Williams e Sharapova, missione compiuta (Semeraro). Murray ribussa al Paradiso, grazie a due donne (Crivelli). Fognini & Bolelli, una coppia da Slam (Rossi).

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Williams e Sharapova, missione compiuta (Semeraro). Murray ribussa al Paradiso, grazie a due donne (Crivelli). Fognini & Bolelli, una coppia da Slam (Rossi).

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Williams e Sharapova, missione compiuta (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Federer e Nadal sono già lontani, in vacanza o a meditare sui loro guai. Serena e Maria no, sono ancora lì che ruggiscono. Sono loro le due finaliste degli Australian Open, Pantera contro Tigre, America contro Russia, Nera contro Bianca. Numero 1 contro numero 2 del mondo. Serena può contare su 18 Slam, Maria su 5. Serena in semifinale ha tenuto a distanza Madison Keys, il futuro che avanza, ovvero la più credibile fra le nipotine afroamericane delle sorelle Williams. «Sono orgogliosa di aver giocato contro chi sarà la n. l del futuro», ha vaticinato Serena, ormai sicura di mantenere il trono comunque vada il match di domani, e forse c’è da crederle. Maria invece si è sbarazzata dell’altra russa Ekaterina Makarova, mancina di talento con fama da ammazzagrandi, ma impotente contro la tigna della Sharapova. Si è sbrigata, Maria, due set e via, «perché se mio padre non mi vede concentrata inizia a telefonarmi, e io di chiamate così durante il torneo voglio riceverne il meno possibile…», ha spiegato dopo la lezione impartita alla Bouchard. Contro Serena la concentrazione non basterà. Le due regine opposte si sono incontrate già 18 volte, e Maria ha vinto solo due match, nel 2004: uno però era la finale di Wimbledon, il suo primo acuto in uno Slam, a 17 anni. A Melbourne Maria ha alzato la coppa una volta (2008), Serena ben cinque, ma l’ultima nel 2010. E affamata, anche se finge di no. «Stavolta voglio divertirmi e rilassarmi, non mi sento obbligata a vincere», dice la Pantera, reduce da una mezza influenza. «Non si tratta di vita o di morte, e nemmeno per lei, che non ha nulla da perdere. Maria è una lottatrice, lo era anche a diciassette anni quando ci siamo incontrate la prima volta a Los Angeles: credo sarà un match divertente». I 15 match persi di fila contro la Williams non spaventano Masha, campionessa in carica a Parigi. «Non importa chi ho di fronte, neppure se ho un record orribile contro di lei. Serena è brava a far giocare alle sue avversarie un colpo in più, ma questa è una finale di Slam, questo è il mio posto. Questi sono i successi che voglio ottenere. E per vincere farò tutto il possibile».

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Murray ribussa al Paradiso, grazie a due donne (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

A volte ritornano, ma forse, nonostante tutto, non se ne erano mai davvero andati. Da lunedì saranno ancora tutti lì davanti, i Fab Four, rimettendo le lancette all’ora giusta. Infatti, dopo un anno d’assenza, ecco che ritroviamo Andy Murray dove lo avevamo lasciato: con la finale a Melbourne, lo scozzese recupera almeno il numero 4 del mondo dietro Djokovic, Federer e Nadal, e può salire al 3 davanti allo spagnolo se vince il torneo. Mancava solo lui, insomma, e l’Australia lo ha riportato a quella vita da campionissimo che dopo l’apoteosi di una corona a Wimbledon a 77 anni di distanza da Fred Perry sembrava piombata nell’incubo, per una schiena a pezzi e forse l’inconscia arrendevolezza di chi ha finalmente gratificato se stesso e un paese intero. Berdych non aveva ancora perso un set quaggiù, ma vinto il primo tie-break si è scontrato contro un rivale che da fondo gli ha tolto angoli e ritmo, mostrando una condizione psicofisica da tempi eroici. Merito di due donne: Kim Sears, l’eterna fidanzata che finalmente sposerà e Amélie Mauresmo, coach mai troppo criticata che adesso si gode la rivincita in silenzio. I pensieri di Andy, alla quarta finale australiana dopo averne perse tre, sono per lei: «Amélie sta dimostrando che le donne possono essere grandi allenatrici, abbiamo passato due settimane fantastiche di preparazione a dicembre e sono contento perché la sua non è stata una scelta facile». All’altro angolo, l’ex amico Vallverdu («Non è bello che chi è stato con te per 15 anni all’improvviso scelga un avversario», lo gela Murray) ha lo sguardo terreo. Bentornato, Muzza.

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Fognini & Bolelli, una coppia da Slam (Paolo Rossi, la Repubblica)

Quel bel gentleman ottantenne, sempre affascinante, li guarda e li ha giá benedetti. “Prima o poi il momento doveva arrivare…” Nicola Pietrangeli è un vero signore e, nel caso Simone Bolelli e Fabio Fognini riuscissero ad aggiudicarsi gli Australian di doppio, sarà il primo ad applaudire. Finalmente arriva la prima buona notizia dell’anno per il tennis italiano: una coppia azzurra (maschile) in finale ad uno Slam. L’ultimo era stato proprio Pietrangeli insieme al grande amico Orlando Sirola. Era il 1959 ed eravamo al Roland Garros; i nostri sconfissero Roy Emerson e Neale Fraser per 6-3, 6-2, 14-12. Ora, in Australia, si gioca Italia-Francia, contro Herbert/Mahut (proprio quel Mahut che ha giocato a Wimbledon la partita più lunga della storia del tennis: 70-68 contro Isner). Finale assolutamente non pronosticata, visto il (lungo) momento no di Fognini. Speriamo che il doppio possa essere una buona medicina anche per lui, visto l’effetto positivo che ha avuto – in campo femminile – con Flavia Pennetta e con Sara Errani e Roberta Vinci, capaci di ottenere ottimi risultati anche in singolare. Bolelli sa di poter contare su Fognini “Stiamo bene insieme, anche fuori. Lui è esuberante, io sono più tranquillo. In campo ci parliamo, ci completiamo”. Parole che dicono tutto: divisione delle responsabilità, rispetto personale. Così sono nate le coppie femminili, e questa maschile sembra proprio esserne stata ispirata. Ad un anno poi dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro si può provare a sorridere. Gli Australian Open sono in dirittura d’arrivo e si può provare a tracciare un primo bilancio, che non può che essere positivo: basti pensare alla grinta di Paolo Lorenzi, alla soddisfazione di Andreas Seppi nell’eliminare Roger Federer, e lo stesso cammino fatto da Bolelli in singolare, fatti che mostrano che gli uomini, in questo momento, forse hanno un pochino più fame delle ragazze, che in Australia non sono riuscite a stupire. Ma non si può sempre vincere, sebbene Chichis e compagne abbiano prontamente l’occasione per rifarsi: a Genova, il prossimo weekend, affrontano la Francia per un posto in semifinale di Fed Cup. C’è sempre una Francia nel destino.

 

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