Natale a Melbourne: il cinePanattone dell'Adriano nazionale in TV

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Natale a Melbourne: il cinePanattone dell’Adriano nazionale in TV

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Adriano Panatta durante la diretta Eurosport per gli Australian Open
 

Di Uarinka e Diokovic, di Panatta che si offre a Dimitrov e di Maria Sharapova che è antipatica. Col tono romanesco e con la battuta sempre pronta: lo scoppiettante debutto di Adriano Panatta come commentatore di Eurosport per l’Australian Open

Il commento del tennis in TV è una cosa importante. Di solito, si fa a coppia. C’è la prima voce, l’addetto a numeri e statistiche, e poi c’è la spalla, ovvero l’ex giocatore esperto di tecnica che approfondisce le situazioni tattiche. La spalla poi, se ha la verve, è chiamata anche a farci divertire, alleggerendo le maratone di commento televisivo delle prove del Grande Slam raccontando aneddoti e storielle. Nel corso degli anni abbiamo imparato a conoscerli tutti: dai vari Bertolucci, Ljubicic, Pero e Reggi di Sky, ai vari Ferrero, Lo Monaco, Barbara Rossi e Gianni Ocleppo di Eurosport. Questi, tutti bravi, sono i nomi post-rivoluzione del commento tennistico in TV, dopo la caduta del muro di Berlino in questo lavoro, ovvero il pensionamento di Tommasi, Clerici, Scanagatta e Lombardi, i magnifici quattro che hanno forgiato le regole del mestiere, accompagnando generazioni di spettatori al tennis in TV. Da qualche tempo poi, c’è anche Supertennis molto impegnata su questo fronte (anche se i commenti hanno un po’ i toni dei film dell’Istituto Luce, almeno fino all’arrivo di Nargiso). In generale, il club dei “telecronisti ingessati”, quelli che non si sbilanciano mai e non fatto battute se non banali, ha la maggioranza di governo della categoria. Ocleppo di Eurosport è sicuramente uno dei più divertenti. Bravi tutti, per carità, ma l’Australian Open 2015 ci ha restituito un fuoriclasse della categoria: Adriano Panatta.

All’avvio di Murray contro Berdych, prima semifinale dell’Australian Open 2015, è il direttore di Eurosport Italia, Stefano Benzi, a introdurlo orgogliosamente come terza voce accanto a Gianni Ocleppo e Federico Ferrero. Panatta sa di tennis, ma non lo studia. Ed è per questo che parte dalle semifinali, dove ci sono di solito giocatori affermati e sui quali anche chi non è sul pezzo, pur essendo magari un addetto ai lavori, riesce a “sfangarla”, come si dice nel gergo romanesco tanto caro ad Adriano. Lui, dopo cinque minuti di riscaldamento, si sente già a casa sua. Il suo tono è sempre il solito, quello compiaciuto di chi può affermare senza smentita e senza concorrenti all’orizzonte di essere stato l’ultimo italiano a vincere una prova del Grande Slam. Parte timido quindi, ma dura solo cinque minuti perché Gianni Ocleppo sembra aver incontrato al bar un compagno di scuola. Adriano emula un po’ il Caressa della prima ora, quello che pronunciava i nomi dei calciatori con licenza. E allora ecco “games”, con la s molto marcata, “Diokovic”, con Dio ben scandito, e soprattutto la chicca: “Uarinca”, mangiandosi la V doppia. La cadenza non tradisce un leggero romanesco, quello borghese però.

La partita fra Berdych e Murray si allunga senza sussulti, e l’impressione quindi è che Adriano si annoi. Il suo esordio su Eurosport è un incontro non esaltante e allora tocca trovare qualcosa per divertirsi. In soccorso arriva il nome dell’attuale coach di Berdych, nonché ex di Murray, Daniel Vallverdu. Storpiare questo nome diviene il leitmotiv della telecronaca, tanto che solo pronunciarlo in maniera sbagliata – come a sottolineare non troppo velatamente che si tratta di uno sconosciuto, come se questo gli togliesse qualcosa dal punto di vista delle capacità – provoca l’ilarità senza freni di Panatta e Ocleppo, con Federico Ferrero che si rifugia nel silenzio salvo riportare il tutto nel serioso annunciando il punteggio.

Si parla poi di coach e di giocatori, perché ad Adriano viene chiesto quale giocatore vorrebbe allenare. Lui, senza esitare, risponde: “Grigor Dimitrov”. Pausa. Ocleppo cerca di dare ritmo allo scambio: “Perché Adriano?”. E lui: “Perché gioca bene a tennis”. Senza approfondire molto, come ci si aspetterebbe da ex professionisti di questo sport, la conversazione scivola ancora una volta sul discorso allenatori. Qui Adriano si toglie forse qualche sassolino dalla scarpa. Anzitutto non è molto politicamente corretto quando parla di Amelie Mauresmo, coach di Murray. “Io penso che le donne non possono capire certe cose tipiche dei maschi, specie a livello biomeccanico, perché non hanno – ovviamente, – le capacità fisiche maschili e quindi non sceglierei mai un coach donna”. Dice più o meno così, bocciando quindi la scelta di Andy Murray. Sottolinea poi come ci siano coach di serie A e coach di serie B. I primi sono quelli che hanno vinto Slam, quelli che hanno alle spalle storia e personalità, caratteristiche che si fanno sentire quando il proprio assistito ti guarda negli occhi nel proprio angolo. Indovinate in quale gruppo Adriano mette Vallverdu, il coach di Berdych. Esatto, nel gruppo “B”. Dove finiscono anche Piatti e Mouratoglu, “coach che non hanno mai giocato una prova dello Slam”. Nel gruppo A ci sono i vari Roche, Becker, Edberg, Lendl e anche Larry Stefanki. Adriano poi confessa di non sapere chi sia Roger Rasheed, l’uomo a cui però vorrebbe rubare il posto (“ma solo per una quindicina di giorni, un mese al massimo: poi mi stuferei”). Quando gli fanno notare che è il coach di Dimitrov, se ne ricorda e dice che lo ha visto spesso ridere nel box del bulgaro. Ocleppo, spalla perfetta in queste dissertazioni da bar, arriva a ricordargli che è un “coach muscolare”. E allora lui si galvanizza: “è come ho detto io: a Dimitrov serve un altro coach”. Coraggio Adriano, fatti sotto. Allora gli chiedono di Raonic, e non si va oltre “deve migliorare negli spostamenti, è solo servizio e diritto”. Insomma: considerazioni banali che si possono fare nei commenti di un articolo o al circolo tennis mentre si passa lo straccio per pulire il campo.

Quando vede lo spazio per piazzare la battuta, l’Adriano nazionale ci si intrufola sempre. E allora, se si parla di Dimitrov, si commenta la Sharapova (“non sorride mai, spero sorrida almeno a lui, magari però è una ragazza bravissima, ma non la conosco”), mentre quando si ride su Mouratoglu c’è spazio per darsi di gomito – immaginiamo – con Ocleppo: “Mouratoglu è uno di quei coach che si prende cura del proprio assistito dentro e fuori dal campo”. Apprendiamo anche, da Ocleppo, che Mouratoglu ha lasciato moglie e figli per stare con Serena. “È stata una sua scelta”. Eh già Gianni, chi altri avrebbe potuto prendere questa decisione?

L’argomento FIT e il tennis italiano in generale non viene neanche sfiorato, visto che Adriano ha un conto aperto con Binaghi (e saldato recentemente per una controversia legale). Quando si devono fare paragoni, si ricorre a un passato un po’ troppo passato, arrivando fino a Fraser o Roche. Si rimane sempre sul generale però, come se voi foste costretti a fare conversazione a tema con un vecchio amico, e non potreste addentrarvi più di tanto nell’argomento, perché questi ha passato gli ultimi anni a fare altro. E poi su tecnica e tattica: “La palla corta non si fa sul cemento perché rimbalza mezzo metro in più”. E qualche game dopo: “Ma lì doveva fare una palla corta, era quattro metri fuori dal campo l’avversario!”. E poi domande a tema libero: “Cosa ne pensi della regola dei venti secondi, Adriano?”. E lui ride, prima di rispondere: “Ogni tanto si fissano con delle cose a livello di regolamento”. Un Ferrero che intanto ha ridotto al minimo la sua presenza, subentra a ricordare che prima c’era chi si prendeva 40 secondi fra un punto e l’altro, e che quindi una regola è forse necessaria. Deo gratias.

Il giorno dopo, commentando Wawrinka – pardon, Uarinka – contro Djokovic, torna ancora a offrirsi in TV a Grigor Dimitrov. “Cioè Grigor, dico: prenditi un coach vero, no? Cioè, se uno ti incontra e te dice: chi t’allena a te? E tu rispondi che magari t’allena Edberg, o chessò, Becker, allora è un conto. Ma se tu rispondi Vallverdu o Rasheed: non va bene, no?”. Apoteosi, con Ocleppo che ride di gusto. E poi sempre di slancio, commentando una discesa a rete di Stan: “è andato vicino alla rete come un bufalo indemoniato. Ma dico: fermati n’attimo no? E gioca la volèe, Uarinka”.

Per la serie “Dove l’ho già sentita questa?” arriva il classico: “Becker ha fatto smettere McEnroe che aveva fatto smettere Borg”. E lì, forse, un po’ si dispiace che nessuno, né Lo Monaco che ha sostituito Ferrero, né Ocleppo che pure è di quella generazione, ricordi che Adriano è stato l’unico a battere Borg al Roland Garros. È stato il Soderling degli anni ’70, insomma, e per ben due volte. Lui, intanto, continua a declinare le sue memorie. Sembra di sentire il vecchietto che ha fatto la guerra e che racconta la storia della Resistenza, e che, quando gli chiedi un’altra storia, ti racconta ancora la stessa. Inquadrano Norman, e lui: “Questo è Norman, no?”. Sì Adriano, è Norman. Si supera poi quando parla di Milos Raonic: “Raonic mi sembra di averlo visto a Wimbledon juniores tre anni fa”, quando invece era già bello che nel circuito. L’antipatico del giorno, rubrica a cura di Adriano Panatta, è Ivan Lendl. L’argomento, è noto, è un evergreen. “Come hai detto Gianni? Che Lendl era simpatico fuori dal campo? No, era peggio”. E Ocleppo si sganascia. Nessuno deve avergli detto nulla sulla profondità dei suoi commenti se anche per questa partita si limita a frasette del tipo “non puoi fare errori così banali, è una semifinale slam”, oppure: “se va 4 a 0 è più o meno finita”. Manca solo che aggiunga: “eddaje su”.

Insomma: un dominatore. Un commentatore che ha alzato l’asticella dei commenti in TV a livello di spalla e che, con la sua verve, è riuscito a regalarci delle telecronache diverse dalle solite, spesso ingessate. Ocleppo, la linea comica di Eurosport al microfono, ne esce ridimensionato. Il direttore di Eurosport prima della finale maschile ringrazia ancora Adriano per le sue prestazioni. Noi, che già ci sentiamo suoi aficionados, speranzosi di ascoltarlo ancora magari al Roland Garros, ci uniamo al ringraziamento. Perché, Adriano, come diresti tu: “se semo fatti du’ risate”.

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