al terzo posto, ha cambiato le carte in tavola delle teste di serie e la sfida con Alcaraz dovrebbe verificarsi (se non ci saranno sorprese) in semifinale. Una difficoltà in più per lo spagnolo, che dovesse superare l’ostacolo Nole arriverebbe in finale, potenzialmente, con tante energie fisiche e nervose già sprecate. […]
Flash
“Caro Jannik certe sconfitte fanno bene” (Nizegorodcew). PL Open, c’è la mano di Djokovic (Rossetti). Tre lampi azzurri nel cielo di Parigi (Bertellino).
La rassegna stampa di giovedì 25 maggio 2023
“Caro Jannik certe sconfitte fanno bene” (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport)
Jannik arriva bene al Roland Garros. Il torneo di Roma non è andato come avremmo voluto, male sconfitte a volte, se ben interpretate, possono essere molto utili». Coach Simone Vagnozzi parla così al termine del primo allenamento parigino di Sinner sul court Philippe Chatrier I’azzurro ha svolto un’intensa sessione con Dominic Thiem, due volte finalista qui. «Sono passati circa 17 mesi da quando ho iniziato a lavorare con Jannik e confermo quanto dissi il primo giorno: è un giocatore ancora in costruzione sotto turai i punti di vista. È un processo “passo dopo passo” che lo sta portando a migliorare tecnicamente, tatticamente, mentalmente e fisicamente».
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Qual è? «Arrivare tra i primi otto della Race per partecipare alle ATP Finals. Oggi è numero 5. Ovviamente non andiamo ai tornei accontentandoci di raggiungere i quarti o la semifinale, ma il percorso è lungo e le sconfitte fanno parte del processo di crescita. Se vissute e analizzate nel modo girato, come per il match perso a Roma con Cerundolo, possono essere importanti». In che modo? «Si devono trarre gli insegnamenti giusti affinché queste sconfitte arrivino il meno possibile. Evitarie del tutto è però impossibile. È il tennis». Jannik riesce a ignorare le critiche eccessive? «Si, è consapevole di dover pensare a se stesso, analizzando i propri errori per cercare di migliorarsi. Anche mentalmente è cresciuto». Un team condue coach coma lei e Darren Cahill è insolito. Come ritrova la quadra? «Non è banale né semplice. C’è bisogno di flessibilità, di dar spazio alle opinioni altrui. Darren è una persona di grande esperienza e intelligenza, non abbiamo mai avuto problemi a trovare l’intesa». L’atmosfera in tutto il team, dall’esterno, sembra sempre molto positiva. «Si, è vero, c’è grande annona nel gruppo di lavoro. Ogni tanto però ci si dà il cambio: credo sia giusto per Jannik non avere sempre le stesse persone intorno per 45 settimane all’anno»
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In che senso? «I mostri sacri non perdevano praticamente mai. Invece oggi le sconfitte arrivano per tutti, è questa la normalità. Sono sicuro che anche nei primi turni qui a Parigi arriveranno sorprese». II Roland Garros di Jannik… «Una partita alla volta. Speriamo inizi bene poi, durante il cammino, capiremo dove potrà arrivare». L’anno scorso a Parigi Jannik festeggiava lo scudetto del suo Milan contro la sua Inter. Ora lei si è preso la rivincita. «Vero, però in finale di Champions c’è il Manchester City. Non voglio mettere le mani avanti, ma più ci penso e più non trovo un modo per cui sia possibile vincerla…»
PL Open, c’è la mano di Djokovic (Giacomo Rossetti, Il Messaggero)
Se un torneo di tennis riceve la benedizione della Novak Djokovic Foundation, non è roba qualunque. Il PL Open International, appuntamento ITF da $25.000 in programma a Roma, al Forum Sport Center di Via Cornelia dal 28 maggio al 3 giugno prossimi, può vantare questa commistione tra agonismo puro e solidarietà, vista la partnership con la fondazione benefica del campione serbo. Il torneo (che avrà l’ingresso gratuito per tutta la settimana) segna il debutto nella Capitale di una nuova competizione maschile internazionale su terra rossa. Ma c’è molto di più. OSPITI SPECIALI Innanzitutto, i tennisti non saranno gli unici protagonisti: domenica 28 maggio (alle ore 19.30) andrà in scena un torneo di beneficenza tra vip. L’ex calciatore Nicola Legrottaglie è tra i partecipanti annunciati. Inoltre, domenica 4 giugno, si terra una cena di gala nell’esclusivo centro eventi ‘La Lanterna’, dove saranno messi all’asta due pezzi unici, oro puro per chi ama lo sport: il completino e la racchetta con cui Djokovic ha conquistato gli ultimi Australian Open.
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«Siamo contenti della partnership con il PL Open e non vediamo l’ora di partire», dice Maja Kremic, direttrice nazionale della fondazione, che si propone di «portare gioia e speranza nella vita di molti bambini». L’altro partner benefico dell’evento è l’Associazione Peter Pan, impegnata da anni nella Capitale con i bambini malati di cancro e le loro famiglie. «Attraverso lo sport si possono promuovere solidarietà, condivisione e integrazione. Siamo molto felici di rinnovare, per il terzo anno consecutivo, la nostra collaborazione con il PL Open», afferma il presidente Roberto Mainiero. L’uomo dietro a tutta la manifestazione è il suo fondatore, Petr Losev, «onorato» di lavorare insieme alla Novak Djokovic Foundation. Secondo Losev, lo sport deve fare da tramite «per un progetto di sostenibilità, solidarietà e beneficenza». II direttore del torneo sarà Clarens Luca, mentre Marco Panichi, da anni preparatore atletico di Djokovic, sarà il project manager.
Tre lampi azzurri nel cielo di Parigi (Roberto Bertellino, Tuttosport)
Tre lampi azzurri nella terza giornata delle qualificazioni al Roland Garros di Parigi. Sono quelli di Giulio Zeppieri, Andrea Vavassori e Flavio Cobolli, che oggi affronteranno il turno decisivo per entrare nel tabellone dello Slam francese. Zeppieri ha regolato in due set l’argentino Taverna, senza particolari affanni. E atteso da un match che sulla carta lo vede favorito contro il 28enne lusitano Frederico Ferreira Silva. Agevole anche il passaggio di turno di Andrea Vavassari. ll torinese ha eliminato in due frazioni l’austriaco Filip Misolic. Un break in suo favore ha deciso R primo set e ben tre nel secondo hanno fatto la differenza. Vavassori ha trasformato quattro delle nove palle break avute e superato un solo momento difficile, sul 2-1 del secondo parziale quando con il servizio a disposizione ha annullato due palle per il contro-break al rivale.
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La campionessa in carica Martina Trevisan è uscita vincitrice dalla sfida con la potente croata Jana Fett, che ha accusato qualche problema fisico nella seconda parte di gara. Trevisan a segno in due set molto laboriosi come dice la lunghezza del confronto (2 ore e 35 minuti). Nel primo parziale la toscana, n.26 del mondo, è partita contratta (0-3) e si è ripresa contro l’attuale n.266 WTA, game dopo game. Dal 5-5 ha piazzato l’allungo decisivo. Nella seconda frazione l’azzurra è stata nuovamente in affanno (13) ma ha saputo ridestarsi e superare l’avversaria, ex top 100 WTA, sul 4-3. Un breve passaggio a vuoto dell’azzurra ha allungato la contesa ma alla fine è stata lei a vincerla. Ora troverà l’austriaca Grabheg avversaria da non sottovalutare che si è messa in evidenza a Roma.
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«Sono abbastanza contenta, abbiamo evitato la Svizzera tra le squadre della prima fascia, Usa e PoIonia della terza – ha detto la capitana azzurra Tathiana Garbin in questa seconda partecipazione alle Billie Jean King Cup Finals arriviamo con un’esperienza diversa e una maggiore consapevolezza delle nostre qualità rispetto all’anno scorso