Tennis arcobaleno: gay, lesbiche e trans andate a rete senza paura

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Tennis arcobaleno: gay, lesbiche e trans andate a rete senza paura

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TENNIS FOCUS – Breve viaggio nella storia del circuito LGBT (Lesbian Gay Bisexual Transgender) accompagnati da un articolista fazioso e da alcuni grandi campioni, prima su tutte Martina Navratilova. 

(Premessa obbligatoria). Ho impiegato più di una settimana per scrivere questo articolo. Ho cercato di essere obbiettivo. Ho cercato di ricordarmi che scrivo per una rivista sportiva. Che a nessuno interesserà se un gruppo di tennisti omosessuali si riunisce per giocare a tennis. Ho provato a fare tutte queste cose insieme ma ho fallito. Non sono riuscito a non esprimere il mio punto di vista, strettamente legato alla storia che segue. Una storia bellissima ma con tanto dolore alle spalle. Nel rispetto di tutti coloro che in passato hanno subito discriminazioni e tuttora combattono contro chi non li accetta, ho dovuto essere me stesso. Tutto ciò che ho scritto è opinabile e confutabile. Non aspetto altro.

A tutti i giocatori: se siete nel dubbio, ANDATE A RETE! Ma soprattutto, divertitevi. Con amore, Martina”.

Martina Navratilova è corsa a rete tutta la vita, senza mai smettere di lottare. Oltre ai numerosi titoli conquistati sul campo, Martina si è presa la Libertà, quella che il regime sovietico voleva negarle costringendola a trasferirsi negli Stati Uniti nel 1975 e quella che il governo Bush, trent’anni dopo, vanificava con una politica “vergognosa e guerrafondaia”. Nel 1981 si è dichiarata omosessuale, finendo poi ritratta in lacrime su tutti i giornali a causa della separazione turbolenta dalla compagna Judy Nelson. Ha attaccato e sofferto, Martina, ma a una cosa non ha mai rinunciato: a se stessa. Mai. È questa la libertà più grande. Una libertà che non preserva dalle sconfitte ma che garantisce una virtù che nessuno può toglierti: la dignità.

Nessuno potrà mai togliere la dignità a Martina Navratilova, così a tutti quei giocatori –dentro e fuori dal campo- minacciati di perdere la libertà che gli spetta di diritto e che lottano quotidianamente per essere ciò che sono (e perché no, anche ciò che vogliono). È con questo proposito che nel 1979 nasce la GLTA (Gay and Lesbian Tennis Alliance), i cui giocatori sono i destinatari dell’affettuoso messaggio scritto proprio da Martina in occasione del torneo di Praga.

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“La GLTA è un associazione tennistica amatoriale composta da gay, lesbiche, transessuali, bisessuali e transgender. Ci sono circa 70 tornei l’anno in tutto il mondo, dalle Hawaii a Sydney, con nuovi eventi pronti a debuttare in Sud America e addirittura in Medio Oriente” – dichiara entusiasta il sudafricano Patrick Holzen, membro del Consiglio da diversi anni – “Il Calendario dei tornei GLTA, un vero e proprio circuito tennistico come quelli ATP e WTA, propone tornei in ogni parte del mondo con cadenza quasi settimanale. C’è una classifica e ci sono diversi livelli di gioco. Le regole? Quelle del tennis! Chiunque  può partecipare in qualsiasi momento e nessuno guadagna un solo centesimo. L’attività del Consiglio, di cui faccio parte, è puro volontariato. Ogni torneo è responsabile per i propri sponsor. Gli unici soldi che abbiamo, ricavati dalle iscrizioni ai tornei GLTA, vengono utilizzati secondo due scopi: promuovere la nascita di nuovi tornei e donare fondi alle associazioni che si occupano di diritti civili (circa 250.000 dollari l’anno)”.

Non è un caso che la GLTA nasca in America, la stessa America dove, il 28 giugno 1969, sulla scia dei moti rivoluzionari sessantottini, un gruppo di omosessuali, dopo l’ennesimo tentativo della polizia di sgomberare un locale gay non autorizzato, lo Stonewall Inn a New York (nel 1969 a New York era vietato anche solo travestirsi), decise di ribellarsi e opporre resistenza alle forze armate. Gli scontri, di natura violenta, andarono avanti per tre giorni.

I Moti di Stonewall, così rinominati in seguito, segnarono la prima svolta ufficiale del movimento di liberazione omosessuale. Sempre in America, pochi mesi dopo, nacquero i primi gay pride e poi le prime associazioni in favore dei diritti fondamentali della comunità LGBT (Lesbian Gay Bisexual Transgender). A San Francisco, luogo-simbolo della comunità omosessuale americana, Harvey Milk, attivista dichiarato e primo politico impegnato contro la discriminazione dei gay, fu assassinato nel 1977 dall’ex consigliere comunale Dan White, in seguito all’entrata in vigore di una legge locale a favore dei diritti dei gay. Negli anni ’80, prima in America e poi nel resto d’Europa, la lotta fu rivolta a coloro che accusavano gli omosessuali di essere portatori dell’AIDS, originariamente denominato GRID (Gay related immune deficiency), salvo poi scoprire che la malattia colpiva in egual misura anche gli eterosessuali.

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Dal 2000 fino ad oggi è stata fatta molta strada, non solo negli Stati Uniti. Ma a che punto siamo veramente? La direzione è quella giusta? E soprattutto, associazioni come la GLTA hanno ancora senso di esistere o si tratta di una forma di ghettizzazione non necessaria?

“La GLTA non è un ghetto –dichiara Holzen-  tutti possono partecipare, purché  siano friendly (amichevoli) e non facciano alcuna discriminazione sul campo. La finalista del torneo di Londra quest’anno è una donna eterosessuale. Finché sai giocare a tennis e supporti la nostra causa, qual è il problema? Da quando esiste la GLTA, molti giocatori che prima si sentivano discriminati ora si sentono accettati dai loro circoli di provenienza. I tornei GLTA hanno sensibilizzato molti club in tutto il mondo. E questa operazione di sensibilizzazione ricade a cascata sulle città che ospitano i nostri eventi. Preferiamo socializzare e divertirci intorno a qualcosa di positivo e salutare piuttosto che conoscerci tramite chat o nei nightclubs”.

Il signore che si occupa della manutenzione dei campi da tennis del circolo dove gioco, a Roma, a tal proposito si esprime diversamente “Ma che bisogno c’è de gioca’ tra di voi? Vuoi giocare a tennis? Prendi la racchetta e fai un ace. Dimostralo sul campo chi sei. Degli altri non te ne deve frega’. Una volta forse avevate ragione. Ma adesso!? Il mondo è pieno de’ froci, co’ rispetto parlando. Apritevi al mondo, non ve chiudete”.

Personalmente, partecipo ai tornei GLTA da un paio d’anni e ho conosciuto centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. Ho giocato tanto, ho recentemente perso una finale a causa di un doppio fallo sul match point (e chi se lo scorda!) e nel mio compagno di doppio ho trovato molto più di un valido giocatore. Eppure continuo a pensarci e molti, come il signore del circolo, continuano a chiedermelo: perché? Perché mi diverto. E basta? Forse no. Probabilmente nel 2014 disputare un torneo di “tennis gay” a New York non ha molto senso ma in passato ce l’ha avuto, nello stesso modo in cui oggi ha senso l’esistenza di un torneo a Praga (l’Unione Sovietica è caduta soltanto nel 1989) e come un domani ce lo avrà un torneo in Medioriente.

Per parlare un po’ dell’Italia, dove ci sono ben tre tornei GLTA (Roma, Milano e Bologna), è vero che stiamo andando nella giusta direzione – forse – e che le cose sono cambiate molto negli ultimi anni, ma cosa succede se due ragazzi dello stesso sesso si baciano con amore in una piazza di qualsiasi periferia? Perché negli ultimi anni alcuni giovani ragazzi gay si sono suicidati sotto gli occhi impotenti dei propri cari? Perché alcune coppie omosessuali sorprese mano nella mano nel centro di Roma sono finite al pronto soccorso? Perché l’altra sera un batterista gay è stato preso a calci nella testa dopo essersi esibito a Verona con la propria band? Perché non esiste una legge contro l’omofobia?

Le ghettizzazioni sono sbagliate ma nascono dalla necessità. Basti pensare a tutte le minoranze etniche perseguitate per le più svariate ragioni, ai ribelli e ai “diversi” in generale che ancora oggi, a distanza magari di secoli dalle tragedie che li hanno allontanati dalla comunità originaria, ancora si danno battaglia. In molte città, soprattutto nelle grandi metropoli, esistono quartieri arabi, ebrei, radical chic, gay, quartieri a luci rosse, chinatown e viale Parioli. John Lennon nel 1971 immaginava un domani senza barriere sociali ma la strada, ecco la risposta, è ancora molto lunga.

Le associazioni come la GLTA (ma ce ne sono altrettante per quasi ogni sport) sono nate con lo scopo di proteggere i propri membri dalle discriminazioni e dalla violenza e i tornei GLTA sono simbolo dell’alleanza tra persone discriminate. È un fatto antropologico, non si può cancellare, almeno finché continueranno ad esistere violenze, cori razzisti negli stadi e addirittura paesi che puniscono gli omosessuali per la sola ragione di esistere (l’omosessualità è illegale in 91 paesi e, tra questi, 7 prevedono la pena di morte).

Più che puntare il dito contro i ghetti, come comprensibilmente ha fatto il signore del circolo, sarebbe forse più utile interrogarsi sul “nostro” ruolo in tutto questo. Sul tuo ruolo. Su quanto sia anche tua la responsabilità degli altri, dei diversi, delle persone discriminate. Come cittadini, come amanti dello sport e della libertà che esercitiamo ogni volta che colpiamo un dritto vincente. Ecco perché i coming out sono importanti. Non si tratta di sapere cosa fa a letto il numero 4 del mondo, di quello sinceramente non ce ne frega niente, ma si tratta di essere esempio per tutti coloro che soffrono (si, soffrono ancora) e che non hanno il coraggio o la possibilità di essere se stessi. Martina ce l’ha fatta. Il suo coming out e quello di tanti altri sportivi è servito a sensibilizzare coloro che non avrebbero mai espresso un pensiero positivo in materia di diritti omosessuali. Insomma, se quella grande giocatrice è lesbica, forse non è poi così sbagliato!

Martina Navratilova non è l’unica giocatrice che si è avvicinata al mondo GLTA. Anche Rafael Nadal ha espresso la propria solidarietà ai partecipanti del torneo di Madrid. Angelique Kerber ha scritto un messaggio in occasione del torneo di Francoforte augurando tanti smash a tutti i giocatori. Lucie Safarova e Martina Hingis hanno fatto lo stesso recentemente. Steffi Graf, a Las Vegas, ha addirittura consegnato i premi ai vincitori.

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“Io credo che la bellezza della GLTA sia l’armonia che si crea tra esseri umani. Mi piace immaginare la nostra associazione come un luogo al quale i giocatori gay sentono di appartenere e dove si sentono sicuri di esprimersi, in qualunque modo essi vogliano”, mi scrive Patrick Holzen prima di ritirarsi in consiglio a Madrid “gli obbiettivi per il futuro della GLTA sono obbiettivi importanti, primo fra tutti quello di istituire tornei nuovi in paesi complicati e contribuire alla causa nel modo più bello possibile: giocando a tennis”.

È bello pensare che il tennis, lo sport che amiamo incondizionatamente, contribuisca alla libertà di qualcun altro, anche di molto lontano e diverso da noi.

Io personalmente gli auguro di riuscirci.

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