TENNISPOTTING marzo: il gioco si fa duro? Allora vince Djokovic

Rubriche

TENNISPOTTING marzo: il gioco si fa duro? Allora vince Djokovic

Pubblicato

il

La famiglia Djokovic a marzo (si allargherà nei mesi seguenti)
 

TENNIS TENNISPOTTING – Nel terzo mese dell’anno si giocano due tornei: Indian Wells e Key Biscaine. Il primo è noto anche come “quinto Slam”, e si gioca nel deserto americano grazie ai soldi di Mr. Oracle, alias Larry Ellison, il quale non si perde un punto del torneo e costringe la bionda di turno ad annoiarsi e pensare alle tante buone ragioni per sorbirsi quello strazio annuale. Poi c’è il torneo di Miami, dove spesso qualche giocatore dà forfait per via dei dieci giorni sul cemento precedenti

A cura di Claudio Giuliani e Daniele Vallotto

Marzo consta di quattro settimane che sembrano quasi un lunghissimo Slam anche se Indian Wells e Miami sono due tornei parecchio diversi: situato nell’arido deserto californiano il primo, all’interno di un florido e umido parco naturale il secondo. Anche le condizioni di gioco sono piuttosto diverse: a Indian Wells è caldo di giorno ma alla sera tende a rinfrescare, a Miami il caldo umido è una costante. Il pubblico è prevalentemente “W.A.S.P.” a Indian Wells mentre a Miami è più eterogeneo e tanti latinoamericani accorrono a tifare per i propri beniamini. Rafa Nadal, che non è sudamericano, è certamente più amato e tifato a Miami (anche se non ci ha mai vinto). Indian Wells è anche un torneo dove l’80% del pubblico proviene da più di 100 miglia dall’impianto (Los Angeles è appunto a più di 100 miglia dall’impianto), mentre a Miami c’è una fortissima presenza locale che include appunto gli spettatori di origine latina. Indian Wells poi ha il vantaggio di avere bellissimi alberghi a due passi dai campi (e diversi affittano anche una casa come a Wimbledon), mentre a Miami, a parte quelli che possono permettersi i 600-700 dollari a notte (come minimo) del Ritz Carlton a Key Biscayne, bisogna sciropparsi il traffico della Rickenbacker Causeway che può essere davvero una pena. (Anche se dal prossimo torneo il traffico dovrebbe essere alleggerito dal fatto che hanno tolto la barriera pedaggio del costo di $1.75 per ogni volta che si entra, passando ad un sistema completamente digitale tipo Telepass). Insomma, sono le ultime quattro settimane (scarse) di cemento prima che il circuito si trasferisca in Europa per giocare a orari più consoni. Raramente questi due tornei tradiscono le attese e così è stato anche quest’anno – più o meno.

TENNISTA DEL MESE
Claudio Giuliani: Vabbè: come non dire Novak Djokovic? Con soli due tornei a disposizione, per scegliere uno dei migliori non si può che puntare verso i vincitori. Se poi c’è uno che li vince tutti e due, allora la scelta è obbligata. Djokovic ha conquistato la doppietta Indian Wells-Miami per la seconda volta in carriera, battendo Federer prima e Nadal poi. Se ancora il Federer di marzo non era temuto come quello ammirato poi nella seconda parte della stagione (mancava solo la consapevolezza degli altri, lo svizzero sapeva di essere tornato a giocare bene), la vittoria su Nadal conferma la mia tesi: se i migliori tennisti sono tutti almeno all’80% della forma sotto tutti gli aspetti, Nadal perde solo da Djokovic. E poi il Nadal versione 2014 è tutt’altro che un buon Nadal.  E sul cemento Nole si avvantaggia di essere più fluido dello spagnolo nei rapidi scambi da fondo campo rispetto alla terra battuta. A marzo cominciano a pervenire segnali importanti da Kei Nishikori, che a Indian Wells perde contro Tommy Haas (e ci può stare perché Haas è un signor giocatore) salvo poi rifarsi con gli interessi a Miami dove vince una estenuante battaglia con Ferrer, addirittura battendo Roger Federer il giorno dopo, sempre in tre set. Peccato poi che il fisico fragile lo costringa al forfait in semifinale contro Djokovic (con Berdych che rinuncia anche lui a giocare contro Nadal).

Daniele Vallotto: Seconda doppietta americana per Mister 2014 e trofeo più che meritato, le chiacchiere stanno a zero. Incensare ulteriormente Novak Djokovic non avrebbe senso: basta vederlo giocare sul cemento statunitense e si capisce che le gerarchie stanno per cambiare di nuovo. E spesso viene da domandarsi come ci abbia messo così tanto tra il primo Slam e il secondo. Visto che Novak è stato ultrapremiato, mi permetto di sottolinare il grande marzo di Alexandr Dolgopolov. A Indian Wells batte Nadal al tie-break del terzo (le adorabili contraddizioni di questo tennista darebbero materia a decine di biografi), poi schiaccia Fognini e Raonic ma quando affronta Federer capisce che è davvero arrivato troppo avanti e si accontenta di quattro game perché anche le follie hanno una data di scadenza. A Miami batte un altro top 10 – Wawrinka, che una vittoria non la risparmia a nessuno in questo periodo – e perde, quasi da favorito, contro Berdych che contro Nadal dà poi forfait. Chissà cosa sarebbe successo se il maiorchino avesse potuto giocarsi la rivincita… Siccome lo vedremo ben poco per il resto dell’anno, è meglio parlarne qui del sobrio ucraino, altrimenti si rischia di dimenticarsene. Occhio anche a Bautista-Agut: a gennaio non ne abbiamo parlato ma lo spagnolo inizia a farsi largo tra i grandi. A Melbourne batte del Potro e arriva fino agli ottavi, a Indian Wells batte Berdych e conquista un altro ottavo. Inizia l’anno da numero 73 del mondo e a fine anno lo troveremo molto, ma molto più in alto.

Claudio Giuliani: onore a Daniele Vallotto per tre cose rispetto a questo pezzo. Anzitutto la delicatezza nell’usare l’aggettivo sobrio per il più grande coatto della storia del tennis, alias “The Dog” (che bello farsi chiamare “il cane”). Poi per la nomina di Bautista-Agut, l’unico spagnolo a giocare di piatto, roba da venderlo al Portogallo. E poi per aver chiamato Juan Martín con il cognome scritto nella maniera giusta: del Potro. Bravo, hai fatto i compiti a casa e si vede.

DELUSIONE DEL MESE
Claudio Giuliani: Sarebbe troppo facile attribuire la delusione del mese al signor Walk Over, il protagonista delle due semifinali del torneo di Miami, partite mai giocate. Vediamo di ricordare cosa mi ha deluso in questi due tornei Master 1000. A rivedere i tabelloni, cercando di ricordare alcuni incontri, qualcosa di veramente deludente non c’è stato. Alcuni giocatori hanno trovato una striscia di continuità mettendo in mostra il proprio talento (Haas, Dolgopolov) e poi perdendo da giocatori più forti; sconfitte clamorose non ce ne sono state. E insomma: diciamo che forse i risultati di marzo hanno accontentato un po’ tutti. Nei piani alti Nadal non era il miglior Nadal a Indian Wells e ha poi perso da Djokovic a Miami; Federer ha perso da Nishikori e poi ha perso la finale contro Djokovic per pochi punti. Lui sicuro è il deluso del mese, ma rimproverargli qualcosa non esiste.

Daniele Vallotto: Io direi che è Nadal la delusione del mese. Non che il cemento sia la superficie su cui gli si possa domandare di dominare, eh, ma perdere contro Dolgopolov al tie-break decisivo è un brutto segno dell’anno che verrà. E non che il 2014 di Nadal si possa definire deludente, ma dolceamaro, come ha detto lo zio Toni, sì. Marzo è una tappa amara perché allo scivolone di Indian Wells segue la severa lezione di Miami. Tre anni fa Nadal e Djokovic giocarono una finale palpitante, piena di emozioni e colpi spettacolari. Quella del 2014 è una partita scialba e brevissima, decisa fin troppo presto dall’impressionante superiorità di Nole sul cemento. E dire che ci ha perso due finali di US Open, contro Nadal.

Claudio Giuliani
Sai che hai ragione? Il Nadal ammirato in questi due tornei, quello che perde seppur lottando con Dolgopolov e quello che perde velocemente contro Djokovic, è il Nadal 2014, quello che splenderà e dominerà solo sul rosso (e neanche tanto, a differenza degli anni passati). Quindi sì, hai ragione: Nadal è la delusione del mese di marzo.

PARTITA DEL MESE
Claudio Giuliani
Federer Djokovic a Indian Wells? (Tra l’altro quella finale mi ha fatto tornare in mente uno dei loro precedenti match, giocato a Miami, famoso per la rarità di vedere Roger Federer furioso mentre sfascia la sua Wilson, per poi gettarla con stizza verso il suo angolo. Anche i Re/Dio/Goat hanno dei momenti di umanità come gli altri, no?). Ad ogni modo in quella partita ho avuto la percezione che Roger Federer avesse passato del tempo nel Coocon, rigenerando il suo fisico; è grazie alla sua leggerezza in campo che lui riesce a fare quelle cose straordinarie con la racchetta. Giocava di controbalzo, con il diritto killer e Djokovic non poteva che arretrare. Ma non si è il migliore dell’anno per caso, e quindi Novak, di mestiere, ma anche con sprazzi di classe, ha fatto suo il match al tiebreak del terzo. Non lo sapevamo, ma stavamo vedendo in campo il numero 1 e il numero 2 della classifica ATP di fine novembre.

Daniele Vallotto: Federer che spacca la racchetta me lo riguardo di tanto in tanto per farmi due risate. La signorilità con cui si aggiusta il ciuffo dopo aver disintegrato la racchetta è una delle immagini più divertenti di quell’anno (e quella rabbia finirà per fargli vincere un Roland Garros, mica male no?). Come per febbraio, evito di giocarmi il bonus Federer-Djokovic perché secondo me a Indian Wells i due non danno ancora il meglio di quanto possono dare. Colpa soprattutto di Federer, che si spegne un po’ troppo in fretta e quando si riaccende è troppo tardi. La partita più bella, per quel poco che ricordo dato che YouTube non è d’aiuto, è stata Gulbis-Dimitrov a Indian Wells, un 7-5 al terzo molto combattuto e che ha visto prevalere il lettone. Dimitrov non pare fatto per vincere trofei importanti, ma per regalarci belle partite sì. Gioca più o meno bene con tutti: delle volte vince, delle volte perde. A volte si ha l’impressione che gli basti giocarsela o dimostrare di poter fare quel colpo o quello. Sperando che mi smentisca, la sua carriera sembra un enorme manifesto dell’esatto opposto del mantra gilbertiano: non Winning Ugly, bensì Losing Pretty.

COLPO DEL MESE
Claudio Giuliani: C’è Rafael Nadal che fa cadere le braccia di Stepanek nello scambio più lungo della vita giocato dal ceco con un passante formidabile, c’è Dimitrov che dimostra una manualità della racchetta fuori dal comune ma io dico Tommy Haas. Il tedesco gioca contro Federer, in una sfida over 30 (32 Roger che diventerano 33 nel corso dell’anno e 35 Haas che di lì a poco ne compirà 36). Federer fa fare il tergicristallo ad Haas che dà prova del suo grandissimo atleticismo passando un Federer giunto a rete dopo una serie di incrociati alternati sui quali pensava: “Ma davvero ti va di correre fin lì e tirarla di qua?”.  Alla fine dello scambio Federer ha corso 31,8 metri rimanendo però in dieci metri di campo. Haas ne ha corsi 58,8 di metri, facendoselo tutto il campo però: fenomenale.

Daniele Vallotto
Il passante di Nadal è notevole perché Rafa rispolvera uno dei suoi marchi di fabbrica: la ginocchiata per festeggiare il punto. Del punto di Haas mi piace la faccia lievemente scocciata di Federer: sicuro che lo voleva fare lui un punto così bello. Ci sarebbe pure questo punto che riesce a vincere Nadal, un aggancio disperato allo smash (sempre quello) di Djokovic che finisce sulla riga. Ma io (ri)prendo un tennista della tua scuderia, Claudio, se me lo concedi. Parlo dell’incredibile colpo che gioca Bautista-Agut contro Johnson a Indian Wells. Come spesso accade descriverlo non rende giustizia alla bellezza del gesto (anzi, dei gesti) ma ci sono talmente tante belle cose in questo punto che vale la pena elencarle. Il dritto incrociato per aprirsi il campo, innanzitutto, poi il delicato drop shot seguito da un rovescio in controbalzo col corpo che arretra, un’altra carezza a rete sulla volée di Johnson e poi la disperata rincorsa che termina con un allucinante colpo di polso. Coefficienti di difficoltà che si moltiplicano con altri coefficienti di difficoltà producendo un punto di rara ed imprevedibile bellezza. Una menzione speciale la concediamo a Federer che a Miami lascia impietrito De Bakker. Non siamo ai livelli di Roddick a Basilea, ma quasi.

OUTSIDER DEL MESE
Daniele Vallotto: A 33 anni Andy Roddick si sarà già ritirato da tre anni. Björn Borg da sei. Fernando Gonzalez da uno. Marat Safin da quattro. Victor Estrella Burgos, che è coetaneo sia di Safin che di Gonzalez e ha lasciato la carriera da tennista a 24 anni, non si è invece mai avvicinato ai top-100 ma nel 2006 decide di darsi una possibilità e si iscrive ad un Futures in Florida, a cui si reca dalla Repubblica Dominicana, la sua patria, in macchina. Arriva in finale e da Vero Beach parte la lunghissima rincorsa ad un sogno inconfessabile: la top-100. Dopo otto anni passati tra Future e Challenger, a marzo di quest’anno, all’età di 33 anni, Victor ci riesce e non è retorico segnalare questa storia come una delle più emozionanti dell’anno. E il bello è che devono ancora venire i migliori momenti dell’anno per lui. Premio alla caparbietà.

ADDENDUM DEL MESE
Va segnalata l’ennesima impresa di Bernard Tomic che ritocca il record del match più corto della storia. L’austratomico, al rientro dopo un infortunio, perde in ventotto minuti e venti secondi contro Jarkko Nieminen – vincendo pure un game – e dichiarando a fine match: “Devo migliorare il mio gioco ma non sono deluso”. Viva l’ottimismo. Bautista Agut, due anni prima, ci mise appena un minuto in meno per vincere un game e breakkare Mathieu che serviva per il match (evidentemente la sua carriera sarà sempre legata a statistiche tragiche di questo tipo). La linea verde però può puntare tutto su Jiri Vesely che contro Murray sbaglia qualsiasi colpo che gli passa sopra la testa. No, non per la testa, ma sopra la testa. Alla fine però ne azzeccherà uno e celebrerà appropriatamente (perderà lo stesso: 6-7 6-4 6-4)

TWEET DEL MESE
Spotted!

L’indice della rubrica:
TENNISPOTTING febbraio: il ritorno dello Jedi Federer
TENNISPOTTING gennaio: Wawrinka e la fine dell’età adulta del tennis

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement