Lleyton Hewitt: perché aspettare così tanto? Quando arriva il momento del ritiro per un campione?

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Lleyton Hewitt: perché aspettare così tanto? Quando arriva il momento del ritiro per un campione?

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E’ notizia di oggi che l’organizzazione del Queen’s ha omaggiato Lleyton Hewitt assegnandogli in anticipo una wild card. Il campione australiano ha comunicato che si ritirerà al termine degli Australian Open 2016. Viste le poche gioie e i tanti dolori degli ultimi anni, fa bene a “trascinarsi” ancora un altro anno? Quando arriva per un campione il momento del ritiro? 

Wild card in anticipo per Lleyton Hewitt al Queen’s

Negli ultimi anni di tennis, la carriera di Lleyton Hewitt è stata puntualmente accompagnata da voci o insinuazioni su un suo ritiro a causa di una scarsa competitività dovuta al peso degli infortuni. Questa possibilità però, non ha mai trovato conferma, anzi è stata costantemente respinta anno dopo anno, sia dal suo entourage, che dallo stesso tennista australiano. Hewitt infatti, a dispetto delle numerose operazioni subite, che avrebbero causato il ritiro di molti giocatori, ha più volte ribadito di voler continuare con il tennis fino a quando si sarebbe divertito e sentito competitivo. Ma nelle ultime settimane qualcosa è cambiato, nella sua mente forse i risultati non più esaltanti lo hanno portato, dopo innumerevoli battaglie e vittorie, a prendere la tanto sospirata decisione di ritirarsi dal circuito il prossimo anno.

Hewitt inizia a far parlare di sé nel 1997, quando all’età di 15 anni ed 11 mesi partecipando alle qualificazioni degli Australian Open, diventa uno dei ragazzi più giovani ad aver tentato di entrare nel tabellone principale di uno Slam. Da quell’anno in poi, la sua crescita è stata esponenziale e la sua carriera ha spiccato il volo verso il raggiungimento di alti obiettivi. Un anno più tardi nel 1998, raggiunge il successo nel torneo di Adelaide, diventando così il più giovane vincitore di un torneo professionistico ATP. L’apice della sua carriera avviene nel biennio 2001/2002, quando grazie alla vittoria del primo torneo dello Slam, gli U.S.Open e di altri importanti tornei diviene a 20 anni ed 8 mesi il più giovane numero 1 di sempre. Nel 2002 la sua crescita prosegue trionfando a Wimbledon, grazie al successo in finale sull’argentino Nalbandian, dimostrazione del fatto che si può essere vincenti sull’erba anche senza essere attaccanti puri, anzi tutt’altro. Negli anni successivi l’australiano riesce a mantenersi ai vertici, aggiungendo prestigiose vittorie alla sua bacheca come la Coppa Davis, il Masters di fine anno e mancando di un soffio, forse il titolo più inseguito e sognato perdendo contro Safin la finale degli Australian Open (2005).

Il 2006 ha sancito l’inizio di un declino costante, non tanto per demeriti tecnici o tattici, ma per cause imputabili ai numerosi problemi fisici. Come lo stesso Hewitt ha sottolineato “ho subito 5 operazioni in 4 anni”, gli infortuni sempre più frequenti hanno fiaccato la sua brillantezza fisica ed atletica, togliendo all’australiano le maggiori armi che ha sempre messo in campo in ogni singolo match, senza però intaccare il suo spirito combattivo. Hewitt non si è mai arreso all’idea di un ritiro ed è riuscito sempre a tornare sul campo da tennis a lottare con i migliori, anche smentendo gli stessi chirurghi che dopo l’ultima operazione all’alluce gli avevano comunicato di non poter più giocare a tennis. La dedizione e la grinta che da sempre l’hanno contraddistinto, lo hanno anche portato ad essere apprezzato da tutto il circuito, ricevendo attestati di stima da molti suoi colleghi. Nomi illustri del tennis come Sampras (“Questo ragazzo ha la miglior risposta in circolazione, un servizio in continuo miglioramento”), Agassi (“Ha dimostrato ancora di essere il primo, e non è facile, specialmente per il modo in cui gioca”) e Federer (“La sua grinta è eccezionale. L’ha sempre avuta, l’aveva a 16 anni e ce l’ha ancora oggi, a 33. E’ qualcosa che avrei voluto avere”) hanno spesso esaltato il tennista australiano. Il suo stile di gioco basato sulla rapidità, sull’agonismo e sul rincorrere ogni punto testimonia che con la forza di volontà, con la dedizione, anche chi non è baciato da madre natura da una classe cristallina può raggiungere importanti risultati sportivi.

Ma il tempo passa per tutti, anche per i guerrieri come lui che vorrebbero fermarlo ma che hanno chiesto così tanto al proprio fisico a tal punto che nonostante la forza di volontà, la voglia di non arrendersi ai propri nuovi limiti fisici, si debba pagare il conto tutto insieme. Per i tifosi dell’australiano, ma anche per chi con il tempo ha apprezzato il suo modo di essere tennista – magari gli stessi che lo apostrofavano come un fantastico agonista capace di approfittare del ricambio generazionale tra due ere tennistiche – è una grande amarezza vederlo soffrire e magari perdere con giocatori che a parità di condizione non avrebbero potuto fare molto contro il gioco dell’australiano. Perché hai aspettato così tanto Lleyton? Questa la domanda che tutti i suoi tifosi si stanno ponendo in questo periodo. E più in generale: quand’è che arriva il momento per un campione di smettere, di arrendersi al tempo che passa, agli infortuni, prima che i ricordi delle loro imprese sportive, lascino il passo a sconfitte deludenti? Purtroppo per chi come me, ha amato questo giocatore e si esaltato a vederlo trionfare anche con avversari più forti, negli ultimi tempi gli exploit e le belle partite sono state per lo più rare. Chi ha buona memoria si ricorderà la vittoria su Del Potro agli Us Open del 2013, e la vittoria contro Wawrinka a Wimbledon sempre del 2013. Di contro in nome della passione per il tennis sono aumentate le sconfitte con prestazioni dolorose, soprattutto al quinto set, un tempo terra di conquista dell’australiano. L’ultima in ordine di tempo, agli Australian Open di quest’anno è l’emblema del tempo che corre, dopo essere andato avanti per 2 set contro Becker, si è fatto rimontare perdendo al quinto set. L’impegno e la grinta ci sono sempre, e sarebbero da insegnamento a chi sta gettando al vento le proprie possibilità di diventare un grande giocatore, ma non bastano più; i suoi “c’mon” non hanno lo stesso sapore di qualche anno fa. Come lui stesso ha sempre sostenuto, il ranking ed i punti da difendere o da guadagnare sono un aspetto secondario, le motivazioni sono rappresentate dalla Coppa Davis, ma soprattutto dalla sua grande voglia di competere che lo spinge ancora a cercare successi in grado di regalargli e regalare ai suoi tifosi le sensazioni di una volta. Le sue ultime dichiarazioni dopo il match perso contro Becker: “Mi siederò e penserò al futuro. Come ho sempre detto, non ho pensato a niente. Valuterò tutto dopo questo torneo. Ma ovviamente la Coppa Davis è il prossimo evento importante. Questo è il prossimo obiettivo”, sembravano tradire un’incertezza sul suo futuro, tipica di un giocatore ferito dalla consapevolezza di essere costretto a deporre le armi. La conferma è avvenuta poche settimane fa, nella sua ultima conferenza stampa, dove ha comunicato al mondo del tennis di aver preso la tanto difficile decisione di ritirarsi con il tennis giocato. Ma non subito, il suo orgoglio di tennista lo ha spinto a dire basta solo l’anno prossimo, nel torneo casalingo più prestigioso, gli Australian Open 2016: “Ho riflettuto a lungo su questa decisione ed ho intenzione di giocare fino all’Australian Open del 2016, poi mi ritirerò. L’anno prossimo sarà la ventesima partecipazione a questo torneo, per cui sarà un’occasione speciale per me”. L’evoluzione del movimento tennistico australiano che sta portando in primo piano giovani di ottime prospettive come Tomic, Kyrgios e Kokkinakis, probabilmente lo hanno portato a proseguire la sua carriera ancora di un anno. La speranza è magari quella di cercare il tris di successi in Davis e salutare con un ultimo grande acuto, giusto premio per un campione come lui, per una carriera come la sua, che non meriterebbe un mesto ritiro dopo una sconfitta contro un avversario qualunque. Il tennis, soprattutto quello australiano, forse ha ancora bisogno del suo carisma, della sua grinta, di un guerriero come lui, che ha sempre affrontato qualsiasi sfida a testa alta e con estrema fierezza. I suoi fedelissimi fans, facilmente riconoscibili in ogni tribuna, ogni qualvolta giochi il loro beniamino, non sono ancora pronti a non vederlo più in campo, così all’improvviso. Regalaci ancora qualche “c’mon” dei tuoi Lleyton…almeno per un altro anno!

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