Il lungo cammino per arrivare in vetta: quanti hanno realmente la possibilità di emergere?

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Il lungo cammino per arrivare in vetta: quanti hanno realmente la possibilità di emergere?

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Il Tennis Club Parioli di Roma
 

Continua la nostra analisi sui tennisti “qualunque” con un botta e risposta con un ragazzo che gioca in un piccolo circolo di un piccolo paese e naviga tra difficoltà e spese a volte eccessive. La strada per arrivare ad una classifica dignitosa è aperta a tutti o c’è bisogno di requisiti che non tutti possono avere?

I dolori del tennista qualunque: circoli, classifiche e tornei

“Ci ho messo qualche mese per comprare questa racchetta. Ho racimolato soldi qua e là lavorando”.
Michele è particolarmente soddisfatto e mi fa vedere, parlandone con orgoglio, la sua nuova Aeroprodrive 2013. “60 €, usata, ma migliorerà senz’altro il mio gioco, al giorno d’oggi lo strumento è tutto. Prima avevo una Wilson, bella racchetta, ma questa mi dà sensazioni fantastiche”. Michele parla con chiunque di tennis la maggior parte del suo tempo libero, in un paese in cui è uno sport non particolarmente popolare. “Siamo circa 5000 persone ed ovviamente lo sport maggiormente diffuso è il calcio. Nel nostro circolo siamo un centinaio”, spiega, “ma il tennis, secondo me è lo sport per eccellenza. Una dura lotta psicologica, una metafora della vita che ti mette di fronte un muro da abbattere che è il tuo avversario, o la vita. E per batterlo puoi solo contare su te stesso”.
La voglia e la passione non gli mancano, nonostante sia consapevole di non poter giocare ai livelli che lui vorrebbe: diventerà 4.3 all’inizio del nuovo anno, il suo sogno era (è?) quello di entrare almeno nella categoria dai 3.5 in su. Difficile, se non altro per due motivi: ha iniziato a giocare a tennis troppo tardi, poco dopo la maggiore età, e anche se avesse il talento per raggiungere quella classifica, le spese diverrebbero probabilmente insostenibili. “Già oggi per me, studente universitario, sono spese non da poco l’iscrizione al circolo, le attrezzature e le trasferte per giocare le coppe. Il circolo non paga le trasferte o le attrezzature o gli allenamenti aggiuntivi, quindi se voglio proseguire in questa strada devo necessariamente vedermela da solo. Ma non mi lamento più di tanto: so di non avere le possibilità di andare oltre una certa classifica. Il problema è che per non tutti è così”.

L’ultima sua frase mi dà lo spunto per domandargli cosa ne pensa dei ragazzi che non riescono ad emergere: “Mi piace informarmi dei circoli oltre il mio, e dalla mia piccola visuale di mondo ti dico che la situazione italiana ha alcuni problemi evidenti. Ho conosciuto diversi ragazzi che avrebbero le potenzialità per raggiungere classifiche più elevate ma poi abbandonano. Ok, c’è chi lo fa perché perde la voglia e lì nulla da dire, ma c’è chi lo fa perché tutto ciò che li circonda diventa una folle spesa economica… le iscrizioni ai tornei, gli allenamenti privati, le racchette nuove, le incordature, i viaggi per le trasferte e stage per allenarsi. Anche a me, non di rado, è capitato di spendere cifre oltre i 40 €, tra iscrizione e viaggio, per giocare e andare a perdere la prima partita (ride amaramente). Purtroppo la gente comune pensa che il tennis sia solo quello che si vede in televisione: questo non aiuta la crescita del movimento”. Una soluzione è possibile? Michele concorda con me: “Basta vedere il modello spagnolo o francese, la chiave sono gli investimenti. Anche i Canadesi, credo, stanno facendo lo stesso. Loro anni fa hanno deciso di investire in questo sport e hanno promosso finanziamenti di vario tipo nelle strutture e nei circoli per creare un movimento vincente dalle fondamenta. E ora gli spagnoli si permettono di avere un numero 3 nazionale che è stabilimente tra i 10 e i 20, e i francesi hanno tra i primi 100 una decina di tennisti. Noi siamo ancora molto indietro”.
Gli faccio prontamente notare che sono d’accordo col suo pensiero e che mi sento piuttosto nichilista a riguardo, non vedo cioè possibilità di ripresa nell’immediato futuro: “Come ti dicevo prima la volontà di migliorare è una scelta che non possono prendere i circoli, grandi o piccoli che siano. Deve essere una spinta che arriva dall’alto. Ti faccio un esempio: un ragazzo del mio circolo ha un talento superiore alla media della sua età e sono sicuro che potrebbe diventare un giocatore di buona se non ottima classifica federale. Ma per fare quel salto gli aggravi economici sono notevoli. Il padre è una persona particolarmente attenta alla crescita di suo figlio e, ben conscio del talento che possiede, gli ha pagato alcuni stage all’estero. Le cifre erano alte più del doppio di una media mensilità italiana. Lui l’ha fatto, ma quanti possono permetterselo?”.

Nel nostro amichevole scambio di battute mi fa poi notare una cosa interessante su cui è difficile non essere d’accordo. “Il nostro circolo ha solo campi in cemento ma forse saprai che questa è una situazione piuttosto anomala in Italia. Il tennista italiano è considerato un “terraiolo” e questo perché la maggior parte dei circoli nostrani ha campi in terra, appunto. Ma poi se vai a vedere a livello mondiale, la maggior parte dei punti si assegnano sul cemento indoor ed outdoor, escludendo i pochi tornei su erba. Anche se negli ultimi 15 anni la differenza tra le superfici si è notevolmente ridotta, se sei abiutato ad allenarti su una superficie, farai notevolmente fatica su un’altra”. Sono felice di fargli notare che da questo punto di vista qualcosa si è mosso: “Che io sappia, da qualche anno è in corso una riconversione dei campi italiani in cemento. Speriamo sia a buon punto”, dice ridendo.
A questo punto torniamo al discorso sui talenti inespressi. La Federazione Italiana “sponsorizza” solo quei giocatori ritenuti meritevoli di un sicuro brillante avvenire. Ovviamente, un’ampia fetta di giocatori comunque in grado di raggiungere posizioni dignitose sono costretti a sobbarcarsi problematiche evidentemente maggiori di chi ha tutto pagato. Spiego brevemente a Michele che secondo alcuni dati forniti dall’ITF, il break even point, ovvero il numero di classifica oltre il quale i giocatori hanno spese maggiori dei guadagni, è attualmente fissato a al 336 per gli uomini e 253 per le donne (e tra l’altro come anticipato in una news qui su Ubitennis questa situazione è al vaglio di miglioramenti da parte della FIT): “Stai parlando di classifiche ancora più alte e quindi il discorso si fa ancora più delicato. Quelli sono professionisti che hanno come unica occupazione nella vita il tennis. Una soluzione potrebbe essere che le Federazioni mettessero a disposizione un fondo di finanziamento per i giocatori entro una certa classifica che non riescono a pagare tutte le spese necessarie”. Quando gli dico che l’ITF sta revisionando i montepremi dei tornei minori come prima soluzione ai problemi economici dei tennisti minori continua: “Questa è una soluzione molto positiva per chi è già nel professionismo. Ma per chi deve ancora arrivarci… il sostegno della federazione al giorno d’oggi è tutto. Nella mia piccola esperienza vedo tennisti che possono raggiungere classifiche più basse di quelle di cui stavi parlando ma che comunque non possono per i motivi che ti dicevo. Non ho la presunzione di consigliare a nessuno cosa fare, certo è che vedere ragazzi non poter più giocare è deprimente. Anche qui le federazioni dovrebbero pagare una parte dell’occorrente per un buon circolo. Conosco ragazzi costretti addirittura ad autofinanziarsi i tubi di palline per gli allenamenti, lo trovo assurdo!”
Michele è convinto che la mancanza delle basi sia poi lo specchio di un movimento in crisi: “E’ vero, negli ultimi anni abbiamo avuto una sostanziale ripresa del movimento, oro rispetto a quanto potevamo proporre solo 6, 7 anni fa. Ma sono un tipo abituato a guardare più al futuro che al passato e non vedo un cielo sereno all’orizzonte. Abbiamo davvero dei tennisti in grado di poter sostenere il movimento nei prossimi anni?”. Gli faccio notare che solo il tempo potrà rispondere a questa domanda, ma che la soluzione è già scritta da qualche parte, e più precisamente nelle viscere del movimento tennistico italiano. E non può che darmi ragione.

 

Simone Maselli

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