Novak Djokovic, l'evoluzione della specie

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Novak Djokovic, l’evoluzione della specie

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TENNIS FOCUS – Novak Djokovic rappresenta l’evoluzione di quel tennis “hit and run”, marchio di fabbrica della scuola di Bollettieri. Andre Agassi ne è stato il primo vero interprete. Quali sono allora le similitudini nel gioco tra il serbo e l’americano? Novak Djokovic può essere considerato un Agassi 2.0?

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Quando un guru come Nick Bollettieri afferma che Novak Djokovic è probabilmente il miglior giocatore di tennis della storia, forse è il caso di fermarsi a riflettere un attimo.

Per la cronaca, Bollettieri creò la prima accademia di tennis degli Stati Uniti. Un successo che gli è valso l’ingresso nella Hall of Fame di questo sport.

Boris Becker è stato il primo allievo a raggiungere il n.1 della classifica ATP, seguito a ruota da Monica Seles, Jim Courier, Andrè Agassi, Martina Hingis, Marcelo Rios e Jelena Jankovic. Le stesse sorelle Williams sono passate per un periodo nell’accademia. Per non parlare di Maria Sharapova che arrivò a 9 anni a Brandenton e ancora possiede una casa da quelle parti.

Insomma, un elenco sufficiente per affermare che al di là delle opinioni sulla persona, i risultati sono e restano impressionanti.

Ciò detto, torniamo al punto di partenza, ovvero l’ammirazione di Bollettieri per il tennis di Djokovic. Il motivo risiede probabilmente nel fatto che Djokovic rappresenta l’evoluzione di quel tennis “hit and run” che è il marchio di fabbrica della scuola di Bollettieri; un modo di giocare a tennis che ha trovato il suo primo e vero interprete in Andrè Agassi.

Con Agassi nasce un nuovo modo di fare tennis: il pressing da fondo campo; un tipo di tennis che richiedeva alcune caratteristiche fondamentali:

  • la capacità di colpire in anticipo la pallina, quando ancora si trovava nella sua fase ascendente.
  • L’abilità di dominare gli scambi da fondo sia dal lato del dritto che dal lato del rovescio

La validità del suo gioco d’anticipo si esplicava non solo nella fasi di scambio, ma anche – e in modo spettacolare – nella sua risposta, con la quale riusciva a domare anche i big servers dell’epoca. Una risposta che probabilmente rimarrà il gesto tecnico con il quale verrà ricordato Agassi, in virtù di una sensibilità, e di una capacità di accorciare i movimenti al minimo. E quando tutto questo girava al 100% c’erano dei momenti in cui sembrava che riuscisse a vedere la palla in slow motion tanta era la pulizia delle risposte. Questa magia si manifestò in particolare a Wimbledon nel 1992, quando sconfisse uno dopo l’altro Becker, McEnroe e Ivanesevic. Probabilmente, considerando anche il tipo di erba che veniva preparata in quell’epoca a Church Road, si tratta del suo trionfo più rimarchevole.

Per quanto riguarda poi il gioco da fondo, in realtà, la vera arma tattica di Agassi era il rovescio, in particolare incrociato, con il quale riusciva quasi sempre ad impostare una dialettica dominante. Una dominanza che si traduceva in percentuali positive, in grandi numeri, e in ultima analisi in una delle armi più sicure a sua disposizione per portare a casa partite e tornei.

Infine, sotto il profilo del gioco difensivo, Agassi, pur non essendo al livello dei grandi specialisti della sua epoca, poteva comunque vantare un ottimo gioco difensivo e non era per nulla facile mettere a referto dei vincenti puliti contro di lui.

Queste caratteristiche le possiamo trovare anche in Djokovic: anche se spesso il serbo è stato considerato un giocatore più difensivo, la sua capacità di sviluppare un tennis d’attacco non è da sottovalutare. E lo si è visto molto bene agli Australian Open del 2008, quando seppellì Federer con 50 vincenti in soli tre set.

In generale, parlando del gioco da fondocampo di Djokovic le similitudini con Agassi sono evidenti. La diagonale di rovescio è il regno di Novak, un colpo talmente perfetto che in varie occasioni gli ha garantito la superiorità, perfino quando dell’altra parte della rete si trattava di dialogare con il dritto di Nadal. Senza dimenticare tuttavia la pulizia e la precisione della variazione in lungolinea, un aspetto per il quale Djokovic è senz’altro superiore ad Agassi.

Passando alla risposta poi, non si può non riconoscere che sia al momento senza pari. Se la compariamo con quella di Agassi è forse più difensiva e carica di effetto, il che però si traduce in una sorta di muro di gomma per gli avversari, anche in virtù di una flessibilità muscolare che gli consente di raggiungere palle impossibili per gli avversari. Agli aspetti tecnici, vanno poi aggiunti gli aspetti mentali: Novak ha dimostrato in varie occasioni di avere una notevole confidenza nei suoi mezzi grazie alla quale è riuscito a tirar fuori risposte eccezionali anche nei momenti più difficili, come nel famoso match point contro Federer, nella semifinale dello US Open del 2011.

In definitiva, Djokovic sotto molti aspetti ricorda molto da vicino Agassi sia in termini tattici, che in termini di ball striking, con un plus di velocità, flessibilità e resilienza quasi ineguagliabili.

Probabilmente ci troviamo alla frontiera estrema, sia fisica che tecnica, di quel modo di giocare a tennis introdotto da Bollettieri, che grazie all’evoluzione dei materiali e delle superfici è di fatto la forma più efficiente di giocare a tennis: un sistema di gioco le cui percentuali di successo hanno finito per mandare in soffitta il vecchio tennis classico e che ha prodotto una sostanziale omologazione di interpretazione. Fortunatamente, il concetto di colpi routinari effettuati con elevate percentuali talvolta viene ancora declinato in forme non convenzionali, come ci ricorda il vecchio Jedi… ma questa è un’altra storia

Federico Bertelli

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