Crisi Usa, adesso nasce Tennis City (Zanni)

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Crisi Usa, adesso nasce Tennis City (Zanni)

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Crisi Usa, adesso nasce Tennis City (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Venticinque minuti da Disney World, a Lake Nona, Orlando: dal magico mondo di Topolino a quello del tennis? E la nuova scommessa americana: il centro più grande di tutti gli Stati Uniti sorgerà su una superficie di 255.000 metri quadrati, ospiterà più di 100 campi da gioco in terra e cemento, alcuni con tribune ampliabili, poi foresterie, uffici, caffetterie e negozi senza dimenticare la tecnologia, avanzatissima. Ecco la nuova casa del tennis a stelle e strisce progettata dall’Usta, United States Tennis Association, che sarà pronta nel 2016 e che costerà 60 milioni di dollari. Nascerà a Lake Nona, sud-est di Orlando, in Florida, ed è la grande speranza del tennis americano per tomare al vertice perchè se in campo femminile si vive ancora per i trionfi di Serena Williams (e qualcosa c’è anche dietro dalla Stephens alla Keys), in quello maschile invece restano solo i ricordi. Sono dieci anni che un americano non è più numero 1 (dal 1973 gli USA sono stall in testa 896 settimane, più del doppio della Svizzera, seconda) mentre l’ultimo Slam statunitense risale al 2003 (US Open) ed entrambe le imprese portano la firma di Andy Roddick. E unico giocatore USA nel ranking Atp ad aver raggiunto la semifinale di uno dei quattro grandi tornei è il 204 al mondo Robby Ginepri (US Open 2005), ma l’aspetto ancora più avvilente è che il primo americano in classifica è John Isner, 15 e per trovare il secondo si deve scendere al 46 con Donald Young. In Coppa Davis poi, nazione più vincente con 32 successi, gli USA il mese prossimo sono attesi dallo spareggio con la Slovacchia per far parte del World Group.

IL PROGETTO. Non á sono più i Connors, McEnroe, Courier, Sampras, Agassi e nemmeno i Chang o i Gerulaitis. «11 tennis maschile negli Stati Uniti è un disastro – ha detto Cliff Drysdale, voce di punta di Espn – ed è anche da capire perchè». Ecco che allora il grande centro dell’Usta che raccoglierà dai principianti ai giocatori di college, fulcro per entrare nel mondo dei pro, rappresenta la grande illusione. «Sarà bello avere i bambini nei campi accanto a quelli dove i migliori rappresentanti del nostro Paese si alleneranno – ha detto Patrick McEnroe, analista tivù e direttore generale dell’Usta Player Development – finalmente nello stesso luogo tutto anche ispirazione e talento».

I PERCHÈ. Per l’ex grande Chris Evert, ora in tivù, la crisi maschile è da ricercare nella maggior voglia che c’è tra i più giovani di puntare sugli sport di squadra. Anche il collega televisivo, ed ex giocatore, Brian Gilbert, è d’accordo: «Negli USA ci sono straordinari atleti, ma non guardano al tennis, che invece in Europa è il secondo o terzo sport più popolare». Anche i costi hanno un peso: per essere un giocatore d’elite, prima ancora di poter guadagnare, il magazine Money ha quantificato un esborso annuo dai 30 ai 100.000 dollari, tra allenatori, viaggi ed equipaggiamento. Per Nick Bollettieri, eccezionale scopritore di talenti, c’è anche un altro motivo: «Fino agii Anni 80 si rivaleggiava con sei, sette nazioni, quante sono adesso?». E se l’ultimo Master 1000 l’ha vinto ancora Roddick (Miami, 2010), la speranza di risollevarsi c’è: dagli junior Stefan Kozlov (nato in Macedonia) a Francis Tiafoe (…)

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