Del Potro: “Forse torno già nei 1000 americani di marzo”

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Del Potro: “Forse torno già nei 1000 americani di marzo”

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Juan Martin Del Potro parla del suo infortunio al polso e della Coppa Davis in un’intervista radiofonica. Il rientro definitivo non è lontano.

Ciao Juan, è passato tanto tempo, come ti senti?

Molto bene. Un po’ di riposo dell’allenamento pomeridiano e poi i trattamenti. Per questa sera ho finito.

Per molti di noi, e per me personalmente, sentirti parlare di un allenamento pomeridiano è già una grande notizia – il fatto che tu ti stia già allenando, intendo.

Sì, un paio di giorni fa ho ricominciato a servire e colpire qualche dritto e qualche volée. Ovviamente il rovescio sarà l’ultimo colpo che ricomincerò a esercitare perché sto ancora facendo delle terapie per la mobilità al polso. Se tutto andrà bene, il prossimo lunedì incomincerò ad andare in palestra e a fare esercizi per rinforzarlo; e, se possibile, per la fine della prossima settimana incomincerò a colpire con la mano sinistra.

Cosa ti ha detto il Dr. Berger riguardo questa operazione, rispetto a quella precedente?

E’ un infortunio molto più semplice di quello precedente, e così anche l’operazione. Nell’esecuzione del mio rovescio a due mani, prima di colpire la palla, avevo dei tessuti lesionati a causa dello sfregamento con alcuni ossicini che li danneggiava. Era molto difficile rimediare a questa situazione in altro modo, e così quando mi ha visitato mi ha consigliato l’operazione, che non era “seria” quanto quella precedente, anche perché io non volevo assolutamente perdere ancora del tempo. Questa riabilitazione è molto più breve rispetto all’altra, e io sto già guardando avanti. Sono ansioso di poter giocare i prossimi tornei, che siano quelli negli Stati Uniti (Indian Wells e Miami) o quelli su terra rossa in Europa. Sarebbe fantastico se il mio ritorno potesse avvenire in questo periodo.

C’è molta differenza tra ciò che stai passando ora (l’operazione e i trattamenti post operatori) rispetto a quelli dell’altra volta – stai puntando a obiettivi decisamente vicini: Indian Wells e Miami sono già a marzo, e gli altri tornei che hai citato si disputano ad aprile. Significa che il tuo ritorno è davvero prossimo.

Sì, poi è chiaro che è difficile stabilire una data precisa perché sto osservando la situazione giorno per giorno. ma se faccio un paragone rispetto all’altra operazione, sto procedendo molto più velocemente. Dopo la prima settimana senza gesso, ho il 100% di mobilità, e sto iniziando gli esercizi per il rinforzo del polso. L’altra volta ho impiegato dei mesi per le stesse cose… ma non so in quale torneo farò esattamente il mio ritorno in campo. Penso che sarà quando la mia mano mi permetterà di farlo – quando mi sarà facile e senza dolore (e senza il timore di aver dolore) – e allora io giocherò tornei e mi allenerò durante essi, perché quello mi può aiutare molto di più che stare qui solo con il mio coach. Penso di aver compiuto molti progressi in Australia, durante il torneo di Sidney, molti di più di quanti ne avrei compiuti stando qui a Buenos Aires con il mio allenatore. Questo è ciò di cui ho bisogno: il ritmo della competizione – partite e allenamenti contro i grandi giocatori.

Nel breve periodo in cui quest’anno sei tornato a giocare, che tipo di rientro è stato? Chi ti ha salutato? Che reazioni hanno avuto i tuoi avversari a rivederti sul campo?

La verità è che tutti erano molto contenti. Sidney è stato il mio primo incontro con i miei colleghi. C’erano Leo Mayer e Carlos Berloq: noi ci siamo allenati insieme a Buenos Aires e andiamo molto d’accordo. Poi Fognini, i giocatori spagnoli e da altri paesi. Membri dell’ATP, i tifosi australiani – avevo vinto il torneo nel 2014 ed erano felici di rivedermi. Poi, quando sono arrivato a Melbourne, ho incontrato Rafa, Roger, Djokovic, i loro coach… rivivere il mondo del tennis, che così tanto mi era mancato, è stato bello. È durato poco, ma me lo sono davvero goduto ed è stato molto utile per me perché mi ha garantito l’energia necessaria per affrontare il duro periodo che sto affrontando ora. Quel momento mi ha lasciato veramente delle buone sensazioni. Tutta quella gente che si svegliava così presto per vedermi, tutte le gentilezze che la gente faceva, io le ho viste, sentite, e mi hanno dato la forza per continuare e non arrendermi.

Sentivi, nel match contro Fognini, di poter giocare liberamente il tuo rovescio?

È stato difficile, perché giocando ogni giorno il tempo per il recupero tra un match e l’altro non è molto lungo e così i trattamenti non aiutano poi così tanto. La mano non stava rispondendo nel modo in cui avrei voluto, e penso che anche Kukushkin nel match successivo se ne sia accorto, dato che giocava sempre sul mio rovescio, e lo sforzo che dovevo fare per evitarlo era enorme. A causa di ciò, mi sono detto: “non voglio perdere più tempo, vado dal dr. Berger per risolvere il problema una volta per tutte, poter giocare a pari condizioni contro chiunque”. So che probabilmente passerò una fase di vittorie e sconfitte, ma per me l’importante è essere sano e poter competere contro tutti a eguali condizioni. Sarebbe un grande passo avanti, soprattutto mentalmente.

C’è poco tempo fino al match di Coppa Davis contro il Brasile. Puoi dirci la tua posizione sulla Davis e sul tennis argentino?

Questo era ciò che ho tentato di dire attraverso quella lettera aperta che ho scritto nel momento in cui ho cercato di parlare apertamente e comunicare con alcuni capi della federazione. Qualche tempo dopo c’è stato qualche cambiamento: Diego Gutierrez si è fatto vivo, Palito Fidalgo, Cervone…abbiamo incominciato ad avere un buon rapporto, rispettoso, e abbiamo incominciato a discutere del percorso che il tennis argentino avrebbe dovuto intraprendere per crescere, al di là del fatto che io giocassi o meno la Davis. Allora io tirato fuori il fatto che il tennis argentino non ha un centro federale di livello mondiale, del fatto che molti junior non sono in grado di affrontare lo sforzo economico di un viaggio intercontinentale, di quanto sia difficile incominciare a giocate a tennis per via dei costi, e di un sacco di cose che non funzionano a livello strutturale. Durante l’infortunio, ho avuto un sacco di tempo per ripensare a tutto ciò, a cosa dovremmo fare e anche, ovviamente, al giorno in cui io avrei potuto riprendere a giocare in Davis, perché davvero io amo giocarla. Tutto quello che ho fatto avevo come obiettivo questo. fortunatamente, i nuovi vertici del Tennis argentino si muovono nella stessa direzione – vogliamo tutti le stesse cose.

Non è stato facile, e tutti lo sanno. Ho sofferto molto durante questo periodo senza giocare; se giochi e vinci, puoi affrontare il tutto al meglio; ma in questo modo l’ho vissuta sulla mia pelle e ho imparato molto. La mia più grande forza è stata quella di credere nelle mie convinzioni, la mia fiducia in me stesso e nel fatto che sapevo di fare la cosa giusta. Ho cercato di non ascoltare nessuno e di agire silenziosamente, come avevo già fatto. Ho cercato di non dare ascolto alle bugie – e i nuovi vertici del Tennis argentino mi fanno sentire come se fossi più ascoltato e meno solo, e come se non fossi l’unico a pensare che le cose nel nostro Tennis dovrebbero cambiare. Oggi le cose vanno per il verso giusto e noi possiamo essere positivi. E riguardo a me, la buona notizia è che, appena pronto fisicamente, sarò disponibile per la Davis. È una notizia bellissima che voglio condividere con tutti quelli che la stavano aspettando – tutti quelli che hanno atteso, sofferto con me, e che mi hanno ascoltato i miei dolori. Ma non voglio guardarmi indietro, la miglior cosa che possiamo fare è guardare avanti ora che l’Argentina ha di nuovo grande forza e grandi potenzialità. Ci sono molti giocatori che stanno migliorando il loro gioco e questo è molto importante. Non dovremmo focalizzarci così tanto sulla Davis, dovremmo essere capaci di pensare globalmente, come fanno le altre federazioni e il mondo. Dobbiamo avviare i cambiamenti che ci permetteranno di competere con le altre grandi potenze del tennis.

Juan, in alcune conversazioni che ho avuto con persone che se ne intendono di queste cose, loro dicevano che ovviamente tutti riconoscono l’importanza che tu giochi in Davis, ma che ci sono un sacco di altre cose dove la tua presenza può essere molto influente: l’essere vicino al team, vicino alle nuove leve, e così via. Quello che vorrei sapere è se ci sono delle chance di vederti vicino alla squadra già nell’incontro contro il Brasile.

Sì, l’essere vicini alla squadra aiuta sempre molto. Una delle cose che ho cercato di dire prima è che se, in passato, qualcuno avesse avuto l’intenzione di cambiare le cose nel nostro Tennis, io gli avrei dato il mio contributo, in qualsiasi modo, se ne avesse avuto bisogno. Come oggi, con la mano in questo stato, io passo il mio tempo facendo la riabilitazione e lavorando per tornare in campo; ma so anche che essere presente al centro federale di Tecnopolis – giocare dritti, servire per i miei compagni di squadra, essere con loro negli ispogliatoi, parlare con loro, scambiarci le esperienze. Il capitano lo sa; gliel’ho già detto. I miei compagni lo sanno, e conoscono la situazione. Senza dubbio, nella sfida contro il Brasile sarò lì per congratularmi e festeggiare con i miei compagni – sarò lì per qualsiasi cosa di cui abbiano bisogno. È tutto ciò che posso fare di questi tempi. E se vinciamo questa volta, spero di poter essere in campo la prossima volta, perché è questo ciò che faccio e voglio farlo, godermi il campo come ho già fatto quando ho giocato in Davis, ai giochi Olimpici e ogni volta che sono nel tour.

Una delle cose che abbiamo sentito dai tuoi colleghi riguardo all’ultima volta che ti sei dovuto ritirare per qualche tempo dal circuito – penso fossero Dimitrov e Nadal – è che forse dovresti provare a cambiare l’impostazione del tuo rovescio. Quanto tempo occorre a un giocatore per cambiare il suo stile di gioco quando si è costruita un’intera carriera giocando in un certo modo? È possibile modificare il modo in cui tu fai qualcosa quando l’hai fatta in un certo modo per tutta la tua vita?

Sì, ho sentito. Dimitrov mi ha anche detto di persona che dovrei giocare il rovescio a una mano. Penso che se dovessi incominciare a colpire il rovescio a una mano oggi, non sarei nemmeno capace di giocarlo come Franco Davin (ride). È troppo difficile, sarebbe troppo complicato. Non è una soluzione che sto considerando. Voglio recuperare al meglio e ricominciare a colpire di rovescio nel modo in cui ho fatto per tutta la carriera. Penso che loro intendessero qualcosa del tipo, “se questa è una cosa che mette a rischio la tua carriera, allora dovresti giocare a una mano”. Se fosse questo il caso, lo prenderei come un consiglio, ma per ora voglio sforzarmi per riprendere il mio rovescio. Voglio avere non soltanto un diritto, ma anche rovescio potente, come è sempre stato

Dal 2010, dal momento in cui hai incontrato i primi problemi al polso, hai passato momenti di sconforto? Come ti sei sentito nel momento in cui questi problemi ti costringevano a un periodo di inattività così lungo?

Gli infortuni sono la cosa peggiore che possa capitare a un atleta. Negli ultimi anni mi sono sentito come se la mia vita avesse molti alti e bassi – a un certo punto ero pronto per il mio best ranking, poi le cose sono cambiate in peggio per l’infortunio ed è come se le cose brutte fossero tornate indietro. Gli ultimi anni sono stati così per me. Non è stato facile. Non è facile convivere con un infortunio che ti costringe a star fermo per un periodo così lungo. È la partita più dura che io abbia mai giocato. Ti sfianca fisicamente e ti consuma mentalmente, ti riempie di paure, dubbi e incertezze. Ti svegli ogni giorno pensando: “oggi sarà l’ultimo della mia carriera?”

Ma oggi mi sento molto bene, forte, e non rinuncerò al tennis per questo. so che c’è un grande ostacolo nella mia carriera, ma lo voglio superare, davvero. Ho voglia di giocare ancora, e la Davis mi dà un’energia nuova, vibrazioni positive; queste sono le cose di cui ho bisogno. Dopo di che, cercherò di stabilire una programmazione intelligente in modo da potermi prendere cura della mia mano e divertirmi nel gioco, perché tutto questo tempo fuori è stato proprio brutto – ho pianto tanto. È davvero orribile guardare un match in tv, vedere che i grandi tornei conoscono nuovi vincitori e che anche i tornei dello Slam si aprono a nuovi nomi, e sapere che io, pur potendo essere lì, non sono in grado di competere…è davvero dura. Ma, ok, dovevo passare attraverso tutto ciò e devo essere forte ora. Dopo tutto quello che mi è successo, sarò felice di poter giocare di nuovo e voglio proprio godermi questa sensazione.

Quando Marin Cilic, che è un tuo amico, ha vinto gli US Open è stato come se ti dicesse: “Martin, torna, noi ti stiamo aspettando”.

Sì, be’, ero in contatto con lui e sono stato molto felice per la sua vittoria. Ci conosciamo da quando abbiamo 12 anni, e lui stava vivendo quei momenti che io ho vissuto pochi anni fa. Vincere un torneo del genere non è facile e lui se l’è davvero meritato. Nishikori, il finalista, è un altro di quei ragazzi con cui sono cresciuto. Penso che sia un bene per il tennis vedere questi nuovi nomi vincere i tornei dello Slam, così la gente non si annoia a vedere vincere sempre gli stessi (ride). Pensavo: “potrei esserci anche io a sfidare nei grandi tornei i top player e invece sono qui con questo polso”. Ma, come ho detto, è una cosa in più della mia carriera e sto compiendo un grande sforzo per venirne fuori. Spero che il futuro mi riservi soltanto grandi cose.

Hai mai pensato durante questi momenti che la tua carriera poteva essere già finita?

L’ho pensato cinque anni fa, con l’infortunio al polso destro. Ora, be’, non sono a quel punto. Chiaramente, in certe situazioni, tendi a pensare il peggio ogni momento. Provi un senso di amarezza – il peggiore che tu possa provare se stai venendo fuori da un infortunio così serio. Ma, in qualche modo, ho trovato sempre il modo per trovare in me stesso le motivazioni per vincere tutti quei cattivi pensieri e buttarmi giù dal letto, farmi andare in palestra, andare a colpire diritti o andare alla riabilitazione. A Sidney, nei due match che ho giocato, mi sentivo come se giocassi una finale Slam mentre in realtà era un Atp 250: puoi immaginarti cosa significasse per me a livello emotivo. Questo era abbastanza per capire che il tennis è ciò che amo di più, che voglio recuperare al meglio per poterlo praticare ancora e perché la gente possa ancora divertirsi a guardarmi. I tifosi, loro mi hanno dimostrato, alzandosi alle due del mattino per venirmi a vedere, anche quando sapevano che non avrei potuto vincere. Per me tutto ciò non ha prezzo, e sono fiero e super grato a queste persone. Loro sono un’altra ragione per non mollare.

Che ambizioni hai ora? Qual è il tuo obiettivo a breve termine?

Dopo tutto quel che mi è successo, tutto ciò che voglio è stare bene e poter giocare tutti i tornei che voglio, senza infortuni né dolori. Conoscendomi, voglio prima vincere un match, poi un torneo e poi scalare la classifica. Ho speranza nel fatto che se la mano è in buone condizioni, posso competere con i migliori. Non so se sarò un top 5 o top 10, ma battere un top 20 a Sidney mi fa credere di potercela fare di nuovo e ciò rappresenta una grande motivazione. Questo è ciò che mi fa essere speranzoso e mi dà una grande voglia di tornare nel tour nel miglior modo possibile.

Traduzione a cura di Maurizio Riguzzi

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