Fognini mostra il dito medio: adesso rischia grosso (Martucci). Fognini, è l’ora di finirla! Perde con il numero 553 e insulta il pubblico (Semeraro). La faccia? Stavolta Fognini ci ha messo il dito (Valesio)

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Fognini mostra il dito medio: adesso rischia grosso (Martucci). Fognini, è l’ora di finirla! Perde con il numero 553 e insulta il pubblico (Semeraro). La faccia? Stavolta Fognini ci ha messo il dito (Valesio)

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Fognini mostra il dito medio: adesso rischia grosso (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Il dito medio alzato lo capiscono anche in Cina. E il pubblico di Shanghai ha visto solo quello, insieme al suo autore, Fabio Fognini, l’italiano di maggior talento da Adriano Panatta negli anni 60, mentre usciva dal campo sconvolto dalla peggior sconfitta, al primo turno col numero 553 del mondo, Chuhan Wang, promosso in tabellone solo grazie all’invito degli organizzatori. «C’era uno che l’ingiuriava, lì accanto, e gli ha detto tre volte fottuto bastardo. Fabio non ce l’aveva col pubblico, era già arrabbiato per aver perso una partita così, giocando in quel modo, e ha reagito a quell’unico spettatore. Altrimenti che cosa avrebbe dovuto fare a Roma, quando l’hanno fischiato tutti dopo che ha perso subito con Rosol?», racconta papà Fulvio che ha parlato col figlio al telefono. «Era distrutto, chi lo conosce sa che se c’è uno a cui dispiace perdere, questo è lui, mica lo fa apposta. Che occasione: aveva al primo turno questa wild card e al secondo il qualificato Jaziri, due così non gli capitano in un Challenger e se li trova in un Masters 1000… Era fiducioso, in allenamento ha buone sensazioni, ma poi ancora una volta, quando entra in campo, la palla non gli va e non riesce a fare quello che potrebbe. “Papà, non so che mi succede, ma quando sono in partita mi blocco, non riesco più a giocare. Vorrei ma non posso”. Che rabbia».

Il dito teso resta, ahilui, e gli era scappato già al Roland Garros, come le altre «Fogninate» della stagione della conferma, dopo l’esplosione 2013 con tre finali e due titoli in tre settimane e il volo a ridosso dei «top ten» (n. 13 a marzo, oggi è 17). «Dopo la Davis ne ha combinate più di Bertoldo, è vero, eppure è ancora 17 anche nella Race, la classifica stagionale, quanti italiani hanno chiuso fra i primi 20 per due anni di fila?», ragiona ancora papà Fognini, dispiaciutissimo per il figlio che non riesce a gestire, di testa, il gran talento tecnico e fisico. «Purtroppo, dopo la Davis a Napoli, Fabio ha cominciato a vedere questi mostri che l’assalivano. E da un mese ha queste sensazioni negative e non riesce a venirne fuori. “In campo, non trovo più il filo della matassa”, mi dice. “Tiro piano come un bambino di 10 anni”. Da New York è paralizzato. Ora è iscritto a Mosca, Valencia e Parigi Bercy, meno male che l’anno è finito».

«Fermati», gli avevamo suggerito dopo il primo blackout a Montecarlo. E glielo abbiamo ripetuto, invano, dopo Amburgo. Se non ce la faceva da solo, il suo allenatore, José Perlas, doveva fermarlo. Perché Fognini non ha retto alla pressione, come succede a tanti altri esseri umani — e a tanti tennisti italiani davanti al salto di qualità, prima di lui —, ed è andato via via in tilt totale. Inutile snocciolare le brutte reazioni alle sconfitte e alle occasioni perse di quest’anno. Inutile ricordare quest’ultima figuraccia. «Wang tirava tutto e gli stava tutto dentro», dice il suo primo tifoso, papà Fulvio. Che ammette: «Il problema non lo risolve lo psicologo, lo risolve lui, dentro di sé». L’autocontrollo parte dall’attitudine di Fabio, quel fare apparentemente annoiato e sprezzante quando le cose non vanno come vorrebbe, quello svirgolare servizi e colpi da fondo in modo plateale, quasi che voglia perdere apposta e il più in fretta possibile. Sono i gesti che fanno imbufalire pubblico ed avversari, e gli ritagliano addosso la fama di bad boy (…)

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Fognini, è l’ora di finirla! Perde con il numero 553 e insulta il pubblico (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Fognini, che cosa combini? E perché ti ostini? Sembra una vecchia pubblicità di Carosello, invece è la maledizione di Fabio Fognini, il n.1 d’Italia e 17 del mondo che ieri a Shanghai ha aggiunto l’ultimo (per ora) esecrabile tassello al folle puzzle della sua annata. “Fogna” è infatti riuscito a perdere 7-5 6-4 in appena 85′ contro il n. 553 del mondo, la 22enne wild card cinese Chuhan Wang, al debutto in un torneo Atp. La peggior sconfitta della sua carriera. Ma quel che è peggio Fabio, dopo l’ennesima prestazione irritante, è uscito dal campo fra i fischi mostrando il dito medio agli spettatori. Autodistruttivo e ingiustificabile. Per fortuna sua si tratta di un torneo Atp e non di un evento Itf visto che dopo le ripetute sceneggiate di Wimbledon (e i 27.500 dollari di multa) la federazione internazionale lo ha avvertito che alla successiva sarebbe scattata la squalifica.

IL CALO. Trattasi della quinta sconfitta di fila per Fognini, a partire dall’eliminazione all’US Open. E dire che il 2014 per lui era iniziato in gloria: ottavi a Melbourne, vittoria a Viña del Mar finale a Buenos Aires, poi la grande prova in Davis contro la Gran Bretagna a Napoli. Ad aprile Fabio era n.13 del mondo e mezzo eroe nazionale, felicissimo della sua love story con Flavia Permetta a cui aveva lanciato una sfida: chi arriva prima nella Top Ten? Da lì invece è iniziato il tracollo. Innervosito dalle aspettative, incapace di reggere la pressione, Fabio è passato di sconfitta in sconfitta e di figuraccia in figuraccia A Montecarlo, dove difendeva la semifinale dei 2013, ha perso contro Tsonga finendo per insultare in diretta tv il suo box (babbo compreso) e per sciogliersi 6-0 al terzo set A Monaco si è fatto scappare una finale già vinta contro il “provocatore’ Khan, a Madrid ha perso al 1. turno accapigliandosi con il giudice di sedia Layani («Ti aspetto fuori!») e anche a Roma è uscito subito contro Rosol. Passi per la rimonta subita a Parigi contro Monfils, ma a Wimbledon Fabio ha offerto il peggio del suo repertorio contro Kuznetsov e Anderson («Ti spaccherei la racchetta in faccia», ha gridato al supervisor), poi ha toccato il fondo ad Amburgo con l’insulto odioso («Zingaro di merda», di cui si è scusato via Twitter) a Krajnovic. «Ormai – ha ammesso – sono un osservato speciale». Agli Us Open è stata la volta della resa al 2 turno contro Mannarino, condita da frasi sconfortanti («Non me ne frega nulla di stare qui») che fanno il paio con lo sconcertante tweet di ieri dopo il bradisismo contro Wang. «Tutti a casa!!! FANTASTICA trasferta asiatica».

STUPORE. Anche a Pechino Fabio era uscito all’esordio e a questo punto al di là del rammarico per la maleducazione esibita quasi con voluttà resta lo stupore amaro per questa sorta di volontaria discesa all’inferno. Possibile che a 28 anni, assistito da un coach valente come Pep Perlas, da una psicologa (la moglie di Perlas), dall’affetto di Flavia e della famiglia, Fabio non riesca a dominarsi, a cambiare, a fermare lo sprofondo? (…)

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La faccia? Stavolta Fognini ci ha messo il dito (Piero Valesio, Tuttosport)

Altro che faccia: stavolta Fabio Fognini ci ha messo il dito. Indirizzandolo a chi, tra il pubblico, aveva avuto probabilmente qualcosa da ridire sulla sua prestazione contro il cinese Wang Chuhan, numero 553 al mondo, che l’aveva appena battuto (7-6 6-4) e escluso dal torneo di Shanghai. Transitando verso lo spogliatoio Fognini, con una certa nonchalanche, ha alzato il dito medio in un gesto non certo bianco (come nella migliore tradizione tennistica) ma inequivocabile. Se di tale gesto si fosse reso protagonista un altro giocatore potremmo essere qui a parlare di intemperánza di un momento dovuta alla delusione per una sconfitta che non poteva e non doveva andare in scena: nel caso di Fabio di altro non si tratta che dell’ennesimo episodio di un anno orribile in cui di lui si è parlato (fatta eccezione per il buon inizio di stagione e per il successo su Murray a Napoli) soprattutto peri gesti fuori luogo, le intemperanze non solo verbali e per il fidanzamento con Flavia Pennetta (che in quanto a dito medio alzato ne capisce visto quello che indirizzò alla giudice di sedia in Fed Cup a Orleans).

Ognuno trova il suo Szoke prima o poi nella vita: il carneade che sbuca dal nulla e che ti lascia, deluso e sconfitto, a bocca aperta. Pavel Szoke, lo ricorderete, fu l’ungherese che forse faceva il cameriere o forse no, che ebbe la meglio su Adriano Panatta in un match di Davis. E che da allora divenne il simbolo di tutti i carneadi che si prendono la libertà di battere un top player. Ma Fognini, lo si è detto molte volte, più che temere gli Szoke che incontra in campo deve difendersi dal Kollerer che c’è in lui: e il problema è che non ci riesce. La situazione anzi, se possibile, pare peggiorare più passa il tempo ed è inversamente proporzionale ai risultati ottenuti in campo. Così come, a ben vedere, tutto il 2014 del ligure è stato inversamente proporzionale al 2013. Laddove l’anno scorso con le due vittorie e mezza del mese di luglio, tutto un pacchetto di buone partite e soprattutto la sensazione che la cura della coppia Perlas lo avesse fatto uscire dal tunnel dei suoi problemi di personalità per consegnalo ad una serena età adulta, quest’anno si è rivelato una lunga e dolorosa smentita di quelle speranze.

Fognini è sempre lo stesso e a questo punto è veramente dura ritenere che cambierà mai. Peccato per noi, per l’Italia del tennis, per quelli che gli vogliono bene e pure per lui. Anzi, a questo punto, soprattutto per lui. Certo Fogna è pur sempre numero 17 al mondo: ma il fatto è che l’uomo Fogni-ni deve porsi la domanda se non valga la pena di fermarsi a riflettere (…)

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