Zverev e Coric fanno faville Perchè Quinzi invece deve giocare la Coppa Valerio?

Editoriali del Direttore

Zverev e Coric fanno faville Perchè Quinzi invece deve giocare la Coppa Valerio?

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TENNIS – Gianluigi Quinzi, campione di Wimbledon 2013, aveva detto “basta all’attività junior”. Mentre 7 teenagers che lui batteva (Zverev, Coric, Chung, Kyrgios, Ymer) compiono exploit superandolo, la FIT privilegia la propria propaganda e lo spinge a…perder tempo e punti ATP

 Il solito Scanagatta che ce l’ha con la FIT! Sono certo che qualche malpensante commenterà subito così.

E può pure essere che la mia sia deformazione pregiudiziale, però quando ho saputo che Gianluigi Quinzi avrebbe dovuto rinunciare a due possibili settimane di tennis fra gli “adulti” per giocare in Coppa Valerio, pena la restituzione del “prestito d’onore” alla FIT, ho fatto un salto sulla sedia. Come lo facevo già, purtroppo, 30 anni fa quando la FIT presieduta da Paolo Galgani (non a caso nominato presidente onorario…) si comportava esattamente allo stesso modo, andando a caccia di trofei giovanili da sbandierare per motivi propagandistico-elettorali-mediatici. Ed infischiandosene di ritardare così il processo di maturazione dei nostri migliori giovani.

E poi, da anni, tutti a domandarsi come mai i tennisti italiani maturino tardi ed alcuni non siano ancora maturi dopo i 25 anni! Non è cambiato nulla, purtroppo, e forse non cambierà mai nulla. Nel girone di semifinale di La Rochelle (30 luglio-1 agosto), giocano Italia, Francia, Grecia, Islanda, Romania, Israele e Ucraina. Per l’Italia, oltre al marchigiano Quinzi – che aveva detto giustamente “basta all’attività junior, cosa posso far di più fra gli under 18 che aver vinto a Wimbledon? Se voglio bruciare le tappe devo misurarmi nel circuito professionistico a costo di prendere tante batoste!” – anche il lombardo Filippo Baldi, il romano Matteo Berrettini, il pugliese Andrea Pellegrino. Se passerà il turno, dal 4 al 6 agosto l’Italia giocherà, con Quinzi e gli altri, la fase finale al Lido di Venezia.

Ma come!, proprio nei giorni in cui assistiamo agli exploit in vari tornei del circuito Atp da parte di junior o ex junior che avevano perso o arrivavano dietro a Quinzi un anno fa – Nick Kyrgios (classe 1995 e oggi n.69 ATP) che batte Nadal e va nei quarti a Wimbledon, Alexander Zverev (1997, n.159 ATP, ma sconfitto 60 62 da Quinzi alla Davis junior a Barcellona) che va in semi ad Amburgo, Elias Ymer (1996, n.262) che batte Kukushkin a Baastad e va nei quarti a Tampere, Borna Coric (1996 e n.194 Atp) nei quarti a Umag dove ha lottato alla pari con Fognini n.19 – di che si preoccupa la nostra Fit? Di conquistare la Coppa Valerio! Una coppa snobbata da tutti i migliori junior europei, pur di potersi fregiare di un titolo che a Quinzi non aggiunge nulla, anzi gli farà solo perdere altro tempo, ma che magari potrebbe consentire un’altra passerella del massimo dirigente federale a Palazzo Chigi e, nel peggiore dei casi, qualche bel titolo sugli organi di stampa più compiacenti.

Sempre i malpensanti – nei miei confronti… – diranno “Embè, che vuoi che siano due settimane perse a giocare con gli junior!”. Ma il fatto è che oggi Gianluigi, n.309, dopo aver vinto a maggio due Future 1 e un Future 2 di fila in Romania e Marocco – tornei giocati e vinti per acquistare fiducia: vincere aiuta –  ha purtroppo perso terreno rispetto ai suoi avversari dell’ultimo biennio per una serie di motivi di cui una FIT meno miope, meno egoistica, avrebbe potuto (dovuto?) tener conto. Reagendo di conseguenza. Mollato all’improvviso, in modo indubbiamente abbastanza traumatico dall’allenatore degli ultimi anni, l’argentino Eduardo Medica – problemi familiari – dapprima Gianluigi si è trovato senza coach nel pieno della stagione primavera-estate. Poi ha dovuto affrontare la maturità liceale. E non una maturità burletta, ma quella scientifica al liceo di Fermo. Liceo pubblico. Ha preso 70, un voto più che dignitoso, facendo contenti i suoi genitori che sono gente sana – come si capisce anche da questa scelta – ma saltando tutto giugno e rinunciando dolorosamente ad utilizzare la wild card alle qualificazioni di Roehampton che Andrew Jarrett, direttore degli Wimbledon Championships, gli aveva messo a disposizione in quanto campione junior 2013. Una scelta che pochi ragazzi avrebbero accettato di fare.

Chi scrive avrebbe potuto fare le qualificazioni di Wimbledon nel ’73 – erano altri tempi, bastavano certi risultati che avevo fatto in America, il computer Atp sarebbe entrato in funzione un paio di mesi dopo, il 23 agosto – e ha sempre rimpianto di non averle poi potute fare. Per carità, Quinzi ha ben altro talento e prima o poi le farà, o magari le salterà addirittura, però mettetevi nei panni di un ragazzo di 18 anni che sogna di giocare il torneo vero di Wimbledon, quello dei grandi. Il giorno in cui avrebbe dovuto giocare il primo turno Gianluigi aveva invece la prova scritta di italiano. Insomma mentre tutti gli altri giocavano a più non posso, e facendo progressi e risultati, lui è stato praticamente costretto a fermarsi per un mese e mezzo. Sembra una sciocchezza, ma alla sua età e in questa fase della stagione è tanta roba.

E ciò dopo che agli Internazionali d’Italia, al nostro junior più vincente di sempre – controllare i dati di Nargiso e Gaudenzi, per non parlare di Galimberti coetaneo di Boris Becker e tutti gli under 18 che snobbavano i tornei junior: 4 gradi A, uno Slam, il Bonfiglio, dopo gli argenti under 12 e under 14 nel palmares di Gianluigi – non era stata data neppure una wild card per le qualificazioni. A queste bisognava qualificarsi attraverso un torneo di prequalificazione che però avrebbe premiato, a parte i due finalisti, i due semifinalisti con la miglior classifica Atp.

Quinzi, sapendo che c’erano tantissimi giocatori con una classifica Atp migliore della sua, aveva rinunciato, perchè come minimo avrebbe dovuto arrivare fra i primi due delle prequalifiche. E poi vincere le qualificazioni per entrare nel tabellone dell’unico torneo ATP rimasto in Italia e fare quei punti Atp necessari per poter partecipare almeno ai Challenger di più alto livello e magari alle qualificazioni dei tornei Atp di minor montepremi.

Non poteva una FIT appena un pochino più lungimirante, anziché “tutelare” anzianotti ultratrentenni, riservargli un piccolissimo posticino per dargli una chance? Se pensate che agli Internazionali d’Italia Nargiso ha battuto Emilio Sanchez, Pescosolido Andre Agassi e Richard Krajicek, Borroni Yevgeny Kafelnikov, Luzzi Clement e Arazi, Bracciali Ginepri, Caratti Pioline e Jaite, Di Matteo Riessen e Tiriac, Galvani Rusedski e Novak, Ocleppo Leconte, Claudio Panatta Arias, Santopadre Kucera e Norman, Starace Moya e Cilic, Volandri Federer….beh capirete bene che ogni tanto i miracoli posson succedere e magari un Quinzi in tabellone avrebbe potuto farne uno anche lui e guadagnare punti preziosi che avrebbero cambiato la sua estate agonistica. L’unico torneo del circuito maggiore Atp che c’è in Italia, quando ne abbiamo avuti anche 8 in un anno – e sì che leggo sull’ultimo numero della rivista federale uno sviolinatore professionista che scrive “Il nostro Paese è da sempre, per tradizione, all’avanguardia nell’organzzazione di eventi tennistici” – non avrebbe dovuto avere un occhio di riguardo per un ragazzo che tanto ha vinto e fatto per il tennis azzurro? Mah, evidentemente in FIT non la pensavano così.

Poi se, malgrado tutto, Gianluigi diventerà forte davvero, allora saranno tutti pronti a salire sul carro del vincitore. Tutti i federales fino all’ultimo, direttore degli Internazionali, capitano di Coppa Davis. Tutti coloro, insomma, che quando serviva non hanno mosso un dito. Come è accaduto a suo tempo per Errani (emigrata all’estero per disperazione per anni), per Fognini (grazie papà Fulvio), per Pennetta (grazie papà Oronzo, Gabri Urpi e Spagna) e mi fermo qui per non essere noioso. La gente che vuol capire capisce. Lasciamo stare Kyrgios che è già più grandicello, anche se a Wimbledon contro Quinzi due anni fa ci avevaperso 63 61. Ma Zverev, Ymer, Coric sono ragazzi di sicuro talento che, prova e riprova con l’aiuto di organizzatori di tornei più…”patriottici” e più modesti di un Master 1000 come Roma hanno avuto, insieme alle loro proprie indubbie capacità, anche la buona sorte (o una maggiore attenzione federale?) di poter disputare tornei di casa e di imbattersi in avversari non irresistibili facendo un bel bottino di punti Atp e salendo nel ranking.

Ci vuole, infatti, anche un po di fortuna. Pochi giorni dopo la “Maturità” Gianluigi – nel frattempo affidatosi all’ex giocatore di Recanati Federico Torresi e allo spagnolo Gorriz (consigliato da Ljubicic e Piatti, Gorriz, mancino ex n.80 del mondo ha allenato Haase, Portas, gli ultimi anni di Bruguera, Falla e Giraldo quando ha collaborato con la federazione colombiana, ma sta facendo una sorta di prova di conoscenza reciproca con Gianluigi) – è andato a giocare San Benedetto. Anche lì la dea bendata non poteva dargli avversario più tosto del bosniaco di Sarajevo Damir Dzumhur (n.116 Atp oggi) che difatti dopo aver perso l’unico set del torneo con Gianluigi (46 64 61) lo ha vinto battendo uno dopo l’altro Fucsovics (76 64), Coric (62 75) – toh chi si vede! – Gombos (64 62) e Haider Maurer (n.97 Atp 63 63). Un passo falso a Poznan dove ha perso al secondo turno dal serbo Zekic (674 Atp), 76 75 e poi Quinzi, è andato a Tampere, come Ymer, ma ha “pescato” al primo turno proprio Jarkko Nieminen, n.52 Atp ma ex n.13 del mondo, nonchè n.1 del torneo. Che poi ha perso solo in finale dal belga Goffin. Vedremo come finirà l’esperimento con il catalano Marcos Aurelio Gorriz, 50 anni ed ex n.88 del mondo. Certo è che nella programmazione di Gianluigi, fin dall’anno scorso quando aveva vinto Wimbledon, l’attività junior era stata cancellata.

L’obbligo contrattuale a “difendere i colori della nazionale se convocati per qualsiasi rappresentativa” pena la restituzione del cosiddetto prestito d’onore – cioè dei soldi ricevuti finora per finanziare sia pure parzialmente l’attività più recente di Quinzi – è stato imposto con ridicola rigidità da Sergio Palmieri, factotum tecnico della FIT. E per i genitori Quinzi e Gianluigi non ci sono state alternative. Non hanno fatto nemmeno polemica. Anche se c’è da giurare che saranno rimasti sorpresi. E probabilmente delusi, visto che i loro programmi tecnici per il figlio erano noti a tutti. Con la Federazione, qualunque federazione per qualunque atleta di qualunque disciplina, non conviene mai mettersi a discutere. Il coltello dalla parte del manico lo hanno le federazioni. Vedi caso Hackett (che si è comportato male) nel basket.

E’ un sistema perverso. I giovani hanno bisogno di aiuto, soprattutto in uno sport caro come il tennis dove anche i coach, i fisio, i viaggi e il resto, tutto è caro, carissimo. E devono sottostare anche a programmazioni che li possono danneggiare. I genitori Quinzi non hanno problemi economici, ma anche chi non li ha – come a suo tempo papà Fognini, papà Errani- alla fine ha convenienza a trovare un accordo. Papà Errani, ma anche papà Fognini, papà Quinzi, hanno fatto spaventosi sacrifici per assecondare il desiderio di emergere dei propri figli. E sono stati, per tanti anni, anche molto critici nei confronti di chi non li aiutava pur essendo evidente sia la determinazione che la qualità tennistica dei figli. Quando finalmente i figli hanno cominciato a conseguire risultati importanti, allora la FIT si è manifestata, ha mostrato tutt’altra disponibiltà.

Meglio tardi che mai, si dirà. Certo, ma sarebbe stato meglio anche un po’ prima…perchè non si sa quanti ragazzi e ragazze di valore nel frattempo si sono perse per strada perchè le loro famiglie non hanno avuto i soldi per continuare. Oggi se andaste a intervistare Sara Errani, e la sua famiglia – e potrei dire la stessa cosa di Fognini e la sua famiglia, di Bolelli e la sua famiglia – lei non ti direbbe più sulla FIT quello che pensava e diceva allora. Perchè oggi la FIT tira fuori soldi, auto, assistenze tecniche, mediche e di altro tipo, contratti pubblicitari con Supertennis, pecette di vario tipo, ingaggi, gettoni di presenza, premi cospicui, organizza passerelle televisive. Magari non tira più fuori 400.000 euro come quelli regalati alla Schiavone ma sempre tanta roba.

Sarebbe un bel fesso il giocatore, la giocatrice, che oggi entrasse in polemica con chi generosamente lo finanzia. Perchè mai dovrebbe farlo, anche se forse soprattutto i suoi genitori non avranno dimenticato i tempi difficili di quando non erano…ricchi, forti e famosi? Costa molto meno rispondere male, o non rispondere affatto, a Scanagatta, a un qualunque giornalista indipendente (pochissimi ormai) che ricordi loro come erano e cosa dicevano, genitori e figli, piuttosto di quanto potrebbe costare l’indispettire un dirigente federale che ha i cordoni della borsa.

Contrariamente a quanto ha scritto qualcuno, Gianluigi Quinzi non ha nessuna intenzione di tornare sui suoi passi, di tornare a giocare fra gli junior se non obbligato a farlo. Infatti non giocherà l’US Open junior. Non ha mai avuto intenzione di giocarli. Un errore tecnico, commesso al computer da qualcuno, lo aveva erroneamente iscritto. Avrebbe invece voluto provare a giocare le qualificazioni dell’USOpen adulti, quelle che Roberto Marcora, per esempio, grazie al suo best ranking n.244, potrà quasi certamente disputare. Ma Gianluigi, per tutti i motivi di cui sopra, non è riuscito a conquistarsi la classifica necessaria e quindi non potrà farle. Mentre i suoi amici junior che lui batteva invece sì. E se avranno la fortuna di beccare un giocatore non troppo forte e in cattiva forma, saliranno ancora in classifica mondiale e…in fiducia.

Già, la fiducia. E’ fondamentale per qualsiasi tennista, figurarsi per un giovane. E il ranking, una rapida ascesa nel ranking, infonde grande fiducia. Oggi come oggi uno Zverev, un Coric, un Ymer, ma anche un Marcora classe 1989, ce l’hanno molta di più di Quinzi. Che rischia, come certi nostri impazienti tifosi, di dubitare di se stesso. E non c’è di peggio. Per questi motivi, anziché “impugnare” l’arma del prestito d’onore, una FIT che si fosse preoccupata primariamente dell’avvenire del “ragazzo Quinzi” non l’avrebbe mai convocato per giocare una manifestazione che non gli servirà a nulla  – la Coppa Davis junior l’hanno già vinta un anno fa – e nella quale avrà tutto da perdere, come sarebbe, ad esempio, se gli capitasse di giocare malissimo contro un giovane francese (Tatlot) e malauguratamente di soccombere. Un bravo manager non lo avrebbe mai esposto a questo rischio e lo avrebbe invece programmato su tornei nei quali fare punti ATP e costruirsi una classifica migliore dell’attuale. Ma alla FIT, a Palmieri, di comportarsi da bravo manager nell’interesse primario del ragazzo e di una sua più rapida crescita in classifica, non gliene frega nulla, altrimenti sarebbero state fatte scelte diverse.

L’importante è vincere la Coppa Valerio. Per dire a chi osasse contestare questa decisione: “Beh, se Quinzi vale potrà sempre dimostrarlo”. La solita superficialità di chi non ragiona con il giusto approccio professionale, che è quello di tendere sempre a far raggiungere certi obiettivi nel minor tempo possibile a chi ne abbia i mezzi tecnici. Infatti i “nostri”, quando non si perdono del tutto, arrivano sempre tardi. Come mai? Proprio il fatto che Gianluigi quest’anno abbia vinto soltanto due partite su nove, a livello Challenger (qualificazioni comprese) e abbia perso anche tre partite da avversari peggio classificati nei Futures, avrebbe dovuto far capire ad un tecnico sensibile che Gianluigi attraversa un periodo difficile e che quindi andava aiutato, lasciandogli fare il programma agonistico che da un anno aveva deciso di perseguire.

Tutta ‘sta tiritera, ‘sta lungagnata per 2 settimane buttate, Scanagatta, ma non ti pare di esagerare? No, non credo di esagerare perchè, come ho già scritto sopra, questi 10 giorni (che si traducono in due settimane di tornei) destabilizzanti in piena estate si aggiungono a quasi due mesi di semi-inattività, difficili per i motivi sopra esposti. E i meccanismi psicologici di un diciottenne che si vede i suoi ex rivali passargli davanti in tromba, sono o possono dimostrarsi delicatissimi. I loro exploit non lo aiutano di certo. La pressione su lui cresce inevitabilmente. Non è più il primo, davanti a tutti loro. E’ il settimo dei teenagers (under 19), dietro Zverev, Coric, l’australiano Kokkinakis n.216, il coreano Hyeon Chung (il nome di battesimo del n.245 Atp è necessario: i Chung nell’archivio Atp sono soltanto 15!), il giapponese Yoshihito Nishioka 250 (che qualche wild card ai tornei giapponesi e magari australiani la riceverà di sicuro), lo svedese Ymer…e sente la pressione di doversi sbrigare per non perdere ulteriore terreno nei loro confronti, anche perchè il cileno Nicolas Jarry (n.311 e quindi due posti soltanto dietro a lui) e l’americano Jared Donaldson (326) incalzano.

Mi è bastato vedere, anche su questo sito, commenti ingenerosi, impazienti, eccessivamente esigenti senza cognizione di causa, perfino maleducati, nei suoi confronti. Personalmente il maggior conforto, il maggior motivo di ottimismo, mi viene dalla constatazione che attorno a Gianluigi c’è una famiglia colta, saggia e intelligente – la scelta di affrontare l’esame di maturità lo dimostra – e anche un giovane intelligente, preparato e serio come Federico Torresi. Son quindi fiducioso che Quinzi emergerà lo stesso, a dispetto degli ostacoli che chi dovrebbe pensare a toglierglieli, glieli para invece davanti.

Come è sempre successo, ripeto ancora. Questa federtennis non è diversa o peggiore delle precedenti. E’ uguale. E i risultati, quelli ottenuti proprio da essa e non dai giocatori che hanno avuto genitori benestanti e determinati, lo dicono. Tirrenia docet. Anche se poi quando si tratta di farsi propaganda, di farsi belli davanti agli organi di informazione più disinformati, si è capaci di dire di tutto e di più per “magnificare i grandi exploit del tennis italiano” appropriandosi di tutti i meriti (senza che i giocatori abbiano il minimo interesse a zittirli).

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