Castel Rolando, il Nadal Chisciotte e Sancho Diocovich - Pagina 2 di 3

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Castel Rolando, il Nadal Chisciotte e Sancho Diocovich

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Lo capitolo secondo

Il Lettone Polpettone ed il Pappatacio d’Albione.

Nell’incipiente notte primaverile rinfrescata dal temporale NC e SD sono ancora di stanza sui bastioni di Castel Rolando. Le nubi si diradano.

NC – Mira Sancho Diocovich, lo firmamento eterno e immutabile.

SD – Miro.

NC – Lassù, nello splendor delle sfere celesti, son incastonati i nomi dei grandi del passato. Meravigliosi, indomiti, vittoriosi cavalieri immortalati a guisa di costellazioni.

SD – Immortalati. In costellazioni. Comprendo.

NC – Ecco laggiu l’orso maggiore, anche noto come Bjorne lo svedese, undici stelle disposte a mo di… di…

SD – A me ricorda un paio di mutandoni, di quelli con i bottoni davanti.

NC – Mah. Ed ecco Ivan il terribile. Otto stelle a forma di cannone. O Pietro il Grande. (sospira) Un giorno, la mia effigie sarà raffigurata nello firmamento a perenne memoria delle mie imprese. Magari là, tra quel gruppo di stelle azzurre. O magari laggiù, con quella molto brillante con altre più piccole accanto. Che ne dici?

SD – La vostra effigie, ser?

NC – Certamente. Che fai? Dubiti?

SD – Giammai. Le vostre imprese e la vostra magnificenza sono degne degli astri… solo che… come dire. Forse che noi non siam magnifici e splendenti come gli eroi del passato.

NC – Parla per te. Che un poco ciencioso sei. Io, seppur non di aspetto affascinante, sarò ricordato per la bellezza delle mie imprese prima ancor che per le fattezze dello mio volto.

SD – (sussurra) Che un poco somiglia ad un topo.

NC – Che hai detto?

SD – Nulla, nulla. Son certo che non sfigurerete di fianco a cotanti nomi. In fondo siam qua di passaggio, che cosa costa sognare un poco di grandezza?

NC – Veramente non siamo di passaggio. Siamo di vedetta. Mica ci possiamo muovere, eh.

SD – Intendevo qua sulla terra, signor mio.

NC – Ah.

(silenzio)

NC – Ho fame.

SD – Le ho portato il Polplettone eccellentissimo.

NC – Eccellentissimo?

SD – Il Polplettone.

NC – Ho capito il Polplettone, ma sono quasi le sei del mattino.

SD – E?

NC – E mi pare un poco pesante, non trovi?

SD – Non saprei. Se non lo vuole però che ne faccio?

NC – Mangialo tu il Polplettone, che a me va indigesto.

SD – Non sia mai vostra eminenza. Non vorrei far indigestione.

NC – Ah, Indigestione? Con il Lettone Polpettone? Non diciamo baggianate.

SD – Mmmh, il comodo Lettone. A quest’ora antelucana il solo nome ispira desideri di pennichelle. Specie dopo uno sfiancante turno di notte qual quello odierno. Che tentazione. Sto Polplettone. Magari un boccone. Un assaggione.

SD si abbuffa di polpettone. NC si alza di scatto e sguaina la spada.

NC – Ah! Ti ho visto! Vile, infame, infingardo Pappatacio. Vien qua che ti trafiggo il costato prima che tu possa scoccar lo tuo ferale colpo.

SD – (con la bocca piena) Che succede vostra splendificenza?

NC – Lo Flebotomo mi attacca. Malevolo insettazzo. Il vile Pappatacio d’Albione. Quanta strada percorsa per venir a sfidare il sottoscritto.

SD – Il che?

NC – Pappatacio! Pappatacio! Il dittero nematocero!

SD – Eh?

NC – (puntando un dito all’aria) Una zanzara! Qua! Non la vedi?

NC lancia fendenti all’aria, concentrato con lo sguardo puntato verso la zanzara.

SD – In verità, vostra magnificenza, non vedo una ciolla. Sarà anche l’ora tarda.

NC – Ah!

NC sferra un violento colpo ad una parete con la spada, si avvicina al punto dell’impatto, scruta e sogghigna.

NC – Eh! Eh! Eh! Peristi vile psicodido portator del dengue. Non la si fa a cavalier Nadal Chisciotte. Di guardia sto e nulla sfugge allo mio sguardo. Tzè.

NC si volge a SD sorridente.

NC – Fatto! Non c’è voluto molto a regolar l’insetto.

SD – I miei complimenti, sire.

NC – Lo turno sta per finire, mi sento carico e pronto ad affrontar le sfide che ci attendono di sotto. Allora. Chi viene? Lo Moro di Marsiglia?

SD – Ha declinato.

NC – Allora forse Tommaso di Praga?

SD – Impegni di famiglia.

NC – Magari i miei amici. Davide? Golia? Nico? Pico? Nando?

SD – In vacanza a Cesenatico. Par che l’ultimo incontro di vostra signoria con il Davide abbia causato al poveretto gravi traumi psicologici.

NC – Stanislao magari?

SD – A curarsi l’acne in Andalusia.

NC – Samurai? Gregorio? Giovanni? Milos?

SD – No. No. No e no.

NC – Persino Fabio la Fogna?

SD scuote le spalle. NC sbuffa.

(silenzio)

NC – Bene così, allora. Va a finire che ce la sfidiam tra di noi due una volta ancora mio caro Sancho.

SD – Sempre a disposizione, vostra grazia. A che ci sfidiamo stavolta? Tresette? Rubamazzo? La pepatencia?

NC – Io son sovrano ed io decido li armi della sfida. E decreto che ci sfideremo al sorger del nuovo sole, al riparo delle mura, alla tenzon di racchetta e palletta nella fanga.

SD – Nella fanga?

NC – Nella fanga! Ho detto!

SD – Di nuovo? E te pareva.

NC – Se non ti aggrada puoi sempre andare a fare compagnia al pappatacio.

SD – Non sia mai. Son le sei ed il sole sta sorgendo. Tempo di staccare. Mettete via la bisaccia vostra maesta’, li racchetti li prendo io.

SD si alza e comincia a prepararsi.

SD – (tra sè e sè) E questa volta saprò essere all’altezza. Non mi farò burlare ancora una volta.

NC – Che farfugli?

SD – Niente. Dicevo che vostra eccellenza è sempre lo più fortissimo cavalier dell’occidente.

NC – Ricordi ancora la lezion dell’anno passato quindi.

SD – Ricordo, ricordo. Fu senza dubbio alcuno esperienza indelebile e distruttiva.

NC – Istruttiva? Mi fa gioia che tu abbia imparato qualcosa.

SD – Non istruttiva, dist… non importa, eccellentissimo, come vuole lei. Andiamo di sotto che è ora.

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