TENNIS – Marc Rosset ha rilasciato un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’, in cui ha ricordato la storica finale del ’92 in cui sconfisse Courier, e di quando, da capitano della squadra di Davis, giocò alla playstation con un Roger Federer 17enne
Marc Rosset è stato campione olimpico nel 1992, e ha portato la Svizzera a giocarsi una storica finale in Coppa Davis, in cui riuscì anche a battere il n. 1 del mondo Jim Courier, ma che la squadra elvetica non riuscì a portare a casa. L’ex capitano di Davis ha rilasciato un’intervista a ‘La Gazzetta dello Sport’, in cui ricorda quella straordinaria finale di 22 anni fa, parla di Roger Federer e delle possibilità del team svizzero di riuscire a portarsi a casa l’insalatiera.
Quella finale Davis ‘92 fu più combattuta di quanto racconti il 3-1 per gli Usa, a Fort Worth.
“Nella testa della gente resta la mia vittoria con Courier e il doppio (con Hlasek), sempre in 5 set, perché anche allora la Svizzera aveva soprattutto due giocatori, come oggi Federer e Wawrinka, anche se la Davis è un gioco di squadra in uno sport individuale. Nella mia testa rimangono l’atmosfera incredibile, Courier era numero 1 del mondo, e la piccola Svizzera che attacca la squadra più forte del mondo che può tenere fuori squadra Chang, con Sampras che non gioca il singolare. Io ricordo che, in doppio, nei primi due set Sampras non era all’altezza e McEnroe l’ha tenuto su, ma poi Sampras nel quarto e nel quinto set è stato incredibile. Abbiamo perso, ma abbiamo dato il 150% di quello che avevamo. Nessuno poteva chiederci di più”.
Questa seconda, storica, finale di Davis della Svizzera con la Francia è al 50% o siete favoriti, con Federer e Wawrinka?
“È 50% e 50%. Favorita è la Spagna, in Spagna, con Nadal, sulla terra rossa, o la Svizzera, nell’ultimo incontro con l’Italia. Questa finale è eccitante perché è aperta, con la possibilità per il giocatore più forte di sempre di vincere la Coppa. Ma ci sono tanti fattori importanti: 27mila spettatori sono tanti per una finale di Davis, sarà un vantaggio per la Francia o, al contrario, per la Svizzera? La terra rossa è sempre particolare, ancor di più indoor. Storicamente, chi l’ha scelta per disturbare gli avversari poi ha perso, perché non ci sono più dei veri specialisti. È la prima per la Stan, che ancora non ha fatto “il match” in Davis. Ho l’impressione che sarà una storia di gestione di emozioni.
Chi è per lei Roger Federer.
“Un fratello minore. Lo conosco da tanto. Ci ho palleggiato a Ginevra, in genere quando ti alleni con ragazzi così giovani hai di fronte qualcuno che si blocca, è titubante, va sul semplice, lui invece tranquillo, tirava come se niente fosse… L’ho anche convocato in Davis come quinto, quando aveva 17 anni, ricordo che lo misi in una camera comunicante, per controllarlo e aiutarlo di più. Un giorno aprii la porta e lo feci giocare sul mi letto alla playstation con me. Il giorno dopo rientrai dall’allenamento e me lo trovai lì, che giocava tranquillo. Gli dissi: “Rog, ma dovevi chiedermelo!”. E lui rilassato come sempre, come se niente fosse… Grande! Adoro il fatto che con lui si può parlare di tutto ed è sempre disponibile. In alto, i primi, nello sport come nella vita, sono tutti così: aperti, disponibili, appena più sotto si sono montati la testa”.
Lei e Marat vi siete gustati la vita e perciò non avete vinto tanto?
“Me lo dicono tante volte, ma io, Marat e anche Goran (Ivanisevic), magari, abbiamo avuto una sensibilità alla vita e alle cose più grande di altri. Quando dici Safin, tutti pensano alle donne, alle Safinette di Melbourne, ma quanti sanno che legge tanto, che sa tanto, che può parlare di cose importanti? E lo stesso per me, in Svizzera, è una questione di immagine: eravamo un po’ più timidi e ribelli, e magari, sotto pressione, rispondevamo con delle provocazioni. E quando ti danno un’etichetta, poi è impossibile togliersela, può essere che se avessimo fatto la vita di Thomas Muster dopo 6 mesi avremmo smesso”.
I tennisti di oggi sono più noiosi di voi tre?
“L’unico che dice la verità è Federer, gli altri non dicono mai: “Ho vinto ma l’altro ha giocato male, se vinci 6-1 6-1 com’è successo al Masters, come puoi dire che sei stato così forte? E alla vigilia del torneo? Sempre le stesse cose: Nadal che arriva al Roland Garros e dice che non è favorito… E allora chi è il favorito, Kohlschreiber? Attenti, perché funziona con Federer, Nadal e Djokovic, ma poi che succederà? Per Raonic a Basilea ci vanno 2000 persone, in strada non gli chiedono l’autografo, a me a Roma tutti mi riconoscevano e mi chiamavano «Pippo». Allora c’era più gente che faceva risultati, un gruppo su una superficie, uno su un’altra. Oggi all’Atp va bene perché hanno il loro duello Hamilton-Rosberg, come nella F1. Ma domani quando quei tre non saranno più lì? Io, dopo Tyson, non guardo più la boxe, con lui, mi alzavo alle 5 del mattino. Chi vorrà vedere Cilic o Raonic, chi vorrà ascoltarli? Guarderanno altri sport, altre sfide più eccitanti».
Le piace un personaggio come Fabio Fognini.
“Ho visto la scena di Fognini a Wimbledon. E non mi sono stupito. E’ come Goran e me, che non guardava mai negli occhi, io amo la psicologia, e quello che rompe la racchetta ha come un mini-attacco di panico: “Non posso vincere, non posso vincere, e regalo il match, così non hai vinto tu, ma ho perso io”. E’ un eccesso di stress. Quante multe abbiamo preso io e Goran? E Safin ha mantenuto l’Atp per 10 anni… Fognini paragonato a me e noi è uno junior… Marat ha rotto 1000 racchette..”